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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Salmo 24:7-10: La realizzazione della presenza di Dio

 Salmo 24:7-10: La realizzazione della presenza di Dio
I vv.7-10, mettono in evidenza che Dio è il Re glorioso.
La prima parte del Salmo 24:1-2 ci parla della grandezza del Signore come Creatore (vv.1-2).
La seconda parte ci parla di come l'uomo può entrare in relazione con questo grande Dio santo. 
La terza parte ci parla del popolo che è chiamato ad accogliere il Re di gloria, il Guerriero vittorioso.
George Fredrick Handel è considerato uno dei più grandi compositori nella storia della chiesa. 
La sua famosa composizione “Messiah”, è la più popolare delle sue opere; ha spinto innumerevoli credenti ad adorare Dio. Questo capolavoro fu eseguito per la prima volta a Londra il 23 marzo 1743. In questa occasione era presente il re d'Inghilterra Giorgio II. Tutti i presenti rimasero profondamente commossi quando ascoltarono  questa musica ispiratrice e questo testo biblico.
Quando fu cantato “The Hallelujah Chorus”, contenente le potenti parole: “Poiché il Signore Dio onnipotente regna”, accadde qualcosa di inaspettato. Lo stesso re Giorgio II si alzò in piedi in un atto di omaggio. Ciò spinse l'intero pubblico a fare lo stesso. Rimasero in piedi per tutto il coro, riconoscendo la grandezza dell'unico, vero Re del cielo che regna su tutto, anche sui re terreni. Da quel momento a oggi, è sempre stata consuetudine stare in piedi durante "The Hallelujah Chorus".
Il culto autentico implica contemplare la gloria rivelata di Dio e rispondere al suo splendore con un cuore umile pieno di ammirazione e di adorazione per Lui!
Questo è il vero cuore dell'adorazione: un umile riconoscimento della sovranità del Signore degli eserciti, una risposta appropriata con la nostra adorazione e consacrazione. 
Steven J. Lawson scrive: “La vera adorazione è un desiderio divorante di donare noi stessi a Dio, cedendo tutto ciò che siamo a tutto ciò che Egli è”.
Il Salmo 24 è un inno di adorazione e lode che indirizza i cuori del Suo popolo ad adorare Dio in modo da riconoscere la Sua gloria.

Salmo 24:3-6: La rivelazione della purezza del Signore

 Salmo 24:3-6: La rivelazione della purezza del Signore
Spurgeon disse: “Ci dovrebbe essere una certa preparazione del cuore nel venire all'adorazione di Dio. Considera chi è colui nel cui nome ci riuniamo, e sicuramente non possiamo affrettarci insieme senza pensarci. Considera chi professiamo di adorare, e non ci affretteremo alla sua presenza come si corre al fuoco”.
Non dobbiamo essere frettolosi nell’adorazione del Signore, ma dobbiamo preparare i nostri cuori adeguatamente considerando chi è.
Questi versetti mettono in evidenza il fatto che Dio è santo e quindi implica l'assenza di ogni impurità morale e imperfezione, e il possesso, in grado infinito, di tutto ciò che è moralmente puro, amabile ed eccellente. 
Pertanto il peccato è una cosa vile e detestabile a Dio, è un abominio. 
(cfr. per esempio Proverbi 3:31-32; Abacuc 1:13).
Matthew Henry disse: “Nessun attributo di Dio è più terribile per i peccatori della sua santità”.
Per molti studiosi, questo salmo descrive l’ingresso dell’arca del Signore degli eserciti a Gerusalemme subito dopo che era stata catturata dai Filistei (2 Samuele 6:12-19; 1 Cronache 15).
Certamente per Davide fu, il giorno, o uno dei giorni più belli della sua vita.
L’arca rappresentava la presenza di Dio in mezzo al Suo popolo (1 Samuele 4:21-22; 6:19-20), e allora doveva prepararsi adeguatamente ad accoglierlo.
Il salmista ricorda ai fedeli, o agli adoratori, chi sono coloro che possono entrare alla presenza di Colui che ci ha creato.
Gli adoratori dovevano soddisfare le condizioni di Dio per entrare nella Sua santa presenza, richiedeva qualcosa di più di una semplice celebrazione, richiedeva la santificazione! 
Se vogliamo entrare alla presenza del Signore, dobbiamo essere santi, questo è il messaggio di questi versetti.
Vediamo allora:  

Salmo 24:1-2: Il riconoscimento del potere del Signore sulla Sua creazione

 Salmo 24:1-2: Il riconoscimento del potere del Signore sulla Sua creazione
Per molti studiosi, questo salmo descrive l’ingresso dell’arca del patto del Signore degli eserciti a Gerusalemme subito dopo che era stata catturata dai Filistei (2 Samuele 6:12-19; 1 Cronache 15).
L’arca rappresentava la presenza di Dio in mezzo al Suo popolo.
Davide descrive l'ingresso glorioso del Signore nella città santa di Gerusalemme mentre incoraggia coloro che adorano il Signore a prepararsi adeguatamente.
In questi due primi versetti del salmo vediamo la realtà del potere del Signore.
Davide dichiara il potere sovrano del Signore sulla Sua creazione e su tutto ciò che contiene.
Ciò che Davide mette in evidenza è la sovranità di Dio che non è limitata a una sola nazione, o a un solo paese: Egli è il Signore di tutto il mondo, perché ne è il Creatore.
Il salmo in ogni sua parte fa emergere una diversa caratteristica di Dio: (1) il Dio Creatore (vv. 1-2), (2) il Dio santo (vv. 3-6) e (3) il Re glorioso (vv. 7-10).
Noi oggi vedremo il Dio Creatore, vediamo che coloro che credono in Dio riconoscono la Sua sovranità sulla Sua creazione. 
Nel riconoscimento vediamo due aspetti.
Il primo aspetto è:
I L’AFFERMAZIONE (v.1)
Al v.1 leggiamo: “Salmo di Davide. Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti”. 
Il famoso predicatore metodista, John Wesley vedeva i suoi beni materiali da una prospettiva biblica diversa rispetto a molte persone anche credenti.
Un giorno, mentre John Wesley era lontano da casa, qualcuno corse da lui dicendo: “La tua casa è bruciata! La tua casa è bruciata!” Wesley rispose: “No, non è così, perché non possiedo una casa. Quello in cui ho vissuto appartiene al Signore, e se è andato a fuoco, questa è una responsabilità in meno per me di cui preoccuparmi”.
John Wesley credeva che lui era un amministratore dei beni del Signore, riconosceva che il Signore era il proprietario della sua casa.

Neemia 8:10: La gioia del Signore è la nostra forza!

 Neemia 8:10: La gioia del Signore è la nostra forza!
“Non siate tristi; perché la gioia del SIGNORE è la vostra forza”.
Il libro di Neemia ci parla del ritorno degli esuli Giudei in patria per la costruzione delle mura di Gerusalemme.
Il muro fu terminato il venticinquesimo giorno del sesto mese (Neemia 6:15). 
Le riunioni e le feste di metà anno di Israele si tenevano durante il settimo mese (cfr. per esempio Levitico 23:24-25,27,34), quindi questa era un'occasione adatta per riunire il popolo per celebrare il completamento del muro ricostruito (Neemia 7:73; 8:1) proprio nel tempo della Festa delle Capanne/Tabernacoli.
Celebrata per otto giorni, era la gioiosa festa autunnale di ringraziamento di Israele per la raccolta dall'aia e dal torchio (Esodo 23:16; 34:22; Deuteronomio 16:13–15). Ma era da molti anni che non si celebrava (cfr. per esempèio Neemia 8:17).
Il suo principale rituale distintivo era di dimorare in capanne in commemorazione della protezione di Dio durante il cammino nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto (Levitico 23:39–43; Neemia 8:13–18).
La "capanna" nella Scrittura non è un'immagine di privazione e di miseria, ma di protezione, conservazione e riparo (Salmo 27:5; 31:20; Isaia 4:6). 
La comunità che si rallegrava comprendeva la famiglia, i servi, le vedove, gli orfani, i leviti e i gli stranieri (Deuteronomio 16:13-15).
Su richiesta del popolo, Esdra, assistito da alcuni leviti, lesse la legge e la spiegò al popolo. Doveva essere passato così tanto tempo da quando le persone avevano sentito la legge che tutti ascoltarono attentamente (Neemia 8:1–8). Mentre ascoltavano la legge erano tristi e piangevano, probabilmente erano addolorati perché si sentvano mancanti davanti  al Signore.

2 Samuele 11:15: Un peccato conduce a un altro

 2 Samuele 11:15: Un peccato conduce a un altro
“Nella lettera aveva scritto così: ‘Mandate Uria al fronte, dove più infuria la battaglia; poi ritiratevi da lui, perché egli resti colpito e muoia’”.

Il peccato è come mangiare le ciliegie: una tira l’altra! Sembra quasi impossibile fermarsi! 
Una volta che hai ceduto alla tentazione diventa difficile controllarla!
Così un peccato conduce a un altro! 
Davide per nascondere un peccato ne ha fatto un altro.
Il re Davide abusando del suo potere, commise prima adulterio con Bat-sceba, moglie di Uria e poi si è macchiato dell’omicidio del marito pianificandolo in un modo lucido, facendolo morire in battaglia per coprire la gravidanza di Bat-sceba, che era rimasta incinta dal loro rapporto adulterino. 
Questo avvenne dopo un primo fallimento del piano subdolo e ingannevole di Davide che aveva spinto Uria dalla moglie così da unirsi a lei e coprire la gravidanza adultera (2 Samuele 11:1-27). 
Questo comportamento di Davide è davvero scioccante se pensiamo che era un uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14), aveva l'unzione del Signore, era contrassegnato dalla presenza del Suo Spirito (1 Samuele 16:13), ed era un uomo di fede come vediamo nei suoi salmi (cfr. per esempio Salmo 23;25;27).

1 Cronache 16:35: Il culto che merita Dio

 1 Cronache 16:35: Il culto che merita Dio 
Continuiamo il nostro studio sulla gloria di Dio.
Come già vi siete sicuramente accorti, la gloria di Dio è collegata con noi, infatti comporta una nostra reazione come la lode e l’adorazione.
Tozer disse: “Esiste una chiesa locale per fare collettivamente ciò che ogni credente cristiano dovrebbe fare individualmente, e cioè adorare Dio”.
Adorare Dio è lo scopo della nostra esistenza!
Siamo stati salvati per adorare Dio!
Nel v.35 leggiamo: “E dite: ‘Salvaci, o Dio della nostra salvezza! Raccoglici fra le nazioni e liberaci, affinché celebriamo il tuo santo nome e mettiamo la nostra gloria nel lodarti’”. (cfr. Salmo 106:47).
Prima di tutto troviamo:
I L’INGIUNZIONE
“E dite”.
L’imperativo “dite” (ʾimrû – qal imperativo attivo) è “esprimere a parole”, ed è in relazione alla nostra salvezza.
Sembra strano questo ordine, ma non lo è perché Dio si diletta nel farci del bene! 
In questa ingiunzione, vediamo tre appelli:
A) Il primo appello
“Salvaci, o Dio della nostra salvezza!”

Ecclesiaste 1:1-2: L’autore del libro “Ecclesiaste” e il suo scopo

 Ecclesiaste 1:1-2: L’autore del libro “Ecclesiaste” e il suo scopo
Ecclesiaste 1:1 dice: “Parole dell'Ecclesiaste, figlio di Davide, re di Gerusalemme.  Vanità delle vanità, dice l'Ecclesiaste, vanità delle vanità, tutto è vanità”.
Il libro dell’Ecclesiaste è una lettura difficile, e questo lo puoi capire quando cominci a leggerlo e ti viene difficile interpretarlo; poi prendi un commentario che dovrebbero aiutarti a capirlo e nell’introduzione trovi scritto frasi tipo: "Questo libro è uno dei libri più difficili di tutta la Bibbia, uno che nessuno ha mai completamente padroneggiato"; oppure: "Duemila anni di studi e interpretazioni hanno completamente fallito nel capire ciò che voleva dire veramente l’autore quando parlava di vanità".
David Guzik scrive: “Il libro dell'Ecclesiaste è uno dei libri più insoliti e forse più difficili da capire della Bibbia. Ha uno spirito di disperazione senza speranza; non ha lode né pace; sembra promuovere comportamenti discutibili. Eppure queste parole del predicatore ci mostrano la futilità e la stoltezza di una vita vissuta senza una prospettiva eterna. La questione nell'Ecclesiaste non riguarda l'esistenza di Dio; l'autore non è ateo, e Dio è sempre lì. La domanda è se Dio conta o meno. La risposta a questa domanda è di vitale importanza connessa a una responsabilità verso Dio che va oltre questa vita terrena”.
L’Ecclesiaste mette in evidenza che la vita non ha significato se non abbiamo una relazione con Dio di timore e obbedienza.
Alla domanda perché studiare l’Ecclesiaste Philip Graham Ryken da diverse ragioni, ne riporto due: “Dovremmo studiare l'Ecclesiaste perché è onesto sui problemi della vita, così onesto che il grande romanziere americano Herman Melville una volta lo definì ‘il più vero di tutti i libri’. Più di ogni altra cosa nella Bibbia, l'Ecclesiaste cattura la futilità e la frustrazione di un mondo caduto… Dovremmo anche studiare l'Ecclesiaste per imparare cosa ci accadrà se scegliamo ciò che il mondo cerca di offrire invece di ciò che Dio ha da dare. Lo scrittore di questo libro aveva più soldi, godeva di più piaceri e possedeva più saggezza umana di chiunque altro al mondo, eppure tutto finiva ancora in frustrazione. Lo stesso accadrà a noi se viviamo per noi stessi piuttosto che per Dio. ‘Perché commettere i propri errori’, ci sta dicendo lo scrittore, ‘quando invece si può imparare da un esperto come me?’”
Cominciamo a vedere:

Malachia 1:6: Coloro che ricevono la disapprovazione del Signore degli eserciti

 Malachia 1:6: Coloro che ricevono la disapprovazione del Signore degli eserciti
Malachia 1:6 dice: “Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone; se dunque io sono padre, dov'è l'onore che m'è dovuto? Se sono padrone, dov'è il timore che mi è dovuto? Il SIGNORE degli eserciti parla a voi, o sacerdoti, che disprezzate il mio nome! Ma voi dite: ‘In che modo abbiamo disprezzato il tuo nome?’”
L’ultima volta abbiamo visto il responsabile della disapprovazione, oggi vediamo i riceventi della disapprovazione del Signore degli eserciti, cioè i sacerdoti.
In questo periodo storico d’Israele, il popolo aveva dimenticato le proprie priorità e mise i propri interessi e bisogni al di sopra di quelli del Signore (cfr. per esempio Aggeo 1:2–6). 
Purtroppo, questa verità caratterizzava anche il loro culto, infatti, mentre il popolo prosperava, offriva al Signore gli avanzi, o il peggio dei sacrifici (Malachia 1:6–10), e i sacerdoti non facevano nulla per correggere questo comportamento sbagliato nei riguardi del Signore degli eserciti.
C’era un declino vocazionale dei sacerdoti, e il Signore mediante Malachia si rivolge proprio a loro.
Era loro responsabilità intercedere tra il popolo e il Signore offrendo sacrifici, guidandoli nell'adorazione e negli insegnanti della Torah, della legge del Signore.
Per loro fallire significava portare all'inevitabile fallimento anche il resto della popolazione nelle sue responsabilità davanti a Dio. 
Come un figlio onorava il padre, e un servo il Suo padrone, così dovevano fare i sacerdoti con Dio Padre e Signore.
Ma i sacerdoti non lo facevano, disprezzavano regolarmente il Signore degli eserciti.
Quindi cominciamo a vedere:

Natura di Dio: Gli attributi incomunicabili

 Natura di Dio: Gli attributi incomunicabili
Nel precedente studio abbiamo visto l’introduzione agli attributi di Dio.
Abbiamo visto il significato e le possibili classificazioni. Tra queste classificazioni, in questo studio, userò quella di: incomunicabili e comunicabili.
Con questo studio vedremo gli attributi incomunicabili di Dio.
Gli attributi incomunicabili non hanno nessuna analogia con l’uomo e nemmeno gli sono trasmesse, appartengono solo a Dio, cioè sono quegli attributi che Dio non condivide ad altri.
Così con Susanne Calhoun possiamo affermare: “Gli attributi incomunicabili di Dio sono quegli attributi divini che non possono essere comunicati (cioè condivisi) dall'umanità; sono unici per la natura e il carattere di Dio”.
Riguardo la natura degli attributi incomunicabili di Dio troviamo: auto-esistente, auto-sufficiente, eterno, infinito, immutabile, onnipotente, onnipresente, onnisciente.
Rispondi a ogni domanda leggendo e trovando le risposte nei versetti.
1. Dio è auto-esistente
Molte persone si chiedono: "Chi ha creato Dio?" La risposta più chiara è che Dio non ha mai avuto bisogno di essere creato, perché è sempre esistito!
Come diceva il teologo Tommaso d’Aquino: “Egli è la causa prima; lui stesso senza causa”.
Infatti, Dio è il fondamento e la prima causa di tutte le cose, ed è solo attraverso di Lui che tutte le cose esistono (cfr. per esempio Romani 11:36; Apocalisse 4:11) e dipendono da Lui per la loro esistenza (cfr. per esempio Atti 17:25,28; Colossesi 1:16-17). 
Ma Dio non ha causa, non dipende da nessun altro ed è quello che è sempre stato dall'eternità (cfr. per esempio Salmo 90:2; Isaia 40:28).
Shedd scriveva: “Dio è l'essere non causato e sotto questo aspetto differisce da tutti gli altri esseri”. 
“Auto-esistente” significa che Dio ha vita in se stesso, che non è stato causato, o creato da nessuno. Dio non ha causa, non dipende da nessun altro e fin dall'eternità Egli fu, o era esattamente ciò che è al presente.
Millard J. Erickson scrive: “La vita di Dio è diversa da quella di ogni altro essere vivente. Mentre tutti gli altri esseri hanno la loro vita in Dio, egli non trae la sua vita da alcuna fonte esterna. Non è mai raffigurato come se fosse stato creato”.
In un modo misterioso, Dio è auto-esistente, non è stato creato, non è stato causato, non ha avuto origine. Dio non ha ricevuto la sua essenza da nessun altro!
E.H. Bancroft riguardo l’auo-esistenza di Dio scrive: “L’espressione di ‘auto-esistenza di Dio sta a significare che per quanto riguarda la continuità e la perpetuità del Suo essere, Dio non dipende da nessun all’infuori che da se stesso”.

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