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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Isaia 8:20: Non c’è speranza senza la parola di Dio.

Isaia 8:20: Non c’è speranza senza la parola di Dio. 
“’Alla legge! Alla testimonianza!’ Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!”

Questi versetti si trovano in un contesto di giudizio di Dio sopra i regni di Siria e d’Israele (vv.1-15). All’invito di coloro che dicono di consultare quelli che evocano gli spiriti e gli indovini, cioè i negromanti e gli spiritisti, chi fa parte del popolo del Signore, deve rispondere: “’Un popolo non deve forse consultare il suo Dio? Si rivolgerà forse ai morti in favore dei vivi? Alla legge! Alla testimonianza!’ Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!” (vv.19-20). Solo Dio è il punto di riferimento di coloro che gli appartengono! Nei periodi di crisi sentimentali, o di crisi economica, o di guerra, di malattie, di crisi politica, di angoscia, di ansia, panico, di smarrimento e d’incertezze, come oggi, di pandemia da coronavirus, o covid-19, le persone ricorrono troppo facilmente a medium e maghi per sapere che cosa accadrà in futuro. Ma come osserva il profeta, è ridicolo consultare i morti per conto dei vivi (v.19).

Isaia 41:10: La motivazione a non aver paura e a non smarrirsi.

Isaia 41:10: La motivazione a non aver paura e a non smarrirsi.
“Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia”.

Questo versetto non è un rimprovero, un’esortazione, e nemmeno un consiglio, o un insegnamento, è la promessa della presenza di Dio in coloro che gli appartengono! Dio dice ai suoi servi di non temere e di non smarrirsi, perché Egli è con loro, è il loro Dio, presente nella loro vita con giustizia! 
Noi vediamo prima di tutto che Dio dice a chi fa parte del suo popolo, ai tempi di Isaia, Israele, oggi i veri cristiani, di non temere (vedi anche Genesi 15:1; Genesi 26:24; Isaia 40:9; 41:13,14; 43:1,5; 44:2,8; 51:7; 54:4), cioè di non aver paura. Infatti “temere” (yārēʾ), indica avere paura, essere in uno stato di grande angoscia e profonda preoccupazione per il dolore, o per circostanze sfavorevoli. Il verbo fa riferimento a coloro che hanno paura e quindi guardano in tutte le direzioni per vedere se c'è qualcosa che possa danneggiarli. Certamente c’è una paura positiva, la paura che ti mette in guardia dai pericoli e ci aiuta nella sopravvivenza, ma Isaia, si riferisce a quella negativa,  alla paura cioè esagerata, quando questa ci stressa, e di conseguenza il nostro corpo, agisce con l’aumento dei battiti cardiaci, con affanni respiratori, la pressione sanguigna si alza, c’è tensione muscolare, sudorazione, notti insonni, problemi gastrointestinali, smarrimento, perdiamo il controllo, lucidità, e così via, ognuno di noi agisce diversamente.

Isaia 26:20-21: Io resto a casa!

Isaia 26:20-21: Io resto a casa!
“Va', o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte, dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l'indignazione.  Poiché, ecco, il SIGNORE esce dal suo luogo per punire l'iniquità degli abitanti della terra; la terrà metterà allo scoperto il sangue che ha bevuto e non terrà più coperti gli uccisi”.

In questi giorni c’è il decreto del governo e quindi l’hashtag: “Io resto a casa”, o “io sto a casa”, questa può essere un'occasione per approfondire il nostro rapporto con Dio, o per riflettere sulla nostra vita spirituale. Come noi oggi, che dobbiamo rimanere a casa a causa del coronavirus, circa tremila anni fa, per bocca del profeta Isaia, per motivi diversi, Dio disse al Suo popolo di rimanere a casa. Questi versetti fanno parte di un canto di lode dove viene esaltata la salvezza del popolo di Dio e il giudizio sul mondo, sopra gli abitanti della terra, e quindi l’incoraggiamento a confidare nel Signore. Noi nei vv.20-21, vediamo che il popolo viene esortato ad affrontare una situazione difficile: il giudizio di Dio.
Vediamo che il Signore si riferisce al Suo popolo dicendo: “Va', o mio popolo”. “Mio popolo” indica speciale tenerezza, ed esprime il particolare amore elettivo di Dio per Israele (cfr. Osea 1:10-11), in particolare è rivolto agli ebrei prigionieri in Babilonia. 

La parabola dei due figli (Matteo 21:28-32)

 La parabola dei due figli (Matteo 21:28-32)
Dopo aver scritto dell'autorità di Gesù messa in discussione da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo nei vv. 23-27, Matteo riporta tre parabole di Gesù: la parabola dei due figli (21:28-32), la parabola dei malvagi vignaiuoli (21:33-44) e la parabola delle nozze (22:1-14).

Queste parabole di rimprovero, sono dirette ai capi sacerdoti e agli anziani del popolo che erano increduli e rifiutavano l’autorità di Dio.

Meditiamo sulla parabola dei due figli.

Prima di tutto consideriamo:
I LA PRESENTAZIONE DELLA PARABOLA (vv. 28–30) 
La parabola inizia con una domanda: “Che ve ne pare?” (v.28).
Questa domanda è rivolta ai capi sacerdoti e agli anziani del popolo che precedentemente gli avevano fatto una domanda di sfida a Gesù mentre insegnava nel tempio.

Questi uomini chiedevano con quale autorità Gesù faceva queste cose (v.23), cioè insegnava nel tempio, e probabilmente anche il fatto che cacciò via i mercanti dal tempio e le guarigioni che aveva appena fatto (vv.12-16).

Con la domanda: “Che ve ne pare”, che già ha usato altre volte in questo vangelo (Matteo 17:25; 18:12; 22:17,42; 26:66), Gesù coinvolge e invita al dibattito i leader, li invita a meditare attentamente su ciò che Egli stava dicendo e quindi a fare una scelta, a prendere posizione.

Così con questa frase Gesù vuole catturare l’attenzione dei Suoi avversari.

In questa parabola vediamo che:
A) Il padre comanda al primo figlio di lavorare nella vigna (vv. 28–29)

Matteo 21:28-32: La parabola dei due figli

Matteo 21:28-32: La parabola dei due figli 
Dopo aver scritto dell'autorità di Gesù messa in discussione da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo nei vv. 23-27, Matteo riporta tre parabole di Gesù: la parabola dei due figli (21:28-32), la parabola dei malvagi vignaiuoli (21:33-44) e la parabola delle nozze (22:1-14).

Queste parabole di rimprovero, sono dirette ai capi sacerdoti e agli anziani del popolo che erano increduli e rifiutavano l’autorità di Dio.

Queste parabole di rimprovero, sono dirette ai capi sacerdoti e agli anziani del popolo che erano increduli e rifiutavano l’autorità di Dio.

Meditiamo sulla parabola dei due figli.

Prima di tutto consideriamo:
I LA PRESENTAZIONE DELLA PARABOLA (vv. 28–30) 
La parabola inizia con una domanda: “Che ve ne pare?” (v.28).
Questa domanda è rivolta ai capi sacerdoti e agli anziani del popolo che precedentemente gli avevano fatto una domanda di sfida a Gesù mentre insegnava nel tempio.

Questi uomini chiedevano con quale autorità Gesù faceva queste cose (v.23), cioè insegnava nel tempio, e probabilmente anche il fatto che cacciò via i mercanti dal tempio e le guarigioni che aveva appena fatto (vv.12-16).

Con la domanda: “Che ve ne pare”, che già ha usato altre volte in questo vangelo (Matteo 17:25; 18:12; 22:17,42; 26:66), Gesù coinvolge e invita al dibattito i leader, li invita a meditare attentamente su ciò che Egli stava dicendo e quindi a fare una scelta, a prendere posizione.

Romani 8:28: Andrà tutto bene!

Romani 8:28: Andrà tutto bene!
“Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno”. 

Ultimamente in piena emergenza epidemia del “coronavirus”, o “covid-19”, sono apparsi un po' dappertutto in Italia dei post-it: “Andrà tutto bene". È un post che invita alla speranza, a non arrendersi al pessimismo e a essere coraggiosi. Anche questo versetto dell’apostolo Paolo, scritto intorno al 56 d.C., incoraggia i cristiani di Roma a non perdere la speranza e a confidare sempre in Dio. In queste parole dell’apostolo, vediamo la provvidenza di Dio nel guidare e controllare tutti gli eventi e tutte le circostanze secondo il Suo disegno. Con “or sappiamo” Paolo sta affermando qualcosa che i cristiani già conoscevano e credevano. Prima di tutto Paolo ci dice che tutte le cose cooperano al bene. “Tutte le cose” (panta) comprende tutto senza limiti, si riferisce a tutte le circostanze, nessuna esclusa, sia le gioie e sia le sofferenze, sia le cose favorevoli e sia le cose più avverse, sia quelle belle e sia quelle brutte, ecco tutto ciò coopera per il bene secondo il disegno di Dio.

La parabola dei lavoratori delle diverse ore (Matteo 20:1-16).

La parabola dei lavoratori delle diverse ore (Matteo 20:1-16).
F.W. Beare ha dato un titolo diverso a questa parabola l’ha chiamata: “Il datore di lavoro eccentrico”. 

Indubbiamente è un datore di lavoro particolare, fuori dalla norma, che fa del suo ciò che vuole (v.15), ma è di gran cuore, ha compassione e comprensione nei riguardi dei bisognosi (Salmi 145:14-16; Matteo 7:11; Giacomo 1:17). 

Perché Gesù raccontò questa parabola? Questa parabola è simile alla parabola del figliol prodigo (Luca 15:3) nel senso che il fratello maggiore (i capi religiosi) era geloso per l’accoglienza che il padre (Dio) fece al fratello più piccolo (peccatori) pentito ritornato a casa. 

Quindi in entrambe le parabole vediamo il contrasto che c’è fra chi riceve e merita un giusto trattamento, e chi non merita nulla, ma gli è concesso tutto, e sulla gelosia che ne risulta da parte sia dei primi lavoratori nel caso di questa parabola e del fratello maggiore nel caso del figliol prodigo. 

Questa parabola viene dopo la dichiarazione di Gesù di Matteo 19:30: "Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi, primi", e si riferisce alla risposta di Gesù a Pietro quando l’apostolo chiese a Gesù che ricompensa ne avranno visto che i discepoli hanno lasciato ogni cosa e hanno seguito Gesù. 

Gesù risponde che i discepoli siederanno su dodici troni a giudicare le dodici tribù e poi dice che coloro che faranno rinunce per Gesù ne riceveranno cento volte tanto ed erediteranno la vita eterna. 
Gesù con questa parabola vuole illustrare in modo particolare (Matteo 19:30; 20:16) che Dio ha standard diversi dal modo di pensare umano.

Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria

 Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria “Pietro, dunque era custodito nella prigione, ma fervide preghiere a Dio erano fatte pe...

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