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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

1 Samuele 12:22: I motivi per cui il Signore non abbandonerà il Suo popolo

1 Samuele 12:22: I motivi per cui il Signore non abbandonerà il Suo popolo
“Infatti il SIGNORE, per amore del suo grande nome, non abbandonerà il suo popolo, poiché è piaciuto al SIGNORE di fare di voi il suo popolo”.
Questa affermazione sorprendente, esprime l'assoluta sovranità della grazia del Signore.
Queste parole fanno parte di un discorso di Samuele per confortare il popolo che aveva peccato.
Dove il peccato abbonda, la grazia di Dio sovrabbonda! (Romani 5:20).
La grazia di Dio supera incommensurabilmente l'entità del peccato umano!
Jerry Bridges scrive: “I vostri giorni peggiori non sono mai stati così brutti da essere fuori dalla portata della grazia di Dio. E i vostri giorni migliori non sono mai così buoni da non aver bisogno della grazia di Dio”.
Samuele non sminuisce i peccati del popolo, li conferma, ma li rassicura dicendogli di non temere il giudizio di Dio, e li esorta a non allontanarsi dal Signore perché seguirebbero cose vane (v.21) e a servirlo con tutto il cuore.
La seconda ragione per non temere dopo questa è: il Signore non abbandonerà il Suo popolo. 
“Infatti” (kî) indica o il perché, la ragione, (congiunzione cfr. per esempio Genesi 3:14), oppure è usato per enfatizzare e rafforzare un’affermazione nel senso di “davvero”, “sicuramente” (particella dimostrativa - cfr. per esempio Genesi 27:26; 29:32; Esodo 3:12).
con “infatti” Samuele vuole ulteriormente confortare il popolo che nonostante abbia peccato, il Signore non li abbandonerà.
Samuele ribadisce la meravigliosa promessa che il Signore non abbandonerà il Suo popolo (cfr. per esempio Deuteronomio 31:6,8; Giosuè 1:5; Salmo 94:14), quindi non moriranno, ed era quello che temeva il popolo a causa dei suoi peccati (1 Samuele 12:19). Samuele ha dissipato i timori d’Israele di una morte imminente. 
Noi troviamo tre motivi per cui il Signore non abbandonerà il Suo popolo. 
Il primo motivo è: per amore del Suo grande nome

Osea 2:14-15: Il ristabilimento d’Israele da parte del Signore (1) Il corteggiamento del Signore

 Osea 2:14-15: Il ristabilimento d’Israele da parte del Signore (1)
Il corteggiamento del Signore
Per quarantadue anni ogni settimana, David Thomas ha fatto scivolare una lettera d'amore sotto la porta della sua vicina, Rachel Jones. 
Ogni lettera tentava di riparare una lite a causa di un tradimento amoroso che li aveva separati quando entrambi avevano trentadue anni. 
Rachel Jones aveva bruciato ogni lettera e si era rifiutata persino di parlare con il suo corteggiatore.
Quando David trovò finalmente il coraggio di bussare alla sua porta e gli propose di sposarlo, lei accettò. 
Entrambi avevano settantaquattro anni quando arrivò il matrimonio dopo un lungo corteggiamento, un lungo corteggiamento, che forse oggi chiameremmo stalking.
Può sembrare strano, ma anche il Signore è un corteggiatore, e lo vediamo in Osea 2:14-15.
Nei vv.9-13 abbiamo visto il giudizio del Signore al Suo popolo idolatra, nei vv.14-23 vediamo il ristabilimento del Suo popolo.
In Osea 2:14-15, il ristabilimento viene presentato come la devozione del Signore (marito) per la Sua grazia, con il corteggiamento al Suo amato popolo, Israele (moglie) a cui darà prosperità.
Dio riporterà a Se Israele come un marito riporterà a se la moglie infedele in una rinnovata relazione e lo farà con il Suo corteggiamento.
In questi versetti vediamo la grazia di Dio, grazia perché certamente il Suo popolo idolatra non meritava niente da Lui.
La grazia è il favore di Dio che ci dà ciò che non meritiamo (cfr. per esempio Romani 3:23-24).
“Perciò” (lākēn - avverbio) sembra fuori luogo, perché di solito indica una causa, o un risultato logico (Osea 2:6), secondo il contesto, ci aspetteremmo solo una punizione per l’idolatria d’Israele (Osea 2:12-13), ma con la grazia di Dio non è così, troviamo “un delizioso capovolgimento dell'atteso” dice David Clines.
“Perciò” indica la speranza piuttosto che il continuo giudizio, e quindi la sorpresa, come confermato da “ecco”.
“Ecco” (hinnēh - avverbio) è usato per cambiare una scena e anche per enfatizzare, in questo versetto per richiamare l'attenzione sull’azione della grazia di Dio, ed esprime sentimenti forti, una forte sorpresa.

Neemia 8:10: La motivazione a non essere tristi!

 Neemia 8:10: La motivazione a non essere tristi!
Un Proverbio Cinese dice: “Una gioia disperde un centinaio di dolori”.
Non so se è veramente così, ma di certo avere un cuore gioioso porta grandi benefici a una persona e a coloro che stanno accanto a lei.
La gioia certamente è una caratteristica del cristianesimo e deve essere presente in una persona che si dice di esserlo!
Agostino disse: “Il cristiano dovrebbe essere un alleluia dalla testa ai piedi”.
Mentre Northcote Deck afferma con franchezza: “Un cristiano senza gioia è una calunnia contro il suo Maestro”.
In questo versetto vediamo l’esortazione a essere gioiosi e la motivazione per esserlo.
Cominciamo con:
I L’ESORTAZIONE PER NON ESSERE TRISTI
“Non siate tristi”.
Non “siate tristi” (tēʿāṣēbû – nifal imperfetto giussivo passivo) esprime un’esortazione alla volontà a non essere tristi, a non lasciarsi intristire, in questo contesto di Neemia, dai propri peccati.
C’è un tempo per fare cordoglio per i peccati e un tempo per gioire.
Il libro di Neemia ci parla del ritorno degli esuli Giudei in patria da Babilonia per la costruzione delle mura di Gerusalemme.
Il muro fu terminato il venticinquesimo giorno del sesto mese (Neemia 6:15). 
Le riunioni e le feste di metà anno d’Israele si tenevano durante il settimo mese (cfr. per esempio Levitico 23:24-25,27,34), quindi questa era un'occasione adatta per riunire il popolo per celebrare il completamento del muro ricostruito (Neemia 7:73; 8:1) proprio nel tempo della Festa delle Capanne/Tabernacoli.

Marco 4:18-19: Gli ostacoli alla parola di Dio

 Marco 4:18-19: Gli ostacoli alla parola di Dio
Un professore in visita al Fuller Theological Seminary ha raccontato una storia sulla predicazione di un sermone in un paese in via di sviluppo in cui centinaia di persone si sono fatte avanti come espressione del loro desiderio di camminare con Gesù. 
Pochi mesi dopo, ha predicato lo stesso sermone in una chiesa negli Stati Uniti; non solo nessuno si è fatto avanti al suo invito, ma anche la chiesa sembrava visibilmente annoiata dal messaggio biblico. 
Questa storia è un grande promemoria della verità che dobbiamo “seminare” il vangelo, ma il frutto dipende dalla ricettività degli ascoltatori e dell'opera del Signore nei loro cuori.
Il vangelo è la più bella notizia che l’umanità possa ascoltare e ricevere; così anche tutta la bibbia.
La bibbia, la parola di Dio, può fare miracoli in noi, può operare efficacemente (cfr. per esempio 1 Tessalonicesi 2:13), ma ci possono essere degli ostacoli che gli impediscono di operare nella nostra vita come dovrebbe. 
Gesù sta spiegando ai Suoi discepoli, la Sua parabola del seminatore, o quattro terreni, cioè il modo come viene ricevuto il Suo messaggio, la Sua parola (v.14) e gli ostacoli.
Gesù parla prima di tutto del seme caduto lungo la strada, cioè quelli a cui Satana ruba la parola (v. 15), poi il seme caduto nei luoghi rocciosi, quelli cioè senza radici che dopo le tribolazioni e le persecuzioni sono subito sviati (v. 17); Gesù ora spiega il seme che è caduto tra le spine, prima della spiegazione del seme caduto nella buona terra che porta frutto. 
Gli ostacoli risiedono nelle distrazioni che impediscono alla persona di beneficiare della parola di Dio.
Il nostro testo specifica tre grandi ostacoli del seme caduto tra le spine che impediscono alla parola di Dio di portare frutto nella vita di una persona.
Queste tre spine, questi tre ostacoli, penetrati dentro una persona, soffocano la parola loro predicata che hanno ascoltata, in modo che non produce nulla, che non porti frutto. 
Non ci vuole una laurea in agraria, o essere un contadino esperto, per capire che le spine soffocano il seme, impediscono di farlo crescere, rubandogli nutrimento, acqua, luce e spazio. 
Lensky a riguardo scrive: “Il seme viene accolto nei cuori in cui sono nascosti i germogli di escrescenze spinose. Questi crescono sempre fitti e forti, molto più veloci e più alti del grano, o dell'orzo simili all'erba, e quindi soffocano il buon grano”.

1 Samuele 11:7: Il terrore del Signore

 1 Samuele 11:7:Il terrore del Signore
“…Il terrore del SIGNORE s'impadronì del popolo e partirono come se fossero stati un uomo solo”.
Saul fu fatto re d’Israele (1 Samuele 10:1-27).
La prima prova per il suo regno fu la minaccia dell'attacco degli Ammoniti contro Iabes di Galaad, il quale voleva cavare l’occhio destro a tutti. Come ai giorni in cui regnavano i giudici, alla notizia riportata dai messaggeri, lo Spirito di Dio scese su Saul ed egli si adirò. Saul non era più timoroso (1 Samuele 10:22); ispirato dallo Spirito, esercitando la sua autorità di re, radunò gl’Israeliti che sconfissero gli Ammoniti (1 Samuele 11:11).
Questo è il contesto di questo versetto, nello specifico, quando i messaggeri riportarono la minaccia degli Ammoniti a Saul mentre ritornava dai campi, chiede perché il popolo piangeva e gli riferirono le parole minacciose del re Ammonita Naas, all’udire queste parole, lo Spirito di Dio investì Saul che s’infiammò d’ira, prese un paio di buoi, li tagliò a pezzi, li mandò per mano dei messaggeri in tutto Israele dicendo che sarebbero stati così trattati i buoi di chiunque non avrebbero seguito lui e Samuele (1 Samuele 11:5-6).
David Guzik riguardo l’ira di Saul scrive: “La Bibbia dice che possiamo essere arrabbiati e non peccare (Efesini 4:26), ma la maggior parte della nostra rabbia è egoistica. L'ira di Saul non derivava da un personale senso di ferita o offesa, ma da una giusta preoccupazione per la causa del Signore tra il suo popolo”. 
Certo Saul ha fatto una cosa molto forte, ma voleva che fosse chiaro che il non farsi avanti e difendere la causa di Dio in quel momento era peccato e sarebbe stato punito come peccato. 
David Toshio Tsumura a riguardo scrive: “Qui lo smembramento simbolico dei buoi può essere considerato come ‘una sorta di maledizione condizionale’. Poiché tutti gli israeliti erano obbligati ad andare ad aiutare qualsiasi israelita in tempo di bisogno militare, chiunque non andava era maledetto”. 
Il v. 7 ci dice che il terrore del Signore s’impadronì del popolo e partirono compatti (cfr. per esempio Giudici 6:16; 20:1,8,11; 2 Samuele 19:14) a combattere gli Ammoniti.

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