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Isaia 40:29-31: Sperare nel Signore rinnova le forze

 Isaia 40:29-31: Sperare nel Signore rinnova le forze
Quando siamo stanchi siamo più vulnerabili agli attacchi del diavolo, o deboli, proprio come Amalek, senza avere alcun timore di Dio, attaccò gl’Israeliti più deboli stanchi e sfiniti, dopo che uscirono dall’Egitto (Deuteronomio 25:17-18).

Secondo alcuni studiosi, Gesù è stato tentato dal diavolo, dopo quaranta giorni di digiuno, quando cominciò ad avere fame (Matteo 4:1-11; Luca 4:1-2), quindi in un periodo debolezza fisica.

Quindi dobbiamo stare molto in guardia quando siamo stanchi fisicamente, ma anche interiormente, quando siamo scoraggiati, o depressi.

Queste parole sono rivolte a quei Giudei che si trovavano in esilio a Babilonia e quindi erano scoraggiati.
Isaia ricorda loro la grandezza del Signore per incoraggiarli a guardare la loro situazione attraverso, appunto, la Sua grandezza.

In momenti difficili di grande scoraggiamento il popolo deve ricordare che nonostante il Signore per il momento non cambia la situazione ardua e difficile, dona comunque la forza a coloro che sperano in Lui.

Così prima di tutto consideriamo che:

Isaia 40:28: Le caratteristiche del Signore che rinnovano le nostre forze

 Isaia 40:28: Le caratteristiche del Signore che rinnovano le nostre forze
In questo versetto vediamo alcune caratteristiche del Signore.
Le parole del capitolo 40 sono parole d’incoraggiamento per quei Giudei esiliati in Babilonia. 
Dai vv.12-31 il profeta parla dell'incomparabile Dio d’Israele.
Se qualcuno dubitava della capacità di Dio di ristabilire Israele nella sua patria, questi versetti di lode allontanano tutti i dubbi. 
L'uomo è impressionato dalla grandezza e dalla potenza di molte cose in questo mondo: uomini e nazioni potenti, ma il Dio della Bibbia è superiore a tutti! 
Primo, il Signore è più grande del mondo creato (vv.12–14).
Isaia pose una serie di domande con lo scopo di mettere l'uomo al suo giusto posto. 
La grandezza di Dio è indicata dalla vastità della sua creazione. 
Dio è autosufficiente e indipendente! Non ha chiesto consiglio quando ha creato il mondo. 
Il Signore non ha bisogno che qualcuno lo istruisca sulla giusta linea di condotta. 
Secondo, il Signore è più grande delle nazioni (vv.15–17).
La grande forza delle nazioni più potenti è per Dio come un granello di polvere, o una goccia che cade dal secchio. 
Se uno avesse costruito un fuoco sull'altare con tutti i cedri del Libano e sacrificato ogni bestia in quelle foreste, non avrebbe comunque fatto un sacrificio degno di un Dio così grande. 
Terzo, il Signore è più grande degli idoli (vv.18-20).
Gli idoli sono rappresentazioni create dall'uomo. 
Non importa quanto sia bella l’opera artigiana, non importa quanto siano preziosi i materiali, gli idoli non possono catturare l'essenza di Dio. 
Gli idoli hanno difficoltà a stare in piedi. 
Come potrebbero quindi sostenere coloro che li adorano? 
Quarto, il Signore è più grande dei governanti (vv.21-24).
Fin dall'inizio la conoscenza del Creatore sovrano era stata tramandata. 
Egli siede sul Suo trono sulla volta della terra sostenendo provvidenzialmente e mantenendo tutto ciò che esiste. 
I potenti governanti di questo mondo sono sotto la Sua autorità; può privarli del potere in un istante.
Si limita a soffiare su di loro ed essi appassiscono come una pianta, e vengono spazzati via dalla scena della storia come stoppia senza valore. 

Sofonia 3:17: Il Signore gioirà per il Suo popolo

 Sofonia 3:17: Il Signore gioirà per il Suo popolo 
“Il Signore, il tuo Dio è in mezzo a te, come un potente che salva; egli si rallegrerà con gran gioia per causa tua; si acqueterà nel suo amore; esulterà, per causa tua con grida di gioia”.
In questo versetto troviamo quello che O.P. Robertson ha chiamato: “Una poesia d'amore personale". 
Nel contesto di questo capitolo vediamo che prima Sofonia profetizza il castigo di Gerusalemme per i propri peccati, una città ribelle, contaminata e piena di soprusi, i suoi capi, giudici, profeti e sacerdoti erano corrotti, arroganti, infrangono la legge. 
Sofonia profetizza che il Signore avrebbe portato vera giustizia per tutti i popoli nel giorno della Sua ira (vv.1-8). 
Dopo profetizza le benedizioni future (vv.9-20). 
Il Signore benedirà sia Gerusalemme e sia le nazioni. 
Nel mezzo del giudizio c'è misericordia per il pentito. 
I peccatori purificati di tutte le nazioni adoreranno e serviranno Dio con cuore puro (vv. 9–10).
Gerusalemme non sarà più caratterizzata dall'orgoglio, dalla ribellione, dalla disonestà e dall'inganno dei giorni di Sofonia.
Il male sarà rimosso dalla comunità del popolo di Dio (vv.11–13).
Sebbene in precedenza Israele possa aver provato dolore a causa delle punizioni di Dio, ora proverà gioia. 
Dimoreranno insieme a Dio, il loro Re, senza timore di ulteriori giudizi (vv.14–15). 
In vista di questo futuro promettente, non devono essere pigri, o scoraggiati, ma vigili e pieni di fiducia. 
La sconfitta sarà sostituita dalla vittoria. 
Dio toglierà loro la vergogna e nel Suo amore darà loro nuova vita (vv.16–18). 
Gli esiliati saranno raccolti dalle terre della loro oppressione e saranno ristabiliti nella loro stessa terra. 
Sotto il dominio di Dio parteciperanno con Lui a ricevere lode da tutta la terra (vv.19-20).
Nel v.17 vediamo tre aspetti che dobbiamo tenere a mente.
Prima di tutto vediamo:

La natura di Dio: Introduzione agli attributi di Dio

La natura di Dio: Introduzione agli attributi di Dio
La Bibbia ci parla della grandezza di Dio e c’invita a lodarlo (Salmo 150:2).
Dio ha fatto molte opere potenti, ma anche se non le avesse fatte, sarebbe sempre degno di lode per la grandezza della sua persona.
La grandezza di Dio è descritta in molti modi nella Bibbia, anche come attributi.
Certo, secondo Louis Berkhof: “Il nome ‘attributi’ non è ideale, poiché trasmette la nozione di aggiungere, o assegnare qualcosa a uno, ed è quindi atto a creare l'impressione che qualcosa sia aggiunto all'Essere divino. Indubbiamente il termine ‘proprietà’ è migliore, in quanto indica qualcosa che è proprio di Dio e solo di Dio”; ma non useremo la parola “attributi” per aggiungere qualcosa a Dio, ma per indicare le perfezioni intrinseche di Dio, e perché è di uso comune nello studio che lo riguarda.
Lo studio degli attributi di Dio è importante non solo perché ci fanno conoscere chi è Dio, ma anche per quello che ci si può aspettare da Lui e cosa Lui si aspetta da noi!
Conoscere gli attributi di Dio è importante perché questo determina la nostra fede, la nostra preghiera e il nostro comportamento.
Avere una visione distorta di Dio ci rende “malati” spiritualmente parlando.
Quindi, lo scopo degli attributi divini non è quello di mostrare se Dio esiste, o di attribuire a Dio delle caratteristiche, ma esporre chi è Dio, il Suo carattere distintivo, come si è rivelato attraverso la storia Biblica, in modo che la fede possa avere una base solida e una speranza certa. 
Iniziamo a considerare il significato di “attributi”
Dio si è rivelato affinché noi possiamo conoscere il Suo carattere.

Osea 2:9-13 Il giudizio di Dio per il suo popolo idolatra

 Osea 2:9-13 Il giudizio di Dio per il suo popolo idolatra
Leon Morris diceva: "L'amore non è mai duro, ma può essere severo".
Così è l’amore di Dio! Non significa che non ci disciplini severamente quando è necessario! (cfr. per esempio Ebrei 12:4-11).
Nel precedente studio abbiamo visto che il Signore rimprovera il Suo popolo che ha commesso due mali: non lo riconoscevo come Colui che provvedeva la prosperità, ma Baal e ciò che il popolo riceveva dal Signore lo offriva ai Baal.
Il popolo peccava d’idolatria!
Per il suo adulterio spirituale, ora l’attende il giudizio inevitabile di Dio! 
Di questo parlano i vv.9-13.
Ora, quando leggiamo i profeti, dobbiamo tenere sempre presente che il loro messaggio era fondato sul patto (o alleanza) che Dio aveva stabilito con Israele.
Il giudizio minacciato era secondo quello che era stato stipulato sul monte Sinai attraverso Mosè su iniziativa del Signore che aveva liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto (cfr. per esempio Esodo 19-24; Levitico 26; Deuteronomio 27-29; Osea 8:14; 11:1; 12:9,14; 13:4; Amos 2:10; 3:1-2; 9:7; Michea 6:4; 7:15).
Il Signore li portò nella Terra Promessa (Michea 6:5) e sconfisse i loro potenti nemici (cfr. per esempio Amos 2:9–10).
Ma Israele si è dimenticato più volte di Dio, è stato più volte ribelle! (cfr. per esempio Osea 9:9-10; 10:9; 11:2; 13:6), ha violato il patto (cfr. per esempio Osea 1:2; 2:2–13, 4:15, 5:4,7; 6:10; 9:1; Amos 2:4,6; Michea 6:1-8), e lo ha fatto anche con l’idolatria.
L’idolatria è adulterio spirituale, è violare il patto con Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 31:16).
Commettere adulterio era una grave violazione del patto matrimoniale.
Il rapporto tra Dio e Israele era simile a un matrimonio ed era richiesta una perfetta fedeltà.
La risposta di Dio a questa ribellione era la minaccia del giudizio secondo il patto, annunciata dai Suoi profeti al Suo popolo disobbediente.
I profeti consideravano il giudizio del Signore su Israele come l'attuazione delle maledizioni, o minacce contenute nel patto (Levitico 26:14–39; Deuteronomio 28:15–68).
Dunque, queste parole di Osea hanno il loro fondamento sulle sanzioni del patto Sinaitico, o Mosaico.
Prima di tutto allora vediamo:

Galati 4:3-7: Adottati per essere figli di Dio!

 Galati 4:3-7: Adottati per essere figli di Dio! 
Una neo-mamma rimase con i genitori per alcuni giorni dopo la nascita del suo primo figlio. Un pomeriggio fece notare alla madre che era sorprendente che il bambino avesse i capelli scuri, dato che sia lei che il marito erano chiari. La nonna disse: "Beh, tuo padre ha i capelli neri". Al che la figlia rispose: "Ma, mamma, non importa, perché sono stata adottata". 
Con un sorriso imbarazzato, la madre disse le parole più belle che la figlia avesse mai sentito: "Me ne dimentico sempre". 
Per quella mamma la figlia adottiva era come se fosse la figlia naturale, così anche Dio con noi!

Tutti i cristiani sono figli adottivi di Dio, accettati da Dio con lo stesso amore incondizionato che questa madre aveva per sua figlia.

Vediamo allora:
I L’ADOZIONE COME FIGLI DI DIO
Secondo Sinclair Fergusson quest’adozione è centrale nel piano di Dio, afferma: "La filiazione a Dio è l'apice della creazione e lo scopo della redenzione".
Anche per John Murray l’adozione ha un ruolo centrale nel piano di salvezza di Dio, affermava: "L'adozione è l'apice della grazia redentrice e del privilegio".
Consideriamo:
A) La condizione prima di essere salvati da Dio
Grazie a Gesù il credente viene adottato come figlio di Dio. 

La Natura di Dio: L’essenza

 La Natura di Dio: L’essenza
“Essenza” deriva dal latino “essentia”, significa “ciò che una persona”, o “cosa è in se stessa o in se stesso”, a parte tutto ciò che è accidentale. 
Dio è un essere personale che esiste, ed esiste distintamente da ogni cosa, è un essere indipendente; esiste di per Sé e per Sé; non è connesso, o dipende e deriva da altro per la Sua esistenza, è un essere eterno (cfr. per esempio Salmo 90:2).
Alcuni nomi di come si è rivelato, come “Dio” (Elohim), e “Signore” (Yahweh) si riferiscono direttamente all'essenza eterna, divina. 
Alcuni studiosi come Thiessen H. C., & Doerksen V. D. fanno una differenza tra l’essenza e gli attributi di Dio, scrivono: “I termini ‘essenza’ e ‘sostanza’ sono praticamente sinonimi quando si parla di Dio. Possono essere definiti come ciò che sta alla base di ogni manifestazione esteriore; la realtà stessa, materiale o immateriale; il substrato di qualsiasi cosa; ciò in cui risiedono le qualità o gli attributi. Entrambi questi termini si riferiscono all'aspetto fondamentale della natura di Dio; se non ci fosse l'essenza o la sostanza, non ci potrebbero essere gli attributi. Parlare di Dio significa parlare di un'essenza, di una sostanza, non di una semplice idea o della personificazione di un'idea. Poiché esiste una differenza tra l'essenza e gli attributi di Dio, ci si trova di fronte alla questione di come distinguerli. Riconosciamo che forse alcuni dei cosiddetti attributi non sono affatto attributi, ma aspetti diversi della sostanza divina. Lo sono la spiritualità, l'auto-esistenza, l'immensità e l'eternità”.
Non tutti saranno d’accordo con questa interpretazione, e come vedremo in un altro studio, gli attributi fanno parte dell’essenza divina, non ne sono separati e la manifestano, ma la Bibbia evidenzia quattro aspetti fondamentali dell’essenza di Dio, o definizioni dell’essenza di Dio, o della natura essenziale di Dio, come per esempio gli esseri umani sono fatti di carne e hanno un corpo fisico, Dio è spirito (Giovanni 4:24), e questo lo abbiamo visto in uno studio precedente; Dio è amore; Dio è luce, Dio è un fuoco consumante. 
Secondo alcuni studiosi, non sono semplicemente attributi di Dio, ma la Sua stessa natura ed essere; o meglio, la parola esprime la più alta concezione che possiamo formarci di quella natura.
Ora questi quattro aspetti dell’essenza di Dio, non rendono gli attributi di Dio qualcosa di meno, perché tutti sono importanti, perché rendono Dio, Dio.

Osea 2:8: La provvidenza di Dio non riconosciuta

 Osea 2:8: La provvidenza di Dio non riconosciuta
Un soldato della Terza Armata americana fu inviato in un campo di riposo dopo un periodo di servizio attivo. Quando ritornò in divisa alla sua unità militare, scrisse una lettera al generale George Patton ringraziandolo per le splendide cure che aveva ricevuto. 
Il generale Patton scrisse che per trentacinque anni aveva cercato di dare tutto il conforto e la comodità che poteva ai suoi uomini, e aggiunse che questa era la prima lettera di ringraziamento che aveva ricevuto in tutti i suoi anni nell'esercito!

Questa storia ci fa capire che la maggior parte delle persone non sa cosa sia la gratitudine, e questo anche verso il Signore, l’ingratitudine è anche verso di Lui!

La stragrande maggioranza delle persone non è riconoscente al Signore per ciò che ha!

Jean Daille (1594-1670) usava parole molto forti per color che sono ingrati, diceva: “Gli uomini ingrati sono come porci che si nutrono di ghiande, le quali, sebbene cadano sulla loro testa, non li fanno mai alzare lo sguardo verso l'albero da cui provengono”.

Ci sono persone che dicono, o pensano che ciò che hanno è grazie a se stessi, raramente a qualcun altro, o qualcos’altro, mentre la Bibbia ci dice chiaramente che è per grazia di Dio (cfr. per esempio Salmo 136:5; 145:15-17; Matteo 5:45; Atti 17:25).

Questo era l’errore di Israele, pensava che la sua prosperità era dovuta alla divinità pagana Baal e non al Signore.

Il Signore è il grande Provveditore d'Israele e non Baal!

Nella provvidenza di Dio vediamo prima di tutto:

Uniti a una chiesa

 Uniti a una chiesa 
Per alcune persone, il cristianesimo è stato spesso ed è individualista, solo, cioè: “Tra me e Dio".
Ma come sottolinea Aaron Daryl a riguardo: “Mentre una relazione individuale con Dio attraverso Gesù Cristo è essenziale, il Nuovo Testamento sottolinea anche fortemente la natura corporativa del cristianesimo; Dio sta edificando un gruppo di persone che lo glorificheranno e vivranno con lui per sempre. Questo gruppo è chiamato la chiesa”.
Dunque nel Nuovo Testamento non c’è spazio per un cristianesimo individuale, va contro la natura della fede cristiana e quindi della chiesa di Dio!
Franklin Clark Fry afferma: “Una persona che dice di credere in Dio, ma non va mai in chiesa è come una persona che dice di credere nell'istruzione, ma non va mai a scuola”.
Secondo quest’affermazione, appartenere, o essere membri di una chiesa, è una caratteristica di una persona che crede in Dio.
Ma coloro che credono in Dio e non appartengono a nessuna chiesa non saranno d’accordo con quest’affermazione.
Il Nuovo Testamento ci dice chiaramente che le persone che venivano salvate da Dio si univano a una chiesa locale.
Cominciamo a vedere:

La natura di Dio: La definizione

 La natura di Dio: La definizione
Alla domanda: “Chi è Dio?” sono state date diverse risposte, ma insieme ad Anselmo possiamo affermare che è: "L'essere di cui nessuno più grande può essere concepito".
Dio, secondo Anselmo, ma anche secondo la Bibbia, non è un’idea, una filosofia, ma un essere, possiamo aggiungere vero e vivente! (cfr. per esempio 1 Tessalonicesi 1:9). 
Il più grande essere! L’Altissimo (cfr. per esempio Salmo 82:19), ed è trascendente e immanente (cfr. per esempio Isaia 57:15).
Ma che cosa intendiamo quando diciamo “Dio”? Dio può essere definito? Dio non può essere oggettivamente definito, nel senso di essere circoscritto completamente dal linguaggio umano, ma ciò non ha impedito e non impedisce ai cristiani di parlare, o di sviluppare una descrizione di Dio. Quindi, Dio paradossalmente non può essere definito e nello stesso tempo può essere definito, ma fino a che punto lo possiamo definire? Se la definizione s’intende chiarire i confini di Dio in modo che sia posto in una categoria nota rispetto ad altre specie, allora Dio non può essere definito. 
Dio non è un oggetto che può essere inserito nelle nostre categorie umane, è un essere a parte, e noi siamo limitati per farlo in modo esaustivo. Infatti la nostra mente e il nostro linguaggio non possono specificare con precisione quella realtà che va oltre la misura del nostro spazio e del nostro tempo: Dio è trascendente! Noi siamo consapevoli che è abbastanza difficile definire una persona umana, così ancora più arduo sarà definire il Dio trascendente! 
Com’è difficile concepire Dio, così è difficile definirlo in modo esauriente, o rigoroso per i nostri limiti mentali e di lingua (anche per i più consacrati, per coloro che lo amano sopra ogni cosa, o hanno un’intuizione di Dio al di sopra della media), perché Dio va oltre la nostra comprensione, perché Dio è l’inaccessibile e unico nel Suo genere (1 Timoteo 6:16; Deuteronomio 4:34). 
Ma è anche vero che Dio viene incontro all’uomo, benché non può essere definito in modo pieno, Dio si è rivelato nella Bibbia, e nella misura in cui Lui si è rivelato si può conoscere, e quindi definire in una certa misura (1 Corinzi 2:6-16), ma come dicevo prima, non circoscriverlo, inscatolarlo, perché, appunto, Dio è un essere infinito e incomparabile, supremo e trascendente (Isaia 40:13-25; 57:15). 
Pertanto, riguardo alla definizione di Dio, intendiamo descrivere Dio secondo la misura della Sua rivelazione, attraverso la Sua Parola, la Bibbia, e lo faremo umilmente, con la consapevolezza che lo vediamo in modo oscuro (1 Corinzi 13:12), ma un giorno lo conosceremo chiaramente (1 Giovanni 3:2). 

1 Cronache 16:28-29; 35: La gloria di Dio e le nostre azioni (2)

 1 Cronache 16:28-29; 35: La gloria di Dio e le nostre azioni (2)
Stiamo ancora in questo meraviglioso capitolo di 1 Cronache riguardo la gloria di Dio.
Questo canto di lode di Davide si conclude con una preghiera affinché Dio liberi il Suo popolo dall'esilio e lo riporti nella sua terra, dove ancora una volta lo loderanno.
In questa predicazione vediamo altre due nostre azioni in relazione alla gloria di Dio.
Cominciamo con:
I L’ APPROVAZIONE (vv.28-29)
Nei vv.28-29 è scritto: “Date al SIGNORE, o famiglie dei popoli, date al SIGNORE gloria e forza. Date al SIGNORE la gloria dovuta al suo nome, portategli offerte e venite in sua presenza. Prostratevi davanti al SIGNORE vestiti di sacri ornamenti” (Deuteronomio 32:3; Salmo 29:1-2; 96:7-9).
Prima di tutto vediamo in questi versetti:
A) L’imperativo
Per tre volte troviamo il comandamento “date” (hābû - qal imperativo attivo).
“Dare” in Ebraico significa “accreditare”, “attribuire”, cioè dire parole di eccellenza, o grandezza su una persona, quindi lodare. 
C.H. Spurgeon disse: “Guardate gli uccelli della terra: ci fanno vergognare!
Care piccole creature, se le osservate quando cantano, a volte vi chiederete come possa uscire tanto suono da corpi così piccoli.
Come si buttano con tutto se stessi nella musica e sembrano sciogliersi nel canto!
Come l'ala vibra, la gola pulsa e ogni parte del corpo si rallegra di assistere allo sforzo! Questo è il modo in cui dovremmo lodare Dio”.
Con tutto noi stessi dovremmo lodare Dio!
Questo imperativo dunque, qui è usato in senso cultuale, cioè per attribuire gloria e forza al Signore. 
Questo non è un optional, ma un comando che non dobbiamo trascurare!
In tutta la Bibbia vediamo, come ci ricorda Dorothy Kerin che: “L'obbedienza è la chiave che apre la porta a ogni profonda esperienza spirituale”.
La disobbedienza a Dio crea un muro con Lui (Isaia 59:1-2; 64:7), ma la via dell’obbedienza è la via della ricchezza spirituale, quella di Dio! (cfr. per esempio Luca 5:1-8; 11:28; Giovanni 7:17; 12:26; 14:21,23; 15:10; 21:1-6). 

Salmo 86:16-17: Una preghiera di dipendenza (5)

 Salmo 86:16-17: Una preghiera di dipendenza (5)
Stiamo meditando sul Salmo 86, in questo salmo vediamo che la preghiera è la dichiarazione che dipendiamo da Dio.
Davide si trova in una brutta situazione, la sua vita è a rischio (vv.7,13-14,17), ma comunque ha fede, loda il Signore, e gli chiede aiuto per la consacrazione e la formazione del suo carattere (vv.8-12)
Davide era convinto che il Signore lo potesse salvare (vv.13,15,17) e pertanto prega fiduciosamente che lo farà, che il Signore gli risponderà! (v.7).
In tempi duri, di avversità come quelli vissuti da Davide, il credente può imparare a vedere il Signore più chiaramente e a fidarsi di Lui pienamente.
È la natura di Dio che spinge Davide a pregarlo per la sua salvezza! (vv.5-8,13,15; cfr. Esodo 34:6).
La natura di Dio gli ricorda che la preghiera è la sua unica fonte di speranza!!
Anche nei momenti fortemente minacciosi, il popolo può contare su Dio per quello che Egli è!
Davide crede in un Dio che interviene, in un Dio che fornisce attivamente il Suo aiuto e consolazione al Suo popolo, un Dio attivo e vicino al Suo popolo, ecco perché prega anche quando le sue circostanze attuali mettono a dura prova la sua fiducia.
Jamie A. Grant a riguardo scrive: “Di fronte a un'orda di terribili nemici, il salmista eleva la sua anima a Dio e continua a lungo nella preghiera. La sua supplica si fonda sulla relazione che lo lega al Signore, legame dove lui, il servo, è in sé povero e bisognoso, ma il suo Signore fedele e compassionevole è l'unico Dio, capace di fare meraviglie”.
Nei vv.16-17 vediamo quattro aspetti della preghiera di Davide. 

1 Cronache 16:10,24-25: La gloria di Dio e le nostre azioni (1)

 1 Cronache 16:10,24-25: La gloria di Dio e le nostre azioni (1)
Continuiamo la nostra serie di meditazioni sulla gloria di Dio.
È interessante notare che in questo contesto, quindi al tempo di Davide, ancora una volta vi è uno stretto legame tra l'arca e la gloria di Dio. 
A Davide non fu permesso di costruire il tempio, ma fu responsabile di portare l'arca a Gerusalemme e di collocarla lì in una tenda sacra. 
Quando ciò accadde, Davide compose un canto, o salmo che esaltava la gloria di Dio.
Ma andiamo con ordine. 
Dopo che Davide è stato incoronato re, si propone di portare l'arca di Dio a Gerusalemme (13:1–4).
L'arca dell'alleanza, simbolo della presenza di Dio, giaceva dimenticata in una casa di campagna (1 Samuele 13:5-14; 15:25). 
Davide decise di riportarla al suo legittimo posto al centro della vita religiosa della nazione. 
Nel portare l'arca a Gerusalemme, il suo scopo era quello di fare di Gerusalemme il centro religioso, oltre che politico, d’Israele. 
Ma i suoi piani subirono una prima battuta d'arresto a causa della mancanza di rispetto per l'arca, infatti mentre tutto Israele celebra l'importante occasione, Dio fa morire Uzza (1 Cronache 13:7-10), che sta trasportando l'arca contrariamente alle Sue istruzioni (cfr. per esempio Numeri 7:4–9). 
Dopo che Dio autorizzò Davide a sconfiggere i Filistei (1 Cronache 14:8–17), Davide fece un secondo tentativo di portare l'arca a Gerusalemme. 
Nomina i leviti per portare l'arca come Dio aveva ordinato (1 Cronache 15:1–15) e l’incaricò a guidare la musica davanti all'arca (1 Cronache 15:16–24; 16:4–42). 
Davide e tutto Israele portano l'arca a Gerusalemme con grande festa. 
Una volta qui, la posero in una tenda e offrirono a Dio olocausti e sacrifici di riconoscenza, e distribuì da mangiare ai presenti (1 Cronache 15:25–16:3).
Davide poi stabilì davanti all’arca del Signore alcuni dei Leviti per fare il servizio sacerdotale e per invocare, celebrare e lodare il Signore.
In quel giorno Davide diede l’incarico ad Asaf e ai suoi fratelli di cantare le lodi al Signore (1 Cronache 16:4-7).

Proverbi 4:23. La nostra centrale operativa: il cuore

 Proverbi 4:23. La nostra centrale operativa: il cuore 
Gli psicologi si chiedono se il comportamento umano è determinato da processi interni alla persona, o da eventi esterni? 

Come dire siamo attivi, cioè responsabili delle nostre azioni, o passivi, nel senso che subiamo gli eventi del mondo, cioè che la colpa è degli altri?

Il filosofo Jean-Jacques Rousseau fa questa affermazione: “L’uomo è per sua natura buono, ma la società lo corrompe”.

In questo senso, la colpa è della società se ci comportiamo male!

Quello che vediamo invece nella Bibbia è: l’uomo è peccatore nella sua natura ed è responsabile delle sue azioni (cfr. per esempio Giovanni 3:19; Romani 3:9-18,23; Giacomo 1:13-15).

Ora il cuore, nel senso metaforico è determinante per le nostre azioni.

Come il cuore fisico è un organo vitale importante per la vita del nostro corpo, così vale spiritualmente, pertanto va custodito diligentemente!

Le persone sagge riconoscono l'importanza cruciale di custodire il proprio cuore. 

Noi vediamo un’esortazione in questo versetto che dobbiamo prendere seriamente in considerazione perché da questo dipende la nostra vita.

Lo scrittore, Salomone, istruisce i suoi figli trasmettendo l'insegnamento che suo padre una volta gli diede. 

Proverbi 9:10: Il principio della saggezza

 Proverbi 9:10: Il principio della saggezza
“La vita è sempre una gara tra l'istruzione e la catastrofe” (H. G. Wells).
Possiamo dire tra quelli che la ricevono e quelli che non ne vogliono sapere nulla!
Il capitolo 9 di Proverbi mette a confronto la saggezza e la follia (kesî·lûṯ), cioè l’agire in modo stupido e avventato ed è l’epilogo di tutto il discorso fatto dai capitoli 1-8.
Douglas Mangum commentando Proverbi 9:1-18 che riguarda le vie della saggezza e della follia scrive: “Il prologo iniziale della saggezza di un padre trasmessa al figlio si conclude con un epilogo che contrappone le vie della saggezza a quelle della follia. Il padre personifica la saggezza e la follia come due donne molto diverse. La saggezza lavora diligentemente, prepara la casa, gestisce la servitù e invita i semplici a mangiare il suo pane. Tale comportamento rivela in ultima analisi il timore del Signore, la conoscenza e l'intuizione del Santo d'Israele (9:10). La follia, al contrario, è una seduttrice chiacchierona che cerca di intrappolare coloro che le passano accanto. Ella reclamizza la dolcezza del frutto proibito. Ma il padre avverte il figlio che la follia è solo morte velata da un abito di seduzione e dall'apparenza di bellezza”.
Nel capitolo 9 vediamo una contrapposizione tra la saggezza e la follia, e quindi il fare una scelta fra le due.
Essere saggi secondo il Signore è di gran lunga migliore che non esserlo!
La saggezza ama e rispetta la parola e il carattere del Signore, e quindi segue il sentiero caratterizzato da un comportamento retto in tutte le circostanze della vita.
La follia invece, valorizza l'autonomia piuttosto che rispettare e amare la parola e il carattere del Signore, quindi sceglie di seguire il percorso caratterizzato da un comportamento malvagio che sfocia nella morte in tutte le sue manifestazioni.
Il padre fa riflettere il figlio, e ciascuno di noi, a essere saggi, a lasciare la stoltezza e vivremo, a camminare per la via dell’intelligenza (v.6), a differenza di chi segue la follia (v.18).
In Proverbi 9:12 dice: “Se sei saggio, sei saggio per te stesso; se sei beffardo, tu solo ne porterai la pena”.

La dottrina di Dio: La conoscibilità di Dio (Seconda parte)

 La dottrina di Dio
La conoscibilità di Dio (Seconda parte)
Cercare di spiegare Dio è come cercare di spiegare un bacio; il dizionario ci può dare la definizione: ‘Una carezza con le labbra; un tocco o un contatto gentile’, ma cattura davvero l'essenza di ciò che è un bacio? Per esempio possiamo catturare il bacio di una mamma sulla fronte del suo neonato? O il bacio del giovane innamorato alla sua ragazza?
Proprio come le parole non possono catturare completamente tutto ciò che è coinvolto in ciò che conosciamo per esperienza e che tentiamo di descrivere come un ‘bacio’, non possiamo nemmeno comprendere, spiegare o definire completamente ‘Dio’. 
Possiamo conoscerlo per esperienza secondo la Sua rivelazione attraverso la Bibbia e la persona di Gesù Cristo, ma non possiamo comprendere, spiegare o definire completamente Dio.
Siamo ancora su questo studio sulla conoscibilità di Dio.
Robert Hugh Benson disse: “C'è solo una cosa al mondo che vale davvero la pena perseguire: la conoscenza di Dio”; eppure molte persone ignorano Dio!
La conoscenza di Dio ha un valore supremo.  Chi ha Dio ha tutto! Dio è la fonte di tutte le benedizioni (cfr. per esempio Numeri 18:20; Deuteronomio 10:9; 18:2; Salmo 16:5). 
Ma non solo la conoscenza di Dio lo glorifica, Dio la vuole al posto dei sacrifici dice Osea 6:6 (cfr. per esempio Geremia 9:23-24). Abbiamo tante motivazioni per conoscere Dio.
Conoscere Dio comporta la certezza della vita eterna (Giovanni 17:3).
La conoscenza di Dio è importante, perché solo attraverso la conoscenza di Dio un individuo ha vita eterna. Quale grande motivazione per conoscerlo! 
La vita eterna indica un’esistenza senza fine di beatitudine, di felicità con Dio perciò diversa dalla vita di sofferenza, di stress, di conflitti che abbiamo su questa terra (Apocalisse 21:3-4). 
Ma diversa anche da quella che avranno chi non conosce Dio, questi periranno, cioè andranno in rovina, perduti per sempre, lontani dalla presenza di Dio a soffrire per sempre all’inferno (cfr. per esempio Matteo 10:28; Marco 9:43; 2 Tessalonicesi 1:6-10; Apocalisse 20:7-15).
La conoscenza di Dio comporta la conoscenza di noi stessi. 
Molte persone per conoscersi meglio si recano dallo psicologo, spendono un sacco di soldi per risolvere i propri problemi. Non dico che non siano importanti, ma senza conoscere Dio non possiamo conoscere noi stessi. Alla luce (verità e santità) di Dio possiamo vedere chi siamo veramente! Noi possiamo conoscerci veramente alla luce della conoscenza di Dio. Giovanni Calvino disse: “Quasi tutta la somma della nostra sapienza, quella che tutto considerato merita di essere reputata vera e completa sapienza, si compone di due elementi e consiste nel fatto che, conoscendo Dio, ciascuno di noi conosca anche se stesso. Del resto, benché questi punti siano vicendevolmente uniti da molti legami, non è sempre agevole discernere quale preceda e sia la causa dell’altro….La conoscenza di noi stessi non solo ci stimola a conoscere Dio, ma deve guidarci, quasi per mano, a trovarlo… L’uomo non perviene mai alla conoscenza pura di se stesso fino a quando non abbia contemplato la faccia di Dio e da questa sia sceso a guardare se stesso”.

Isaia 26:12: Speranza per il futuro

 Isaia 26:12: Speranza per il futuro
Nel film Rocky, Apollo Creed dice a Rocky Balboa: “Non ci sarà rivincita!” Rocky Balboa risponde: “E chi la vuole!”
Come Rocky Balboa molti di noi non amano le sfide.
Siamo all’inizio di questo anno, molti di noi pensano alle varie sfide che dovranno affrontare. 
Quante paure! Quante ansie! Ci chiediamo ce la faremo?
I tempi sono difficili come poteva essere per Israele, ma qui troviamo una meravigliosa certezza: Dio darà la pace al Suo popolo!
Il capitolo 26 di Isaia ci parla di vittoria finale e fiducia in Dio e quindi di pace del popolo di Dio.
Riguardo il contesto di questo capitolo Andrew Davis scrive: “In Isaia 24–27 il popolo sofferente di Dio che sta attraversando il fuoco dell'oppressione per mano di tiranni viziosi riceve due grandi incoraggiamenti: (1) Dio sta governando attivamente in questo momento, misurando le vittorie dei malvagi e limitando il danno che possono fare al suo amato popolo; (2) Dio un giorno schiaccerà tutti gli oppressori e stabilirà un regno eterno in cui regnerà gloriosamente su tutto il suo popolo. Come abbiamo visto, Isaia 24–25 dà profezie trionfanti della vittoria finale del Signore su tutti i tiranni che opprimono il popolo di Dio in questo mondo. Ma Isaia 26 insegna al popolo oppresso di Dio come celebrare proprio ora, prima che sia giunta la vittoria finale, quando gli oppressori stanno ancora calpestando i poveri con stivali chiodati e insanguinati. Isaia sta trattando realisticamente ‘l’adesso’ per le persone del suo tempo e oltre; sono dominati dagli oppressori terreni, portati in esilio dall'Assiria, o da Babilonia. Questi enormi imperi basati sulle città sembrano invincibili; il futuro per Israele e Giuda sembra davvero molto cupo. Come può allora il popolo di Dio cantare un canto di festa quando sembra che i tiranni stiano vincendo tutte le battaglie? Isaia 26 è un canto di lode realistico per la protezione presente di Dio e la futura liberazione per il suo popolo sofferente”.
Come possiamo anche noi oggi essere gioiosi e celebrare Dio con prospettive cupe e incerte?

Romani 6:23: La vita eterna è in Cristo Gesù

 Romani 6:23: La vita eterna è in Cristo Gesù
“Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”.
La società postmoderna è una società incerta, se a questo aggiungiamo oggi la pandemia, le guerre, la crisi economica che stiamo vivendo, allora l’incertezza aumenta.
Una cosa certa è la morte! Come possiamo constatare oggi in questo funerale del caro/a (nome del defunto).
Paolo in questo versetto parla della certezza della morte, ma parla anche della certezza della vita eterna!
L’apostolo non ha aveva nessun dubbio riguardo l’esistenza della vita dopo la morte, cioè della vita eterna, e nemmeno ne parla come questa si possa perdere una volta che ricevuta in questa vita!
C’è una frase di Seneca molto interessante che è attuale: “È proprio così: non riceviamo una vita breve, ma tale la rendiamo e non ne siamo poveri, ma scialacquatori”.
Non so a che cosa si riferisse Seneca, e molti oggi direbbero che Seneca in questo caso sia un po' esagerato, ma di certo non vivere la vita come vuole Dio significa sciuparla!
Vivere nel peccato è sciupare la vita!
Che cos'è il peccato?
Ci sono alcuni che affermano che il peccato non esiste. 
Altri dicono che il peccato è ciò che nuoce a qualcun altro.
Poi ci sono quelli che dicono che il peccato sono le cattive abitudini, o un pensiero sbagliato, o un cattivo giudizio.

Proverbi 3:5-6: Un impegno per il nuovo anno

 Proverbi 3:5-6: Un impegno per il nuovo anno 
Quando attraversò il Canale d'Irlanda in una notte buia, il dottor F. B. Meyer (8 Aprile – 28 Marzo 1929) si fermò sul ponte vicino al capitano e gli chiese: "Come fai a conoscere Holyhead Harbor in una notte come questa?" Il capitano rispose: "Vedi quelle tre luci? Queste tre devono allinearsi l'una dietro l'altra come se fossero una, e quando le vediamo così unite conosciamo l'esatta posizione della bocca del porto".
Siamo all’inizio dell’anno non sappiamo quello che ci accadrà in questi dodici mesi, davanti a noi ci sono molte incognite, è un mare inesplorato e sconosciuto, ma con noi c’è il CAPITANO che ci porterà alla destinazione che vuole Lui.
In questi versetti vediamo tre condizioni importanti che dobbiamo ricercare con impegno e infine la conseguenza di queste condizioni.
Cominciamo a considerare:
I LE CONDIZIONI (vv.5-6) 
Noi vediamo tre comandi che dobbiamo tener presente in questo inizio e durante l’anno.
Prima di tutto:
A) Devi Confidare nel Signore
Nel v.5 leggiamo: “Confida nel SIGNORE con tutto il cuore”
“Nelle Sue mani depongo le paure che mi perseguitano, il timore dei mali futuri che possono colpirmi; nelle Sue mani depongo i dubbi che mi assillano, e riposo con sicurezza confidando in Lui per tutto” (Christiansen).
Confidare è:
(1) Fiducia
“Confida” (bĕṭaḥ - qal imperativo attivo) è avere piena fiducia nel Signore (cfr. per esempio Isaia 12:2).
È credere nel Signore a tal punto da fidarsi di Lui (cfr. per esempio 2 Re 18:5) perché è affidabile.
“Confida” esprime la sensazione di sicurezza (cfr. per esempio Amos 6:1), riposo e protezione che si prova quando si può fare affidamento su qualcuno, in questo caso sul Signore (cfr. per esempio 2 Re 18:5; Salmo 4:5; Geremia 49:11).
John Kitchen scrive: “Questa ‘fiducia’ è il senso di sicurezza e protezione che deriva dall'essere sotto la cura di un altro più competente di noi stessi”. 

Ebrei 11:14-16: La fede è il desiderio assoluto della patria celeste

 Ebrei 11:14-16: 
La fede è il desiderio assoluto della patria celeste 
Questi versetti ci parlano che la fede è il desiderio assoluto della patria celeste.
Il credente desidera andare nella patria celeste e non rimanere in quella terrena e avendo così l’approvazione di Dio.
L’autore dell’epistola agli Ebrei sta parlando della fede dei patriarchi.
Al v.13 parla della loro perseveranza nonostante non avessero ricevuto le promesse perché avevano una percezione spirituale di fede e professavano pubblicamente di forestieri e pellegrini sulla terra.
I vv.14-16 rafforzano ciò che è stato detto al v.1; quindi vediamo la ragione e il risultato della fede.
Cominciamo con:
I LA RAGIONE DELLA FEDE (vv.14-15)
Nei vv.14-15 leggiamo:“Infatti, chi dice così dimostra di cercare una patria; e se avessero avuto a cuore quella da cui erano usciti, certo avrebbero avuto tempo di ritornarvi!”
Il contesto rende abbastanza ovvio che solo Abramo, Sara, Isacco e Giacobbe sono inclusi in questa osservazione. 
Sono le persone che hanno ricevuto le promesse (cfr. per esempio Galati 3:16) e avrebbero potuto tornare alla loro patria terrena se avessero avuto a cuore questa. 
Ma preferirono rimanere come forestieri e pellegrini in Canaan (v.13), perché i loro cuori erano rivolti alla patria celeste, la patria migliore (v.16).
Allora ciò che vediamo è:
A) La dimostrazione
“Infatti, chi dice così dimostra di cercare una patria” (v.14).
La fede dei patriarchi ci fa capire che la fede non nasconde le sue convinzioni, non dice che è una questione privata, ma dice chiaramente agli altri senza ambiguità, o parole difficili qual è veramente la sua patria!
Il verbo “dimostra” (emphanizousin - presente attivo indicativo) indica “dichiarare”, “rendere manifesto chiaramente”, “rendere visibile”, “chiarire”, “informare”, “indicare” quindi rendere presente, o evidente all'esperienza, o ai sensi (cfr. per esempio la “La settanta” per Esodo 33:18; Ester 2:22. Matteo 27:53; Giovanni 14:21-22; Atti 23:22Ebrei 9:24).
Questa parola era usata in un senso quasi tecnico per  “fare un rapporto ufficiale” (cfr. per esempio Atti 23:15).
Secondo il dizionario espositivo di Vine questa parola indica: “Dichiarare con la testimonianza orale e ‘manifestare’ con la testimonianza della vita”.

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