Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (1)
Oggi riflettiamo su uno dei versetti più potenti della lettera ai Romani, ma anche di tutta la Bibbia, che ci parla della natura stessa della fede che è legata alla speranza.
Questo versetto è come una fiamma che illumina l’essenza stessa della fede cristiana.
La fede è come un telescopio spirituale che ci permette di vedere ciò che è invisibile agli occhi naturali.
Quando guardiamo al cielo notturno a occhio nudo, vediamo solo piccoli punti di luce, ma quando usiamo un telescopio potente, improvvisamente galassie intere si rivelano davanti a noi.
Questo è ciò che accadde ad Abramo: gli occhi della fede videro nazioni intere come sua discendenza in un momento in cui non aveva ancora un figlio insieme alla moglie Sara.
Per apprezzare pienamente la portata di questo versetto, dobbiamo considerare il contesto dell’Antico Testamento e la situazione di Abramo.
Quando Dio chiamò Abramo da Ur dei Caldei, gli promise discendenti numerosi come le stelle (Genesi 15:5) e come la sabbia del mare (Genesi 22:17).
La promessa di Dio sembrava impossibile poiché Abramo aveva 75 anni quando ricevette la promessa (Genesi 12:4); Sara, sua moglie, era sterile (Genesi 11:30); passarono venticinque anni prima che la promessa si realizzasse con la nascita di Isacco, quando cioè Abramo aveva cent’anni (Genesi 21:5) e la sterile Sara aveva novant’anni (Genesi 17:17).
Molti di noi hanno pregato per qualcosa, ma dopo due, o tre mesi, anche prima, ci siamo scoraggiati perché Dio ancora non aveva risposto alle nostre preghiere.
Pensate ad Abramo ha dovuto attendere venticinque anni affinché la sua promessa venisse esaudita!
Venticinque lunghi anni di attesa, quando la biologia, la logica, l’esperienza umana, tutto gridava “impossibile!”