Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria
“Pietro, dunque era custodito nella prigione, ma fervide preghiere a Dio erano fatte per lui dalla chiesa”.
Kent Hughes scrive: “Il capitolo 12, ambientato in un contesto di crescente persecuzione, si apre con l’apparente incapacità del popolo di Dio di fare qualsiasi cosa per liberarsi, ma poi descrive una straordinaria dimostrazione di forza tra cristiani apparentemente indifesi e rivela la fonte di quella forza”.
Dai vv.1-4 apprendiamo che il re crudele Erode Agrippa I, nipote di Erode il Grande, cerca di ingraziarsi gli Ebrei perseguitando i cristiani: fa uccidere Giacomo, fratello di Giovanni e ritenne opportuno ritardare l'esecuzione di Pietro mettendolo in prigione, e facendolo custodire a turno con una stretta sorveglianza da quattro gruppi di quattro soldati ciascuno che si alternavano ogni tre ore, in quattro turni, secondo l’uso Romano.
Evidentemente Erode era preoccupato che una figura di così alto profilo, potesse avere ampio aiuto per un tentativo di evasione, così lo fece controllare da molti soldati.
Così Luca riportando il numero significativo di soldati a guardia di Pietro, vuole evidenziare l'impossibilità della sua fuga.
Siamo nel periodo della Pasqua Ebraica, con l'associata festa degli Azzimi, era la celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto (Esodo 12:1-13:16), in questo periodo non si poteva legittimamente tenere alcun processo, o sentenza.
Per questo motivo, Erode lo voleva vedere dopo la festa (Atti 12:4), evidentemente per condannarlo.
La chiesa prega per Pietro.
Luca richiama l'attenzione sulle forze opposte coinvolte: da un lato, Erode rinchiude Pietro dietro le sbarre e pone delle guardie; d’altro lato, la chiesa prega con fervore per Pietro.
Mentre Erode usa la forza bruta, la chiesa prega fervidamente per Pietro.
La preghiera è la fonte della forza dei cristiani, l'arma della chiesa contro la persecuzione, o le varie “battaglie” quotidiane della vita.
Grazie alla preghiera della chiesa, Pietro fu liberato in modo sovrannaturale, da un angelo del Signore dalle sue catene, la notte prima di essere giudicato e probabilmente condannato a morte (vv.6-17).
Consideriamo: