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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Giobbe 25:4: Come avviene la giustificazione?

Giobbe 25:4: Come avviene la giustificazione? 
“Come può dunque l'uomo essere giusto davanti a Dio? Come può essere puro il nato di donna?”

Già ai tempi di Giobbe, l'uomo si chiede come avviene la giustificazione di Dio (cfr. Salmi 143:2). Mediante la giustificazione Dio assolve il peccatore, lo considera non colpevole, lo dichiara, o vede giusto.
La giustificazione non è per le opere della legge. 
Paolo dichiara che per le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a Dio (Romani 3:20; 4:1-4; Galati 2:16). La legge serve solo a rivelare il peccato (Romani 3:20; 7:7) e per condurre la persona colpevole a Cristo per essere perdonato (Galati 3:24). 
La giustificazione è per grazia di Dio. 
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Romani 3:24).

Romani 8:33-34: Dio giustifica gli eletti.

Romani 8:33-34: Dio giustifica gli eletti.
“Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi”.

Alla domanda su chi accuserà gli eletti di Dio, cioè i credenti, coloro che Dio ha scelto per far parte del Suo popolo, la risposta implicita è: “Nessuno”, perché Dio li giustifica. La giustificazione è l’opposto della condanna (Romani 5:18; Romani 8:34), entrambi sono verdetti di un giudice che giudica l’accusato considerandolo colpevole, o non colpevole. 
La giustificazione ci attribuisce, o concede uno stato di giusto davanti a Dio. Per giustificazione s’intende che il Dio giusto dichiara giusto il peccatore che ha fede in Gesù Cristo (Romani 4:23-25). Si tratta, perciò di un atto legale di Dio, per cui Egli dichiara il peccatore che crede, giusto sulla base del sangue e dei meriti di Cristo. 
La giustificazione è l’opera esclusivamente di Dio mediante la quale assolve i peccatori, che sono colpevoli, per il sacrificio di Cristo che non ha commesso nessun peccato e che non aveva nessuna colpa. Tramite la giustificazione siamo messi nella posizione giusta nei confronti di Dio. 

2 Corinzi 5:21: La morte di Gesù è una sostituzione.

2 Corinzi 5:21: La morte di Gesù è una sostituzione.
“Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui”. 

Gesù è morto per i peccatori, ma in Lui non c’era peccato (Giovanni 8:46; Ebrei 4:15; 1 Pietro 2:22; 3:18; 1 Giovanni 3:5); per volontà di Dio ha sperimentato il peccato e la maledizione dei peccatori (Galati 3:13). Benché non fosse un peccatore, Dio l’ha trattato come se lo fosse perché si era caricato del peso del peccato affinché il credente (“per noi”) potesse essere giustificato. Gesù prese il peccato e il giudizio di Dio (Isaia 53:4-5,10) e noi credenti la giustificazione, cioè Dio ha imputato a noi credenti la giustizia di Gesù, quindi siamo assolti, non siamo considerati colpevoli, ma giusti; Dio ci vede giusti (Romani 4:6; 1 Corinzi 1:30; Filippesi 3:9). 

Romani 3:23-25: La morte di Gesù ha soddisfatto l’ira di Dio.

Romani 3:23-25: La morte di Gesù ha soddisfatto l’ira di Dio.
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio -  ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue. 

Una dottrina importante della Bibbia è la propiziazione, la morte di Gesù ha propiziato Dio. La propiziazione è stata il motivo principale dell’incarnazione di Gesù.
Noi vediamo che la propiziazione è stata necessaria perché il peccato suscita l’ira di Dio (Romani 1:18; 5:9; Efesini 5:6; 1 Tessalonicesi 1:10; Ebrei 3:11; Apocalisse 19:15). Ora questo testo ci dice che tutti gli uomini hanno peccato, quindi tutti siamo sotto l’ira di Dio.
L’ira di Dio non è altro che la Sua santa reazione al male e la sua ferma opposizione a esso; non è una furia indiscriminata, incontrollata e irrazionale, ma la reazione di un Dio santo e giusto che non è indifferente all’empietà e alla malvagità degli uomini (Romani 1:18). 

1 Corinzi 6:20: Dio ha redento i credenti.

1 Corinzi 6:20: Dio ha redento i credenti.
“Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”.

Paolo precedentemente aveva parlato di astenersi dalla fornicazione; chi si unisce a una prostituta è un solo corpo con lei e un cristiano non può farlo perché è unito al Signore (v.15), ed è anche il tempio dello Spirito Santo (v.19), questo gli ricorda l'autorità di Dio sulla sua vita (cfr. 1 Tessalonicesi 4:8). Pertanto, il credente non deve considerarsi indipendente e appartenente a se stesso. Paolo, nel v.20 spiega la ragione fondamentale per cui un vero cristiano non è padrone di se stesso: è stato comprato a caro prezzo, e di conseguenza il Signore ha pieni diritti di proprietà. “Siete stati comprati” (ēgorasthēte) indica la redenzione, significa “acquistare al mercato “, “essere tirato fuori dal forum”, cioè dal mercato degli schiavi (agorázō; 1 Corinzi 7:23, Apocalisse 5:9, ecc.). L’immagine, dunque, deriva dalla vendita all'asta degli schiavi. 

Marco 10:45: Gesù ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per molti.

Marco 10:45: Gesù ha dato la sua vita come prezzo di riscatto per molti.
“Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti”. (Cfr. Ebrei 9:26; 1 Giovanni 3:5). 

Gesù ha volontariamente velato la sua gloria come Figlio dell'uomo (Marco 8:38; 13:26; 14:62) per assumere la forma di uno schiavo servendo fino alla morte perché questa era la volontà di Dio (Filippesi 2:6-8). Il suo servizio fino alla morte deve essere considerato un atto volontario (Giovanni 10:11,15,17) come indicato dalla frase: “Per dare la sua vita”. La morte di Gesù è un atto di obbedienza a Dio e vicaria per i molti (cfr. Isaia 53:11-12; Marco 14:24, cfr. Matteo 1:21; Giovanni 10:11,15; 17:9; Efesini 5:25; Atti 20:28; Romani 8:32-35), infatti, la preposizione “per” (anti) significa “in cambio di”, o “al posto di”. 

Giovanni 15:1,5: Gesù è la vera vite.

Giovanni 15:1,5: Gesù è la vera vite.
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo….Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla”.

Gesù è la vera vite che porta frutto. 
"Vera" (alēthinē) indica ciò che “è autentico”, “reale”, “ genuino” e quindi “affidabile”, “degno di fiducia”. Nell’Antico Testamento vediamo che Israele è rappresentato come una vite (Salmo 80:8-19; Isaia 5:1-8; Geremia 2:21; 6:8-9; Ezechiele 15:1-8; 17:6-8; 19:10-14; Osea 10:1-2), come una vigna piantata dal Signore, dalla quale Egli si aspettava il frutto, invece ha fallito (Salmo 80:8-19; Isaia 5:1-8; Geremia 2:21).
Ora in contrasto con il fallimento della vite del popolo di Israele per la mancanza di buoni frutti, Gesù afferma: “Io sono la vera vite”, cioè colui che porta i buoni frutti. Gesù non dice che la Chiesa è la vite, ma che egli è stesso è la vite e i discepoli (tutti i credenti) sono i tralci!

Giovanni 11:25-26: Gesù è la resurrezione e la vita.

Giovanni 11:25-26: Gesù è la resurrezione e la vita.
"Gesù le disse: 'Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?'". 

Queste parole sono dette da Gesù a Marta in occasione della morte di Lazzaro. Questa dichiarazione contiene la quinta dei sette diversi detti “Io sono” con un predicato in questo Vangelo (Giovanni 6:35;48,51; 8:12; 10:7,9,11,14; 14:6; 15:1,5). Questa dichiarazione esprime la stessa verità in un modo paradossale, il primo dal punto di vista che il credente che muore in realtà vivrà, avrà la vita eterna e il secondo punto di vista chi vive nella fede non morirà mai. Dunque ogni credente in Gesù nella vita come nella morte, partecipa alla risurrezione e alla vita che è di Gesù e che Gesù gli comunica.

Giovanni 10:14: Gesù il buon pastore conosce le sue pecore.

Giovanni 10:14: Gesù il buon pastore conosce le sue pecore.
“Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me”.

La “conoscenza” (ginó̄skō) a cui si riferisce Gesù, è una conoscenza che va al di là di una conoscenza intellettuale, è una conoscenza intima, ed è una relazione personale, infatti, la stessa parola la troviamo per indicare un rapporto d’amore (Genesi 4:1,17,25; Matteo 1:25). 
“Conoscere” indica, dunque, un rapporto intimo, speciale, personale, esclusivo che Dio ha con il Suo popolo, che ha scelto sovranamente e incondizionatamente (Genesi 18:19; Esodo 33:12; Amos 3:2 ; Romani 9:10-11; Efesini 1:4). Perciò se il credente conosce Dio e perché prima Dio ha conosciuto il credente (Galati 4:8). Quindi è una conoscenza reciproca esperienziale che rispecchia la conoscenza reciproca intima tra il Padre e il Figlio (v.15).
Include l’idea dell’amore e della cura, dell’amicizia di grazia di Dio con il Suo popolo (Esodo 2:25; 19:4; Osea 13:5). Significa che Dio osserva chi gli appartiene ed è interessato al loro destino, si prende cura di loro. 
Il credente non è un numero per Gesù! Quando vediamo un gregge, le pecore ci sembrano tutte uguali, ma il pastore conosce le sue pecore per nome (Giovanni 10:3), ne conosce le caratteristiche e ne conosce le differenze. La conoscenza del Pastore, di Gesù che ha per noi implica anche una conoscenza totale che si estende nella parte più profonda della nostra vita e va ancora più indietro dalla nostra nascita.
Nel Salmo 139:15-16 è scritto: " Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora". 
Prima della nostra nascita, Gesù già conosceva tutto di noi! La conoscenza di Gesù è profonda e intima. Lui conosce il nostro passato con i suoi fallimenti, con le sue ferite e con le sue gioie. Lui conosce il nostro presente, i nostri desideri non realizzati. Egli conosce le nostre avversioni, frustrazioni e sogni, conosce i punti forti e deboli nel nostro carattere, conosce la profondità abissale del nostro cuore! Gesù ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi stessi!! Ma la cosa importante è che la sua conoscenza è personale! (Giovanni 10:3).
Max Lucado dice: "Quando vediamo una folla, vediamo esattamente quello, una folla. Che riempie uno stadio o che si riversa in un viale. Quando vediamo una folla, vediamo la gente, non delle persone, ma la gente. Una moltitudine di esseri umani. Una miriade di volti. Ciò che vediamo è questo. Ma non è così per il Pastore. Per lui ogni viso è diverso. Ogni faccia ha una storia. Ogni volto è un figlio".   
Il tema della conoscenza reciproca del pastore e le pecore è di grande importanza, le pecore seguono soltanto il loro pastore (Giovanni 10:4-5,8).
Stai obbedendo al buon Pastore? Lo stai ascoltando? Lo stai seguendo? Se sei una sua “pecora” certamente lo stai facendo, altrimenti non fai parte del suo gregge!

Giovanni 10:11: Gesù è il buon pastore che si sacrifica per le sue pecore.

Giovanni 10:11: Gesù è il buon pastore che si sacrifica per le sue pecore.
“Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore”.

Il pastore deve essere pronto a dare la propria vita per proteggere le sue pecore dagli animali selvatici. Gesù dice di se stesso di essere il Buon Pastore. (vv.11,14).
“Buon” (kalós) si riferisce alla qualità del suo carattere nobile, irreprensibile, eccellente, assolutamente degno di fiducia. Gesù non è un buon pastore, come se fosse uno dei tanti del suo genere. Egli esclusivamente è il Buon Pastore!!! È unico nel Suo Genere!
Questi versetti ci parlano del sacrificio del Buon Pastore. 
Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde (v.12).  

Giovanni 10:9-10: Gesù è la porta della salvezza.

Giovanni 10:9-10: Gesù è la porta della salvezza.
"Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura. Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". 

Questi versetti rivelano che Gesù è l’unica porta della salvezza! 
Gesù è l’unica via di salvezza che ci conduce a Dio (Giovanni 14:6). Cosa significa entrare per la porta? Entrare per la porta, equivale a credere in Gesù. Chi crede in Gesù è salvato, è al sicuro (Giovanni 3:16; Efesini 2:8-9). 
Gesù non è “una” porta, ma “la” porta della salvezza! È l’unico Salvatore del mondo, che salva i peccatori (Giovanni 4:42; Atti 4:12; 1 Giovanni 4:14; 1 Timoteo 1:15). È l’unico mezzo attraverso il quale le pecore, i credenti, possono avere pastura. È l’unica fonte che può soddisfare il nostro bisogno spirituale di salvezza.

Giovanni 8:12:Gesù è la luce del mondo che dona la vita.

Giovanni 8:12:Gesù è la luce del mondo che dona la vita.
“Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.

Gesù disse queste parole nel corso della festa delle Capanne. In quest’occasione la gente viveva in capanne fatta di rami e foglie in memoria del loro tempo trascorso nel deserto. Gesù prendendo spunto dalle lampade e dai candelabri che si accendevano durante questa festa, fa quest’affermazione importante. La luce di cui parla Gesù ricorda, o allude alla luce della presenza e della salvezza di Dio (Salmo 27:1; 36:9; Isaia 58:8), ricorda la nuvola che condusse il popolo alla terra promessa (Esodo 13:21-22) e che li ha protetti (Esodo 14:19-25). 
La luce ricorda anche la parola di Dio, o la Sua legge, la luce che guida il cammino di coloro che hanno a cuore la Sua istruzione (Salmo 119:105; Proverbi 6:23). 

Matteo 12:34; 23:33: La similitudine delle vipere.

Matteo 12:34; 23:33: La similitudine delle vipere.
Gesù parla della similitudine delle vipere sia in Matteo 12:34 e sia in Matteo 23:33.
Il contesto di Matteo 12:34 si riferisce all’incredulità dei farisei riguardo la guarigione di Gesù di un indemoniato cieco e muto; i farisei dicevano che le Sue liberazioni demoniache erano dovute all’ aiuto del diavolo. 

Gesù dice che ogni peccato e bestemmia sarà perdonata, tranne quella contro lo Spirito Santo, cioè il non riconoscere l’attività evidente di Dio attraverso l’azione di Gesù Cristo nel fare gli esorcismi (v.28), quindi dimostrando di essere più forte del diavolo (v.29).

Dunque, i farisei rifiutavano Gesù e attribuivano il potere di Gesù al potere satanico, e non alla potenza dello Spirito Santo, questa era la bestemmia contro lo Spirito Santo!

Mentre Matteo 23:33 si riferisce alla condanna degli scribi e farisei per la loro ipocrisia religiosa.

La similitudine delle vipere (Matteo 12:34; 23:33).

La similitudine delle vipere (Matteo 12:34; 23:33).
Gesù parla della similitudine delle vipere sia in Matteo 12:34 e sia in Matteo 23:33.
Il contesto di Matteo 12:34 si riferisce all’incredulità dei farisei riguardo la guarigione di Gesù di un indemoniato cieco e muto; i farisei dicevano che le Sue liberazioni demoniache erano dovute all’ aiuto del diavolo. 

Gesù dice che ogni peccato e bestemmia sarà perdonata, tranne quella contro lo Spirito Santo, cioè il non riconoscere l’attività evidente di Dio attraverso l’azione di Gesù Cristo nel fare gli esorcismi (v.28), quindi dimostrando di essere più forte del diavolo (v.29).

Dunque, i farisei rifiutavano Gesù e attribuivano il potere di Gesù al potere satanico, e non alla potenza dello Spirito Santo, questa era la bestemmia contro lo Spirito Santo!

Mentre Matteo 23:33 si riferisce alla condanna degli scribi e farisei per la loro ipocrisia religiosa.

Giovanni 6:51:Gesù è il pane della vita.

Giovanni 6:51:Gesù è il pane della vita.
“Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo”.

Gesù è il pane vivente disceso dal cielo.
È stato mandato dal Padre (Giovanni 3:16; 6:57).  “Cielo” (ouranós) indica un posto trascendente, il posto dove Dio dimora (Matteo 5:16; 23:22; Atti 7:55; Apocalisse 11:13). Gesù discende dal cielo, dove condivideva la gloria con Dio (Giovanni 17:5; 3:13; Atti 1:10-11; 7:55). 
“Il pane vivente” è sinonimo di pane della vita e indica che Gesù dà la vita, la Sua carne, cioè il suo corpo per la vita del mondo. Questa è un’allusione alla Sua morte sulla croce, al Suo sacrificio (Matteo 20:28; 2 Corinzi 5:21; Galati 1:4; 2:20; 3:13; Efesini 5:2, 25; 1 Timoteo 2:6; Tito 2:14; 1 Pietro 2:24; 1 Giovanni 2:2). Anche la preposizione “per” (hyper) ci parla di sacrificio, infatti, è ripetutamente trovato in un contesto sacrificale nel quarto Vangelo (Giovanni 10:11,15; 11:51-52; 15:13; 17:19; 18:14).

Gioia (Galati 5:22).

Gioia (Galati 5:22).
La gioia è il risultato dello Spirito Santo (cfr. Romani 14:17; 15:13; cfr. Neemia 12:43; Giobbe 8:21; Ecclesiaste 2:26).

La gioia è un segno distintivo del cristiano (Atti 13:52; Romani 12:12), una caratteristica del regno di Dio (Romani 14:17). 

Dio si aspetta che noi siamo gioiosi! 
La nostra gioia è radicata nel riconoscimento della nostra posizione davanti a Dio in Cristo Gesù, quindi della nostra salvezza dai peccati (Matteo 1:21; Romani 6), dall’ira di Dio (Romani 5:1-2,9-11), la liberazione dal diavolo (Atti 26:18).
La consapevolezza di questa realtà suscita in modo efficace e sostiene la gioia nei cuori di coloro che appartengono a Cristo.

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