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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Salmo 77:2-6: Il lamento di Asaf . La depressione di Asaf (2)

 Salmo 77:2-6: Il lamento di Asaf . La depressione di Asaf (2)
Il primo ministro inglese Winston Churchill era un oratore molto eloquente, con i suoi discorsi ha sollevato il morale dell'Inghilterra, ma ha combattuto la depressione per tutta la vita, l’ha chiamata il "cane nero". 

Anche i credenti soffrono di depressione, anche spirituale, e questa a volte è una tattica del diavolo come ci ricorda Martyn Lloyd-Jones: “L'unico scopo del diavolo è deprimere così tanto il popolo di Dio da poter andare dall'uomo del mondo e dire: C'è il popolo di Dio. Vuoi essere così?”

Nella predicazione precedente abbiamo visto come Asaf ha affrontato la sua depressione spirituale, con fede gridando al Signore in preghiera.

Oggi continuiamo a vedere meglio la sua circostanza di depressione spirituale.

In questo testo vediamo:
I IL PROBLEMA (v.2) 

Nel problema c’è:
A) La ricerca 
Il v.2 dice: “Nel giorno della mia afflizione ho cercato il Signore; la mia mano è stata tesa durante la notte senza stancarsi”. 

Asaf parla che era afflitto, e nel giorno della sua afflizione ha cercato il Signore.

Non conosciamo la causa specifica dell’afflizione che lo ha portato alla depressione spirituale, Asaf, dice solo semplicemente che nel giorno della sua afflizione ha cercato il Signore.

La parola Ebraica per “afflizione” (ṣārāh) indica “problema”, “angoscia”, “sventura”, “uno stato opprimente di avversità”.

Evoca l'immagine di un luogo stretto, angusto, in cui ci si sente intrappolati e incapace di respirare.

Si riferisce a una situazione, o a un periodo di estremo disagio per svariati motivi, a uno stato di circostanze sfavorevoli con particolare attenzione al dolore emotivo e all'angoscia della situazione (cfr. per esempio Deuteronomio 31:17,21; 1 Samuele 10:19; Salmo 50:15; Abdia 12).

Ma nel momento in cui dice queste parole, Asaf sta dimostrando la sua fede, infatti è dimostrata dal fatto che sta cercando il Signore, ed è questa la cosa giusta da fare quando si è afflitti.

“Ho cercato” (dārāštî – qal perfetto attivo) è “cercare di ottenere”, o “raggiungere qualcosa che si desidera” (cfr. per esempio Genesi 9:5; Deuteronomio 22:2; Geremia 30:14; Amos 5:14), quindi anche il Signore (cfr. per esempio Deuteronomio 4:29; Osea 10:12; Amos 5:4). 

In questo contesto, in modo intensivo denota il desiderio della presenza del Signore, di andare spiritualmente alla Sua presenza per supplicarlo con richieste e preghiere (cfr. per esempio Genesi 25:22; Esodo 18:15; 1 Re 22:5,8; Salmo 9:10; 34:10). 

“Signore” (aḏōnāy) si riferisce al vero Dio, il Dio d’Israele, indica la Sua sovranità, massima autorità e maestà, (cfr. per esempio Esodo 34:23; Giosuè 3:13; Salmo 114:7; Isaia 1:24); Colui che è il soprannaturale sopra tutti e tutto.

Asaf cercando il Signore, riconosceva la Sua grandezza al quale si sottometteva con fiducia e devozione.
 
Van Groningen riguardo questo nome afferma: “Adonai è correttamente descritto come il nome della comunicazione personale tra il credente e Dio. In tale comunicazione l'adoratore ha riconosciuto l'intensa maestà e grandezza di Dio, e anche il senso di appartenenza a questo Dio. Adonai, uscendo da labbra umane, esprimeva onore a Dio e umile sottomissione da parte del credente. Adonai, quindi, è il nome che esprime fede, certezza, sicurezza, pronto servizio e ringraziamento (Salmo 16:2; 57:9, 10, ecc.)”.

Quindi in questo senso, Asaf riconosceva l’autorità sovrana e grandezza di Dio!

“La mia mano è stata tesa” è un atteggiamento di fede e umile preghiera (cfr. per esempio 1 Re 8:22; Salmo 28:2; 143:6), un segno esteriore di un cuore che si rivolgeva al Signore per chiedere aiuto, è un gesto d’invocazione.

Come in Lamentazioni 2:19, la sua mano tesa raffigura l'intensità della sua supplica al Signore.

Per quanto debole sia il nostro stato d’animo, il cuore di un vero credente cercherà il Signore come un bambino cerca la cura protettiva del padre (cfr. per esempio Matteo 7:7-11; Romani 8:15; Galati 4:6).

Gridare a Dio, cercarlo nel giorno dell'angoscia e pregare tutta la notte con le mani alzate, sono temi familiari nei salmi di lamento (Salmo 6:6; 22:2–3; 28:2; 88:2–7; 88:2–3,9; 102:2–3; 120:1; 141:2; 142:2).

Matthew Henry diceva: “I giorni di afflizione devono essere giorni di preghiera, specialmente giorni di afflizione interiore, quando Dio sembra essersi ritirato da noi; dobbiamo cercarlo e cercare finché non lo troviamo. Nel giorno della sua sventura non cercò la diversione degli affari, o dello svago per scrollarsi di dosso in quel modo la sua sventura, ma cercò Dio, il suo favore e la sua grazia. Coloro che sono mentalmente in difficoltà non devono pensare di bere, o ridere, devono pregare”.

Asaf ha fatto la cosa giusta rivolgendosi a Dio per chiedergli aiuto in mezzo alla sua afflizione anche per tutta la notte.

Asaf dice: “Durante la notte senza stancarsi”.

Una vignetta raffigurava un ragazzino che pregava inginocchiato. Scontento di Dio, diceva: “Zia Harriet non si è sposata, zio Hubert non ha lavoro, e i capelli di papà continuano a cadere... Mi sto stancando di pregare per questa famiglia senza ottenere alcun risultato".

Questa vignetta ci fa sorridere, ma ci fa riflettere sul fatto che ci possiamo stancare nel pregare quando non vediamo che Dio non ci risponde, quando non vediamo subito dei risultati.
 
La mano tesa senza stancarsi di Asaf, indica che non ha ceduto, non è “caduta”, quindi non c'è stata interruzione della sua intensa preghiera al Signore.

Pregare di notte, enfatizza la sua urgenza (cfr. per esempio Salmo 6:6; 119:62; 134:1; Lamentazioni 2:19).

Quando una persona di fede soffre, anche eminenti servi di Dio come Asaf, non cercano il Signore, non lo pregano solo di giorno, ma anche nelle notti insonni!

Il problema non sparisce solo perché il sole è tramontato, lo sanno bene chi si trova in un problema impegnativo, come per esempio una malattia cronica!

Spurgeon riguardo l’afflizione di Asaf commenta così: “Le sue inquietudini interiori non si addormentavano non appena venivano espresse, ma piuttosto tornavano su di lui e saltavano su di lui come onde impetuose di un mare in tempesta”.

Asaf, nella sua afflizione e depressione spirituale, anche durante la notte prega senza stancarsi.

La depressione spirituale di Asaf è quella di altri credenti, anche i più devoti possono soffrire di questo. 

Sempre il famoso predicatore inglese Charles Spurgeon sottolineò nelle sue osservazioni sul Salmo 77 che aveva trascorso lunghe notti nello stesso letto di afflizione di Asaf. 
Gli studi di Spurgeon sui salmi furono fatti tra il 1865 e il 1885, e durante quei vent'anni sperimentò molti problemi di salute, che continuarono a peggiorare fino alla sua morte nel 1892. 
Spurgeon soffriva di nevralgie e gotta, che lo lasciavano con arti gonfi, rossi e doloranti, tanto che spesso non poteva camminare e nemmeno scrivere. Soffriva di mal di testa debilitanti, e con questi mali fisici arrivavano spaventosi attacchi di depressione, che lo portavano quasi alla disperazione. 
Nei suoi ultimi anni fu costretto a lasciare Londra per il clima più soleggiato e secco nel sud della Francia durante i mesi di novembre, dicembre e gennaio. Infatti, quando morì si trovava in Francia, nel villaggio mediterraneo di Mentone.
Commentando il Salmo 77 scrisse: "Alcuni di noi sanno cosa significa, sia fisicamente che spiritualmente, essere costretti a usare queste parole [di Asaf]; nessuna tregua ci è stata concessa dal silenzio della notte, il nostro letto è stato un tormento per noi, il nostro corpo è stato in tormento, e il nostro spirito in angoscia.... Profonde radure e grotte solitarie di depressioni dell'anima, il mio spirito conosce bene le vostre terribili tenebre!”

In queste notti insonni di preghiera, ci chiediamo come dice H. C. Leupold: “Perché Dio lascia che le cose vadano avanti così a lungo e così tragicamente senza dare alcun segno del suo interesse e della sua preoccupazione?”

Ti sei mai sentito così? Hai fatto a Dio questa domanda? Probabilmente sì. È umano!

Ora vediamo:
B) La risposta non accettata 
Leggiamo ancora al v.2: “L'anima mia ha rifiutato di essere consolata”.

Eppure, per quanto Asaf pregasse, la sua anima era così depressa che rifiutava di essere consolata.
 
Le persone consolano gli altri (cfr. per esempio Isaia 40:1; 66:13), ma solo Dio sa veramente consolare il Suo popolo (cfr. per esempio Salmo 86:17; 119:82; Isaia 49:13; 2 Corinzi 1:3-4).

Ci sono commentatori che dicono che Asaf rifiutava la consolazione degli amici, ma è molto più probabile che sia la consolazione di Dio!

Questo suo atteggiamento, riflette la sua consapevolezza della sua completa dipendenza da Dio e del fatto che con fede gli riconosce la Sua autorità onnipotente. 

Non sappiamo nello specifico quale sfida stesse affrontando, quale afflizione, ma vediamo chiaramente che Asaf era consapevole che la risoluzione poteva essere trovata solo dalla mano potente e saggia di Dio. 

Un tale atteggiamento di completa dipendenza dal Signore è apprezzato e incoraggiato nella Bibbia (cfr. per esempio Deuteronomio 8:3-4; 2 Cronache 20:12; Salmo 4:5; 20:7-9; 62:7-8; Proverbi 3:5-6; Ebrei 4:16).

L'assenza di consolazione nel libro di Lamentazioni (Lamentazioni 1:2,9,17,21), è indice della più estrema miseria, il popolo soffriva a causa dei suoi peccati per il giudizio del Signore (cfr. per esempio Lamentazioni 1:5,8-9,14,18), ma qui il Signore ha voluto consolare il salmista, ma Asaf ha rifiutata la Sua conosolazione!
Il rifiuto di essere consolato indica tutta la portata della sua sofferenza e la grandezza del suo bisogno dell'aiuto di Dio, c’è qualcosa di duro e difficile d’accettare (cfr. per esempio Geremia 31:15). 

La sua afflizione era così pesante da sopportare che Asaf non vuole un abbraccio consolatorio del Signore, vuole una risposta liberatrice, vuole che lo liberi dall’afflizione!

Asaf voleva una risoluzione, non una consolazione!

Quindi Asaf non sottolinea la natura della sua afflizione, ma piuttosto il fatto che il Signore non risponde alle suppliche per la risoluzione del suo problema.

Lasciare che il proprio cuore sia confortato è accettare cose che non possono essere cambiate, come la morte di qualcuno (cfr. per esempio Genesi 24:67; 2 Samuele 13:39), o cose che sono giuste anche se dolorose (cfr. per esempio Ezechiele 14:22).

Ma ci sono circostanze come qui, che si rifiuta la consolazione (cfr. per esempio Geremia 31:15–16), circostanze che dovevano andare in un certo modo perché Dio non tollera certe cose (cfr. per Isaia 57:6), e come qui, il supplicante non intende accettarle!

Il fatto che Asaf non vuole essere consolato, indica che la sua preghiera rimane senza risposta e, quindi, il suo dolore continua.

Da un’afflizione da cui Dio non libera, può scaturire una depressione spirituale.
Questo era il caso di Asaf.

Consideriamo ora:
II IL PENSIERO (v.3) 
Nel v.3 è scritto: “Mi ricordo di Dio, e gemo; medito, e il mio spirito è abbattuto. Pausa”. 

Nella sua afflizione, Asaf volutamente si ricorda in continuazione di Dio (ʾĕlōhîm), cioè dell’essere sovrannaturale, del Creatore e Sovrano di tutta la creazione, al Suo carattere, governo e opere, questo indica il verbo “mi ricordo” (ʾezkĕrâ - qal coortativo imperfetto attivo), ma non trovò sollievo da questo stato depressivo. 

Asaf ricordando Dio, ricordava la potenza e la possibilità che potesse agire.

Nel v.3 vediamo tre azioni di Asaf:
A) Geme 
Il senso potrebbe essere: “Quando mi ricordo di Dio, gemo”.

Riflettere sulle passate misericordie di Dio e sulla Sua potenza, non fece che esacerbare ulteriormente la sua afflizione, perché erano lontane da lui nella sua attuale crisi.

“Gemo” (ʾehĕmāāyh – qal coortativo imperfetto attivo) è “mormorare”, “borbottare” per il dolore, il disagio, o il dispiacere.

“Gemo” è un’agitazione interiore.

È una parola usata in alcuni passi dell’Antico Testamento metaforicamente per rumore del mare che s’infrange e si agita (Salmo 46:3; Isaia 17:12; Geremia 5:22).

Asaf aveva un tumulto interiore! Era agitato come un mare in tempesta!
 
Chi è sopraffatto dall'emozione registra la propria agitazione all'interno del proprio corpo; la sua agitazione può essere accompagnata da gemiti nei momenti di angoscia (cfr. per esempio Geremia 4:19), nel lutto (cfr. per esempio Isaia 16:11; 59:11; Geremia 48:36), incertezza apprensiva di fronte al pericolo (cfr. per esempio Salmo 42:5,11; 43:5; 55:17). 

L’aspetto curioso è che il verbo esprime la volontà di gemere, Asaf ha voluto agitarsi!

Quindi, questo indica che possiamo tenere sotto controllo le nostre agitazioni interiori! Ma Asaf non lo ha voluto!

In secondo luogo Asaf:
B) Medita
“Medita” (ʾāśîḥâ – qal coortativo imperfetto attivo) ha lo stesso senso volitivo di “mi ricordo” e “gemo”.

La parola qui per “meditare” indica “ponderare”, “considerare”, “riflettere”, “contemplare” (cfr. per esempio 1 Re 18:27; Salmo 119:15,23,27,48,78,148).

Non viene detto su che cosa meditasse Asaf, dal contesto la stessa parola è usata al v.6 quando si ricorda dei canti che ha scritto e al v.12 sulle opere potenti di Dio, quindi è probabile che meditasse sui suoi canti come anche sulle opere potenti di Dio.

Ogni volta che rifletteva su questi aspetti, nel presente sofferente si lasciava travolgere, abbattere.

Ma può darsi anche che Asaf stesse considerando seriamente la sua situazione dolorosa (cfr. per esempio Giudici 5:10; 1 Re 18:27; 119:15,23,27,48,78,148; 145:5), che lo ha portato allo scoraggiamento e alla depressione.

Il senso è: "Dio so che ci sei, perché non mi aiuti nel modo in cui ho bisogno di essere aiutato? Tua hai i mezzi per poter cambiare la mia angosciante circostanza".

A volte, specialmente quando siamo intrappolati nella nostra difficoltà invece di esserne liberati, la sensazione che Dio ci abbia ascoltato eppure il nostro problema rimane, porta più frustrazione, scoraggiamento e a volte depressione.

Quindi vediamo che Asaf:
C) È scoraggiato 
Sempre al v.3 leggiamo: “E il mio spirito è abbattuto”. 

“Il mio spirito abbattuto”, equivale allo scoraggiamento, alla depressione.

Asaf era totalmente consumato dall'oscurità della sua afflizione e depressione.

Il senso potrebbe essere: “Quando medito il mio spirito è abbattuto”.

“È abbattuto” (hitpael imperfetto medio) indica essere privo di forza, o di vigore, il verbo indica l’intensità dell’azione e che continuò a sprofondare sempre più nella depressione.

Mentre “spirito” (rûḥî) qui “si riferisce alla forza vitale degli esseri umani stessi, che trova espressione nell'attività mentale, nelle capacità e nelle emozioni” dice Tengström.

Lo “spirito” è l’energia cosciente (cfr. per esempio Salmo 142:3; 143:4,7; Proverbi 18:14)

Ciò che scoraggiava Asaf non era solo l’afflizione, ma anche il fatto che Dio ascoltava e non operava nel liberarlo!

Lo spirito umano cerca Dio, è a volte si scoraggia quando l'aiuto divino tarda a venire (cfr. per esempio Isaia 57:16; Ezechiele 21:12; Salmo 143:4,7).

Quando Asaf confrontava la sua vita afflitta nel presente con le azioni di Dio liberatorie passate, la sua meditazione, in questo momento, lo trascinava giù, lo deprimevano, perché Dio non interveniva come in passato!

Daniel Estes commenta così: “Il suo ricordo di Dio non fa che intensificare il suo dolore, perché ciò che Dio ha fatto in passato non sembra corrispondere all'esperienza attuale del salmista”.

Allora questo distacco tra passato e presente, tra i ricordi di Dio e la sua attuale esperienza di preghiera senza risposta, fa gemere il salmista (cfr. per esempio Salmo 79:11; 90:9; 102:5,20) perché percepisce Dio come parte del suo problema (cfr. per esempio Salmo 44:9-10; 90:15).

Il suo ricordo della grazia passata rendeva la sua afflizione presente ancora più difficile da sopportare. 

Credere in un Dio che non è evidentemente all'opera in un momento di profonda difficoltà, che si pensi sia assente, non fa che peggiorare la situazione!

Erroneamente si pensa che sia aggiungere la beffa al danno, sopraffatti dal desiderio che Dio agisca in nostro favore.

Quello che doveva portare conforto ad Asaf gli ha portato sconforto e depressione, perché aveva la falsa aspettativa che Dio doveva operare come diceva lui! E questo non lo accettava!

Le afflizioni da cui Dio non lo liberava, gravavano su di lui e lo lasciavano depresso spiritualmente. 

VanGemeren osserva: “L'attuale angoscia sembra contraddittoria con la storia del coinvolgimento e dell'amore di Dio per il suo popolo. Quanto più riflette sulla perfezione divina, tanto più forte parla, e tanto più il suo spirito si ‘indebolisce’ dentro di lui. Il suo ricordo attivo di Dio non dà conforto, ma ha l'effetto opposto: gemiti e spossatezza spirituale”.

Certo, i vv.1-3 danno un'idea dell'effetto della crisi sul salmista, ma rivelano anche la forza della sua fede, perché crede nel Signore. 

L’applicazione allora per noi è chiara, quando siamo afflitti, dobbiamo pregare ardentemente perché Dio ci aiuti, ma per non cadere nello sconforto e depressione spirituale, dobbiamo certamente ricordare con fede le azioni storiche di Dio, ma senza false aspettative, Dio farà sempre la cosa giusta, le Sue vie sono sante, dirà dopo Asaf, e quindi accettare con fede e umiltà ciò che farà Dio nella nostra situazione che stiamo vivendo (Salmo 77:13; cfr. per esempio Deuteronomio 32:4).

La preghiera di fede e di umiltà, è portare i nostri bisogni a Dio e lasciare a che faccia ciò che è giusto per noi per la Sua gloria!

Chiaramente questo costituisce la base del conforto di Asaf che diventa più forte man mano che il salmo procede, alla fine il ricordo, o la meditazione su Dio, fu per lui l'inizio della consolazione, l’inizio di una nuova speranza.

“Pausa” (selah), ricorre 71 volte nei Salmi e indica una pausa nella musica, ma può anche significare il riflettere su quello che è stato appena detto.

Infine vediamo:
III IL PROMOTORE DELL’INSONNIA: DIO (vv.4-6) 
Nel v.4 è scritto: “Tu tieni desti gli occhi miei”

Mark Futato scrive: “I tempi di profonda difficoltà possono anche essere tempi di doloroso ricordo”.

Asaf non trova sicurezza e nemmeno riposo.

“Tu tieni desti gli occhi miei” può essere inteso come direttamente che Dio stesso lo tiene sveglio.

Dio ha prodotto in lui l'insonnia che gli ha procurato turbamento.

Oppure indirettamente, cioè Asaf accusa Dio delle sue notti insonni; non riesce a dormire perché è così turbato e scoraggiato perché Dio non esaudisce le sue preghiere di liberazione.

Il ricordo di Dio, che doveva portare consolazione, ingigantisce il dolore e tiene sveglio il salmista.

Dio, attraverso tutte le difficoltà, gli ha impedito di dormire.

Dio ha permesso che si sviluppasse uno stato di cose che lo disturba a tal punto da non dormire la notte.

Alexander Maclaren scriveva: "Il dolore, come una bestia da preda, divora di notte; e ogni cuore triste sa come le palpebre, per quanto stanche, rifiutano di chiudersi come occhi stanchi che guardano spalancati nell'oscurità e vi vedono cose terribili. Quest'uomo si sentiva come se il dito di Dio gli stesse sollevando le palpebre e lo costringesse a guardare fuori nella notte. Colpito, come se fosse posto su un'incudine e percosso dai colpi del destino, non può parlare; può solo gemere, come sta facendo. La preghiera sembra impossibile". 

Ora il pensiero stesso di Dio, che è speranza di liberazione, è diventato fonte di turbamento, quindi consideriamo ora:
A) Il turbamento (v.4) 
Nel v. 4 leggiamo: “Sono turbato”.

“Sono turbato” (nipʿamtî - nifal perfetto passivo) è “essere agitato” (cfr. per esempio Giudici 13:25) “disturbato”, essere in uno stato mentale di angoscia e preoccupazione relativo a una situazione come lo era il faraone dopo essersi svegliato dai suoi sogni e chiamò i maghi e i saggi per interpretarli (Genesi 41:8).
 
In modo simile, lo spirito di Nabucodonosor fu turbato in seguito al suo sogno della potente statua, e chiamò maghi, incantatori, stregoni e astrologi per interpretarli (Daniele 2:1,3). 

Dunque, nelle sue notti, Asaf era agitato, inquieto interiormente, la sua ricerca di un Dio nascosto apparentemente sembra inutile, è turbato per l'assenza silenzio di Dio nel senso che non faceva nulla per liberarlo. 

Al credente, oltre all’afflizione, ciò che lo fa stare più male è il silenzio di Dio, o il senso dell’abbandono di Dio.

David Brainerd è stato un missionario devoto al Signore presso gli indiani nordamericani nei giorni coloniali. 
Teneva un diario in cui annotava sia i momenti spirituali più belli che quelli più brutti. A un certo punto scrisse: “Io alloggio in un fascio di paglia, il mio lavoro è duro ed estremamente difficile, e ho poche apparenze di successo che mi confortano…Ma ciò che rende tutte le mie difficoltà difficili da sopportare è che Dio mi nasconde il suo volto”.

Molte volte non sentiamo la presenza di Dio nella nostra vita, addirittura arriviamo a pensare che ci abbia proprio abbandonati perché non risponde alle nostre preghiere, o ritarda la Sua liberazione, o perché stiamo soffrendo da tanto tempo! 

Anche Davide nel Salmo 22:1 grida a Dio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”; parole che ha ripreso anche Gesù sulla croce (Matteo 27:46).

Sappiamo che Dio è sovrano su tutte le cose, ci ama, è fedele, onnipotente, che risponde alle preghiere, eppure non cambia le nostre circostanze e allora andiamo in crisi! Questo ci disorienta!

Andiamo in crisi e ci disorienta, perché abbiamo grandi aspettative dal Dio della Bibbia!

L'abbandono di Dio che sentiamo è aggravato dalla forte tensione tra fede e la circostanza avversa che stiamo vivendo. 

Quello che leggiamo e crediamo nella Bibbia di un Dio che è vivo, dinamico, immanente, e si manifesta nel liberare il Suo popolo, si scontra con la nostra esperienza che nega tutto questo! Così pensiamo che Dio ci abbia abbandonato!

Il teologo Walter Brueggemann mette in evidenza la collisione tra quella che chiama “memoria canonica”, il racconto biblico a cui il salmista ha sempre creduto, e “dolore concreto”, l'esperienza presente che sembra contraddirlo.

Sappiamo che Dio può agire una potente liberazione e quando non lo fa andiamo in crisi!

A volte come Asaf e Davide, abbiamo bisogno di Dio e cerchiamo la Sua presenza liberatrice aspettandoci pienamente di sperimentarla, invece sembra che sia totalmente assente. 

Pensiamo che Dio è così lontano, completamente distante, non solo non ci libera, ma sembra che non ascolti nemmeno le nostre preghiere, esacerbando così la nostra afflizione. 

Derek Tidball scrive: “Il silenzio di Dio a volte sembra più inflessibile proprio quando sentiamo di aver urgentemente bisogno che lui ci parli”.

Così il senso del Suo abbandono, è un’immagine oscura del peggior dolore dell'afflizione!

Sentiamo Dio lontano da noi, dalla nostra afflizione, e lo avviciniamo in preghiera e desideriamo che ci risponda! (cfr. per esempio Salmo 22:2).

Ed è allora come dice F. Fénelon: “È quando Dio sembra averci abbandonato che dobbiamo abbandonarci totalmente a Dio”.

B) L’ammutolimento (v.4)
E ancora nel v. 4 leggiamo: “E non posso parlare”.  

Asaf era ammutolito! Non sapeva cosa dire! Non trovava niente da dire!

Il filosofo Seneca diceva: “I piccoli dolori sono loquaci, quelli grandi muti”.

I dolori leggeri ci fanno parlare, mentre i grandi ci rendono muti!
 
Adam Clarke commentava così l’atteggiamento di Asaf:”Questo mostra un aumento del dolore e dell'angoscia. All'inizio sentiva la sua miseria e chiamava ad alta voce. Riceve più luce, vede e sente la sua profonda miseria, e poi le sue parole sono inghiottite dall'eccessiva angoscia. Le sue pene sono troppo grandi per essere pronunciate”. 

Incapace di dormire, Asaf era troppo turbato per pregare, o parlare razionalmente della sua situazione, era senza parole, scioccato!

Quando meditiamo di solito lo facciamo con parole, a volte riflettiamo a voce alta, quindi anche verso Dio, in questo caso Asaf non ha nulla da dire!

A volte succede proprio questo: abbiamo delle aspettative da Dio che quando vengono meno, non abbiamo parole, non sappiamo cosa dire.

L'afflizione e la depressione spirituale pesavano così tanto su Asaf che non riusciva a esprimersi.

La perplessità del salmista era così grande che non riusciva nemmeno a parlare; l'unica cosa che poteva fare era pensare ai vecchi tempi, vediamo allora:
C) Il consideramento (vv.5-6)
Nel v. 5 Asaf dice:  “Ripenso ai giorni antichi, agli anni da lungo tempo trascorsi. Durante la notte mi ricordo dei miei canti; medito, e il mio spirito si pone delle domande:…”.

William Shakespeare disse: “Nostalgia: il ricordo delle cose passate”. 

Asaf è preso dalla nostalgia, ripensa ai giorni antichi.

Come commenta Craig Broyles: "Queste riflessioni solitarie producono dolore e desiderio, lasciando l'oratore insonne, senza parole e perso nella nostalgia".

Il salmista fa quello che tutti noi tendiamo a fare in tempi di profondo scoraggiamento: si rifugia nella nostalgia, considera, si concentra sui tempi migliori del passato in cui la vita appariva piena e significativa, in cui Dio sembrava reale e presente. 

Ricordare come Dio ha operato nel nostro passato non è sbagliato se rafforza la nostra fede e ci spinge a essere grati al Signore per la Sua gloria, lo è se ci porta all’incredulità!

“Ripenso” (ḥiššabtî – piel perfetto attivo) è “considerare”, “dedicare un'attenta riflessione a qualcosa” (cfr. per esempio Salmo 73:16).
Il verbo indica un’azione intensa.

“I giorni antichi”, possiamo dire sono i vecchi tempi passati.

Non solo ricorda i giorni del passato, ma anche quelli più vecchi.

Le memorie dei tempi antichi hanno il loro posto nella storia di Israele (cfr. per esempio Deuteronomio 32:7; Salmo 74:12; 78:2; Isa 51:9; Malachia 3:4).

Poiché la sua esperienza attuale non gli dava alcun conforto, Asaf decide di considerare la storia passata.

Durante la notte, Asaf ricordava i suoi canti - quando cantava le meraviglie del Signore - che con la meditazione (in Ebraico: con il cuore mio medito - ʿim lĕbābî ʾāśîḥâ ʾănî), lo ha portato a domande che mettevano in dubbio il carattere e la potenza di Dio (vv.7-10).

Anche il compositore dei Salmi 42-43, mostra la stessa reazione emotiva di Asaf, mentre ricorda la sua gioiosa adorazione nel mezzo del suo presente deprimente (Salmo 42:4).

Molte potrebbero essere state le canzoni che Asaf ha composto, o cantato, e ne aveva ricavato molto ristoro spirituale; ma questo non gli dava alcun aiuto adesso.

I canti di lode che Asaf cantava a Dio, caratterizzavano ciò che credeva come dimostreranno i vv.11-20.

I salmi di lode svolgevano un'importante funzione dottrinale nel culto pubblico di Israele.

Questi salmi di lode dichiarano ciò che Dio è, sono una confessione di fede di chi è Dio. 

Con il ricordo dei suoi canti inizia un processo di contemplazione nel salmista.
Ma prima delle domande il testo Ebraico dice che ha voluto cercare; letteralmente è: “E cerco spirito” (wayḥappēś rûḥî - piel imperfetto attivo), dove “cercare” (ḥāp̱aś) è “esaminare” (cfr. per esempio Lamentazioni 3:40), e porta una sfumatura intensa di “cercare qualcosa di concreto”, di “scrutare a fondo” (cfr. per esempio Genesi 31:35; 44:12; 1 Samuele 23:23), quindi, “scovare” (cfr. per esempio Amos 9:3).

Il senso allora è scrutare a fondo nel suo spirito, o con il suo spirito, e potrebbe suggerire una ricerca di comprensione, o del giusto atteggiamento, o un sinonimo di cercare il Signore per essere aiutato (v.2).

La sua ricerca intensa alla fine, dopo le domande dubbiose, lo porterà a celebrare la natura di Dio e il modo in cui ha liberato il Suo popolo secondo le promesse che aveva fatto.

Il ricordo dei suoi canti messo in parallelo con la meditazione, sottolinea ancora una profonda riflessione.

Asaf considerò i giorni passati in cui Dio gli manifestava chiaramente le Sue benedizioni, i giorni gloriosi e più felici.

Ma le benedizioni passate ricordate semplicemente intensificano il senso del presente problema, perché, secondo lui a differenza dei tempi passati, non può cantare le lodi di Dio.

Il contrasto tra il passato felice e il presente sofferente non fa che accrescere il suo scoraggiamento e depressione.

Il suo spirito abbattuto (v.6), ora si pone delle domande.

Invece di portare una speranza risvegliata, la sua riflessione provoca domande ancora più nuove, risentimento e dubbi più profondi come vedremo nei vv.7-10. 

CONCLUSIONE
Shakespeare ha scritto: "Quando arrivano i dolori, non arrivano singole spie, ma in battaglioni".

Molte volte a certi problemi se ne aggiungono altri. Come dovremmo reagire?
Non è stato sbagliato che Asaf meditasse su Dio, che ricordasse il passato e che pregasse il Signore per una liberazione, quindi che si aspettasse grandi cose da Lui, è sbagliato pretenderlo a modo nostro, certamente dovremmo avere l’atteggiamento di fede per l’esaudimento (cfr. per esempio Matteo 9:27-31; Ebrei 11:6), ma come Gesù nel Getsemani dovremmo fare la nostra richiesta a Dio dicendo che sia fatta la Sua volontà (Matteo 26:42), fidandoci di Lui che farà la cosa giusta e saggia, accettando serenamente quello farà, ringraziandolo per fede (cfr. per esempio Salmo 50:14,23; Efesini 5:20; 1 Tessalonicesi 5:18) in questo modo non cadremo nello scoraggiamento e nella depressione spirituale. 

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