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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Marco 4:30-32: La parabola del granel di senape.

Marco 4:30-32: La parabola del granel di senape. 
Un pellegrino una volta vinse un regno perché domò un cavallo.
Siamo nel 1580 un cavallo selvaggio deviò nel territorio dei Bhuyias che erano molto ricchi in India. 
I migliori allevatori di cavalli non furono in grado di imbrigliare questo stallone assolutamente ingovernabile. 
Così i Bhuyias decisero di donare il loro paese a chiunque avesse addomesticato questo cavallo.
Per molto tempo, non fu trovato nessuno, ma un giorno un pellegrino devoto che passava da quelle parti, seppe dell’offerta e provò a domare il cavallo e vi riuscì, di conseguenza fu eletto governatore di quella parte del paese. 
Ancora oggi, i suoi discendenti regnano su una vasta tenuta di 800 miglia quadrate - 1287 chilometri circa - con 200.000 persone, questo perché quel pellegrino domò un cavallo!

Anche la Bibbia parla di regni, soprattutto del regno di Dio, ed è grazie a Gesù Cristo che ne possiamo far parte!
Gesù ha vinto per noi credenti!

“Il regno di Dio” indica il dominio, la signoria regale di Dio.

“Regno” (basileia) significa, in primo luogo l'autorità di governare come un re e in secondo luogo il regno su cui si esercita tale autorità. 

La parabola del granel di senape (Marco 4:30-32).

La parabola del granel di senape (Marco 4:30-32). 
Un pellegrino una volta vinse un regno perché domò un cavallo.
Nel 1580 un cavallo selvaggio deviò nel territorio dei Bhuyias che erano molto ricchi in India. I migliori allevatori di cavalli non furono in grado di imbrigliare questo stallone assolutamente ingovernabile. Così i Bhuyias decisero di donare il loro paese a chiunque avesse addomesticato questo cavallo.
Per molto tempo, non fu trovato nessuno, ma un giorno un pellegrino devoto che passava da quelle parti, seppe dell’offerta e provò a domare il cavallo e vi riuscì, di conseguenza fu eletto governatore di quella parte del paese. Ancora oggi, i suoi discendenti regnano su una vasta tenuta di 800 miglia quadrate (1287 chilometri circa) con 200.000 persone, questo perché domò un cavallo!

Anche la Bibbia parla di regno, soprattutto del regno di Dio.
“Il regno di Dio” indica il dominio, la signoria regale di Dio.

Giovanni 3:17-18: Gesù è l’unico Salvatore.

Giovanni 3:17-18: Gesù è l’unico Salvatore.
" Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.  Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio". 

Gli uomini hanno bisogno di essere salvati e l’unico che ci può salvare è Gesù! Gesù è l’unico Salvatore e Signore che salva dai peccati, mandato da Dio perché ama il mondo (Giovanni 3:16; 4:42; Romani 8:1-3; 10:9-10; 1 Timoteo 1:15).
Chi crede (cioè si affida completamente) in Gesù non è giudicato, non perirà, chi non crede nel presente in Gesù è già sotto giudizio, sotto l’ira di Dio e non solo lo sarà dopo la morte (Giovanni 3:36; Ebrei 9:27; Romani 5:9-11). “Salvato” (sózō) è l’opposto di essere condannato (vedi anche Giovanni 12:47) e comporta il ritrovarsi sotto la protezione del Buon Pastore (Giovanni 10:9). Ma la salvezza per tutti coloro che credono, implica il giudizio per coloro che non credono! Lo scopo della venuta di Cristo è redentrice, ma quando la Sua opera di salvezza è rifiutata, il risultato è il giudizio. Dio è Dio, il Creatore Sovrano, il giusto Giudice, al quale tutti gli uomini devono, ed è giusto, dare conto! 

Giovanni 3:16: Il proposito dell’amore di Dio.

Giovanni 3:16: Il proposito dell’amore di Dio.
"Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. 

Il proposito dell’amore di Dio nel donare il Figlio è la vita eterna.
In primo luogo vediamo che il proposito ha una condizione.
La vita eterna è per chiunque crede in Gesù. Se Dio ha tanto amato il mondo, d’altra parte salverà solo quelli che credono in Gesù per la loro salvezza. 
“Crede” significa avere fede, affidarsi, quindi appropriarsi personalmente di questa verità contenuta in questo versetto. La fede è indispensabile per piacere a Dio (Ebrei 11:6), ed è il canale indispensabile della grazia salvifica di Dio, senza la quale non c’è salvezza (Efesini 2:8-9). La fede significa affidarsi a Gesù in piena fiducia e implica un impegno totale verso di Lui che è attendibile, convinti che ha il potere e che è vicino nel salvare, convinti che quanto ha rivelato è verità. Quindi la fede è credere non solo nella Sua persona, ma anche nelle Sue parole.

Giovanni 3:16: La prova dell’amore di Dio.

Giovanni 3:16: La prova dell’amore di Dio.
“Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio”.

Ci sono numerose prove, dell’amore di Dio, ma ce ne una in particolare: ha dato il Figlio, Gesù Cristo!  
In questo versetto vediamo il costo dell’amore di Dio. 
Dio ha pagato un prezzo alto per salvare i credenti! “Ha dato” richiama l'attenzione sul sacrificio di morte come un’offerta per il peccato (Matteo 20:28; Marco 10:45; 1 Timoteo 2:6; Galati 1:4; Tito 2:14). Dio colma di sua iniziativa l’abisso che c’è tra Lui e gli uomini a causa del peccato e non lo ha fatto con oro e con argento, ma con il sangue, la vita di Gesù (1 Pietro 1:18-19). Dio non risparmiato il Figlio, ma lo ha dato in sacrificio sostitutivo per gli ingiusti (Romani 8:32, 1 Pietro 3:18).

Giovanni 3:16: L’amore di Dio.

Giovanni 3:16: L’amore di Dio.
"Perché Dio ha tanto amato il mondo". 

Noi vediamo qui un’asserzione meravigliosa che riguarda l’amore di Dio.
L’amore di Dio per il mondo in primo luogo è un amore inaspettato.
Il primo motivo è perché l’uomo è peccatore, non è amabile. Questo lo vediamo dalla parola "amore" e dalla parola mondo. L’amore di Dio è auto-generato, spontaneo e incondizionato. Dio non ama perché il peccatore è degno di essere amato, ma Dio sceglie di amare ed è libero da qualsiasi costrizione, Dio ama nonostante la ribellione e il peccato dell’uomo (Romani 5:6-8; 1 Giovanni 4:10). Quindi la causa dell’amore di Dio, non è da ricercare in noi stessi, nella nostra amabilità (non lo siamo), ma in Dio! 
“Mondo” si riferisce al genere umano decaduto nel peccato e dominato da Satana (Giovanni 7:7; 14:30; 1 Giovanni 5:19; 1 Corinzi 2:12; Galati 4:3; 6:14; 1 Giovanni 2:15-17).

Salmo 1:6: Due destinazioni diverse.

Salmo 1:6: Due destinazioni diverse.
“Il Signore conosce la via dei giusti, ma la via degli empi conduce alla rovina”.
    
In questo versetto vediamo prima di tutto la benedizione dei giusti. “Conoscere” nella Bibbia indica a volte un rapporto speciale che Dio ha con un individuo, o popolo. “Conosce” indica più del fatto che Dio è informato di ciò che siamo, o abbiamo fatto, indica un rapporto intimo, speciale, personale, esclusivo in questo caso con il giusto (Esodo 33:12; Genesi 4:1). “Conosce” in questo testo indica scegliere, infatti la stessa parola è usata in Genesi 18:19 dove il Signore parlando di Abramo dice: “Io l’ho prescelto…. “. Così la stessa parola è anche usata in Amos 3:2: “Voi soli ho scelti fra tutte le famiglie della terra; perciò vi castigherò per tutte le vostre trasgressioni”. Questo non significa che Dio ignori tutte le altre famiglie della terra, ma che Egli ha posto la Sua attenzione speciale su Israele e l’ha riconosciuto perché fosse sua esclusiva proprietà fra tutti gli altri popoli della terra. Pertanto che Dio conosce si riferisce alla posizione in cui Dio mette l’uomo in relazione a Sé, quindi di sua proprietà. Ha il senso di identificare e distinguere (Deuteronomio 33:9), quindi di porre un’attenzione speciale su una persona e riconoscerla di propria proprietà (1 Pietro 2:9; Deuteronomio 14:2).    

Salmo 1:5: La via degli empi (Seconda parte).

Salmo 1:5: La via degli empi (Seconda parte).
“Perciò gli empi non reggeranno davanti al giudizio, né i peccatori  nell'assemblea dei giusti”.

In questo versetto vediamo la condanna dell’empio. Gli empi saranno giudicati, infatti la pula al vento è usato nella Bibbia per il giorno del giudizio (Isaia 33:11   Matteo 3:12).
Ne gli empi e ne i peccatori, reggeranno davanti al giudizio di Dio (vedi anche Atti 17:31; Romani 14:12; Apocalisse 20:11-15). Dio giudicherà gli empi per le loro opere, è tutto registrato! Davanti a Dio saremo dichiarati per quello che siamo veramente! Chi non sarà trovato scritto nel libro della vita, coloro non sono veri credenti, saranno gettati nello stagno di fuoco! (Apocalisse 21:8; 22:15). La fine dei malvagi non può essere più chiara! Mentre sono vivi trafficano con cattiveria, e pensano di fare quello che vogliono, ma dal punto di vista di Dio, gli empi non hanno futuro; essi non possono resistere al giudizio di Dio. Dio è il Dio della giustizia (Malachia 2:17-3:5), non approva i malvagi, e nella sua collera e indignazione giudicherà gli empi.  Pertanto, si tratta di un problema terribile cadere sotto il suo giudizio (Sofonia 1:14-18; Matteo 13:41-43; 1 Tessalonicesi 5:1-11).

Marco 4:26-29: La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura.

Marco 4:26-29: La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura

Questa parabola, a secondo com’è interpretata, è chiamata: “Il seme che cresce in segreto”, o come “L’agricoltore paziente”.
Se osserviamo e meditiamo attentamente, questa parabola potrebbe anche essere intitolata: “La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura”, infatti il seme è la parte centrale della parabola, si comincia con il seme (v.26); poi si passa alla semina e alla crescita (v.27), fino al frutto (v.29) e infine la mietitura (v.29).

Questo è anche confermato dal contesto, Marco la collocata in una serie di parabole sulla crescita del regno di Dio riguardanti il seme (Marco 4:3-34), infatti questa parabola è la seconda di tre parabole che parlano, appunto del seme: la parabola del seminatore (vv.1-9), questa e poi quella di senape (vv.30-34).

Quindi il tema centrale della parabola è il seme, o l’intera azione: semina, crescita, e mietitura.

Questa parabola, si trova solo nel Vangelo di Marco, quindi nel Nuovo Testamento non ha paralleli.

Così la frase: “Diceva loro ancora” riassume una serie di parabole pubbliche, e i vv.10-25 sono una parentesi a una cerchia ristretta (v.10).

La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura (Marco 4:26-29).

La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura
(Marco 4:26-29). 

Questa parabola, a secondo com’è interpretata, è chiamata: “Il seme che cresce in segreto”, o come “L’agricoltore paziente”.
Se osserviamo e meditiamo attentamente, questa parabola potrebbe anche essere intitolata: “La parabola del seme che cresce spontaneamente in segreto e della mietitura”, infatti il seme è la parte centrale della parabola, si comincia con il seme (v.26); poi si passa alla semina e alla crescita (v.27), fino al frutto (v.29) e infine la mietitura (v.29).

Questo è anche confermato dal contesto, Marco la collocata in una serie di parabole sulla crescita del regno di Dio riguardanti il seme (Marco 4:3-34), infatti questa parabola è la seconda di tre parabole che parlano, appunto del seme: la parabola del seminatore (vv.1-9), questa e poi quella di senape (vv.30-34).

Quindi il tema centrale della parabola è il seme, o l’intera azione: semina, crescita, e mietitura.

Questa parabola, si trova solo nel Vangelo di Marco, quindi nel Nuovo Testamento non ha paralleli.

Così la frase: “Diceva loro ancora” riassume una serie di parabole pubbliche, e i vv.10-25 sono una parentesi a una cerchia ristretta (v.10).

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