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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Il servo di Dio: un uomo devoto


Giacomo 1:1 Il servo di Dio, un uomo devoto.
Il servo di Dio: un uomo devoto!
L’autore si presenta come Giacomo, nome diffusissimo ai quei tempi.

Nel Nuovo Testamento vengono menzionati diversi Giacomo; Giacomo figlio di Zebedeo (Marco 1:19; Atti 1:13; 12:2); Giacomo figlio di Alfeo (Marco 3:18; Atti 1:13); Giacomo il piccolo (Marco 15:40); Giacomo padre di Giuda (Atti 1:13; Luca 6:16); Giacomo fratello di Gesù (Matteo 13:55; Marco 6:3; Atti 12:17; 15:13; 21:18; Giacomo 2:9,12; 1 Corinzi 15:7); Giacomo fratello di Giuda (Giuda 1).

Gli studiosi, pur notando l'ottimo greco utilizzato, riconoscono nell'autore un Ebreo per i frequenti riferimenti all'Antico Testamento: Abramo, Isacco, Raab, Giobbe ed Elia, cita la legge, il Signore degli eserciti, Elia che "pregò con preghiera" (un modo di dire ebraico) e usa espressioni come "lavarsi le mani" e "purificare i cuori" che hanno radici nell'Antico Testamento.

Una cosa da sottolineare è che l’autore si presenta solo come Giacomo, e questo fa pensare a una persona di rilievo nella chiesa, perché era comune il fatto che personaggi di rilievo venivano chiamati solo con il nome e questo bastava per distinguerlo; vediamo l’esempio di Simon Pietro, che viene chiamato “Simone” benché ci fosse un altro Simone (lo zelota) nella cerchia apostolica (Luca 24:34). 

Perciò la sua personalità è nota e apprezzata nelle comunità perché non ha bisogno di un ulteriore presentazione, e poi scrive con autorità, quindi doveva essere una figura pastorale.
Tutto questo fa pensare che sia Giacomo il fratello del Signore.

Giacomo non credeva all’inizio alla Messianicità di Gesù durante il Suo ministero (Marco 3:21; Giovanni 7:3-10); ma ne fu convinto alla Sua risurrezione (Atti 1:14; 1 Corinzi 15:7).

Giacomo, il fratello del Signore divenne una colonna della chiesa di Gerusalemme insieme a Giovanni e Pietro, aveva voce in capitolo nelle scelte importanti, quindi era molto conosciuto (Giacomo 1:19; 2:9,12; cfr. Atti 12:17; 15:13-21; 21:18).

Giacomo era un Giudeo cristiano osservante, ma non un ritualista fanatico. 
Il Nuovo Testamento lo mostra come un uomo disponibile e pacificatore, come si evince dal Concilio di Gerusalemme, dove si discusse il problema delle prime conversioni al cristianesimo dei pagani (Atti 15:13-29; Galati 2:7-9).

Perché Giacomo si presenta come "servo di Dio" e non come "fratello di Gesù"?
Egli sceglie di non enfatizzare il legame di sangue con Gesù, preferendo sottolineare il suo ruolo di servitore di Dio. Non vuole mettere in evidenza la sua posizione umana, ma quella spirituale ed ecclesiale.

Così in tutta umiltà, si mette allo stesso livello degli altri cristiani e come rappresentante di un ruolo di governo della chiesa, e questo sarebbe in linea con il carattere di ammonizione della lettera.
Giacomo si presenta non solo come servo di Dio, ma anche di Gesù Cristo. 
Giacomo è un leader perché Dio lo ha chiamato a questo ruolo. 
Riconoscendo e accettando la sua vocazione, Giacomo non cerca il potere per sé stesso, ma si pone al servizio degli altri avendo la mente di Cristo (cfr. per esempio 1 Corinzi 2:16).

Nel giudaismo era consuetudine in un discorso religioso che un orante si presentasse a Dio come servo

Anche Paolo apre alcune sue lettere (cfr. per esempio Romani 1:1; Tito 1:1) come servo di Gesù Cristo e di Dio.

Cosa significa essere servo? 

Servo significa:
I DEVOZIONE ASSOLUTA
Questo indica:
A) Sottomissione e dipendenza
Infatti sia la parola greca (doulos) che quella corrispondente Ebraica (ebed) indicano qualcuno subordinato a un altro, una sottomissione e dipendenza totale assoluta, senza limiti, o condizioni come per gli schiavi.

Vediamo più approfonditamente: 
(1) Il significato della parola “servo” nell’Antico Testamento
Il ramo della parola indica un rapporto di dipendenza, o servitù, sia esso imposto, o liberamente assunto, ma sempre comunque indica una limitazione e dipendenza stretta nel vero senso della parola.
            
Per il giudaismo lo schiavo, non ebreo, era una persona di seconda categoria, infatti per i rabbini il termine schiavo indicava l’offesa più grave che si possa             rivolgere ad un uomo, e la loro inferiorità risulta evidente se si pensa che sono             paragonati alle donne.

La parola era usata per indicare una:
(a) La sottomissione di natura giuridica sociale 
In questo senso lo schiavo era legato al padrone per tutta la vita (cfr. per esempio Genesi 9:25; 39:17,19; 21:2; 44:10; Esodo 21:6), oppure a tempo determinato (cfr. per esempio Deuteronomio 15:12,18; Geremia 34:14).
 
Lo schiavo era come una cosa che apparteneva a un padrone, infatti sono                 menzionati insieme al bestiame, oro, argento come proprietà di qualcuno (cfr. per esempio Genesi 12:16;20:14; 24:35; 30:43; 32:6; 1 Samuele 8:16); un possesso come un bene materiale e poteva essere comprato (cfr. per esempio Esodo 21:2,21).

Lo schiavo poteva affrancarsi dopo sette anni, ma poteva scegliere di                 rimanerlo per tutta la vita (Esodo 21:1-6), gli schiavi connazionali lo erano per                 debiti o per povertà (cfr. per esempio Levitico 25:29; Neemia 5:5).

Quindi fra gli ebrei c’erano due tipi di schiavi: lo schiavo Giudeo era                 disposizione del padrone solo per il lavoro, mentre la sua persona era                 intoccabile (cfr. per esempio Esodo 21:2-11; Levitico 25:35-36; Deuteronomio 15:12; e lo schiavo Cananeo (cfr. per esempio Levitico 25:44-45) aveva un prezzo di circa dieci euro ed era considerato come un bene immobile; in linea con la mentalità orientale, lo schiavo era considerato meno di un cane, già di per sé disprezzato, era privo di qualsiasi diritto, in balia dell’arbitrio del padrone, senza possibilità di difendersi.                  
           
La parola era usata per indicare:
(b) La sottomissione politica
Per esempio come i re vassalli (cfr. per esempio 2 Samuele 10:19), le nazioni tributarie che perdevano una guerra (cfr. per esempio 2 Samuele 8:2,6,14; 1 Cronache 18:2,6,14), come la sottomissione di un popolo verso l’altro (cfr. per esempio 1 Samuele 4:9; 17:9); come Israele in Egitto (cfr. per esempio Genesi 15:13; Esodo 13:3,14; 14:5,12; 20:2; Levitico 26:45; Giudici 3:8,14; 1 Samuele 2:27) o Israele con i Babilonesi (cfr. per esempio Geremia 25:11; 27:6-14), il popolo                verso il monarca (cfr. per esempio 1 Samuele 8:11-18; 2 Samuele 9:9-11).

Per indicare il rapporto con Dio sia come popolo Israele che come singoli individui che furono chiamati da Dio a servirlo per una particolare missione. 

La parola era usata per indicare:
(c) La sottomissione d’Israele a Dio
I passaggi riguardo a Israele di solito indicano l’elezione e quindi l’appartenenza come Suo popolo, come tesoro particolare legato all’ubbidienza a un patto (cfr. per esempio (cfr. per esempio Esodo 19:5) chiamato a servirlo tra le nazioni come suo testimone (cfr. per esempio Deuteronomio 32:43; Salmo 136:22; Isaia 41:8-20; 42:19; 43:10; 44:1; 45:4; 48:20).

E per quanto riguarda gli individui indicano una posizione di autorità come proclamatori della parola di Dio, quindi di servizio di fedeltà e di umiltà davanti a Dio (cfr. per esempio 1 Re 8:53; 2 Samuele 7:5; 2 Re 9:7; Geremia 7:25).

Consideriamo ora:
(2) Il significato della parola “servo” nel Nuovo Testamento
Per i greci la dignità dell’uomo consisteva nella libertà personale.
L’essenza di questa libertà stava nel disporre di se stesso, senza interferenze di altri, il vivere come uno voleva.

Invece “il servo” (doulos) per natura non appartiene a sé, ma ad un altro, chi è sottomesso (douleo) accantona ogni autonomia personale e subordina la propria volontà a quella di un altro, per questo motivo i greci provano solo un senso di rigetto e disprezzo per la condizione di uno schiavo, perciò il servo era un qualcosa di degradante. 

Quindi “il servo” (doulos) era la condizione dello schiavo vero e proprio, cioè di una persona che non era libera. 
L'uso linguistico del Nuovo Testamento si inserisce nella terminologia dell'epoca e non va quindi interpretato al di fuori di essa (cfr. per esempio Matteo 8:9; 13:27; 25:14-30).

Quindi "servo" indica un rapporto di dipendenza incondizionata da un signore (kurios) che esige una signoria totale, a cui il servo si sottomette completamente.

Il suo lavoro non ha diritto, ricompensa, né gratitudine e quindi non sottostà                 a condizioni di nessun genere come Gesù racconta (Luca 17:7-10). nella parabola del servo inutile o dei talenti dove vediamo che i servi devono sottostare alle direttive                 dei loro padroni

Il servo, perciò è chiamato ad essere fedele e saggio attivo nel servizio.

Se ti consideri un servo di Dio hai rinunciato completamente a te stesso? 
Sei sottomesso completamente a Dio senza limiti o condizioni? 

Ci piacerebbe servire il Signore a modo nostro e fare solo quello che ci piace, ma non è così!
    
Pensa alla vita di Gesù, di Giacomo, di Paolo, e di altri ancora, loro fecero cose che certamente andarono contro i loro interessi, ma li fecero perché era la volontà di Dio!

Il servitore non sceglie i propri compiti, servizi, non dice “faccio questo e quello non lo faccio,” ma fa quello che il Suo padrone vuole, punto e basta!               

A volte siamo chiamati a fare cose coraggiose per il Signore, altre volte siamo chiamati al sacrificio: a rinunciare al nostro tempo libero, hobby, denaro, riposo, e così via, ma lo facciamo perché amiamo il nostro Signore, quel Gesù che ha dato la vita per noi!    

Il servo è collegato con:
B) Il servizio
Martin Luther King Jr. disse: "La vita più ricca e piena è stata spesa nel servire".
Questo lo è per diversi motivi, ma soprattutto perché lo è in relazione a Dio e a Gesù Cristo.
Una vita dedicata al servizio di Dio, è una vita piena di significato.

(1) Il servo è impegnato nell’opera di Dio 
Un uomo giovane e brillante con una personalità magnetica lavorava nella missione per il Signore e il suo stipendio era una miseria. 
Il direttore di una grande impresa commerciale voleva a tutti costi che questo giovane lavorasse nella loro azienda tanto da offrigli dieci volte il suo stipendio, ma egli rifiutò. Hanno offerto ancora di aumentare l’offerta se avesse accettato. 
“Oh, lo stipendio è abbastanza grande”, disse il giovane a loro, “ma non il lavoro!” Servire il Signore invece è un grande lavoro!! E quel giovane lo sapeva molto bene. 

Grandi uomini di Dio come Abramo (Salmo 104:42); Mosè (Giosuè 14:7; 1 Re 8:53-56; Salmo 104:26,42; Daniel 9:11; Malachia 3:24; Apocalisse 15:3); Giosuè (Giosuè 24:29; Giudici 2:8); Caleb (Numeri 14:24); Davide (2 Samuele 7:8,25,29; 1 Re 8:66; 1 Cronache 17:4; Salmo 77:70); il Messia (Isaia 52:13;53:11); quindi i profeti erano considerati servi (2 Re 9:7; 17:13; Geremia 7:25; 26:5; 29:13; Ezechiele 38:17; Amos 3:7; Daniele 9:10).

Ora questo era un titolo onorifico perché per gli Israeliti: Dio è il Signore assoluto perciò l’uomo dipende da Dio, per questo motivo essere scelto da Lui per servirlo non era qualcosa di degradante, ma era considerato privilegio e onore, autorità.

Nel Nuovo Testamento notiamo la stessa cosa: i servi di Dio erano impegnati attivamente nell’opera di Dio. 
Paolo in riporta la testimonianza della Macedonia e dell’Acaia riguardo ai Tessalonicesi dicendo: “Perché essi stessi raccontano quale sia stata la nostra venuta fra voi, e come vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero 1 Tessalonicesi 1:9).

Se sei un cristiano nato di nuovo, Dio ti ha dato dei doni spirituali affinché tu lo possa servire efficacemente.

Non è necessario essere un anziano di chiesa, o un pastore, o un insegnante per avere dei doni spirituali!
Ogni cristiano ha almeno un dono spirituale che può usare per servire Dio e gli altri.

Questi doni sono di servizio manuale o di parola (cfr. per esempio 1 Pietro 4:10-11).

Servi Dio con la forza che ti fornisce e fallo per la Sua gloria e non per i tuoi interessi!

Cosa stai facendo per Dio e per gli altri?

“Servire il Dio vivente e vero”, in contrasto con gli idoli morti, indica il servizio totale, un impegno continuo! 
                 
La conversione a Dio comporta servizio, non una conoscenza solo intellettuale!

La conversione a Dio non si limita solo a un atto intellettuale di assenso a determinate dottrine o verità!

Essa implica un cambiamento radicale del cuore e della vita, che si manifesta nel servizio a Dio e al prossimo!

Quindi, non soltanto siamo chiamati a credere e a conoscere Dio, ma anche ad avere passione per Lui che si manifesta appunto nel servizio zelante (cfr. per esempio Romani 3:11; 10:2; 12:11).
     
Il servo ha un senso di responsabilità di servire praticamente il Signore fedelmente e saggiamente (Matteo 24:45-51).

Se siamo cristiani, Dio ci ha dato il compito di amministrare la Sua Parola, ci ha comandato di lavorare per il progresso del Vangelo possiamo servirlo oppure no dice questa parabola; possiamo essere occupati oppure no, guardare gli altri che servono o essere impegnati attivamente nel servire, essere fedeli e saggi (prudenti –phronimos - è saggi, avveduti, Matteo 7:24; 25:2), oppure no!

Chi serve fedelmente e saggiamente, ha un senso di responsabilità e questo sarà premiato, altrimenti gli spetterà la sorte degli ipocriti, Luca dice “infedeli” (Luca 12:46), questo ci fa capire che chi non serve il Signore non è un vero credente!

C. H. Spurgeon affermò: “Egli non è cristiano chi non cerca di servire il suo Dio”. 

Chi ha sperimentato veramente una nuova nascita, servirà il Signore!

Gesù, Giacomo, Paolo e tanti altri, erano servi di Dio nel senso che erano impegnati praticamente nel progresso dell’opera di Dio, era gente che lavorava, faticava, che ha speso la propria vita per l’opera di Dio, non si risparmiava, era appassionata per Dio e per la chiesa!

Il motto del servo di Dio è: “Servo Dio per la Sua gloria, per piacergli e per l’edificazione della chiesa, il corpo di Cristo”. 

Paolo ai Galati diceva: “Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo” (Galati 1:10. cfr.1 Tessalonicesi 2:4).

La priorità di un servo di Dio è piacergli e non cercare l'approvazione umana.

Il servo cerca di piacere a Dio e non agli uomini! Penserà e agirà per piacere a Dio, perché se cercasse di piacere agli uomini non potrebbe servire Dio perché gli uomini       hanno desideri umani e peccaminosi!

Ma essere servi di Dio implica anche essere servi degli altri dei credenti e dei non       credenti. 

Servire Dio e cercare di piacergli implica servire gli altri! (cfr. per esempio Matteo 20:26-27; 22:34-38; Cfr. 2 Corinzi 4:5; 1 Corinzi 9:19).

Chi vuole essere grande e primo sarà vostro servitore diceva Gesù! (Matteo 20:26-27)
La vera grandezza si trova nel servire: Gesù capovolge la logica del mondo. Non sono i potenti e i ricchi che sono grandi, ma coloro che si mettono al servizio degli altri.

Francesco d'Assisi disse: "La vera gioia è nel dare, non nel ricevere".

Queste parole rispecchiano le parole di Paolo che riportava le parole di Gesù: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20:35).

Ci sono tanti modi per servire gli altri: possiamo aiutare chi è in difficoltà, fare volontariato, ascoltare lo sfogo di qualcuno, e così via!

In Galati 5:13, Paolo scrive: “Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri”.
 
Cristo ci ha resi liberi dal peccato, dalle tradizioni, dall’osservanza di certe pratiche       religiose per essere salvati, ma questo non significa che ci possiamo comportare come ci pare, secondo la carne il peccato, ma siamo chiamati a servirci gli uni con gli altri!
      
Un pastore negli Usa ebbe una conversazione con una persona sulla teologia, questa persona disse al pastore che la teologia pratica consiste in una teologia della bacinella. 
Il pastore perplesso rispose: “La teologia della bacinella, ma che cosa è?” 
Quella persona rispose:”Ricorda cosa fece Pilato, quando aveva l’opportunità di salvare Gesù? Che cosa fece? Si lavò le mani, ma Gesù la notte prima di morire prese una bacinella e lavò i piedi ai Suoi discepoli”.

Quale tipo di teologia vuoi credere e praticare? Quella dell’indifferenza, dell’egoismo, del dominare sugli altri, o quella del servizio pratico, di abbassarsi verso gli altri e servirli per il loro benessere?
 
Gesù il servo di Dio per eccellenza ci ha insegnato a essere servi degli altri lavando i    piedi ai Suoi discepoli (Giovanni 13:1-16).

Nella mia vita cristiana ho visto, sto vedendo e vedrò, credenti che hanno più    l’atteggiamento di dominare sugli altri per i propri interessi e non di servire gli altri!
Che tipo di servo vuoi essere?

(2) Il servo è chiamato a servire Dio in modo assoluto, esclusivo e totale con timore il Signore
Deuteronomio 6:13-15 dice: "Temerai il SIGNORE, il tuo Dio, lo servirai e giurerai nel suo nome.  Non seguirete altri dèi, presi fra gli dèi degli altri popoli intorno a voi, perché il tuo Dio, il SIGNORE, che sta in mezzo a te, è un Dio geloso; l'ira del SIGNORE tuo Dio si accenderebbe contro di te e ti farebbe scomparire dalla terra" (Isaia 41:8-9; 44:21; 49:3; Salmi 134:1; 135:22; 136:22).

Il contesto parla che Dio avrebbe benedetto il popolo materialmente, ma li esorta a non dimenticare che Dio li ha liberati dalla schiavitù in Egitto, li esorta a temere e servire il Signore, non gli altri dèi. 

Gesù dirà nel Nuovo Testamento che non si possono servire due padroni (Matteo 6:24; Luca 16:13); non è possibile servire due padroni con la stessa devozione. 

Ci sono almeno due motivi: 
1)perché le loro pretese e interessi sono divergenti Dio ci chiede si seguirlo in modo del tutto diverso con desideri e volontà diversa da qualsiasi altro idolo. 

2) Il secondo motivo e che Dio è geloso (antropomorfismo, cioè descrizioni di Dio usando espressioni tratta dalla vita umana per farci comprendere meglio la natura di Dio), ma non è la cattiva gelosia, un composto di frustrazione, invidia e dispetto, indica il tutelare qualcosa di prezioso. 

La gelosia di Dio non indica l’invidia, il desiderio di avere qualcosa che non hai e che ha un altro, ma lo zelo nel proteggere un rapporto di amore o nel vendicarlo quando si spezza. 

Quando qualcosa appartiene a noi è giusto proteggerlo, la gelosia è custodire ciò che ci appartiene come un figlio o il proprio coniuge! 

La gelosia è una devozione intensa nel curare e proteggere ciò che si ama, è la giusta sollecitudine di mantenere un rapporto integro! 

Dio pensa allo stesso modo per il Suo popolo. 

Il suo impegno per noi è totale. 
Il suo amore è esclusivo, appassionato, intenso, in una parola, geloso. 

Se Dio non fosse geloso sarebbe spregevole, mancante di percezione morale come un marito che non gli importa nulla della moglie infedele. 

Dio vuole proteggere l’onore del suo amore e desidera che il nostro amore per lui sia integro, che non sia diviso con altri, esige un’esclusiva devozione! 

Inoltre Dio è geloso nel preservare la Sua gloria. 

La gelosia di Dio è il Suo zelo nel preservare la Sua gloria, lo zelo di preservare ciò che è giustamente suo e di nessun altro, lo zelo di preservare ciò che Lui è! 

In Isaia 42:8 leggiamo: "Io sono il SIGNORE; questo è il mio nome; io non darò la mia gloria a un altro, né la lode che mi spetta agli idoli" (vedi anche Isaia 48:11). 

La gelosia di Dio significa che Dio cerca continuamente di proteggere il proprio onore. 

È sbagliato per gli uomini, ma per Dio è cosa giusta perché l’onore, la gloria appartiene solo a Dio. (1 Corinzi 4:7; Apocalisse 4:11). 

Dio vuol essere servito, vuole la nostra ubbidienza completa ubbidienza, una devozione assoluta. 

In Deuteronomio 10:12-13 è scritto: "E ora, Israele, che cosa chiede da te il SIGNORE, il tuo Dio, se non che tu tema il SIGNORE, il tuo Dio, che tu cammini in tutte le sue vie, che tu lo ami e serva il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua, che tu osservi per il tuo bene i comandamenti del SIGNORE e le sue leggi che oggi ti do?".  (Vedi anche Deuteronomio 13:1-5). 

“Servire con tutto il cuore e l’anima” indica in modo assoluto, esclusivo e totale! 
Come rispondiamo al Suo amore e fedeltà? Come vogliamo servire il nostro Signore?   (Malachia 1:6).

II LA MOTIVAZIONE ALLA DEVOZIONE
Giacomo dice che è servo di Dio e del Signore Gesù Cristo. 
Giacomo mette insieme allo stesso livello Dio e Gesù. 

Faceva parte della professione di fede che si usava nella chiesa primitiva (1 Corinzi 8:4-6; Efesini 4:5). 

Perché lo fa? Perché vuole sottolineare che quello che dirà è perché è un servo, con l’autorità di servo che deve dare conto a Dio e a Gesù Cristo.

Prima di tutto vediamo:
A) Riguarda Dio (theos).
Perché dobbiamo servirlo? Alcuni motivi li abbiamo visto prima, ora ne vediamo altri.

In primo luogo siamo motivati alla devozione a Dio perché: 
(1) Dio è Dio
Dio corrisponde ai nomi di Dio dell’Antico Testamento. 
“Dio” corrisponde ai nomi di “El”, “Elohim” e “Yahwè”, rispettivamente corrispondono a un Dio unico che si è rivelato, che è sovranamente elevato e potente (El), Dio nel vero senso della parola, il Creatore l’insieme di tutto il divino in contrapposizione agli dèi degli altri popoli (Elohim). 

Dio esiste, c’è ed è presente concretamente, è vivente (Yahwè).  
Tutto ciò ci motiva a servirlo.

In secondo luogo siamo motivati alla devozione a Dio perché:
(2)  Dio è il creatore, conservatore e sovrano sul mondo (cfr. per esempio Atti 17:24; Apocalisse 10:6).

Egli esercita il suo dominio dal cielo (cfr. per esempio Matteo 5:34; 23:22; Atti 7:49); è l’Altissimo (cfr. per esempio Marco 5:7; Luca 1:32; Atti 7:48; 16:17), il grande re (cfr. per esempio Matteo 5:35); il re delle nazioni (cfr. per esempio Apocalisse 15:3). 

Quindi come Creatore e Sovrano ha tutto il diritto di averci come Suoi servi! (cfr. per esempio Salmo 24:1-3; 100:3).

(3) La fede va posta solo in Dio, perché è l’unico e vero Dio (cfr. per esempio Romani 3:4,30; Galati 3:20; Giacomo 2:19).

In 1 Timoteo 2:5 leggiamo: "Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo".  

E ancora Giovanni 17:3 dice: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo".  

Dio è l’oggetto della fede cristiana (Romani 4:3; Galati 3:6; Tito 3:8; Giacomo 2:23). 
I cristiani sono di proprietà di Dio (1 Pietro 2:9,16; Atti 15:14). 

Atti 20:28 dice: "Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue". 

Ecco perché siamo chiamati Suoi servi chiamati a servirlo ognuno con i doni spirituali che ha ricevuto! (1 Corinzi 12; 1 Pietro 4:10-11).

In secondo luogo la devozione:
B) Riguarda il Signore Gesù Cristo
Perché dobbiamo servir e Gesù Cristo?
(1) In primo luogo perché Gesù è il Signore (Kurios).
“Kurios” indica sovrano, nell’Antico Testamento traduce il nome ebraico di Yahwè e oltre a significare l’esistenza, la presenza concreta, quindi il nome di Dio, esprime anche Creatore e Signore su tutto e tutti. 

Il Signore della vita e della morte, ma anche l’Iddio del Patto, Colui che ha eletto Israele come Sua proprietà e che lo ha salvato dalla schiavitù di Egitto e quindi è il Padrone legittimo di Israele, ha perciò un potere illimitato. 

Quindi “Kurios” indica potente, la forza che può comandare, autorità su qualcuno o qualcosa, potere legale, giusto valido, autorizzato, competente, legittimo come il proprietario di uno schiavo e anche importante decisivo fondamentale. 

Nel greco indica il padrone, colui che comanda, il proprietario di uno schiavo (Atti 16:16,19; Efesini 6:5,9; Colossesi 3:22; Colossesi 4:1; Marco 12:9; Luca 19:33; Matteo 15:27; Galati 4:1).

Il “kurios” designa una persona che esercita il controllo, il potere su un’altra persona o su una cosa con un potere decisionale, a cui siamo chiamati a obbedirgli (Matteo 7:21; 21:29).
 
Luca riporta le parole di Gesù: "Perché mi chiamate: "Signore, Signore!" e non fate quello che dico?" (Luca 6:46).

Peter Haile a proposito che Gesù è il Signore afferma: “Significa che Egli è Colui che l’ultima parola, che è Colui che ha il diritto e l’autorità di decidere che cosa è bene e che cosa è male. Significa che Egli è Colui che dovrebbe governare le nostre scelte. Colui che ha il diritto di determinare le circostanze della nostra vita". 

Un giorno daremo conto del nostro comportamento a Dio e a Gesù (Romani 14:10-12; 2 Corinzi 5:9-10). 
Gesù è il Signore per questo dobbiamo servirlo!

(2) In secondo luogo perché Gesù è lo strumento per cui Dio ci ha salvati ed è il nostro mediatore, garante
Il Padre lo ha inviato (cfr. per esempio Giovanni 3:16-17,28,34; 5:36-38) per salvarci dai peccati (cfr. per esempio Galati 1:4; 1 Timoteo 1:15); Gesù è l’unico mediatore (cfr. per esempio Giovanni 14:6; 1 Timoteo 2:5) e Sommo sacerdote garante della salvezza (cfr. per esempio Atti 4:12; 2 Corinzi 5:19; Colossesi 1:20; Ebrei 5:10; 7:22; 8:6; 9:15) l’unico mediante il quale possiamo conoscere Dio (Giovanni 1:18).

(3) In terzo luogo perché Gesù ha un rapporto speciale con la chiesa
Gesù edifica e fa crescere la chiesa (Matteo 16:18 ;1 Tessalonicesi 3:22-23); ha autorità sulla chiesa (Matteo 28:18; 1 Corinzi 4:19; 1 Corinzi 14:37; 1 Corinzi 16:7); è il capo della chiesa (Efesini 1:22); era al centro della predicazione apostolica (1 Corinzi 8:5-6; 2 Corinzi 4:5; Colossesi 2:6; 3:24), oggetto di professione di fede (Atti 5:14; 16:31; 9:42; 20:21-24); riceveva l’adorazione nella chiesa (1 Corinzi 1:2).

(4) In quarto luogo perché Gesù ci dà un nuovo status
Nell’Antico Testamento gli Israeliti erano considerati servi di Dio perché Dio li aveva liberati dalla schiavitù di Egitto (cfr. per esempio Levitico 25:42,55; 26:12-13). 

Nel Nuovo Testamento vediamo che Gesù ha riscattati i credenti (lutron - Marco 10:45); questo significa che ha pagato un prezzo perché noi potessimo essere liberi dalla schiavitù. 

I cristiani sono stati acquistati e pagati dal Signore (Apocalisse 5:9), quindi non apparteniamo più a noi stessi, ma a Dio. 

Le persone sono schiave del peccato (cfr. per esempio Giovanni 8:34; Romani 6:17); schiavi degli elementi del mondo (Galati 4:3,8), della paura della morte (Ebrei 2:15); delle passioni (Tito 3:3); solo Gesù può liberare (Giovanni 8:36; Romani 6:18), infatti ci ha riscattati. 

Con il riscatto entriamo a far parte di una nuova posizione con Dio, infatti il termine “servi” indica anche questa nuova posizione, una nuova identità che è un riconoscimento da parte di Dio! 

Ma coloro che sono riscattati, lo sono non per l’autonomia, ma per avere un rapporto organico con Dio, dovuto da Dio stesso, quindi lo scopo del riscatto non è l’autonomia, ma l’obbedienza a Dio, alla Sua sottomissione; alla Sua guida e direttive (cfr. per esempio 1 Corinzi 7:22; Efesini 6:6; Romani 14:18; 16:18; Colossesi 3:25).

CONCLUSIONE
Stuart Briscoe disse: “Non si può essere riconciliati con Dio senza essere reclutati”. 
Briscoe sostiene che la salvezza e il servizio non sono due entità separate, ma sono interconnesse. 
Secondo questa visione, la riconciliazione con Dio non si limita solo a un atto di fede individuale, ma implica anche un impegno a servire Dio.

Quando Dio ci ha chiamato alla salvezza ci ha chiamato anche a servirlo! (1 Tessalonicesi 1:9; 1 Pietro 2:9-10). 
La salvezza appartiene interamente a Dio, ma il suo servizio è una nostra responsabilità!! 

È meraviglioso il fatto che Dio è con noi nel servizio e non ci lascia da soli (Matteo 28:18-20;1 Corinzi 15:10; 2 Corinzi 3:5).

Essere servi si riferisce a una posizione completa di obbedienza, umiltà assoluta e fedeltà incrollabile. 

Qualcuno può pensare che servire il Signore è un peso! Per te è un peso? 

Non certamente non lo era per David Livingston. 
David Livingston scozzese missionario ed esploratore nel 1800 in africa, il 4 dicembre del 1857 rivolse un appello emozionante agli studenti dell’università di Cambridge: “Da parte mia, non ho mai cessato di essere contento per essere stato nominato da Dio in tale compito. 
La gente parla del sacrificio che ho fatto passando gran parte della mia vita in Africa. Può essere chiamato sacrificio ciò che è semplicemente la restituzione di una piccola parte di un grande debito verso il nostro Dio che non potremo mai ripagare? 
Si può chiamare sacrificio ciò che traduce la propria santa ricompensa in un’attività salutare, nella consapevolezza di agire bene, nella serenità e nella viva speranza di un glorioso destino in futuro? 
Smettiamola di considerare le cose da questa prospettiva e di avere un tale pensiero! Non è affatto un sacrificio, direi piuttosto che è un privilegio. Ansietà, malattia, sofferenza o pericolo, ora e in futuro, l’abbandono delle comodità e dei beni, possono fermarci e lasciare che lo spirito vaghi e l’anima affondi; ma che sia solo per un attimo. Tutte queste cose sono niente quando sono paragonate alla gloria che sarà rivelata ai noi e per noi. Io non ho mai fatto un sacrificio”.

Per te è un privilegio o un peso servire il Signore?
Stai servendo Dio in modo assoluto, esclusivo, totale? O il tuo cuore è diviso? 
Quanti padroni stai seguendo? La tua è un’ubbidienza completa o parziale come quella dei farisei? (Matteo 23:23). 

Consacrati al Signore, se lo hai già fatto rinnova la Tua consacrazione! 
Forse pensi che comunque quello che potresti fare è insignificante o banale, ma non è così (1 Corinzi 12:12-25) come diceva Vance Havner: “Non ci sono compiti banali nell’opera del Signore”. 

Ogni cosa che facciamo per Dio, anche la più piccola, ha valore e può fare la differenza.

I tuoi “cinque pani e due pesci” nelle mani di Gesù possono essere di benedizione per tante persone! (Matteo 14:13-21).

Dio non spreca ciò che ti ha dato di essere e di fare!!

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