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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

2 Re 19:19: Lo scopo della supplicazione di Ezechia

 2 Re 19:19: Lo scopo della supplicazione di Ezechia
Avete mai pregato con fervore, implorando il Signore per un miracolo, o una semplice liberazione, e siete rimasti delusi perché la vostra supplicazione non è stata esaudita?
Tra le varie cause ci potrebbe essere stata che non ricercavate la gloria del Signore… avevate semplicemente una motivazione egoistica (cfr. per esempio Giacomo 4:3).
Lo scopo della nostra vita è glorificare Dio! (Isaia 43:7; 1 Corinzi 10:31).
Così quando preghiamo, la nostra preghiera deve mirare a glorificare Dio sia nel modo come preghiamo (cfr. per esempio Salmo 115:1; Matteo 6:9; Apocalisse 4:11), e sia anche nell’esaudimento.
La storia di questo capitolo di 2 Re, ci insegna che anche nei momenti più bui, possiamo trovare speranza nel Signore e cercare la Sua gloria, come ha fatto Ezechia.
La preghiera di Ezechia travalica i confini di Gerusalemme per abbracciare l'umanità intera, desiderando il riconoscimento universale del Signore come unico Dio.
Nella predicazione precedente abbiamo visto la prima parte del v.19, cioè la supplicazione di Ezechia che chiede al Signore la salvezza dall’esercito nemico Assiro che aveva conquistato la Giudea, e forte della vittoria, minaccia di distruggere Gerusalemme.
Le risorse di Ezechia sono limitate e la resistenza sembra impossibile; l'Egitto, alleato a cui si era rivolto, non offre aiuto (2 Re 18:21).
Ezechia ha una forte pressione psicologica da parte degli Assiri, che con parole arroganti e minacciose cercano di demoralizzare il popolo Giudeo e farlo dubitare del proprio Dio (2 Re 18:17-35; 19:10-14).
Ma nonostante le difficoltà, Ezechia non cede alla disperazione!!
Anche nei momenti più bui, possiamo trovare speranza nel Signore se ci rivolgiamo a lui con fede e umiltà!
Ezechia consulta il profeta Isaia e chiede la sua intercessione davanti il trono di Dio (2 Re 19:1-7).
Poi lui stesso si rivolge a Dio in una preghiera audace confidando nella Sua salvezza (2 Re 19:15-19).
Ezechia riconosce la necessità dell'intervento divino e la superiorità del Signore sugli dèi degli Assiri.
Se il re Assiro Sennacherib confida unicamente nella potenza del suo esercito e nel terrore che incute; Ezechia pone la sua fede nel Signore unico vero e vivente Dio, che considera l'unica vera forza e salvezza.
Ma lo scopo finale della supplicazione di Ezechia per la loro salvezza fisica in definitiva è per la gloria di Dio.
Anche Paolo parlando della salvezza spirituale dice in Efesini che è per la gloria di Dio (Efesini 1:6,12,14).
La nostra salvezza è un'opera meravigliosa di Dio che ha lo scopo di glorificare Lui stesso!
Paolo ci insegna che la salvezza spirituale non è solo per nostro beneficio personale, ma è anche e soprattutto per la gloria di Dio. 
Così siamo chiamati a vivere una vita degna del vangelo, riconoscendo che tutto ciò che siamo e che abbiamo proviene da Lui e a Lui deve ritornare in lode e adorazione, come anche il desiderio di vedere il Suo nome glorificato in relazione alle nostre richieste di preghiera!
Quando preghiamo allora dobbiamo avere in mente la gloria di Dio sia che ci esaudisce e sia che non lo faccia!

2 Re 19:19: La supplicazione di Ezechia

 2 Re 19:19: La supplicazione di Ezechia
Vi siete mai sentiti disperati, con le spalle al muro e senza via d'uscita? 
Forse avete perso un lavoro, avete ricevuto brutte notizie di salute, o affrontato una situazione che sembrava impossibile da superare. 
In momenti come questi, come dobbiamo reagire?
La storia di re Ezechia, raccontata in 2 Re 19, ci offre un potente esempio di come possiamo reagire. 
Ezechia e il popolo di Gerusalemme si trovano accerchiati dal temibile esercito assiro, ma il re si rivolse a Dio con un cuore pieno di fede, umiltà e audacia. 
La sua preghiera ebbe un impatto straordinario, salvando la città e dimostrando il potere di Dio di intervenire anche nelle situazioni più disperate.
Così quando ci troviamo di fronte a difficoltà insormontabili, possiamo rivolgerci a Dio certi del Suo aiuto, come ha fatto il re di Giuda Ezechia.
Warren Wiersbe scriveva: “Quando le prospettive sono tristi, provate a guardare in alto. È quello che fece il re Ezechia quando ricevette la lettera blasfema del re di Assiria. Spesso nel mio ministero ho dovuto presentare le lettere al Signore e confidare che Lui risolvesse le cose, e lo ha sempre fatto”.
In un momento difficile, d’impotenza militare, l’Assiria ha invaso la Giudea e la conquista, il re Ezechia si sottomette al re Assiro Sennacherib (2 Re 18:13-16).
L’esercito Assiro entusiasta della vittoria, minaccia Gerusalemme di distruzione. 
Le risorse difensive di Ezechia erano limitate e sembrava impossibile opporre resistenza, e l’aiuto atteso dall’Egitto non è arrivato (2 Re 18:21).
Il re Ezechia è sotto pressione anche perché più volte è stato attaccato verbalmente con parole arroganti e minacciose dagli Assiri, che cercarono di scoraggiare la fede in Dio dei Giudei, dicendo che nessuna divinità ha potuto resistere loro altrove, e così nemmeno il Signore li potrà liberare (2 Re 18:17-35; 19:10-14). 
Tuttavia, Ezechia non si lasciò scoraggiare!

Giovanni 21:6: La pesca efficace

 Giovanni 21:6: La pesca efficace
Nel sermone di oggi, ci concentriamo sulla pesca miracolosa di Gesù, come narrato nel Vangelo di Giovanni. 
Questo evento non solo rivela l’autorità divina di Gesù, ma sottolinea anche l'importanza dell'obbedienza e della fede in Lui per raggiungere risultati.
Giovanni 21 inizia dopo che il Gesù risorto era già apparso ai discepoli due volte, eppure questi sembrano ancora smarriti, sono ritornati alla pesca, a loro vecchio lavoro; non sapevano cos’altro fare di sé stessi. 
Gesù quindi, si manifestò di nuovo, la terza volta ai discepoli presso il mare di Tiberiade. 
Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli vanno a pescare, ma non pescarono nulla quella notte. 
La mattina Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che fosse Lui; Gesù disse loro se avevano pescato, alla loro risposta negativa, Gesù disse di gettare la rete dal lato destro della barca che avrebbero trovato i pesci. 
Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla perché era piena di pesci. 
Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro che quell’uomo era il Signore. 
Una volta tirata la rete a terra, contarono centocinquantatré grossi pesci; e, benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. 
L'atto di gettare la rete e tirare su i pesci è una metafora della missione di evangelizzare dei discepoli. 
Proprio come i pescatori tirano su i pesci dal mare, i discepoli sono chiamati a “pescare gli uomini” per condurli a Cristo (cfr. per esempio Matteo 4:18-22; Marco 1:16-20).
Quali lezioni impariamo da questa storia?
Quali sono le caratteristiche di una missione con risultati?

Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio

 Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio
Questo versetto fa parte della lettera di Paolo ai Colossesi, una comunità di cristiani situata nell'antica Colosse. 
Nella lettera, Paolo affronta alcune false dottrine che circolavano nella comunità e ribadisce i principi fondamentali della fede cristiana. 
Il versetto 27 si inserisce in questo contesto, sottolineando la centralità di Gesù Cristo e la speranza a Lui collegata.
Paolo nel v.27 ribadisce che Dio ha preso l’iniziativa di far conoscere ai santi quale sia la ricchezza della gloria del mistero fra gli stranieri, cioè Gesù in voi la speranza della gloria.
Il v.27 si tratta di un'amplificazione della precedente proposizione del v.26 riguardo la manifestazione del mistero che era stato tenuto nascosto per tutti i secoli: “Ma che ora è stato manifestato ai suoi santi”, cioè Dio ha voluto far conoscere loro quali sono le ricchezze della gloria di questo mistero tra gli stranieri, cioè i non Giudei.
 
I “santi” del v. 26, sono quelli tra questi stranieri, cioè i cristiani in generale (Colossesi 1:2, 4, 12; 3:12), il popolo di Dio, come i credenti della chiesa di Colosse (v.2), sono coloro che Gesù ha santificato con il Suo sacrificio (1 Corinzi 6:9-11; Ebrei 10:10).
C’è uno sfondo nell’Antico Testamento, dell’Antico Patto che riguarda Israele, che è stato chiamato tra le nazioni per essere il popolo santo di Dio obbedendo alle Sue leggi (cfr. per esempio Esodo 19:6; Levitico 11:44; 19:2; Daniele 7:18, 22, 25, 27). 
Allo stesso modo, i cristiani sono “santi” a causa della nuova relazione in Gesù Cristo in un Nuovo Patto (cfr. per esempio Matteo 26:26-28). Sono messi a parte per Dio per servirlo (cfr. per esempio 1 Pietro 2:9-10) come eletti di Dio, santi e amati (Colossesi 3:12) la cui vita deve essere caratterizzata da un comportamento consacrato. 
L'avverbio “ora” (nuni) del v.26, si riferisce al Nuovo Patto.
La ricchezza della gloria di questo mistero si riferisce a Cristo nei cristiani.
Nel v.27 vediamo la rivelazione del mistero di Dio.
Cominciamo col vedere:

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