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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Al di sopra dei problemi! Perché Dio permette che abbiamo dei problemi? (2)

 Al di sopra dei problemi! Perché Dio permette che abbiamo dei problemi? (2)
Noi cristiani siamo più che vincitori sui problemi, sulle circostanze avverse in virtù dell’amore di Cristo che ha per noi (cfr. per esempio Romani 8:35-38).

Abbiamo la certezza che tutte le circostanze della vita cooperano al bene per coloro che amano Dio i quali sono chiamati secondo il Suo disegno (Romani 8:28). 

Dio non ha promesso e assicurato una vita piacevole, non esaudisce sempre i nostri desideri, non fa sempre tutto quello che secondo noi dovrebbe realizzare, ma fa cooperare tutte le cose per il bene dei Suoi figli, perché li ama! 

Questa promessa non è per tutti, ma solo per coloro che amano Dio! 

Dio ha sotto controllo i tuoi problemi, Dio cura i dettagli della tua vita secondo il Suo piano sovrano. 

Dobbiamo essere fiduciosi perché Dio è sovrano e guida tutte le circostanze della nostra vita, anche il male, benché da Lui non provenga il male (cfr. per esempio Giacomo 1:13). 

Il male è diffuso nel nostro mondo decaduto, basta farsi un giro su internet, sentire e vedere le notizie dei telegiornali, e leggere i giornali, ma Dio è in grado di trasformare ogni circostanza, anche il male in bene come vediamo dalla storia di Giuseppe che è stato venduto dai fratelli.

In Genesi 50:19-20, Giuseppe conforta i suoi fratelli che lo avevano venduto molti anni prima e avevano paura che si vendicasse del male che gli avevano fatto, leggiamo: “Giuseppe disse loro: ‘Non temete. Sono io forse al posto di Dio?  Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso”. 

Non perdiamo la speranza in Dio perché dal male può trarre il bene, anche dai peccati che subiamo dagli altri.

Quindi considerando tutto questo, alla domanda: “Quale bene può venire fuori dai problemi nelle mani di Dio?”, la risposta è una risposta certamente positiva.
 
Precedentemente, secondo questa serie di predicazioni, abbiamo visto che Dio usa i problemi per dirigerci, per ispezionarci, oggi vediamo per correggerci e per perfezionarci.

Cominciamo con: 
I DIO USA I PROBLEMI PER CORREGGERCI
La sofferenza e l'afflizione non sono esperienze senza senso, nelle mani di Dio hanno significato e scopo, sono mezzi di disciplina e istruzione del Signore.
Dio corregge colui che Egli ama, e quindi lo fa per il suo bene, per la sua buona salute spirituale, affinché possa assomigliarGli in santità, affinché sia conforme al Suo carattere. 

Dio ci dirigerà sempre in questa direzione e a volte lo farà disciplinandoci.

Thomas Watson disse: “Un letto di malattia a volte può insegnare più di un sermone!” 

In Ebrei 12:5-11 vediamo alcuni aspetti legati alla correzione del Signore per i Suoi figli.

Prima di tutto vediamo:
A) L’esortazione (vv.5-6)
Nei vv. 5-6 è scritto: “E avete dimenticato l'esortazione rivolta a voi come a figli: ‘Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli’”.  

Nell’esortazione dei vv.5-6 vediamo che l’autore della lettera gli Ebrei cita un passo dell’Antico Testamento: Proverbi 3:11-12.

Possiamo reagire alla correzione di Dio con leggerezza, o con stanchezza. 

La prima reazione è quella di un figlio arrogante che ignora la disciplina del padre.

La seconda reazione è quella di un figlio insicuro che interpreta la riprensione di suo padre come un rifiuto personale. 

La parola greca per “disciplina” (paideias) indica l'imposizione di conseguenze dolorose, o altri svantaggi a qualcuno per la sua disobbedienza come parte di un processo di miglioramento del carattere, o delle azioni di qualcuno.

Il significato oscilla tra l'addestramento e la punizione corporale.

Questa parola denotava l'educazione e il trattamento del bambino che stava crescendo fino alla maturità bisognoso di guida, insegnamento, istruzione e una certa misura di costrizione sotto forma di disciplina, o persino di castigo.

Anche Israele nel suo insieme, come nazione, era visto come soggetto alla disciplina di Dio (Deuteronomio 4:36; 8:5; Osea 7:12; 10:10).

In Deuteronomio 8:5 la disciplina è all’interno la relazione padre e figlio, è scritto: “Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge suo figlio, così il SIGNORE, il tuo Dio, corregge te”.

La “riprensione” (elégchō) è essere severamente ammonito usando l'argomentazione per convincere e confutare.

Entrambe le reazioni del figlio arrogante, o insicuro, dimenticano la verità che il Signore: "Corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli ".

Poiché Dio è un Padre amorevole che desidera il meglio per il Suo popolo, la Sua disciplina è prova del Suo amore e del Suo impegno per loro (Ebrei 12:6).

Le avversità, la sofferenza e i problemi, sono i mezzi che Egli usa per portare il Suo popolo a essergli fedele e obbediente.

Quindi, coloro che rispondono alle avversità sfidando l'autorità di Dio, o dubitando del Suo buon proposito hanno dimenticato che tali afflizioni sono segni del Suo amore e della loro legittimità come Suoi figli teneramente amati!

Spurgeon affermava: “Il Signore fa cadere i suoi santi proprio al centro del fuoco ardente e lo fa-tenetelo ben presente- perché sono i suoi figli teneramente amati”. 

Non è mai piacevole essere corretti e disciplinati da Dio, ma la Sua disciplina è il segno del Suo profondo amore per noi che siamo Suoi figli.

In secondo luogo vediamo:
B) La sopportazione (vv.7-8)
In Ebrei 12:7-8 è scritto: “Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga?  Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli”.

“Sopporta” (hupomenete), indica resistere, rimanere fermi mantenendo la propria posizione (cfr. per esempio Matteo 10:22; 24:13; Marco 13:13; 2 Timoteo 2:12; Giacomo 1:12), quindi accettare la disciplina del Signore!

Troviamo l’incoraggiamento a sopportare la correzione di Dio, se siamo Suoi figli!

Era normale che un figlio fosse disciplinato, corretto dal padre e chi non era riconosciuto tale non era disciplinato, solo i figli riconosciuti erano disciplinati!

Dennis E. Johnson scrive: “Nel mondo greco-romano non era insolito per un nobile sottoporre il suo legittimo figlio ed erede a un'educazione rigorosa sotto la severa tutela di un tutore, poiché il futuro del nome e della proprietà del padre sarebbe spettato al figlio (Galati 4:1–2). Nel frattempo, i figli illegittimi, poiché non portavano il nome del padre né potevano ereditare la sua proprietà, potevano essere lasciati senza disciplina morale. Essere risparmiati dalla dolorosa disciplina di Dio è indicativo non del suo favore, ma della sua indifferenza e del suo rifiuto”.
La disciplina del Signore, è una normalità se siamo Suoi figli, quindi una necessità, perché era nella natura della relazione padre-figlio disciplinare!

David Allen scrive: “Il punto dell'autore è mostrare ai suoi lettori che non dovrebbero essere sorpresi quando sperimentano la disciplina. La loro filiazione rende tale disciplina una necessità”.

La disciplina divina e la sofferenza dei lettori, era nel contesto di un rapporto salutare e familiare con Dio perché serviva per il bene del figlio disciplinato.

“Aspettarsi qualcos'altro significa tradire una spaventosa ignoranza delle implicazioni della loro filiazione. Desiderare qualcosa di diverso equivale a rinunciare al proprio status di figlio ed erede” (Gray).

Infine in questo primo punto principale vediamo:
C) La sottomissione (vv.9-10)
Nei vv.9-10 leggiamo: “Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita?  Essi infatti ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno”. 

L’autore dell’epistola agli Ebrei dice ancora che se hanno rispettato i loro padri umani, a maggior ragione devono sottomettersi a Dio (Padre degli spiriti).

Tutti i cristiani sperimentano la disciplina di Dio e tutti i cristiani dovrebbero accettare la disciplina con sottomissione. 

Certo oggi la disciplina dei figli e quindi anche la loro sottomissione, non è vista bene da molti!

Donald Guthrie scrive: “Un padre che trascura di disciplinare un figlio è carente nella sua capacità di padre, e un figlio che sfugge a ogni disciplina sta perdendo la sua condizione di figlio. Questo è un principio che non sarebbe riconosciuto da tutte le scuole di pensiero in questa epoca moderna in cui il permissivismo ha un'influenza così potente. L'autorità dei genitori è stata così erosa che la disciplina raramente, se non mai, entra in gioco. In genere ha cessato di far parte della filiazione. Non c'è da meravigliarsi che coloro che sono cresciuti in un'atmosfera del genere trovino vera difficoltà nel comprendere la disciplina di Dio”.

Dio non agisce sulla base di giudizi arbitrari, i Suoi giudizi sono sempre giusti e non come i padri terreni che, anche, con tutta la loro buona volontà, non sono stati e sono perfetti, nemmeno noi oggi! 

Ma Dio esercita sempre la disciplina giusta, nel modo giusto e al momento giusto!
 
Più ricordiamo che le nostre circostanze dolorose sono guidate da Dio nella Sua infinita saggezza, controllo sovrano e amore paterno per il nostro bene come vedremo più avanti, meglio sopporteremo e ci sottometteremo alla Sua disciplina nella perseveranza piena di speranza.

Quindi se in questo momento siamo disciplinati dal Signore, o quando lo saremo, ricordiamoci che la Sua disciplina è giusta e lo fa perché siamo Suoi figli che ama!

E questo c’introduce al secondo e ultimo punto:
II DIO USA I PROBLEMI PER PERFEZIONARCI (vv.10-11)
Nei vv.10-11 leggiamo: “Ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità.  È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa”.

Anthony Robbin afferma: “Ogni problema è un dono – senza problemi non potremmo crescere”.

Possiamo affermare allora: “I problemi sono spesso gli strumenti attraverso i quali Dio ci modella per cose migliori”.  

Nel Suo infinito amore e saggezza, nella Sua Onniscienza, Dio ci disciplina “per il nostro bene”. 

La parola “bene” (sumpheron) indica vantaggio, profitto; il bene nel contesto è che siamo partecipi della Sua santità. 

Dio ci disciplina affinché possiamo crescere nella santità secondo il Suo carattere santo.

La disciplina di Dio aiuta i cristiani a diventare sempre più maturi e completi, più simili a Gesù Cristo (Matteo 5:48, Romani 8:28-29).

Poiché è l’intenzione di Dio che i credenti partecipino alla Sua santità attraverso la Sua amorevole correzione, la chiara implicazione è che le sofferenze, o i problemi disciplinari, hanno un ruolo importante per questo scopo!

Anche se non ci piace, la disciplina è un mezzo importante che Dio usa per santificarci!

Non è mai una bella sensazione, non la desideriamo volentieri, è dolorosa, ma secondo questo passo, nella correzione di Dio vi è una benedizione, c’è un motivo valido amorevole di Dio per il nostro bene! 

Un bambino ha accidentalmente preso dei sonniferi dall'armadietto dei medicinali di famiglia. Il medico ordinò ai genitori di tenere sveglio il bambino con ogni mezzo necessario per le successive quattro ore, compreso il dolore degli schiaffi. 
Il dolore dovuto agli schiaffi, che a nessuno piacciono sarebbero stati necessari, per la sopravvivenza del bambino.

Così gli “schiaffi” del Signore sono necessari per il nostro bene!

Sul momento, la disciplina non reca gioia, ma tristezza! 

La parola greca “tristezza” (lúpēs) oltre al significato di essere triste, può indicare anche dolore.

Mentre nessuna disciplina è piacevole, al momento, ma è dolorosa, i cristiani possono rispondere a essa, ricordando il risultato finale della disciplina: un frutto di pace e di giustizia, in questo modo la possono sopportare meglio e sottomettersi a Dio.

“Pace” (eirēnikos) si riferisce a una tranquillità interiore, libero dall’ansia e dall’agitazione (Filippesi 4:6-7). 

“Giustizia” (dikaiosunē), invece si riferisce alla condotta secondo la volontà di Dio, alla qualità di un comportamento retto. 

Il frutto di giustizia evoca l’immagine della potatura; la potatura di una pianta porta più frutto (cfr. Giovanni 15:2). 

Questo avverrà “in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa”

“Addestrati” (gegumnasmenois – perfetto passivo participio) era una metafora familiare.

Era una parola usata nella letteratura greca secolare per riferirsi a un atleta che si allenava nudo, come nei giochi greci, e per riferirsi all'allenamento in generale.

“Addestrati” indica che i beneficiari di questo frutto di pace e di giustizia sono coloro che sono stati allenati dalla disciplina del Padre celeste.

Coloro che Dio ha allenato con la disciplina avranno risultati morali spirituali nella loro vita!

C’è un modo di dire anglosassone: “Nessun dolore, nessun guadagno".

Senza dolore non c’è progresso, non c’è crescita, non c’è vittoria!

L'etiope Haile Gebrselassie è stato uno dei corridori di distanza più veloci della storia. È stato maratoneta campione olimpico dei 10.000 metri piani ad Atlanta 1996 e Sydney 2000.
In carriera ha stabilito ventisei record mondiali e vinto quattro campionati mondiali, e i due ori olimpici di Atlanta e Sidney.
Già da bambino si vedeva che c’era qualcosa di particolare in lui, infatti andava a scuola a piedi ed erano dieci chilometri! E non ci andava camminando, ma correndo, correva sempre e correva scalzo sulla terra arida, e con l’aria, quasi irrespirabile a causa del caldo.
Dopo un'intervista con Gebrselassie, l'autore Matt Fitzgerald ha concluso che la ragione per cui vinceva le gare, e ha sorpreso le persone diventando più veloce con l'età, è che gli piaceva il dolore dell'allenamento. Avete capito bene! I suoi allenamenti preferiti erano gli allenamenti più duri. 
Ma aveva senso perché allenarsi duramente lo rendeva più veloce!

Così a disciplina del Signore non è piacevole, è dolorosa, ma porta dei benefici. 

Dio non sta lavorando per renderci felici per come la intendiamo noi, ma per il nostro bene secondo il Suo proposito che è quello di renderci conformi a Gesù, che assomigliamo a Gesù (cfr. per esempio Romani 8:28-29; Galati 4:19; Efesini 4:13; Giacomo 1:1-4).

La salvezza non è lo scopo finale, ma lo è l’assomigliare a Gesù Cristo per la gloria di Dio!

Dio usa i problemi per perfezionarci! Lo dice anche Giacomo.

Giacomo 1:2-4 ricorda: “Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti.”

C. H. Spurgeon disse: “Molti uomini devono la grandezza della loro vita alle loro difficoltà enormi”. 

Giacomo ci esorta a considerare una grande gioia quando veniamo a trovarci in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza e poi al quarto versetto dice il motivo, e cioè perfezionarci.  

Siamo chiamati a rallegrarci delle nostre sofferenze, non per il loro bene, ma per il risultato (Romani 5:3, 4; Giacomo 1:2–4).

La parola tradotta “perfetto” (téleios) significa essere completo nel suo genere e senza difetti, o imperfezioni, soddisfare i più alti standard.

Per i greci significava completo, senza difetti (Matteo 19:21; Romani 12:2; Colossesi 1:28), la parola era usata per gli animali destinati al sacrificio. 

Anche nell’Antico Testamento (Settanta, traduzione greca dell’Antico Testamento), la parola tradotta dall’Ebraico era usata per gli animali offerti in sacrificio che dovevano essere senza difetti (Esodo 12:5; Levitico 1:10; 3:6).

Quindi attraverso la prova Dio rimuove le imperfezioni, i difetti del nostro carattere. 

Ma Giacomo aggiunge “completi” (holokleros). 
Questa parola è usata solo un’altra volta nel Nuovo Testamento, in 1 Tessalonicesi 5:23, per indicare l’intero nostro essere. 

Alcuni studiosi pensano che “perfetti” e “completi” siano sinonimi, il motivo per cui Giacomo li usa insieme è per incrementare, o enfatizzare la maturità del carattere in processo.

Altri studiosi credono che “completi” (holokleros) si riferisce alla completezza, che non manca di niente, letteralmente intero in tutte le sue parti, essere perfetto e completo sotto ogni aspetto; avere tutte le qualità necessarie.

In questo senso “completi” (holokleros) si riferisce all’ampiezza: vale a dire che al cristiano non manca di alcuna virtù che deve avere, e che “perfetti” (téleios) si riferisce al livello: alla perfezione, alla maturità, alla pienezza e non ai suoi deboli inizi, quindi è in contrasto con l’essere bambini. 

Questi aggettivi positivi sono intensificati dall'aggiunta del negativo “di nulla mancanti”, quindi non deve mancare niente! (mēdeis).

“Mancanti” (leipomenoi) era una parola usata in ambito contabile a proposito di deficit, di un saldo negativo, oppure della sconfitta di un esercito, del rinunciare in una lotta, del fallimento di raggiungere una norma che dovrebbe essere stata raggiunta. 

Questa parola ha il senso di essere insufficiente, incompleto.

Usato per il giovane ricco, che diceva di osservare tutta la legge e Gesù gli          disse che gli mancava una cosa il vendere tutto e di distribuirlo ai poveri e poi          di seguirlo (Luca 18:22).
         
Quindi possiamo affermare che periodi bui nella nostra vita, quindi tutti i problemi che affrontiamo, dureranno fino a quando il Signore non completerà ciò si era prefissato per noi per la nostra crescita morale e spirituale.

Pertanto possiamo affermare che non siamo nelle mani delle circostanze, o del destino, ma di Dio che usa le circostanze della vita, anche i problemi di tutti i colori, per perfezionarci!

Lascia lavorare Dio nella tua vita! Non cercare di fermarlo, di ribellarti, non cercare di impedirgli di operare nella tua vita per perfezionarti!

Smetti di cercare di fare la diagnosi per Dio.

Smetti di cercare di dire a Dio cosa darti, o fare nella tua vita! Lui è il medico! Tu sei il paziente.…

Lascialo lavorare e vedrai una crescita spirituale nella tua vita!

Quindi, Dio non vuole che ci rassegniamo riguardo la nostra vita spirituale, ma che raggiungiamo i più alti standard, avere tutte le qualità, non mancare di nulla moralmente e spiritualmente (cfr. per esempio Matteo 5:48; Efesini 4:13).

Allora fidati di Dio, e per dirla con Tozer: “La cosa migliore non è né cercare, né evitare i problemi, ma seguire Cristo e prendere l'amaro con il dolce, come viene. Non è importante se siamo felici, o infelici in un determinato momento. L'unica cosa che conta è che siamo nella volontà di Dio. Possiamo tranquillamente lasciare a Lui la circostanza del dolore, o della felicità. Lui saprà quanto abbiamo bisogno dell'uno, o dell'altro, o di entrambi”.

CONCLUSIONE
Un’ultima parola di speranza per affrontare le nostre sofferenze, o i nostri problemi.

In confronto alla gloria che sarà manifestata al credente, Paolo ha insegnato che le sofferenze del presente devono essere considerate come nulla. 

Nel considerare i nostri problemi dobbiamo vedere le cose a lunga scadenza. 

Il dolore del trapano di un dentista, o la sofferenza per una malattia non saranno per sempre, ed è poca cosa a quello che sarà in cielo o in vista di cosa sarà l’eternità per noi se siamo figli di Dio!  

"Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui. Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo" (Romani 8:17-18). 

La parola greca “ritiene” (logizomai), si riferisce a un calcolo matematico, figurativamente indica raggiungere a una conclusione dopo uno studio, o un ragionamento accurato. 

Come saremo glorificati con Lui, così soffriamo con Lui, ma se noi guardiamo alla gloria che sarà in cielo con Gesù, allora le sofferenze diventano piccole! 

Paolo dice: “Facciamoci un po’ di calcoli, qui soffriamo, ma che cosa è la sofferenza in paragone a dove andremo e a quello che saremo?” (2 Corinzi 4:16-17). 

Paolo ha sofferto tanto e in modo atroce per il vangelo, ma cosa lo spingeva a ritenere leggera e momentanea la sofferenza?........ La gloria in cielo! 

Hodge disse: “Solamente mettendo quelle sofferenze a paragone con la gloria eterna, esse si rimpicciolivano sino a diventare insignificanti”. 

Dio ci permette di avere problemi per il nostro bene! 

I problemi sono spesso gli strumenti attraverso i quali Dio ci modella per cose migliori, proiettati alla gloria celeste!  



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