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Visualizzazione dei post da agosto, 2020

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Santificati per mezzo di Cristo Gesù

  Santificati per mezzo di Cristo Gesù “Alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore loro e nostro” (1 Corinzi 1:2).  Questi versetti fanno parte dell’indirizzo dei saluti della lettera scritta dall’apostolo Paolo (v.1) alla chiesa locale di Corinto; questo versetto descrive la caratteristica di questa chiesa e di tutti i veri cristiani, di tutti quelli che invocano il nome del Signore Gesù Cristo. La chiesa è stata chiamata da Dio (cfr. Romani 8:30; 9:11-12) e appartiene a Dio (cfr. Deuteronomio 7:6; Atti 20:28). La chiesa non è un’organizzazione creata dall'uomo, creata per preservare e diffondere particolari tradizioni religiose, o una società di persone che la pensano allo stesso modo governata da aspirazioni e valori umani; la chiesa (ekklēsía) è una comunità di persone che Dio ha chiamato e salvato da Gesù Cristo, non è pertanto di proprietà ...

La vita eterna è in Cristo Gesù

 La vita eterna è in Cristo Gesù “Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23). L’apostolo Paolo, nel capitolo 6 di Romani, sta spiegando che il cristiano in virtù della sua unione spirituale con Gesù Cristo è libero dal peccato e fatto servo di Dio, ha la santificazione e la vita eterna. Al v. 23 l’apostolo aggiunge un chiarimento, spiega la ragione di quanto detto nei vv.21-22 e al tempo stesso fa una conclusione solenne e impressionante di tutto il capitolo. Al v.23 vediamo che “salario” è in contrasto con “dono”, “peccato” con “Dio”, “morte” con “vita eterna”. In questo versetto vediamo tre aspetti che riguardano la morte e la vita eterna. Il primo aspetto è: la conseguenza del peccato è la morte, poi il dono di Dio è la vita eterna, e infine il luogo, o lo strumento mediante il quale abbiamo la vita eterna.

Salmo 14:1-4: L’azione dello stolto

  Salmo 14:1-4: L’azione dello stolto James Johnston commentando su questi versetti dice: “Nel dicembre 1989 la copertina ‘The Atlantic’ poneva la domanda ‘Possiamo essere buoni senza Dio?’ Il punto di questo articolo è che mentre i cristiani non sono perfetti, l'etica e la moralità che apprezziamo nella civiltà occidentale provengono dalla Bibbia. Man mano che la nostra società diventa secolare, perderemo le basi per etica e moralità. ‘Se il cristianesimo declina e muore nei prossimi decenni, il nostro universo morale e anche l'universo politico relativamente umano che sostiene sarà in pericolo’. Il principio alla base è che il modo in cui ci comportiamo è in definitiva radicato in ciò in cui crediamo su Dio. Senza Dio non c'è nulla che ci possa trattenere dall'immergerci in tutti i tipi di orrori”.  Nella precedente predicazione abbiamo visto il credo dello stolto, abbiamo visto che lo stolto è senza senno, senza saggezza, è ateo. Continuiamo la meditazione di questo ...

Salmo 14:1-4: Il credo dello stolto

Salmo 14:1-4: Il credo dello stolto  Questo salmo è di Davide indirizzato al direttore del coro (v.1). Dal v. 7, può essere considerato un salmo profetico che si riferisce al ritorno del popolo dall’esilio (cfr. Salmo 126:7); oppure parla in generale dei prigionieri ebrei che ritornano liberi nella loro terra (v.7); oppure l’esilio del v. 7 è figurativo (Giobbe 42:10; Ezechiele 16:53), non si riferisce all’esilio.  Può anche essere che il salmo sia stato scritto avendo in mente un approccio etico per indicare la malvagità che deriva da una negazione di Dio, e quindi il salmo è una polemica contro l'ateismo.  L’autore Davide, parla dello stolto, in ebraico (nābāl) che nega l'esistenza di Dio e agisce in modo malvagio.  Davide aveva affrontato una persona, un certo Nabal che si era comportato irrispettosamente verso di lui e ne subì le conseguenze (1 Samuele 25). Questo salmo è un lamento sentito per la corruzione morale, o depravazione universale, di coloro che dicono...