Fai una donazione per il sito

Cerca nel blog

Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Giovanni 5:35: Lampada splendente.

Giovanni 5:35: Lampada splendente.
“Egli era la lampada ardente e splendente”.
Giovanni Battista non è stato solo una lampada ardente, ma anche splendente. Se una lampada arde, è accesa, nello stesso tempo illumina. Se non stiamo illuminando, vuol dire che non stiamo ardendo per il Signore!!! Giovanni Battista alla domanda di alcuni, se fosse Elia, o il profeta, rispose di no, lui è stato mandato da Dio per rendere testimonianza al Messia (Giovanni 1:19-27). Giovanni splendeva predicando Gesù Cristo, il giudizio di Dio, e il ravvedimento, e lo faceva con zelo e franchezza. Come cristiani dovremmo distinguerci come quelli che hanno zelo per la predicazione della Parola di Dio. Tutti i credenti sono chiamati a splendere in questo mondo di tenebre di Satana (Giovanni 12:31; 16:11; Atti 26:18; Colossesi 1:13). Come discepoli di Gesù, siamo la luce del mondo che non può rimanere nascosta (Matteo 5:14-16; Filippesi 2:15-16). Dall’analogia della luce noi possiamo imparare alcuni principi.
In primo luogo:

Giovanni 5:35: Lampada ardente.

Giovanni 5:35: Lampada ardente.
“Egli era la lampada ardente e splendente”. 

Gesù elogia Giovanni battista, mettendo in evidenza il fatto che era una lampada ardente e splendente.
Il verbo “era” potrebbe indicare che Giovanni era morto, oppure era in carcere a causa di Erode (Matteo 14:1-12). 
“Lampada” (luchnos) indicava una piccola lampada a olio portatile. Nell’antichità la lampada era fatta in terra cotta, o di metallo, era con uno stoppino alimentata con olio, poteva essere appesa a un sostegno, o esser posta su un lucerniere.
È interessante che Gesù dice: “la lampada”! Questo indica una persona, o un fenomeno noto. L’articolo “la” (ho) definisce il ruolo di Giovanni che è stato preparato per il ministero di testimoniare del Messia (cfr. Salmo 132:17).
Cosa indica ardente? “Ardente”, ha un significato metaforico, significa dato alle fiamme, accendere un fuoco...  Giovanni era infuocato per Dio! 
Ardente indica che:

Giovanni 5:35: Credere tutto e sempre a ciò che dice la Bibbia!

Giovanni 5:35: Credere tutto e sempre a ciò che dice la Bibbia!
“Egli era la lampada ardente e splendente e voi avete voluto per breve tempo godere alla sua luce”.

Il motivo per cui il Signore Gesù Cristo pronunciò il discorso che leggiamo a partire dal versetto 17, fu il mormorio e il progetto di omicidio di certi Giudei, probabilmente i capi religiosi, dopo che ebbe guarito un paralitico alla vasca di Betesda in giorno di sabato. Gesù Cristo si difese affermando la propria comunione col Padre, sia riguardo alla sua natura e sia alle sue opere (vv. 18-29), dimostrando di essere così “Signore del sabato” (Giovanni 5:17). 
Il Signore Gesù, poi fa riferimento alla testimonianza di Giovanni il Battista riguardo a Lui, in quanto, generalmente, essi lo consideravano come un grande profeta. Sembra che per un certo periodo, questi Giudei, fossero stati toccati e compunti profondamente dal fatto che Dio, dopo un lungo periodo in cui non aveva più mandato profeti, avesse suscitato un così grande profeta tra loro come Giovanni. Gesù dice a questi Giudei che hanno voluto per breve tempo godere alla sua luce, alla luce del Battista.

La parabola del gran convito. Le scuse ingiustificabili (Luca 14:15-24).

La parabola del gran convito.
Le scuse ingiustificabili (Luca 14:15-24).

Il contesto di questa parabola, ruota attorno al pasto, alla cena di Gesù con certi Farisei. 

Gesù è stato invitato a pranzo da uno dei principali Farisei (v.1), è l’occasione di parlare dell’umiltà, a non scegliere i primi posti al pranzo delle nozze e poi dice di invitare le persone che non possono contraccambiare: poveri, storpi zoppi e ciechi, il contraccambio sarà reso alla resurrezione dei morti e così sarà beato dice Gesù. 

Uno degli invitati, probabilmente un Fariseo, udite queste cose, riguardo la cena, dice beato chi mangerà pane nel regno di Dio futuro, quindi dopo la resurrezione (v.14). 

L'idea di benedizione alla risurrezione dei giusti porta uno degli invitati all’affermazione: "Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!" (v.15).

L’uomo probabilmente credeva come la maggior parte dei suoi connazionali, che solo i Giudei sarebbero stati invitati al banchetto in cielo e certamente lui pensava di far parte di questa schiera.
Ma per partecipare a questo banchetto bisogna rispondere positivamente all’invito, dirà Gesù.

Gesù così racconta una parabola in risposta a questo invitato e dice che un uomo preparò una gran convito, e invitò molti e mandò il suo servo a dire agli invitati che la cena era pronta.

Ebrei 11:5: La fede di Enoc.

Ebrei 11:5: La fede di Enoc.
Dopo l’esempio di Abele, l’autore dell’epistola agli Ebrei, ci parla della fede di Enoc.

Enoch era il settimo da Adamo (Genesi 5:6-18; Giuda 14).
Il suo nome appare nel registro biblico di Genesi 5:1-31, dove appaiono brevi resoconti dei discendenti di Adamo. 
Alla conclusione di ogni resoconto, è scritto che questi discendenti di Adamo morirono, tranne Enoc (Genesi 5:24).

Ebrei 11 presenta gli eroi della fede in ordine cronologico così come sono trovati nella Bibbia, ma diversi commentatori sottolineano che probabilmente viene messo in evidenza la natura della progressione della vita di fede per quanto riguarda Abele, Enoc e Noè, tre uomini che vissero prima del diluvio.

Andrew Murray descrive Abele come il sacrificio della fede; Enoc come il cammino della fede; e Noè come l'opera della fede. 

Quindi per prima cosa siamo portati in una giusta relazione con Dio attraverso il sacrificio; secondo, avendo una relazione con Dio, camminiamo con Lui per fede; e terzo, solo allora eseguiamo le opere di fede, le buone azioni pratiche che seguono come risultato della grazia di Dio.

Oppure l'adorazione della fede in Abele, il cammino della fede in Enoc e la testimonianza della fede in Noè.

Comunque sia vediamo più da vicino la fede di Enoc e la sua ricompensa.

Qualcuno ha detto: “La fede vede Dio e Dio vede la fede”.

Dio non è indifferente verso chi ha fede in Lui!
“La fede in Dio sarà sempre incoronata” disse William S. Plumer.

Elohim.

Elohim.
Studiare i nomi di Dio è importante perché rivelano la Sua natura, così conoscere i nomi di Dio significa conoscere qualcosa della sua natura.

Elohim è il nome più usato per Dio nell'Antico Testamento, si verifica nel senso generale per la divinità, circa 2.570 volte, 2.310 delle quali si riferisce al nome per il vero Dio.

Partiamo con la:
I DEFINIZIONE.
In primo luogo vediamo il:
A) Significato
Alcuni studiosi ritengono che il nome tradotto con “Dio” sia derivato dal nome più breve “El”, che significa potente, forte, preminente. 

Matteo 6:13: La lode finale del Padre nostro.

Matteo 6:13: La lode finale del Padre nostro.
“Perché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria in eterno, amen”.

Dopo i soggetti di preghiera che riguardano i nostri bisogni, problemi e limitazioni, si ritorna alla verità della grandezza di Dio e alla Sua completa sufficienza. Ogni preghiera dovrebbe finire per come va cominciata e cioè innalzando Dio con l’adorazione e la lode, questa è la misura della nostra spiritualità. Alcuni studiosi pensano che il modello di questa lode finale sia condensata in 1 Cronache 29:10-11. Nel Nuovo Testamento troviamo qualcosa del genere in Apocalisse 5:13. Questa lode dichiara che Dio, il nostro Padre celeste è il re; è una gioiosa affermazione della sovranità di Dio, quindi che in controllo su tutto e di tutto e a cui noi dobbiamo obbedire. Così quando noi preghiamo che a Dio appartiene il regno, stiamo dicendo che Dio è libero di fare tutto ciò che vuole (Salmo 135:6; Isaia 46:10; Daniele 4:32-35); Dio è capace di fare tutto ciò che vuole, niente è impossibile a Lui (Giobbe 42:2; Matteo 19:26; Efesini 3:20).

La parabola del posto di onore (Luca 14:7-11).

 La parabola del posto di onore (Luca 14:7-11).
"Quando a un certo oratore gli veniva chiesto qual era la regola principale dell'eloquenza, rispondeva: ‘Consegna’. Qual era la seconda regola: ‘Consegna’. Qual era la terza regola: ’Consegna’. Quindi se mi chiedi dei precetti della religione cristiana, la prima, la seconda, la terza, e sempre risponderei: ‘Umiltà’”. 

Questa parabola parla di umiltà.
Agostino diceva: “Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà”.

Prima di tutto vediamo:

Luca 14:7-11: La parabola del posto di onore.

Luca 14:7-11: La parabola del posto di onore.
"Quando a un certo oratore gli veniva chiesto qual era la regola principale dell'eloquenza, rispondeva: ‘Consegna’. Qual era la seconda regola: ‘Consegna’. Qual era la terza regola: ’Consegna’. Quindi se mi chiedi dei precetti della religione cristiana, la prima, la seconda, la terza, e sempre risponderei: ‘Umiltà’”. 

Questa parabola parla di umiltà.
Agostino diceva: “Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà”.

Prima di tutto vediamo:

Matteo 6:13: Non ci mettere nelle condizioni di essere tentati.

Matteo 6:13: Non ci mettere nelle condizioni di essere tentati.
“E non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”.

Gesù dirà ai tre discepoli che lo accompagneranno nel Giardino del Getsemani poco prima del Suo arresto e morte: “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26:41). “Esporre” (eisenenkēs) è portare, condurre, si riferisce al fatto che qualcuno entri in un evento, o in una condizione, come per esempio lo Spirito di Dio condusse Gesù nel deserto per essere tentato (Matteo 4:1-11). “Tentazione” (peirasmos) si riferisce all’istigazione a peccare, o alle circostanze in cui il male è difficile da resistere, alla nostra vulnerabilità e alla debolezza nel peccare.

La parabola del fico infruttuoso (Luca 13:6-9).

Luca 13:6-9: La parabola del fico infruttuoso.
George Whitefield ha scritto nel suo diario che durante il suo primo viaggio in Georgia, il cuoco della nave aveva il brutto vizio di bere. Quando il cuoco fu rimproverato per questo e altri peccati, disse in modo arrogante che sarebbe stato peccatore fino agli ultimi due anni della sua vita e poi si sarebbe ravveduto. Whitefield aggiunse che, dopo sei ore che il cuoco fece questa dichiarazione arrogante, morì di una malattia legata al suo bere.

Nel contesto vediamo che Gesù richiama al ravvedimento dai peccati, chi non si ravvede perirà! (Luca 13:1-5).
L'avvertimento di questa parabola è: può esserci un periodo di misericordia e di pazienza di Dio, ma c'è un limite di tempo; ora è il momento di pentirsi prima che sia troppo tardi.

Luca 13:6-9: La parabola del fico infruttuoso.

Luca 13:6-9: La parabola del fico infruttuoso.
George Whitefield ha scritto nel suo diario che durante il suo primo viaggio in Georgia, il cuoco della nave aveva il brutto vizio di bere. Quando il cuoco fu rimproverato per questo e altri peccati, disse in modo arrogante che sarebbe stato peccatore fino agli ultimi due anni della sua vita e poi si sarebbe ravveduto. Whitefield aggiunse che, dopo sei ore che il cuoco fece questa dichiarazione arrogante, morì di una malattia legata al suo bere.

Nel contesto vediamo che Gesù richiama al ravvedimento dai peccati, chi non si ravvede perirà! (Luca 13:1-5).
L'avvertimento di questa parabola è: può esserci un periodo di misericordia e di pazienza di Dio, ma c'è un limite di tempo; ora è il momento di pentirsi prima che sia troppo tardi.

Matteo 6:12: Chi è stato perdonato da Dio perdona gli altri!

Matteo 6:12: Chi è stato perdonato da Dio perdona gli altri!
“Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”.

In questa richiesta di preghiera, il primo aspetto che vediamo è quello di chiedere perdono a Dio per i nostri peccati. 
Il peccato è un debito morale e spirituale a Dio che deve essere pagato. Questa richiesta si riferisce alla consapevolezza dei nostri peccati davanti a Dio come nostro Padre e non come giudice, perché i credenti hanno sperimentato per sempre il perdono di Dio come giudice nel momento in cui si sono affidati a Gesù (Romani 8:1,33-34). Ma abbiamo bisogno che i nostri peccati siano perdonati quotidianamente (Cfr. Giovanni 13:10). Infatti, anche il più spirituale dei cristiani pecca, e nonostante è perdonato da tutti i suoi peccati, passati, presenti e futuri, grazie al sacrificio di Gesù per fede (per esempio Atti 10:43; Romani 3:25; Efesini 1:7), è chiamato a confessarlo e a chiedere perdono al Padre, nel momento in cui si accorge di aver peccato, e il Padre lo perdonerà (Salmo 32:1-6; 130:4; 1 Giovanni 1:8-10). Se siamo veri cristiani, la nostra la condizione davanti a Dio, di giustificati, riconciliati e adottati, è per sempre (per esempio Giovanni 10:27-30; Romani 4:1-5:11; 8:31-39), ma la comunione con Dio come Padre viene interrotta a causa del peccato; ecco perché dobbiamo subito confessare il peccato quando ci rendiamo conto che lo abbiamo commesso. 

L’atteggiamento per un risveglio (2 Cronache 7:14).

L’atteggiamento per un risveglio: 2 Cronache 7:14.
Dopo il discorso e la preghiera di Salomone, la gloria del Signore riempì il tempio, poi il re e tutto il popolo offrirono dei sacrifici al Signore. 

Le parole del v.14, sono una parte della risposta del Signore alla preghiera di Salomone; il Signore ha esaudito la sua preghiera e gli comunica che il tempio, da lui costruito, è stato scelto come casa di sacrifici, e Dio sarà attento alle preghiere del popolo offerte nel tempio (2 Cronache 7:12-16).

Ora questo versetto, è stato usato riguardo il risveglio; il risveglio nasce nella chiesa e si diffonde nel resto della società.
Oggi ci rendiamo conto, vista la situazione della chiesa e della società, che è necessario un risveglio, infatti molte chiese locali sono in letargo, e l’immoralità, l’idolatria, è dilagante nella società.

Il risveglio è l’opera di Dio che visita il suo popolo ripristinandolo, rianimandolo, versando su di esso la Sua benedizione, e da qui si allarga al resto della società.

Non importa quanto sia buia e deprimente la situazione morale e spirituale, se il popolo di Dio, si umilia, prega, cerca la faccia di Dio, e si converte dalle sue vie malvagie, Dio esaudirà la sua preghiera, perdonerà i peccati e guarirà il paese!

2 Cronache 7:14: L’atteggiamento per un risveglio.

2 Cronache 7:14: L’atteggiamento per un risveglio.
Dopo il discorso e la preghiera di Salomone, la gloria del Signore riempì il tempio, poi il re e tutto il popolo offrirono dei sacrifici al Signore. 

Le parole del v.14, sono una parte della risposta del Signore alla preghiera di Salomone; il Signore ha esaudito la sua preghiera e gli comunica che il tempio, da lui costruito, è stato scelto come casa di sacrifici, e Dio sarà attento alle preghiere del popolo offerte nel tempio (2 Cronache 7:12-16).

Ora questo versetto, è stato usato riguardo il risveglio; il risveglio nasce nella chiesa e si diffonde nel resto della società.
Oggi ci rendiamo conto, vista la situazione della chiesa e della società, che è necessario un risveglio, infatti molte chiese locali sono in letargo, e l’immoralità, l’idolatria, è dilagante nella società.

Il risveglio è l’opera di Dio che visita il suo popolo ripristinandolo, rianimandolo, versando su di esso la Sua benedizione, e da qui si allarga al resto della società.

Non importa quanto sia buia e deprimente la situazione morale e spirituale, se il popolo di Dio, si umilia, prega, cerca la faccia di Dio, e si converte dalle sue vie malvagie, Dio esaudirà la sua preghiera, perdonerà i peccati e guarirà il paese!

La preghiera di attesa per il risveglio (Atti 1:14)

La preghiera di attesa per il risveglio (Atti 1:14) 
La storia dei risvegli ci dice che molti sono nati dalla preghiera.
Per esempio Ken Terhoven scrive: “Nel 1857 Jeremiah Lanphier si presentò al suo appuntamento con la ‘Chiesa Riformata Olandese’ come missionario cittadino della città di New York. La chiesa stava soffrendo di una perdita di membri, freddezza e apatia. Preoccupato dai bisogni della chiesa e della città, egli decise di invitare altri a condividere il suo peso e a organizzare un incontro di preghiera a mezzogiorno che si tenesse una volta a settimana. Il 23 settembre 1857 solo sei persone vennero a pregare. Il mercoledì seguente ne vennero venti. Durante la settimana successiva c’erano quaranta intercessori e nel giro di sei mesi diecimila persone erano riunite per pregare in ciascun edificio disponibile. In due anni un milione di convertiti furono aggiunti alla chiesa senza che la maggior parte di loro avesse mai sentito un sermone. Le preghiere continuarono fino a che il risveglio si era diffuso per tutta l’America”.

IL RICCO STOLTO (Luca 12:13-21).

IL RICCO STOLTO (Luca 12:13-21). 
Blaise Pascal scriveva: “ Tutti gli uomini, nessuno eccettuato, cercano di essere felici, per quanto impieghino mezzi diversi, tutti tendono a questo fine. Quelli che spinge alcuni ad andare alla guerra, e altri a non andarci, è sempre questo desiderio, presente negli uni come negli altri, sebbene accompagnato da opinioni diverse. La volontà non fa mai il minimo passo se non verso quest’oggetto. È il movente di tutte le azioni di tutti gli uomini, anche di quelli che s’impiccano”. 
Tutti ricerchiamo la felicità! Il punto è come e dove trovarla.
Molti fin dall’antichità considerano la felicità come il fine ultimo dell’uomo ed è vista come uno stato di completa soddisfazione derivante dal possesso.
Perciò, per molti la felicità, è nell’avere ricchezze e goderle, per questo motivo si ama e si ricerca di accumulare sempre più soldi. 

Ma come ha detto qualcuno con i soldi, puoi comprare tutto dovunque vai, tranne che la felicità!!

Matteo 6:11: Dacci il nostro pane quotidiano.

Matteo 6:11: Dacci il nostro pane quotidiano.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Dopo i tre soggetti di preghiera incentrati su Dio, che ci indicano che va messo sopra ogni cosa non dimenticando la Sua gloria, Gesù nel suo insegnamento sulla preghiera, passa al soggetto dei nostri bisogni primari. Andiamo, dunque a Dio portando i nostri bisogni, ma lo facciamo dopo aver considerato Dio, così non saremo arroganti, disperati e nemmeno ansiosi. Nella società moderna occidentale, dove il cibo è pianificato e assicurato anticipatamente, la dipendenza quotidiana da Dio è lontana dalla nostra esperienza, ma in molte altre parti del mondo oggi, come nel contesto dove visse Gesù, non è così. Lo stile di vita di molti lavoratori ai tempi di Gesù era precario, vivevano alla giornata, venivano pagati un giorno alla volta e saltare un giorno di lavoro, significava avere seri problemi. Anche per Gesù e per i suoi discepoli durante la loro missione itinerante, la fornitura quotidiana dei bisogni materiali non era scontata (cfr. Matteo 8:20; 10:9-14,40-42).

Ebrei 11:4: La fede di Abele.

Ebrei 11:4: La fede di Abele. 
Al v. 2, l’autore della lettera agli Ebrei aveva parlato che gli antichi ebbero per la fede l’approvazione di Dio.
Questa serie di esempi di uomini e donne del passato inizia con Abele.

A volte, come nel caso di Abele, le persone soffrono per la loro fede senza avere una liberazione temporale. 
In altre occasioni, come nel caso di Enoc, Dio porta grande liberazione in risposta alla fede. 
Per la maggior parte, la vita di fede è una miscela di sofferenza e trionfo, come Abramo (vv.8-19), o Mosè (vv 23-29). 
Abele, in un certo senso anticipa gli esempi finali di questo capitolo (vv. 35-38), che soffrono in questa vita senza ottenere quando promesso per ottenere una resurrezione migliore.

Matteo 6:10: Sia fatta la volontà di Dio.

Matteo 6:10: Sia fatta la volontà di Dio.
“Sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo”.

Questo soggetto di preghiera è molto abusato, ma se molte persone capissero realmente questa preghiera, avrebbero difficoltà a recitarlo! Secondo molti studiosi, questa preghiera si riferisce alla realizzazione degli scopi di Dio nel mondo, sia all'obbedienza delle persone a Dio nel presente e sia per il regno di Dio avvenire, quando gli scopi salvifici di Dio saranno pienamente adempiuti. Le parole finali, "anche in terra come è fatta in cielo", indica tutto il creato. Non c'è nulla che si oppone alla volontà di Dio nei cieli, quindi il desiderio è che questo avvenga anche sulla terra. Così, dunque, un vero credente, quando fa questa preghiera, sta pregando che la volontà di Dio sia obbedita e la sua volontà salvifica si adempia. Inoltre, “sia fatta la volontà di Dio”, implica aspetti importanti per la nostra vita personale. Quando rivolgiamo a Dio sinceramente, questa preghiera, gli chiediamo di fare ciò che è necessario per rendere la Sua volontà prevalente e determinante nella nostra vita. Due aspetti sono importanti riguardo la nostra esistenza.

Matteo 6:10: Venga il Regno di Dio.

Matteo 6:10: Venga il Regno di Dio.
“Venga il tuo regno”
Questo è il secondo soggetto di preghiera del Padre nostro. Che cosa si intende con la preghiera venga il tuo regno? Ha due significati.
1) Il primo significato è il regno di Dio nel presente.
“Il regno di Dio” indica il dominio, la signoria regale di Dio.   “Regno” (Basileia) significa, in primo luogo l'autorità di governare come un re e in secondo luogo il regno su cui si esercita tale autorità. Il regno di Dio è una società sulla terra dove Dio regna nel cuore delle persone che fanno la Sua volontà di Dio in Cristo. È una preghiera affinché possiamo amare ciò che Dio comanda e chiedergli di regolare la nostra vita in relazione alla Sua volontà, di obbedirgli con tutto il nostro cuore. “Venga il tuo regno” è una supplica che chiede a Dio di estendere il suo potere reale su ogni parte della nostra vita: emozioni, desideri, pensieri e volontà. Si riferisce anche al desiderio di chi prega che il regno di Dio, iniziato con il ministero di Gesù sulla terra nei cuori delle persone (Luca 17:21), con la conversione e il pentimento (Matteo 18:1-4; Marco 1: 14-15), cresca oggi in tutto il mondo, che sempre più persone entrino nel regno di Dio, attraverso la testimonianza dei Suoi servi.

L’amico a mezzanotte (Luca 11:5-13).

L’amico a mezzanotte (Luca 11:5-13).
Il contesto immediato di questa parabola è costituito da una serie di episodi e di precetti sulla preghiera. Gesù dava priorità alla preghiera e come era solito fare, andò in disparte per pregare (v.1; cfr. Marco 1:35; Matteo 14:23; Luca 5:16; 6:12;9:18); egli aveva il piacere e sentiva il bisogno di avere comunione con il Padre!
Gesù era “Gesù”, eppure non trascurava la preghiera, perché conosceva l’importanza di questo prezioso strumento. 
Se Gesù il Figlio di Dio pregava tanto, noi lo dovremmo fare a maggior ragione?
Quando Gesù ebbe finito, un discepolo gli chiese di insegnare loro a pregare. 
Questa parabola, infatti, s’inserisce proprio tra il modello che Gesù dà della preghiera, cioè il Padre nostro, e la promessa dell’esaudimento alle richieste (vv.9-11). 
Questa parabola sottolinea la libertà e la persistenza nella preghiera, ed è quindi un incentivo a pregare, a chiedere.
Come Gesù, quindi, anche noi dobbiamo dare alla preghiera la priorità nella nostra vita e pertanto dedicare a essa il nostro tempo.
A conferma di ciò si possono elencare svariati motivi:

Matteo 6:9: Sia santificato il nome di Dio.

Matteo 6:9: Sia santificato il nome di Dio.
“Sia santificato il tuo nome”.

Questo è il primo soggetto di preghiera del “Padre nostro”. Prima di tutto vediamo cosa indica “nome”. C'è una stretta associazione tra il nome e la persona; in ebraico, il nome rappresenta il carattere e la personalità di qualcuno, così riguardo a Dio rappresenta il Suo carattere, la Sua natura, la Sua autorità come si è rivelato all’uomo e che si può conoscere (cfr. per esempio Malachia 1: 6; Isaia 29:23; Ezechiele 36:23; Giovanni 12:28; 17:6). Il nome di Dio è un termine ricorrente nell’Antico Testamento, ed è spesso descritto come "santo" (Salmo 30:4; 97:12; 103:1; 111:9; ecc.). La santità è il principale e il più glorioso attributo di Dio (Esodo 15:11; Salmo 89:35; Isaia 6:3; Apocalisse 4:8). 
“Santificato” (hagiasthētō) è rendere santo; ora la domanda è: perché dobbiamo pregare che il nome di Dio sia santificato visto che è già santo?  
Troviamo due significati.

Atti 1:14: La preghiera di attesa per il risveglio.

Atti 1:14: La preghiera di attesa per il risveglio.
La storia dei risvegli ci dice che molti sono nati dalla preghiera.
Per esempio Ken Terhoven scrive: “Nel 1857 Jeremiah Lanphier si presentò al suo appuntamento con la ‘Chiesa Riformata Olandese’ come missionario cittadino della città di New York. La chiesa stava soffrendo di una perdita di membri, freddezza e apatia. Preoccupato dai bisogni della chiesa e della città, egli decise di invitare altri a condividere il suo peso e a organizzare un incontro di preghiera a mezzogiorno che si tenesse una volta a settimana. Il 23 settembre 1857 solo sei persone vennero a pregare. Il mercoledì seguente ne vennero venti. Durante la settimana successiva c’erano quaranta intercessori e nel giro di sei mesi diecimila persone erano riunite per pregare in ciascun edificio disponibile. In due anni un milione di convertiti furono aggiunti alla chiesa senza che la maggior parte di loro avesse mai sentito un sermone. Le preghiere continuarono fino a che il risveglio si era diffuso per tutta l’America”.

Matteo 6:9: Ciò che dobbiamo ricordare!

Matteo 6:9: Ciò che dobbiamo ricordare!
“Padre nostro che sei nei cieli”.
Gesù insegna ai Suoi discepoli come pregare. Gesù inizia col dire “Padre nostro”. “Nostro” includeva solo i suoi discepoli, ma non Gesù stesso, perché aveva un rapporto unico (Matteo 3:17; 11:27). Che cosa significa questo indirizzo di preghiera? 
Prima di tutto “Padre nostro che sei nei cieli” indica:
1) Intimità.
“Padre” (Pater) si riferisce a una parola ebraica (Abbà) che indica un affetto speciale, calore, rapporto intimo nella sicurezza della cura di un padre amorevole. “Padre” allora ci parla della vicinanza di Dio che si prende cura dei Suoi figli e ascolta le loro preghiere. Così un figlio di Dio può andare alla Sua presenza senza paura, con libertà e fiducia in preghiera sapendo che Dio lo ama, lo accoglie e si prende cura di lui ogni giorno! Sapere che Dio è nostro Padre ci dà sicurezza e speranza, ci libera dalla solitudine, e anche se fossimo rifiutati e abbandonati dalla nostra famiglia, dagli amici, e dal resto del mondo, il nostro Padre celeste non ci lascerà e non ci abbandonerà mai (Salmo 27:10; 68:5-6; Isaia 49:15; Ebrei 13:5-6).
“Padre nostro che sei nei cieli” indica:
2) Comunità.
Questa è una preghiera che solo i veri cristiani possono fare! Secondo la Bibbia, Dio non è il Padre di tutti nel senso spirituale; certamente è Padre di tutti come Creatore (Malachia 2:10; Atti 17:28; Efesini 3:14-15), ma non nel senso spirituale. Nel senso spirituale o si è figli del diavolo (Giovanni 8:42-44; 1 Giovanni 3:10), o si è figli di Dio, e questi si diventa per volontà di Dio per la fede in Gesù Cristo. Sempre grazie a Gesù possiamo andare alla presenza di Dio con la certezza che ci accoglie (Giovanni 1:12; 14:6; cfr. Romani 8:14-17; Galati 3:26; 4:6; 2 Corinzi 6:18; 1 Giovanni 3:1-2).  La forma plurale di “Padre nostro” indica anche pregare in compagnia di altri cristiani (per esempio Matteo 18:19; Atti 1:14; 2:41-42) e ci ricorda che la nostra preghiera dovrebbe riflettere l'unità, i desideri e i bisogni dell'intera chiesa. Non dobbiamo solo pregare per noi stessi, ma per il resto della famiglia di Dio!
“Padre nostro che sei nei cieli” indica:
3) Maestà.
Indica trascendenza, sovranità, splendore, potere con le inesauribili risorse per esaudire le richieste dei Suoi figli secondo la Sua infinita saggezza. Il fatto che il Padre è nei cieli indica una natura diversa dalla nostra, e quindi ci avvicineremo a Lui con umiltà e timore (Esodo 3:5; Isaia 6:1-5; Luca 18:9-14; Salmo 2:11; Ebrei 12:28). In secondo luogo “nei cieli” indica che la casa dei figli di Dio è in cielo (per esempio Giovanni 14:1-3; Filippesi 3:21), dove desiderano andare; il cristiano su questa terra è pellegrino. (Salmo 73:23-24; 2 Corinzi 4:16-5:8; 1 Pietro 2:11). 
Quindi prima di pregare Dio dovremmo ricordare che Lui è il nostro Padre che è nei cieli e come siamo diventati Suoi figli, poi gli chiederemo di infondere in noi ciò che significhi “Padre” affinché possiamo essere consapevoli del Suo amore e cura, trovare conforto e ci liberi da ogni diffidenza.

Galati 4:3-7: Adottati per essere figli di Dio.

Galati 4:3-7: Adottati per essere figli di Dio.
“Così anche noi, quando eravamo bambini, eravamo tenuti in schiavitù dagli elementi del mondo;  ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l'adozione.  E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: ‘Abbà, Padre’. Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio”. (Romani 8:15, 23; 9,4; Galati 4:5; Efesini 1:5).

Grazie a Gesù il credente viene adottato come figlio di Dio. “Adozione” (huiothesía) era un termine legale secondo le leggi greco-romane. Secondo questa legge un padre era libero di adottare individui non appartenenti alla famiglia naturale e di dar loro lo status di figli nello stesso modo dei figli naturali con gli stessi diritti e privilegi.

Salmo 27:4: Una preghiera su tutte.

Salmo 27:4: Una preghiera su tutte.
“Una cosa ho chiesto al SIGNORE, e quella ricerco: abitare nella casa del SIGNORE tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del SIGNORE, e meditare nel suo tempio”.

Il genere umano ricerca la felicità, e molti pregano per questo. Ma che cosa porta alla felicità? Per molti è la comodità, i piaceri della vita, le ricchezze, le cose materiali, ma queste cose sono solo fugaci, o una volta raggiunte non danno la felicità tanto agognata perché manca ciò che è più importante per noi per cui siamo stati creati (Romani 11:36): il Dio della Bibbia da cui provengono tutte le cose, da cui dipendiamo per vivere (per esempio 1 Samuele 2:6-8). Una persona è felice perché ha una relazione con Dio, gode della pienezza di Dio e pertanto ha una ricompensa da parte di Dio: l’approvazione di Dio, o come ha detto qualcuno il sorriso di Dio (per esempio Matteo 5:1-12).

La parabola del buon Samaritano (Luca 10:25-37).

 La parabola del buon Samaritano (Luca 10:25-37).
Guardando i telegiornali, o dei reportage, o leggendo i giornali, ci rendiamo conto che la sofferenza è grande nel mondo. 
Ci sono molte associazioni umanitarie onlus (senza scopo di lucro) in diversi campi e così ci sono molte associazioni di filantropia. 
La parola “Filantropia” indica un sentimento di amore (filìa) nei confronti degli esseri umani (ànthropos). 
Nell'uso corrente un filantropo è una persona generosa che fa attività di beneficenza. 
Uno di questi è Bill Gates il fondatore di Microsoft si è ritirato dagli affari per dedicarsi a un’associazione da lui fondata nel Gennaio del 2008 la “Bill & Melinda Gates Foundation”, oggi, rappresenta l’istituzione filantropica più ricca al mondo, con circa 37,3 miliardi di dollari è considerata la fondazione più grande del mondo ed è attiva nella ricerca medica, nella lotta all'AIDS e alla malaria, nel miglioramento delle condizioni di vita nel terzo mondo e nell'educazione.
Molti forse non hanno i mezzi economici come Gates e perciò non hanno la capacità di aiutare gli altri, forse anche tu rientri in questo cerchio, ma anche se non sei ricco, puoi fare qualcosa nel tuo piccolo per aiutare gli altri.

Matteo 26:39: Il modello di preghiera nella sofferenza.

Matteo 26:39: Il modello di preghiera nella sofferenza.
“E, andato un po'più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: ‘Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi’”.

Il racconto dell’agonia di Gesù nel giardino del Getsemani ci fa capire la sua umanità, quale fosse il costo della sua missione e anche il rapporto intimo che aveva con il Padre. Gesù era triste e angosciato per la sua morte in croce che doveva patire (vv.36-38) e per questo prega con la faccia a terra, per portare la sua angoscia e la sua preoccupazione al Padre.  “Padre mio” indica il rapporto intimo che Gesù aveva con Dio. Il soggetto di preghiera di Gesù era se era possibile che Dio allontanasse da lui questo calice.

Ebrei 11:3 La comprensione della fede.

Ebrei 11:3 La comprensione della fede.
Nel v.3 è scritto: “Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti”.

Questa è la più importante delle intuizioni, quello che distingue i credenti e gli atei: il mondo non è nato da solo, non si è autoderminato, ma deriva da un potere superiore a se stesso.

Di solito, la fede è considerata l'opposto della ragione, o contraria, o indipendentemente un pensiero razionale.

Anche alcuni cristiani pensano che la fede sia qualcosa di irrazionale.

Ma la fede e la ragione non sono percorsi alternativi alla conoscenza, la ragione accompagna la fede.
La fede usa la ragione e la ragione non riesce a trovare la verità senza fede; la fede aiuta la ragione ad accettare le cose che non vediamo.

2 Samuele 7:27: La preghiera è la risposta alla Parola di Dio.

2 Samuele 7:27: La preghiera è la risposta alla Parola di Dio. 
“Poiché tu, o SIGNORE degli eserciti, Dio d'Israele, hai fatto una rivelazione al tuo servo e gli hai detto: ‘Io ti edificherò una casa!’ Perciò il tuo servo ha avuto il coraggio di rivolgerti questa preghiera”.

Quando il re di Davide era al culmine del suo potere, decise di costruire un tempio per Dio (2 Samuele 7:1-7). Dio mandò al re il messaggio per mezzo del profeta Natan che non doveva costruire lui il tempio, ma che lo avrebbe fatto il Signore tramite il figlio di Davide (2 Samuele 7:4-11). In 2 Samuele 7:11-13 leggiamo: “…In più il Signore ti annunzia questo: sarà lui che ti fonderà una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu riposerai con i tuoi padri, io innalzerò al trono dopo di te la tua discendenza, il figlio che sarà uscito da te, e stabilirò saldamente il suo regno.  Egli costruirà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno”.

Apocalisse 3:20: La preghiera è comunione con Dio.

Apocalisse 3:20: La preghiera è comunione con Dio. 
“Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.

Questo passo di solito è applicato nell’evangelizzazione, ai non credenti, ma in realtà dal contesto si riferisce alla chiesa di Laodicea. Questo passo si riferisce alla mancanza di comunione della chiesa di Laodicea con Gesù, era una chiesa tiepida, aveva perso lo zelo eppure questa chiesa si sentiva a posto, autosufficiente, compiacente e orgogliosa. Gesù li esorta allo zelo e al ravvedimento. Gesù non forza l’entrata, ma piuttosto si rende disponibile; il credente tiepido deve prendere la decisione di fare entrare Gesù, nel senso di ristabilire la comunione con Gesù. Quindi Gesù chiede una risposta, invita il credente a pentirsi e ad avere comunione con Lui. 

Salmo 73:17: Come avere una chiara e oggettiva interpretazione della realtà.

Salmo 73:17: Come avere una chiara e oggettiva interpretazione della realtà.
“Finché non sono entrato nel santuario di Dio, e non ho considerato la fine di costoro”.

Nella prima parte (vv.1-14), il salmista ammette che è quasi caduto nel dubitare nella bontà del Signore nel vedere i malvagi prosperare, non avere problemi come gli altri (vv.4-5); che sono superbi, violenti e malvagi (vv. 6-7), dai discorsi sprezzanti, maligni e arroganti, come se fossero padroni della terra (vv. 8-9), hanno le persone dalla loro parte (v.10), e dubitano che Dio conosca il loro peccato (v. 11); questi empi sono sempre tranquilli e accrescono le loro ricchezze (v.12). Il salmista è amareggiato e confuso (vv. 13-14), più tardi dirà che è anche ferito, insensato, di fronte a Dio come una bestia (vv.21-22).

Ebrei 5:8: Imparare l’ubbidienza attraverso la sofferenza.

Ebrei 5:8: Imparare l’ubbidienza attraverso la sofferenza.
“Benché fosse Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì”.

Mi ha sempre meravigliato questo versetto! Com’è possibile che Gesù dovesse imparare l’ubbidienza, visto che Lui era il Figlio di Dio, quindi di natura divina?
Gesù scelse d’imparare l’ubbidienza come uomo e come uomini non possiamo che imparare a ubbidire a Dio attraverso la sofferenza.
Questo versetto è una conferma molto importante dell’umanità di Gesù, e presuppone una crescita nel senso umano di Luca 2:52; questo apprendimento culminerà nella Sua ubbidienza fino alla morte sulla croce (Filippesi 2:4-11).
Gesù incarnando la vita umana, ha conosciuto il dolore, le limitazioni e la fragilità degli esseri umani. Così, Gesù, condividendo la nostra natura umana, doveva fare l’esperienza di soffrire con l’umanità per soffrire per essa. L’ubbidienza imparata attraverso la sofferenza, era necessaria per il Suo sacrificio perfetto e anche per la Sua intercessione come Sommo Sacerdote eterno per la nostra salvezza (Ebrei 7-10). Avendo imparato l'ubbidienza con la sofferenza, Gesù era perfettamente qualificato per essere il sacrificio e Sommo Sacerdote per la garanzia della nostra salvezza. Per Gesù, il Figlio incarnato, era assolutamente necessario che imparasse l'ubbidienza, poiché la Sua ubbidienza ha compensato la nostra disubbidienza, per la Sua ubbidienza molti saranno costituiti giusti (Romani 5:19); Gesù giusto che muore per gli ingiusti per condurci a Dio (1 Pietro 3:18).
Ovviamente imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì non significa che Gesù fosse disubbidiente e ribelle, Egli ha obbedito in modo perfetto al Padre in tutte le cose, è stato tentato, ma non ha peccato (Giovanni 8:46; 2 Corinzi 5:21; Ebrei 4:15; 7:26;1 Pietro 2:22; 3:18). Come uomo, Gesù ha imparato per esperienza- come nella tentazione - quanto sia difficile ubbidire alla volontà di Dio in mezzo alle difficoltà, oppure ha appreso il livello più profondo di ubbidienza perfetta attraverso la sofferenza, e ciò avvenne durante tutta la sua vita terrena e in particolare nella notte angosciosa nel Getsemani (Matteo 27:36-46; Luca 22:39-46) che culminerà nell'agonia sulla morte in croce (Matteo 27:32-50).
Se Gesù doveva imparare l’ubbidienza, a maggior ragione noi e Dio usa la sofferenza anche per noi (Ebrei 12:4-11). Molte volte, preghiamo come Gesù (Ebrei 5:7), che Dio ci liberi dalla sofferenza, ma Dio non lo fa perché vuole cambiare noi! Vuole che cresciamo, vuole che assomigliamo sempre di più a Gesù (Romani 8:28-29; Giacomo 1:2-4). La sofferenza è un dono di Dio affinché possiamo imparare a ubbidirgli! La sofferenza è un’insegnante molto qualificata perché imparassimo a obbedire a Dio! Pertanto quando soffriamo chiediamo a Dio cosa ci vuole insegnare riguardo l’obbedienza, che cosa deve cambiare nella nostra vita! Cosa dobbiamo fare e non fare! “Il dolore fa pensare agli uomini e ci obbliga a fare domande” (Brian Edwards). Questo esempio di ubbidienza di Gesù Cristo voleva incoraggiare i lettori, e quindi anche noi oggi, a rimanere fermi e non allontanarci dalla fede nei momenti di sofferenza. Proprio come Cristo è stato perfezionato attraverso la sua sofferenza, così anche noi oggi lo saremo.
Aristotele diceva: “Non possiamo imparare senza dolore”.

Ebrei 11:2 La celebrazione della fede.

Ebrei 11:2 La celebrazione della fede.
Un predicatore pensava che fosse da solo a scalare una montagna in una giornata nuvolosa e di pioggia. Pur sapendo che fosse stato difficile arrampicarsi sulle rocce bagnate e ghiacciate, proseguì. Mentre il cielo si schiariva, arrivato su un piccolo altopiano, si accorse che vi era un bel po' di gente che erano andata almeno un paio di ore prima di lui.

Così il credente in questo cammino verso il cielo, non è da solo, ci sono tante altre persone, tanti altri cristiani pellegrini su questa terra! 

La fede è un potere convincente che supera le ragioni, i pregiudizi e le scuse peccaminose. 

La fede illumina la nostra mente, riscalda il nostro cuore e muove la nostra volontà verso Dio e verso la Sua volontà!

La fede ci porta al di là delle cose terrene e delle vanità del mondo, e si occupa di realtà spirituali e divine.

La fede incoraggia quando siamo scoraggiati, supera le difficoltà, resiste al diavolo e trionfa sulle tentazioni. 
Questo perché uniti a Cristo, noi cristiani attingiamo la forza, le capacità, le risorse da Lui per fede. 

Il v.2 dice: “Infatti, per essa fu resa buona testimonianza agli antichi”.

Ebrei 11:1: La natura della fede.

Ebrei 11:1: La natura della fede.
L'undicesimo capitolo degli Ebrei è la continuazione dell'ultima parte del decimo capitolo.

Lo scrittore degli Ebrei termina il decimo capitolo osservando che i giusti vivranno per fede e fa appello ai cristiani di origine ebraica a rimanere fermi nella fede per ottenere la vita (Ebrei 10:37-39).

I primi tre versetti di questo capitolo costituiscono una sezione introduttiva dell'intero capitolo di esempi di uomini di fede dell’Antico Testamento scritti per incoraggiare i cristiani che erano perseguitati a perseverare nella fede con santità (Ebrei 12:1-2).

In questi tre versetti si parla della natura della fede, ma non vuole essere una definizione teologica formale definitiva; lo scrittore sta richiamando l'attenzione su alcuni aspetti significativi della fede.

Ogni parola è stata accuratamente scelta e pesata per richiamare l'attenzione sulle caratteristiche della fede che hanno avuto particolare importanza per la situazione immediata dei destinatari della lettera.

Poi, l’autore in tutto il capitolo, procede a mostrare come la fede funziona nella pratica.

In questo capitolo, come altrove nella Bibbia, la fede è la risposta dell'uomo alla rivelazione di Dio. 
La fede è prendere sul serio il messaggio della verità rivelata da Dio nella Santa Scrittura. 

La fede nasce quando una persona si lascia convincere da Dio, e così raggiunge una certezza oggettivamente fondata e va al di là di tutte le possibilità umane nella sua affidabilità.

Salmo 30:6-7: Sotto la disciplina di Dio.

Salmo 30:6-7: Sotto la disciplina di Dio.
Questo salmo è un inno di ringraziamento cantato nella festa della dedicazione del tempio.  

Dalla sua esperienza di guarigione e di liberazione dalla punizione per il suo peccato di orgoglio, il salmista e la comunità lodano il Signore perché il suo dolore è stato trasformato in gioia, perché, come è stato affermato, l’ira di Dio è solo per un momento, il suo favore dura per tutta la vita.

Dai vv.1-5 Davide esprime la gioia dopo la disciplina di Dio, il fatto che Dio lo ha portato in alto e non ha permesso che i suoi nemici si rallegrassero su di lui. 

Davide ha gridato e Dio lo ha guarito da una malattia, lo ha strappato dalla morte, e per questo motivo lo esalta. Così Davide, invita la comunità dei fedeli a salmeggiare al Signore, a celebrare la Sua santità perché l’ira Sua è per un momento, ma la Sua benevolenza è per tutta una vita. 

Dai vv.8-12 vediamo la dichiarazione di Davide che Dio ha rimosso la Sua disciplina. 

Dopo che ha invocato il Suo aiuto, Dio ha mutato il dolore di Davide in danza, Dio ha tolto il cilicio, cioè il dolore e lo ha rivestito di gioia così che può salmeggiare a Dio senza mai tacere.

Il salmo si conclude con la dichiarazione di Davide a celebrare sempre il Signore.

Quindi i vv.6-7 s’inseriscono tra la gioia dopo la disciplina del Signore e la rimozione della disciplina del Signore.

Il servo senza misericordia (Matteo 18:21-35).

Il servo senza misericordia (Matteo 18:21-35).
Questo passo è ovviamente collegato al passo precedente della disciplina. 
Quando una persona dice che ha sperimentato il perdono di Dio (Matteo 18:24-27), spetta a loro poi perdonare gli altri (Matteo 18:28-29). 
Se non perdonano dimostrano che non hanno mai sperimentato il perdono di Dio e pertanto saranno giudicati da Lui (Matteo 18:31-34; 6:14-15). 

Così quando la persona disciplinata si pente (Matteo 18:15-20), la chiesa deve perdonare (Matteo 18:21-35). 
Pietro parlando di eventuali offese che una persona può ricevere chiede a Gesù, quante volte perdonerà la persona che ha peccato contro di lui? 
Fino a sette volte? Pietro pensava forse di essere più generoso delle tre volte che diceva la tradizione giudaica.  
Infatti secondo l'insegnamento all'interno del Giudaismo (basato su Amos 1:3; Amos 2:6; Giobbe 33:29, 30) si poteva perdonare tre volte; tre volte erano abbastanza per mostrare un spirito clemente verso chi si pentiva, se sbagliava una quarta volta non veniva più perdonato! 

O forse, secondo alcuni studiosi, “sette” simboleggia la perfezione, Pietro potrebbe avrebbe chiesto se doveva perdonare perfettamente. 

Ora Gesù risponde a Pietro settanta volte sette, 490 volte. 

Salmo 30:7: La necessità della disciplina di Dio.

Salmo 30:7: La necessità della disciplina di Dio.
“O SIGNORE, per la tua benevolenza avevi reso forte il mio monte; tu nascondesti il tuo volto, e io rimasi smarrito”.

Davide, a causa di una malattia che lo ha portato all’orlo della morte (vv.2-5), ha cominciato a riflettere sulla sua condizione davanti a Dio e quindi anche sulla vita. L’improvviso sconvolgimento di una vita tranquilla, il fatto che Dio nascose la Sua faccia, porta Davide a riconoscere che stava costruendo la sicurezza della propria vita su un fondamento sbagliato, cioè se stesso (v.6). Il peccato di Davide era l’orgoglio: l’auto-sufficienza e l’auto-indipendenza. Ora Davide riconosce che è la benevolenza di Dio che ha reso forte il suo monte, e non se stesso! Questa immagine indica una solida, sicura e prosperosa condizione (Salmo 18:34; 27:5). Dio ha messo Davide in altezze inattaccabili, lo ha stabilito in sicurezza come una forte montagna! La conseguenza, o la natura di nascondere la faccia è in riferimento alla malattia di Davide, o quando sono venute meno tutte le sue sicurezze umane. La sua malattia era come conseguenza della disciplina e dell’ira di Dio che punisce a causa del peccato (cfr. v.5; Isaia 59:1-2). “Nascondere la faccia” è il ritiro della comunione divina, della Sua presenza, quindi ira e abbandono, il ritiro attivo del favore e della protezione di Dio a causa del peccato! Prima di soffrire fisicamente, Davide era malato spiritualmente! Dalla gioia della presenza di Dio, da una situazione tranquilla si passa a una situazione di spavento. Dio nasconde la Sua faccia a Davide a causa del peccato, e lui rimase “smarrito” (bāhal), cioè terrorizzato, spaventato, confuso. Quando Dio ci nasconde la Sua faccia diventiamo confusi, smarriti, angosciati, perché viene a mancare il punto di riferimento più importante nella nostra vita: Dio! La consapevolezza del peccato di Davide come della grazia di Dio, cioè il fatto che era stato Dio a rendere forte il suo monte è avvenuto nel periodo della punizione di Dio, quando gli nascose la Sua faccia! Dunque, la malattia non era solo giudizio nel senso della retribuzione, ma un giudizio correttivo nel riportarlo alla riflessione e alla verità, riportarlo alla conoscenza della necessità della fiducia di Dio da cui dipendiamo, non un’arrogante fiducia in se stessi! La disciplina lo ha portato alla verità, alla retta via! Guardando indietro la sua vita prima dell'insorgenza della malattia, il salmista si rende conto che nella sua prosperità era stato orgoglioso. Da quello che poteva chiamare la sua prosperità, forza, sicurezza, stabilità, che erano motivo di orgoglio perché fondato su se stesso, ora Davide, per la disciplina di Dio, impara e si pente, ora è umile e riconosce che dipende dalla benevolenza di Dio! La disciplina di Dio è importante perché ci fa crescere spiritualmente e ci fa capire aspetti della nostra della vita morale e spirituale che altrimenti non possiamo conoscere (Deuteronomio 8:1-3; Salmo 119:71,75; Ebrei 12:4-11).
Pertanto quando siamo disciplinati da Dio non dobbiamo lamentarci, e scoraggiarci, ma ringraziarlo, perché tramite questa disciplina noi possiamo crescere, Dio ci disciplina per il nostro bene, perché siamo da Lui teneramente amati!

Salmo 30:6: La ragione della disciplina di Dio

Salmo 30:6: La ragione della disciplina di Dio.
“Quanto a me, nella mia prosperità, dicevo: ‘Non sarò mai smosso’”.  

La ragione della disciplina in questo caso è l’orgoglio. Dio disciplina Davide per i suoi peccati di auto-sufficienza e di auto-indipendenza. La frase: “Non sarò mai smosso” non significa in sé peccato se è un’espressione di fiducia nella potenza, nella salvezza e dipendenza nel Signore (cfr. Salmo 16:8; 21:7; 55:22; 62:2; 96:10; 121:3). È peccato come espressione di orgoglio, la fiducia nelle proprie risorse umane, nel proprio io (cfr. Salmo 10:6).
Tre errori sono presenti che possiamo fare e sono da evitare:
1) Pensare e credere che tutto ciò che abbiamo è merito nostro e non di Dio.
Il salmista aveva concepito erroneamente la sua prosperità come risultato del proprio merito, piuttosto che come conseguenza del favore immeritato di Dio. Nella sua salute e prosperità, Davide ha confidato in se stesso, pensando che ciò che aveva avuto fosse una conseguenza della sua auto-realizzazione, mentre la salute, la sicurezza e la prosperità sono un dono del Signore (Deuteronomio 8:17-18), e pertanto se è per la benevolenza di Dio non dobbiamo essere orgogliosi di noi stessi, ma dobbiamo essere umili e grati a Dio, ogni dono buono e perfetto provengono da Lui (Giacomo 1:17).
La nostra vita dipende da Dio (Deuteronomio 8:3; Matteo 4:4; 2 Corinzi 3:5; Giovanni 15:4-5; cfr. 1 Samuele 2:6-8; Salmo 104:27-29;) e in essa troviamo la nostra sicurezza!  

Matteo 10:16. Come serpenti e colombe.

Come serpenti e colombe (Matteo 10:16).
Adoniram Judson, voleva diventare il primo missionario dell'America all’estero, si innamorò di una bella ragazza Ann Hasseltine, figlia di un diacono di Bradford, Massachusetts. 
Judson scrisse una lettera al padre di questa ragazza per chiedere la sua mano e diceva così:  “Ora chiedo se puoi accettare di separarti da tua figlia, se tu puoi accettare la sua partenza verso una terra pagana e la sua sottomissione alle difficoltà e alla sofferenza di una vita missionaria? Se puoi accettare la sua esposizione ai pericoli dell'oceano, all'influenza mortale del clima meridionale dell'India, a ogni tipo di voglia e di disagio, di degrado, insulto, persecuzione e forse una morte violenta”.

John Hasseltine acconsentì e la coppia si sposò nella casa di Hasseltine il 5 febbraio 1812. Il giorno dopo furono commissionati come missionari e presto lasciarono le sponde americane. La loro nuova casa, Rangoon, Birmania, era una città sporca e affollata. L'atmosfera era oppressiva, il lavoro scoraggiante. Entro il 1820, c'erano dieci conversioni burmesi, ma a un costo: la morte di due figli, di cui uno di febbre tropicale.

Come serpenti e colombe (Matteo 10:16).

Come serpenti e colombe (Matteo 10:16).
Adoniram Judson, voleva diventare il primo missionario dell'America all’estero, si innamorò di una bella ragazza Ann Hasseltine, figlia di un diacono di Bradford, Massachusetts. 
Judson scrisse una lettera al padre di questa ragazza per chiedere la sua mano e diceva così:  “Ora chiedo se puoi accettare di separarti da tua figlia, se tu puoi accettare la sua partenza verso una terra pagana e la sua sottomissione alle difficoltà e alla sofferenza di una vita missionaria? Se puoi accettare la sua esposizione ai pericoli dell'oceano, all'influenza mortale del clima meridionale dell'India, a ogni tipo di voglia e di disagio, di degrado, insulto, persecuzione e forse una morte violenta”.

John Hasseltine acconsentì e la coppia si sposò nella casa di Hasseltine il 5 febbraio 1812. Il giorno dopo furono commissionati come missionari e presto lasciarono le sponde americane. La loro nuova casa, Rangoon, Birmania, era una città sporca e affollata. L'atmosfera era oppressiva, il lavoro scoraggiante. Entro il 1820, c'erano dieci conversioni burmesi, ma a un costo: la morte di due figli, di cui uno di febbre tropicale.

1 Pietro 2:24: La morte di Gesù è una sostituzione.

1 Pietro 2:24: La morte di Gesù è una sostituzione.
“Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati sanati”. (Vedi anche Romani 5:8; Ebrei 9:28; 1 Pietro 3:18). 

Per sostituzione s’intende che una persona prende il posto di un’altra specialmente nel caso di un castigo in modo da evitarglielo. 
Noi troviamo nella Bibbia che Abramo offrì invece del figlio un montone (Genesi 22:13), così l’Agnello pasquale fu sacrificato per la protezione contro il giudizio di Dio (Esodo 12:13-17); gli animali venivano sacrificati sotto l’Antico Patto come vediamo nel Levitico, per il popolo (Levitico 1:4; 4:13-20; 6:2-7;16:17,30,34, ecc.). Tali sacrifici avevano il senso di espiare (kāp̱ar) i peccati. “Espiare” significa coprire il peccato, coprirlo alla vista di Dio così da non suscitare la Sua ira. “Espiare” ha quindi il senso di riparare, ma anche quello di riconciliare (Salmi 51:9; Isaia 38:17; Michea 7:19).

Efesini 5:2: La natura della morte di Gesù Cristo.

Efesini 5:2: La natura della morte di Gesù Cristo.
“Ha dato sé stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave”.

La croce di Cristo è l’unico posto per l’uomo dove Dio perdona i nostri peccati! 
Ma perché il nostro perdono dovrebbe dipendere dalla croce di Cristo? Dio non poteva scegliere di perdonarci diversamente? Perché era necessario far morire Gesù e farlo soffrire con una morte orrenda come un criminale? 
1) In primo luogo vediamo che la morte di Gesù è stata un sacrificio.
La morte di Cristo è stata un sacrificio, (Efesini 5:2) e viene associata al sacrificio per il peccato dell’Antico Testamento (Esodo 12; Giovanni 1:29, 35; 1 Corinzi 5:7); è il sacrificio propiziatorio (Levitico 16; Romani 3:25; ecc.), sacrificio di sangue (Levitico 17:11; Romani 3:25; 5:9; Efesini 1:7; 2:13; Colossesi 1:20; Ebrei 9:22). I sacrifici sotto l’Antico Patto erano solo ombre del Vero Sacrificio fatto da Gesù una volta e per sempre (Ebrei 10:1-10).
2) In secondo luogo la morte di Gesù ha soddisfatto Dio.

1 Corinzi 15:3: La morte di Gesù Cristo ha un significato importante per il cristianesimo.

1 Corinzi 15:3: La morte di Gesù Cristo ha un significato importante per il cristianesimo.
“Cristo morì per i nostri peccati”.

La morte di Gesù Cristo è molto importante!
1) La morte di Cristo è il contenuto fondamentale del Vangelo. 
Il termine “Vangelo” (euangelion) significa "buona notizia". Paolo dice che il Vangelo consiste nella morte di Cristo per i nostri peccati, che fu seppellito, che è stato risuscitato (1 Corinzi 15:1-5). La legge mosaica, il sermone sul monte, l'insegnamento e l'esempio di Cristo, mostrano a noi, i nostri peccati e ci rivelano il bisogno di essere salvati, ma non forniscono il rimedio per il peccato! Questo rimedio si trova solo nella morte di Cristo. (Romani 6:23). 

2) La morte di Cristo è il cuore del cristianesimo.

Levitico 19:2: La reazione alla rivelazione del Dio santo.

Levitico 19:2: La reazione alla rivelazione del Dio santo.
"Siate santi, perché io, il SIGNORE vostro Dio, sono santo.

Questo passo ci dice due cose: siamo chiamati a essere santi, la seconda il motivo per cui esserlo: perché il Signore, nostro Dio è santo.
Oggi riguardo a Dio siamo molto superficiali, non la stragrande maggioranza delle persone non hanno nessun rispetto per Dio, questo perché non lo conoscono. Chi ha sperimentato la presenza di Dio ha reagito in un certo modo. La santità è l'energia dinamica di Dio travolge chi lo sperimenta.
Colui che sperimenta Dio:

1 Timoteo 6:16: Dio è inaccessibile e invisibile.

1 Timoteo 6:16: Dio è inaccessibile e invisibile.
“Il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen”.

“Inaccessibile” (aprósitos) indica che Dio abita in una luce che non può essere approcciato, avvicinato, non è accessibile, è inafferrabile. Dio vive in una luce che è così forte, abbagliante che nessuno può avvicinarsi a Lui! Dio stesso è luce (1 Giovanni 1:5), si avvolge di luce come una veste (Salmo 104:2). Questa luce (phōs) sottolinea la maestosità trascendente e santità di Dio, quindi il forte contrasto con l’umanità. A causa della Sua maestosità e santità, Dio è inaccessibile all'uomo. Vive in un'atmosfera di purezza assoluta, così santa che i mortali non possono entrare. Nessuno si poteva avvicinare al monte, toccarlo e guardare quando Dio decise di scendere sul Sinai e incontrarsi con Mosè, chi lo avrebbe fatto sarebbe morto! (Esodo 19:16-24 ). L’uomo non può vedere Dio e vivere! (Esodo 33:20). Gli abitanti di Bet-Semes quando alcuni di loro guardarono dentro l’arca del Signore ne morirono puniti dal Signore settanta. L’arca era una cassa che simboleggiava la presenza inaccessibile di Dio dove Dio incontrava solo il rappresentante del Suo popolo (Esodo 30:6; Numeri 7:89).

Esodo 15:11: La santità di Dio è incomparabile perché solo Dio è santo.

Esodo 15:11: La santità di Dio è incomparabile perché solo Dio è santo.
"Chi è pari a te fra gli dèi, o SIGNORE? Chi è pari a te, splendido nella tua santità, tremendo anche a chi ti loda, operatore di prodigi?".

Dio è il Santo sopra gli altri in modo unico, esclusivo e assoluto! Nessuno è uguale a Lui! Dio è impareggiabile, imparagonabile! Riguardo l'incomparabilità di Dio in Isaia 40:25 dice: "'A chi dunque mi vorreste assomigliare, a chi sarei io uguale?' Dice il Santo". (cfr. Isaia 43:15). “Santo” (qādôš) indica ciò che è separato dal profano, dal terreno. Questa parola viene spesso usata per riferirsi a Dio come intrinsecamente santo, sacro, messo a parte (Salmi 22:3; Isaia 6:3; 57:15) e come essere libero dalle caratteristiche dell’umanità decaduta (Giosuè 24:19; Osea 11:9). Il Signore è il Santo di Israele (2 Re 19:22; Geremia 50:29; 51:5; Ezechiele 39:7; ecc.).

Isaia 6:3: La santità di Dio è superlativa.

Isaia 6:3: La santità di Dio è superlativa.
"… Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti". 

La santità è il principale e il più glorioso attributo di Dio perché: la santità di Dio è superlativa. La ripetizione di una parola nella lingua ebraica è un modo di esprimere un'idea superlativa (2 Re 25:15). Quindi la triplice ripetizione di "Santo" (vedi anche Apocalisse 4:8), è una forma di enfasi e sottolinea la suprema, o la completa santità, un qualcosa di superlativo che va ben oltre ogni immaginazione umana. Pertanto i serafini enfatizzano ciò che Dio è in natura: Santo in modo superlativo, unico, assoluto! Dio non ha pari! Così se Dio nella Sua rivelazione ha dato così tanto importanza a questo attributo, noi non lo dovremmo dimenticare, ma dargli la giusta importanza! 
Che cosa implica per noi la santità di Dio?

Salmo 89:35: La santità di Dio è l’eccellenza della Sua natura.

Salmo 89:35: La santità di Dio è l’eccellenza della Sua natura.
"Una cosa ho giurato per la mia santità, e non mentirò a Davide….". 

Anche Amos 4:2 dice: “ Il Signore, DIO, l'ha giurato per la sua santità: ‘Ecco, verranno per voi dei giorni in cui sarete tirate fuori con gli uncini, e i vostri figli con gli ami da pesca; voi uscirete per le brecce, ognuna davanti a sé, e sarete scacciate verso l'Ermon’, dice il SIGNORE”. 
La santità è il principale e il più glorioso attributo di Dio perché la santità di Dio è l’eccellenza della Sua natura. Noi vediamo che la santità è l'eccellenza della natura di Dio nel Salmo 30:4 dove è scritto di celebrare la santità del Signore.

Apocalisse 4:8: La santità è il principale e il più glorioso attributo di Dio.

Apocalisse 4:8: La santità è il principale e il più glorioso attributo di Dio.

“E le quattro creature viventi avevano ognuna sei ali, ed erano coperte di occhi tutt'intorno e di dentro, e non cessavano mai di ripetere giorno e notte: ‘Santo, santo, santo è il Signore, il Dio onnipotente, che era, che è, e che viene’”.

C'è un solo Dio ed è santo! La santità appartiene solo a Lui e a nessun altro! È  un'esclusiva solo di Dio! Se non vi è alcuna differenza per importanza negli attributi di Dio, quello però, della Sua santità sembra occupare il primo posto. Il teologo E. H. Bancroft scriveva: “La santità di Dio è l’attributo più esaltato e sottolineato, esprimente la maestà della Sua morale e del Suo carattere”. 
A riguardo anche Hugh D. Morgan affermava: “ La santità è il principale e il più glorioso attributo che Dio possieda. Quale altra virtù di Dio viene ripetuta  per ben tre volte di seguito? Non sentiremo mai gli angeli cantare ‘Fedele, fedele,  fedele’ oppure ‘Eterno, eterno, eterno ’ oppure ‘Giusto, giusto, giusto, invece canteranno ‘Santo, santo, santo è il Signore Iddio, l’Onnipotente, che era, che è e che viene’ Apocalisse 4:8”. 

Romani 3:19-20: Dio non è soddisfatto dalle opere del peccatore.

Romani 3:19-20: Dio non è soddisfatto dalle opere del peccatore.
"Or noi sappiamo che tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono sotto la legge, affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio; perché mediante le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà soltanto la conoscenza del peccato". 

La terminologia riflette quella di una scena di tribunale in cui l'imputato non ha più niente da dire in sua difesa, ha esaurito tutte le possibilità di confutare le accuse contro di lui, la sua colpa evidente è stata esposta. Tutti gli uomini, essendo peccatori, non hanno nulla da dire contro l’evidenza del loro peccato. La legge esiste per fermare tutte le scuse umane, ci fa vedere il nostro peccato, quanto siamo peccatori e quindi colpevoli e responsabili del giudizio di Dio. È inutile cercare di essere giustificati per le opere della legge, nessuno lo sarà perché nessuno è in grado di raggiungere lo stato di perfezione morale che la legge di Dio richiede! Non siamo in grado di osservarla completamente, in modo perfetto! La legge, allora, ci fa vedere che siamo peccatori!

Abacuc 1:13: Dio non è indifferente al peccato.

Abacuc 1:13: Dio non è indifferente al peccato.
"Tu, che hai gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerare lo spettacolo dell'iniquità". 

A) Dio essendo santo odia il peccato!  
In quanto santo, Dio odia il peccato ed è Suo nemico senza compromessi. Il peccato è una cosa vile e detestabile a Dio, è un abominio (Salmi 5:4-6; 11:5-7; 15; 33:5; 95:10; Proverbi 3:31-32; 15:9,26; Geremia 44:4; Zaccaria 8:17). Dio non è dispiaciuto con la natura dell'uomo in quanto uomo, ma con l’uomo in quanto peccatore! A causa del peccato, l'uomo si separa da Dio; il peccato solleva una parete divisoria con Dio (Isaia 59:1-2).

1 Pietro 1:16: Dio è santo.

1 Pietro 1:16: Dio è santo.
"Siate santi perché io sono santo".

Che cosa significa che Dio è santo? La santità di Dio si riferisce alla sua perfezione ed eccellenza morale. La santità è la purezza morale, l'essere pulito, non solo nel senso di assenza di ogni macchia morale, libero dalla corruzione morale, ma di compiacenza in ogni bene morale. La santità di Dio, implica l'assenza di ogni impurità morale e imperfezione, e il possesso, in grado infinito di tutto ciò che è moralmente puro, amabile ed eccellente. La santità di Dio è l'infinita bellezza e l'eccellenza della Sua natura (Esodo 15:11).

Salmo 85. La preghiera per un risveglio.

Salmo 85. La preghiera per un risveglio.
Ci sono momenti nella nostra vita spirituale che sembra che abbiamo fatto un passo avanti e due passi indietro.
Questa è la situazione che ha dato origine al Salmo 85.

Questo salmo è una preghiera per la restaurazione, per un risveglio.

Il risveglio è importante perché placa la giusta ira di Dio, manifesta la gloria di Dio, quindi la coscienza consapevole di Dio e rivela la grazia santificatrice e salvifica di Dio.

Noi vediamo il perdono nel passato, la preghiera presente e la prospettiva per il futuro.

La preghiera per un risveglio (Salmo 85).

La preghiera per un risveglio (Salmo 85).
Ci sono momenti nella nostra vita spirituale che sembra che abbiamo fatto un passo avanti e due passi indietro.
Questa è la situazione che ha dato origine al Salmo 85.

Questo salmo è una preghiera per la restaurazione, per un risveglio.

Il risveglio è importante perché placa la giusta ira di Dio, manifesta la gloria di Dio, quindi la coscienza consapevole di Dio e rivela la grazia santificatrice e salvifica di Dio.

Noi vediamo il perdono nel passato, la preghiera presente e la prospettiva per il futuro.

La necessità del risveglio spirituale. ( Seconda parte).

La necessità del risveglio spirituale.
Seconda parte.
Come ho già detto nella predicazione precedente, vediamo la necessità del risveglio dal modo come Gesù tratta le chiese descritte in Apocalisse: Efeso, Pergamo, Tiatiri, Sardi e Laodicea.

Oggi mediteremo sulle chiese di Pergamo, Tiatiri, Sardi e Laodicea.

Il risveglio è necessario quando:
I SI TOLLERA O SI PRATICA IL PECCATO.

Vediamo:
A) La chiesa di Pergamo e Tiatiri.
(1) I peccati.
In Apocalisse 2:13-15 riguardo la chiesa di Pergamo è scritto: “Io so dove tu abiti, cioè là dov'è il trono di Satana; tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me, neppure al tempo in cui Antipa, il mio fedele testimone, fu ucciso fra voi, là dove Satana abita. Ma ho qualcosa contro di te: hai alcuni che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac il modo di far cadere i figli d'Israele, inducendoli a mangiare carni sacrificate agli idoli e a fornicare. Così anche tu hai alcuni che professano similmente la dottrina dei Nicolaiti.

La necessità del risveglio spirituale. (Prima parte)

La necessità del risveglio spirituale.
Prima parte
Quali sono le motivazioni, per un risveglio, perché è necessario?

Vediamo la necessità del risveglio dal modo come Gesù tratta le chiese descritte in Apocalisse: Efeso, Pergamo, Tiatiri, Sardi e Laodicea.

Troviamo degli aspetti generali interessanti della relazione di Gesù con queste chiese.

Il primo aspetto è che Gesù conosce le opere della chiesa: pregi e difetti.

Il secondo aspetto è che Gesù, tranne la chiesa di Sardi e Laodicea, loda i loro pregi, ma li riprende comunque per le loro mancanze; quindi non possiamo farci forte dei nostri pregi pensando che Dio è soddisfatto di noi, o della nostra chiesa e così c’illudiamo che Lui chiuda gli occhi e ci approvi comunque. 
Gesù non chiude gli occhi sui nostri difetti se ci sono solo alcuni pregi, vuole che la chiesa si ravveda e quindi sia irreprensibile, altrimenti la giudicherà.
Quindi non possiamo pensare di fare quello che vogliamo tanto Gesù ci perdona sempre, è pericoloso ci attiriamo il giudizio di Dio se non c’è un ravvedimento!

La particolarità del risveglio spirituale.

La particolarità del risveglio spirituale.
Il termine risveglio è entrato in uso comune all'inizio del XVIII secolo per descrivere ciò che Dio stava facendo durante il Grande Risveglio in America e in Gran Bretagna. 

In America il sonno spirituale prevaleva nelle chiese fino a quando un risveglio spirituale cominciò nel New Jersey sotto la predicazione di Theodore Frelinghuysen, un ministro riformato olandese. 

Molti furono toccati e si resero conto della loro condizione peccaminosa e della necessità di salvezza, mentre altri furono rinfrescati da un nuovo apprezzamento per la grazia di Dio nel vangelo.
Il risveglio presto si diffuse in altre parti dell'America con Jonathan Edwards, George Whitefield, John Wesley e Samuel Davies. 

A questo seguirono altri risvegli sia nel XIX e XX secolo sia in America che in Gran Bretagna che portò alla nascita di chiese, seminari e case editrici.

Matt. 9:36-38. Il raccolto e gli operai.

Matteo 9:36-38. Il raccolto e gli operai.  
Matteo 9:35-38 funziona come base teologica al discorso missionario. 
Matteo inizia dicendo ai suoi discepoli che la missione è parte del suo ministero (Matteo 9:35) ed è un risultato della sua compassione per le persone (Matteo 9:36). 

Questo è un punto di svolta nel ministero di Gesù, vuole preparare e coinvolgere i Suoi discepoli per l’opera missionaria, infatti c’è molto lavoro da fare, e fino a quel momento aveva fatto tutto Gesù: predicazione, insegnamento, guarigione; i Suoi discepoli erano stati semplicemente osservatori e ascoltatori.

Noi in questo testo vediamo la compassione, il comando e la commissione.

Il raccolto e gli operai (Matteo 9:36-38).

Il raccolto e gli operai (Matteo 9:36-38).  
Matteo 9:35-38 funziona come base teologica al discorso missionario. 
Matteo inizia dicendo ai suoi discepoli che la missione è parte del suo ministero (Matteo 9:35) ed è un risultato della sua compassione per le persone (Matteo 9:36). 

Questo è un punto di svolta nel ministero di Gesù, vuole preparare e coinvolgere i Suoi discepoli per l’opera missionaria, infatti c’è molto lavoro da fare, e fino a quel momento aveva fatto tutto Gesù: predicazione, insegnamento, guarigione; i Suoi discepoli erano stati semplicemente osservatori e ascoltatori.

Noi in questo testo vediamo la compassione, il comando e la commissione.

Dio è geloso.

Dio è geloso.
Quando pensiamo alla gelosia, pensiamo a una di quelle emozioni poco attraenti, pensiamo a qualcosa di brutto, di solito considerato un tratto negativo piuttosto che positivo.
Così possiamo trovare difficile l'idea che Dio sia geloso.

In questa predicazione sulla gelosia di Dio vediamo: la prova, la particolarità e la pratica.

I LA PROVA. 
La gelosia di Dio è affermata più volte nella Bibbia.

Cominciamo a vedere:
A) Nell’Antico Testamento.
La gelosia esprime un'emozione molto forte.
I termini ebraici tradotti per “gelosia” vengono da una radice (qnʾ) che significa "essere zelanti" o "essere invidiosi".

Quindi possiamo dire che c’è un aspetto positivo della gelosia e uno negativo, o peccaminoso.
Per quanto riguarda Dio, la gelosia non è peccaminosa perché in Lui non c’è peccato in quanto è santo (per esempio Isaia 6:3; Giacomo 1:13). 

Principi della fede cristiana. La comunione.

Principi della fede cristiana.
La comunione.
In Atti 2:42 leggiamo: “Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere”.
Una delle caratteristiche della chiesa primitiva era la comunione fraterna, i credenti erano perseveranti in questo.

Possiamo dire che la comunione è letteralmente un segno distintivo della chiesa cristiana, e dovrebbe essere una realtà nella vita di ogni persona che si dice essere un cristiano. 

Che cos’è la comunione?
La parola del Nuovo Testamento per "comunione" è koinōnia, significa stretta associazione reciproca (1 Corinzi 1:9; 1 Giovanni 1:3;); partenariato (Filippesi 1:5); condivisione (2 Corinzi 8:4; Filemone 6; Ebrei 13:16); dare un contributo (Romani 15:26).

Possiamo affermare che la comunione è un'associazione e condivisione che coinvolge stretti rapporti.

Il credente è unito alla morte e alla resurrezione di Cristo (Romani 6:3-5; 1 Corinzi 10:16); conosce la comunione delle Sue sofferenze (Filippesi 3:10).

Grazie all’unione con Cristo, il cristiano ha diritti e privilegi spirituali. 
Cristo condivide con i Suoi discepoli, che ha adottato nella Sua famiglia, ciò che Gli appartiene (Efesini 2:19; 1 Timoteo 3:15).

Salmo 46:1-3: La promessa di aiuto.

Salmo 46:1-3: La promessa di aiuto 
L'anno 1527, probabilmente è stato l’anno più difficile del riformatore Martin Lutero. Dopo dieci anni impegnativi di lotte e guida riguardo la riforma, il 22 Aprile di quell’anno fu colto da forti vertigini mentre stava predicando tanto che fu costretto a smettere di predicare. 
Lutero temeva per la sua vita. Il 6 luglio, mentre mangiava a cena con gli amici, sentì un acuto ronzio nell'orecchio e si appoggiò, ancora una volta convinto che fosse la fine della sua vita, questa convinzione fu anche alimentata da problemi cardiaci e dalle complicazioni intestinali gravi. Di questa prova, Lutero scrisse: “Ho trascorso più di una settimana in morte e in inferno. Tutto il mio corpo era dolorante e tremavo. Completamente abbandonato da Cristo, ho lavorato nella titubanza, nelle tempeste di disperazione e di blasfemia contro Dio”.
Quel che era peggio, era la terribile peste nera che era entrata in Germania e si diffuse a Wittenberg. Molte persone fuggirono, temendo per la loro vita. Eppure Lutero e sua moglie Katy rimasero, credendo che fosse loro dovere prestare attenzione ai malati e a coloro che morivano. Anche se Katy era incinta del loro secondo figlio, la casa di Lutero fu trasformata in un ospedale dove ha visto molti amici morire. Anche il figlio di un anno, Hans, era in una situazione disperata. Con la morte che lo circondava da ogni lato, Lutero fu spinto a cercare rifugio in Dio come mai prima. Il salmo 46 divenne la forza della sua anima.
Lutero scrisse un inno ispirato dal Salmo 46: "Una forte fortezza è il nostro Dio", per questo è chiamato il salmo di Lutero che cantava quando si trovava nei guai, quando i tempi erano bui; quando i nemici della verità sembravano trionfare; quando il disastro sembrava avvicinarsi a causa del suo impegno e di coloro che lo appoggiavano per la riforma, quando erano scoraggiati e tristi, diceva ai suoi compagni: “Venite cantiamo il salmo 46”.

Matteo 1:1: La fedeltà di Dio.

Matteo 1:1: La fedeltà di Dio.
“Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo”.
Nella genealogia di Gesù vediamo la fedeltà di Dio.
Quando la Bibbia parla di fedeltà di Dio si riferisce al fatto che Dio è fedele a se stesso e fedele al Suo popolo.
Iniziamo con Dio è fedele a se stesso.
Anche se noi possiamo essere infedeli, Dio comunque rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso dice 2 Timoteo 2:13. Rinnegare se stesso significa rifiutare se stesso, essere falso con se stesso, cioè non essere coerente con quello che Dio è, con i Suoi piani e con la Sua Parola data. Vediamo che Dio agisce nella storia com'è scritto in Ezechiele 20:14 per amore del suo nome affinché il suo nome non sia profanato, quindi Dio agisce per glorificare se stesso (Isaia 42.8; Isaia 43:7).

Romani 10:14-17: La logica del Vangelo della salvezza.

Romani 10:14-17: La logica del Vangelo della salvezza. 
Il testo di Romani 10:14-17 dice: “Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: ‘Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!’ Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?’  Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo”.

Il tema centrale di questo passo è: lo scenario della salvezza inizia con la proclamazione del predicatore che è stato inviato dal Signore e chi ascolta per fede invoca il Signore per essere salvato.

Matteo 1:11: La severità dei Dio.

Matteo 1:11: La severità dei Dio. 
“Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia”.

In Romani 11:22 leggiamo: “Considera dunque la bontà e la severità di Dio…..”
Come Dio è buono, è anche severo. Nella Scrittura troviamo che Dio è buono, lento all’ira, ma nello stesso tempo è severo: Dio è fermo nel Suo carattere Santo e Giusto, perciò non è indifferente al peccato! Nella genealogia di Matteo vediamo la severità di Dio con la deportazione del popolo giudaico a Babilonia per opera dei babilonesi. 
Prima di tutto vediamo l’aspetto storico della deportazione. 
La deportazione in Babilonia fu predetta più volte dai profeti (Isaia 6:11-12; Michea 4:10). Nel 605 a.C. Nabucodonosor s'impadronì di Gerusalemme e portò via i vasi del tempio e i giovani di sangue reale (2 Cronache 36:2-7; Daniele 1:1-3). Nel 598 a.C. Nabucodonosor deportò Ioiachin (Ieoconia) la madre, le mogli, i suoi eunuchi, i notabili del paese, tutti i capi, tutti gli uomini valorosi adatta alla guerra, in numero di diecimila, tutti i falegnami e i fabbri; non vi rimase che la parte più povera della popolazione (2 Re 24:14-16). Pensate al dolore della gente che veniva strappata dalle loro case (Salmi 137), ma anche il dolore dei più poveri che rimanevano; in Lamentazioni 1:11-12 è scritto che non c’era da mangiare, tanto che molti bambini morivano per la carestia (Lamentazioni 4:4-5; 2 Re 25:3).

Matteo 1:1: La grazia di Dio.

Matteo 1:1: La grazia di Dio.
“Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo”.

In questa genealogia vediamo che Dio non ha usato persone perfette, mostra, dunque, la grazia di Dio. La grazia indicava una relazione di favore immeritato di un superiore con un inferiore, per esempio tra re e sudditi, questo anche nel caso della grazia divina verso gli uomini. Questa grazia, non è dovuta, o meritata da parte nostra, perciò non va pretesa, è un atto libero di Dio. In questa genealogia troviamo che non sono state quelle persone a scegliere, o a meritare di essere usate da Dio, ma è Dio che ha deciso di farlo, facendo loro grazia. Gli uomini che Dio ha usato non erano senza peccato. Per esempio, Abramo, Isacco e Giacobbe, erano bugiardi ed egoisti. Giuda complice con i suoi fratelli nell’aver venduto il fratello minore, Giuseppe.

La parabola del padrone di casa (Matteo 13:51-52).

La parabola del padrone di casa (Matteo 13:51-52).
La vocazione per il regno dei Cieli. 
Nei vv.51-52 leggiamo: "Avete capito tutte queste cose? Essi risposero: “Sì”.  Allora disse loro: 'Per questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie'".

Fin da bambini siamo curiosi di esplorare, di conoscere, infatti i bambini smontano i giocattoli e fanno tante domande.

Il filosofo Aristotele disse: “Tutti gli uomini per natura desiderano conoscere”.

Così anche C. S. Lewis diceva: “ Una delle cose che distingue l'uomo dagli altri animali è che lui vuole sapere le cose, vuole scoprire com’è la realtà, semplicemente per il gusto di conoscere”.

Dunque, tutti desideriamo conoscere e approfondire la natura delle cose; questo vale anche per le verità spirituali, desideriamo avere delle risposte e crescere nella conoscenza.

Molte persone desiderano conoscere tutta la Bibbia, tutte le dottrine, ma dimentichiamo che maggiore è la conoscenza che ne abbiamo e maggiore è la responsabilità di praticarla (Luca 12:47-48; Romani 2:13, 17-24; Giacomo 1:22; 4:17).

Thomas Manton diceva: “Peccati di omissione sono aggravati dalla conoscenza”.

Quindi un vero cristiano non ha paura di conoscere tanto, o troppo, ha molta paura di praticare troppo poco in base a quello che conosce.
Ora in questa parabola Gesù vuole sottolineare che una volta che conosciamo la Sua Parola, la dobbiamo mettere in pratica!

Vediamo prima di tutto: 

La parabola della rete. (Matteo 13:47-50).

La parabola della rete.
Il verdetto del regno dei cieli (vv. 47-50).
Questa parabola la troviamo solo in Matteo ed è la penultima (se consideriamo la similitudine del padrone di casa vv.52) di una serie di parabole (Matteo 13:3-52).

La parabola della rete ci parla Del giudizio universale o finale di Dio - quando i giusti e i malvagi saranno separati - come nella parabola delle zizzanie (Matteo 13:24-30, 36-43), in questo caso la metafora veniva dall’agricoltura, mentre ora Gesù usa una metafora che viene dalla pesca. 

La parabola vera e propria è contenuta nei vv.47-48, mentre l’interpretazione segue nei vv.49-50.

Dunque il regno dei cieli è simile alla situazione di una pesca con la rete che raccoglie ogni genere di pesci, quando è piena, viene trascinata a riva, dove i pescatori fanno una cernita, raccogliendo i pesci buoni in vasi e quelli che non valgono nulla li buttano via. 

La parabola presuppone che chi ascoltava la parabola, l’uditorio, aveva familiarità con le scene di pesca sul Lago di Tiberiade, o della zona di Gennesaret.

Scrittori antichi stimavano la pesca in questa zona idrica e la varietà di pesci che erano presenti nel lago.

Deuteronomio 2:7: Dio è fedele al Patto (2)

 Deuteronomio 2:7: Dio è fedele al Patto (2) Stiamo meditando su Deuteronomio 2:7. In questo passo troviamo scritto per due volte “tuo Dio”,...

Post più popolari dell'ultima settimana