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Luca 4:20-21: L’affermazione risonante

 Luca 4:20-21: L’affermazione risonante Immaginate il silenzio palpabile di una sinagoga piena di fedeli nell’antica Nazaret. Un giovane si alza, srotola con cura un antico manoscritto, e legge parole pronunciate secoli prima dal profeta Isaia.  Poi, con un gesto misurato e carico di significato, che segna un punto di svolta nella storia dell’umanità, richiude il rotolo, lo riconsegna all’inserviente e si siede.  È in questo momento, nell’intervallo tra il silenzio e la parola, tra l’attesa e la rivelazione, che quest’ultima irrompe nella sinagoga.  Ogni occhio è fisso su di Lui. Ogni respiro è sospeso. È come se l’intero universo trattenesse il fiato, consapevole che sta per accadere qualcosa di straordinario.  E poi, con autorità che non chiede permesso ma che si impone naturalmente, pronuncia quelle parole che dividono la storia in due: "Oggi, si è adempiuta questa Scrittura che voi udite." Non è solo una dichiarazione, è un fulmine teologico che irrompe in q...
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Salvatore

Luca 4:20-21: L’affermazione risonante

 Luca 4:20-21: L’affermazione risonante
Immaginate il silenzio palpabile di una sinagoga piena di fedeli nell’antica Nazaret. Un giovane si alza, srotola con cura un antico manoscritto, e legge parole pronunciate secoli prima dal profeta Isaia. 
Poi, con un gesto misurato e carico di significato, che segna un punto di svolta nella storia dell’umanità, richiude il rotolo, lo riconsegna all’inserviente e si siede.  È in questo momento, nell’intervallo tra il silenzio e la parola, tra l’attesa e la rivelazione, che quest’ultima irrompe nella sinagoga. 
Ogni occhio è fisso su di Lui. Ogni respiro è sospeso. È come se l’intero universo trattenesse il fiato, consapevole che sta per accadere qualcosa di straordinario. 
E poi, con autorità che non chiede permesso ma che si impone naturalmente, pronuncia quelle parole che dividono la storia in due: "Oggi, si è adempiuta questa Scrittura che voi udite."
Non è solo una dichiarazione, è un fulmine teologico che irrompe in quella sinagoga. 
È il momento in cui la promessa diventa realtà, in cui la profezia prende carne e ossa.
Questa non è solo la storia di un predicatore in una piccola sinagoga di provincia. È il racconto del momento in cui un uomo, attraverso gesti misurati e parole autorevoli, annuncia l’inizio di una nuova era, un giubileo che continua a risuonare attraverso i secoli fino a raggiungerci, qui e ora, invitandoci a rispondere alla domanda più importante di tutte: chi è davvero quest'uomo che fa affermazioni risonanti su sé stesso? Quell’uomo era Gesù.

Nella predicazione precedente abbiamo visto nei dettagli la lettura di Gesù dal profeta Isaia nella sinagoga di Nazaret.

Oggi nei dettagli vediamo Luca 4:20-21.

Cominciamo a vedere:
I LA COMUNICAZIONE NON VERBALE
Il linguaggio non verbale in questo passo è straordinariamente carico di significato simbolico e teologico.

Pensate un maestro direttore d’orchestra che, nel silenzio gravido d’attesa, compie gesti misurati e precisi prima di liberare la potenza della sinfonia, ogni movimento delle sue mani già contiene l’essenza dell’opera intera che sta per manifestarsi. 

Così Gesù, con tre semplici gesti nella sinagoga, dirige l’inaugurazione di una nuova era.

Prima di tutto troviamo:
A) La chiusura del libro (v.20)
È scritto nel v.20: “Poi, chiuso il libro”.

Non si trattava di un libro rilegato come lo intendiamo oggi, ma di un rotolo contenente le parole del profeta Isaia.
Quindi, “chiuso il libro” (ptuxas to biblion - cfr. per esempio Giovanni 20:30; Galati 3:10) in realtà è piegare, o arrotolare il rotolo, il contenuto del documento, in questo caso era il libro del profeta Isaia.

Questo gesto apparentemente ordinario acquista una profondità straordinaria: la chiusura del libro segna la fine della lettura e l’inizio dell’azione: Gesù si siede e inizia a parlare, dando inizio al Suo ministero pubblico.

È un momento di transizione in cui la parola scritta lascia il posto alla parola viva incarnata di Gesù (cfr. per esempio Giovanni 1:1-14; Ebrei 1:1-2; Apocalisse 19:13).

La chiusura del rotolo del profeta Isaia segna il confine tra due epoche; Gesù chiude il rotolo dell’Antico Patto sigillando un’era e aprendone un’altra.

L’arrotolamento del rotolo segna la fine di un’epoca e l'inizio di un’era in cui Gesù stesso è la Parola vivente. 

L’arrotolamento del rotolo può avere un significato simbolico, un gesto che marcava la transizione dalla Scrittura antica al suo compimento, segna il passaggio dall’antica profezia di Isaia al Suo compimento nella persona di Gesù.

Gesù non abolisce la legge e i profeti - l’Antico Testamento - ma li porta a compimento (Matteo 5:17). 

Gesù, arrotolando il rotolo, dichiara implicitamente che le parole del profeta si sono realizzate in Lui. 

L'arrotolamento del rotolo diventa quindi un gesto che segna simbolicamente la pienezza dei tempi, l’inizio dell’era messianica annunciata proprio dal testo di Isaia che Gesù ha appena letto.

È un annuncio che l’era messianica è iniziata, si apre un nuovo capitolo della storia della salvezza.

È come chiudere un capitolo di un libro per aprirne uno nuovo.
Oppure come un regista che chiude il sipario su un atto e ne apre un altro.

Dopo la chiusura del libro, c’è:
B) La consegna del libro (v.20)
Ancora, sempre nel v.20 leggiamo: “E resolo all'inserviente”.

L'inserviente (hupēretē) non era una figura marginale, ma un custode designato dei testi sacri, responsabile della loro protezione e integrità. 

Nelle sinagoghe dell’epoca, questi custodi avevano il compito solenne di maneggiare con riverenza i rotoli delle Scritture, preparandoli per la lettura pubblica e di conservarli con cura al termine del culto.
Il fatto che Gesù riconsegni il rotolo all’inserviente sottolinea che sta rispettando le consuetudini della sinagoga.
Pur venendo a compiere la legge e i profeti, non disprezza quelle consuetudini; non solo mostra un profondo rispetto per le Scritture, ma anche per l’ordine stabilito per la sua trasmissione, ossia al modo in cui i rotoli sacri venivano gestiti e utilizzati durante il culto.

La consegna del rotolo segna una transizione cruciale, rimarca il passaggio dalla lettura all’insegnamento che Gesù stava per impartire in modo autorevole.

Ora, Gesù, la Parola vivente, è presente per adempiere quelle stesse Scritture.

Mentre la Parola scritta ritorna al suo custode terreno, la Parola incarnata si prepara a parlare.
È un momento di passaggio dal passato al presente, dalla promessa al compimento.

È come se Gesù stesse dicendo: "Avete letto le parole dei profeti per secoli. Ora, io sono qui, la realizzazione di quelle parole".

Quindi vediamo:
C) La cattedra del libro (v.20)
Sempre al v.20 leggiamo: “Si mise a sedere” (v.20).

Per la nostra sensibilità moderna, abituati a vedere predicatori in piedi mentre si rivolgono all’assemblea, questo gesto potrebbe sembrare strano o persino inappropriato. Eppure, nella cultura dell’epoca era normale; sedersi era la postura che segnalava l’autorità dell’insegnamento.

Gesù seguì questo modello diverse volte, per esempio sul monte si mise a sedere e insegnava alla folla (Matteo 5:1), così anche quando insegnò dalla barca alla folla in riva la parabola del seminatore e dei quattro terreni (Matteo 13:1-2; cfr. per esempi Matteo 24:3); dunque insegnare in posizione seduta era consuetudine. 

Il commento di Gesù in Matteo 26:55: "Voi siete usciti con spade e bastoni, come contro un brigante, per prendermi. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare e voi non mi avete preso", conferma questa abitudine di sedersi quando si insegnava, o si predicava. (vedi ancora Luca 5:3; Matteo 23:2; Marco 4:1).

Sedersi non era semplicemente una questione di comodità fisica, benché l’insegnamento potesse prolungarsi per ore; era piuttosto l’assunzione consapevole della cattedra rabbinica, il segno visibile dell’insegnamento autorevole. 

È come quando in un’aula magna tutti attendono che il relatore si sieda per iniziare la sua lectio magistralis, cioè una lezione tenuta da un esperto di spicco in un determinato campo, solitamente in ambito accademico, o culturale.

Questi tre gesti: chiudere il libro, consegnarlo all’inserviente, e sedersi, formano dunque una sequenza rituale che prepara l’uditorio all’ascolto di un insegnamento autorevole. 
Creano l’atmosfera e stabiliscono le condizioni per la comunicazione verbale che seguirà; parole che non saranno un semplice commento alle Scritture, ma il suo stesso compimento vivente.

In secondo luogo, vediamo:
II L’ATTENZIONE DELL’UDITORIO (v.20)
L’attenzione nella sinagoga non era dispersa, o casuale, ma concentrata come un fascio di luce laser, focalizzata con straordinaria intensità su un unico punto focale: la persona di Gesù.

Luca cattura questo momento straordinario con parole semplici, ma cariche di significato: “E gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui” (v.20).

Immaginate ancora un’orchestra filarmonica negli istanti prima dell’inizio di un concerto atteso da mesi. Gli strumenti sono stati accordati, il pubblico ha interrotto ogni conversazione, persino i respiri sembrano attenuarsi. Quella tensione palpabile, quella sospensione temporale gravida di aspettative, è la preparazione necessaria per la sinfonia che sta per iniziare.

Il silenzio assoluto della sinagoga, quella tensione palpabile si crea quando ogni persona presente è completamente assorbita da un’attesa piena, come se la gente fosse catturata come commentava il cardinale Martini: “È il silenzio gravido di attesa che precede ogni vera rivelazione.”

Quel silenzio, non era passivo, ma attivamente ricettivo come una spugna pronta ad assorbire fino all’ultima goccia di ogni singola parola di Gesù.

È come se il tempo si fermasse in quel preciso istante sacro, in quella sospensione tra la chiusura del rotolo d’Isaia e le parole di compimento pronunciate con autorità che Gesù stava per pronunciare mentre tutti i presenti nella sinagoga lo fissavano.
 
Non si trattava di un’attenzione qualsiasi, superficiale o momentanea, ma di uno sguardo fisso, persistente, magnetico, intenso, un’attenzione continua, concentrata e risoluta (erano fissi- ateninzontes – presente attivo participio) che non conosce distrazioni.

Questa parola appare in momenti chiave come l’ascensione di Gesù (Atti 1:10), la visione di Stefano (Atti 7:55), il rimprovero di Paolo a Elima (Atti 13:9) e lo sguardo di Paolo mentre si rivolge al Sinedrio (Atti 23:1).

“Erano fissi”, allora descrive un’intensità visiva che comunica molto più di un semplice guardare, è lo sguardo di chi percepisce, anche inconsciamente, di trovarsi davanti a qualcosa di straordinario, di decisivo, di irripetibile.

Nel silenzio vibrante della sinagoga si stava già manifestando, ancor prima che Gesù aprisse bocca, una forma profonda di riconoscimento intuitivo. 

Come ha acutamente osservato il teologo e predicatore Timothy Keller: “L’autorità di Gesù non era imposta, ma riconosciuta. Non doveva chiedere attenzione; la sua presenza la comandava naturalmente.”

Gesù era come una calamita potente, la Sua autorità intrinseca agiva come un campo magnetico che attirava irresistibilmente lo sguardo di tutti i presenti. 
Non potevano distogliere gli occhi da Lui, come il ferro non può resistere alla forza della calamita.

C’era qualcosa di unico e autorevole che videro in Gesù Cristo (cfr. per esempio Matteo 7:29) che attirò la loro attenzione, forse il suo sguardo, forse il Suo modo di fare, la Sua grazia, oltre alla grande reputazione che lo aveva preceduto. 

C’era qualcosa nel Suo modo di fare, e forse nel tono della Sua voce, che catturò la loro attenzione su di Lui e suscitò in loro l’aspettativa che stesse per parlare.

Gesù, la Parola vivente incarnata possedeva autorità e stava per parlare con autorità! 
Un’autorità che non derivava da investiture umane o da titoli accademici, ma dalla Sua stessa essenza. 

Stava per parlare con l’autorità di chi non commenta semplicemente le Scritture, ma le incarna e le adempie!

La natura unica di quel momento nella sinagoga di Nazaret è stata catturata perfettamente dal teologo Karl Barth con queste parole: “Quando la Parola di Dio viene proclamata con autorità, si crea un silenzio che non è assenza di suono, ma presenza di ascolto." 

Gli occhi fissi dei presenti nella sinagoga di Nazaret, manifestavano non semplice curiosità, ma la piena e trepidante aspettativa dell’intera comunità, erano pronti ad ascoltare.

Come affermava Agostino: “Gli occhi sono le finestre dell'anima.”

In quel momento cruciale, tutte le finestre delle persone presenti nella sinagoga erano spalancate verso l’unica luce che poteva veramente illuminarle nella profondità dei loro cuori.
Quegli occhi fissi testimoniavano che, almeno per un istante, un atteggiamento giusto, in riverente ascolto davanti all’insegnamento delle Scrittura.

Infine, Luca riporta:
III LA DICHIARAZIONE VERBALE (v.21)
Quella, cioè, di Gesù.
Dopo i gesti preparatori e l’attenzione concentrata dell’uditorio, finalmente arrivano le parole che trasformano un momento ordinario in un evento di portata universale.

In questa dichiarazione c’è:
A) Il momento decisivo (v.21)
“Egli prese a dir loro: ‘Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite’. In realtà era l'arrotolamento del rotolo” (v.21).

“Oggi” è il momento in cui una chiave gira nella serratura e una porta rimasta chiusa per secoli finalmente si apre, rivelando tesori a lungo nascosti.

L’avverbio "oggi" (sēmeron) è come momento decisivo. 
È come quando l’ostetrica, o il ginecologo dopo ore di travaglio, un momento che cambia tutto, dice: “È nato!” 

È più di un semplice oggi cronologico, è un oggi teologico!

“Oggi” (sēmeron) è un termine chiave nella teologia di Luca e sottolinea che l’opportunità di salvezza è proprio in questo momento. 

Luca usa ripetutamente “oggi” nel suo Vangelo per sottolineare proprio questo punto (Luca 2:11; 5:26; 12:28; 13:32-33; 19:5, 9; 22:34, 61; 23:43).

L’oggi pronunciato da Gesù Cristo è un’irruzione dell’eterno nel temporale, il punto d’incontro tra cielo e terra, l’istante in cui l’infinito abbraccia il finito. 

Quell’oggi nella sinagoga della modesta Nazaret non era solo un giorno qualunque, ma l’alba radiosa, l’inaugurazione di una nuova era per l’umanità intera. 

Questa dichiarazione di Gesù Cristo affermava che Egli era il Messia promesso, era l’Unto di Isaia 61:1 e 58:6, che aveva appena letto dalle Sacre Scritture. 

Quest’affermazione molto semplice non avrebbe fatto altro che aumentare l’attenzione che gli stavano prestando, perché era un’affermazione risonante, forte sorprendente, sconvolgente

La gente di Nazaret nella sinagoga percepì istantaneamente la portata della Sua pretesa messianica, una dichiarazione che nessun profeta aveva mai osato pronunciare.

Gesù stava proclamando che il vero anno del giubileo, non una semplice celebrazione rituale, ma la liberazione definitiva dell’umanità, era finalmente arrivato. 
La profezia messianica di Isaia si materializzava davanti ai loro occhi in quell’oggi.

Gesù era il Messia della profezia, ma un Messia radicalmente diverso da quello che si aspettavano: non un conquistatore politico, ma Colui che perdona il peccato, che fascia chi ha il cuore spezzato, e spezza le catene della schiavitù dell’anima.

L’oggi di Gesù è un eco potente che risuona attraverso i secoli, invitando ogni cuore a riceverlo ancora oggi; un invito perpetuo che bussa alla porta dei nostri cuori, chiamandolo a riceverlo ancora oggi, in questo preciso istante.

L’oggi della salvezza è inaugurato nel ministero di Gesù, ma non termina con la sua fine. 

Fino a quando Gesù non ritornerà, l’idea di “oggi” è l’attuale adempimento nel senso di un adesso senza tempo, un riferimento all’immediato presente, di era di salvezza presente, di realizzazione disponibile e può essere presa una decisione che cambia la propria vita (Luca 19:9; 23:43; Atti 1:6; 3:18; Ebrei 3:15; 4:7; cfr. per esempio “ora” -nyn- in 2 Corinzi 6:2).

La speranza può diventare realtà “oggi”.

In secondo luogo, vediamo:
B) L’adempimento delle Scritture (v.21)
Leggiamo ancora nel v.21: “Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite”.

Gesù non stava semplicemente dicendo timidamente che la profezia avrebbe trovato compimento un futuro indefinito; stava affermando con autorità divina che in quel preciso istante, Lui era il compimento della profezia di Isaia, il Messia di cui il profeta aveva parlato secoli prima!

L’adempimento delle Scritture riguardo Gesù, è come quando tutti i pezzi di un puzzle si incastrano perfettamente, rivelando l’immagine completa di perfezione assoluta.

Oppure come se improvvisamente tutte le note sparse di una melodia trovassero la loro armonia, o tutti i colori di un dipinto rivelassero finalmente il loro disegno complessivo, in questo caso che il grande Artista divino aveva concepito dall’eternità.

"Si è adempiuta questa Scrittura", è un’altra affermazione, o conferma che mostra che le predizioni della Scrittura sono state, sono e si adempiranno a tempo debito con precisione inesorabile nel tempo stabilito da Dio.

Gesù sta dicendo alle persone nella sinagoga: “Il tempo che tutte le persone fedeli a Dio aspettavano è ora qui e si trova in me”.
La dichiarazione che la Scrittura "si è adempiuta" (peplērōtai – perfetto passivo indicativo) si riferisce a uno stato di adempimento esistente.
Esprime il compimento di un lungo processo, esprime con la potenza della parola il compimento di un piano divino orchestrato attraverso millenni.
Significa che le profezie contenute nel libro di Isaia, attese e scrutate si sono realizzate in quel preciso momento, nella persona di Gesù, trovano compimento in quel preciso istante in Gesù. 

Come ha osservato il teologo Lesslie Newbigin: “O Gesù era esattamente chi diceva di essere, o era il più grande impostore della storia. Non c’è spazio per una via di mezzo.” 

Così anche il filosofo cristiano C.S. Lewis disse: “Devi fare la tua scelta. O quest’uomo era, ed è, il Figlio di Dio: o altrimenti un pazzo, o qualcosa di peggio. Puoi farlo tacere come un pazzo, puoi sputargli addosso e ucciderlo come un demone; oppure puoi cadere ai suoi piedi e riconoscerlo come Signore e Dio. Ma non abbandoniamoci a nessuna condiscendenza senza senso sul suo essere un grande insegnante umano. Non ce l'ha lasciato aperto. Non era sua intenzione."

Che Gesù fosse un impostore, o un pazzo, è impossibile! 
Perché era una persona di grande integrità.

Perché la Sua vita è stata caratterizzata da coerenza tra le sue parole e le sue azioni. Ha vissuto una vita di servizio, amore e sacrificio, coerente con il suo insegnamento.
Se fosse stato un impostore, sarebbe stato difficile mantenere una tale coerenza, soprattutto di fronte alle avversità.

Che Gesù fosse un impostore, o un pazzo, è logicamente impossibile! 
Perché i Suoi primi discepoli, testimoni oculari della Sua vita, non avrebbero testimoniato con audacia inflessibile ai loro contemporanei e connazionali della Sua vita santa, morte redentrice e risurrezione gloriosa. 
La loro incrollabile disponibilità a versare il proprio sangue per la loro fede è una testimonianza inconfutabile della loro assoluta convinzione nella verità delle loro affermazioni.

Che Gesù fosse un impostore, o un pazzo, è storicamente impossibile! 
Perché il Suo insegnamento, specialmente il Suo insegnamento morale, è universalmente riconosciuto come il più elevato e sublime livello di sapienza mai donato all'umanità. 
Sarebbe un paradosso inconcepibile che un impostore potesse insegnare un così trascendente livello di moralità e trasformare radicalmente il corso della storia umana.

Il cristianesimo, radicato nei Suoi insegnamenti eterni, ha trasformato irreversibilmente il mondo in ogni sua dimensione. 
È assolutamente inconcepibile che un impostore o un folle possa aver generato un movimento di tale portata universale ed eterna.

Ora, davanti a questa verità che sfida ogni cuore, tu cosa pensi di Gesù? Chi credi veramente che sia?
Un impostore? Un pazzo? O il Messia, il Figlio eterno di Dio, che oggi ti chiama per nome?

CONCLUSIONE
Gesù non è stato solo un interprete delle Sacre Scritture, un commentatore brillante, ma il compimento vivente, come ha detto Lui stesso: "Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento" (Matteo 5:17).

Gesù non si pose in opposizione alla rivelazione precedente, ma ne rappresenta la pienezza, il culmine, la perfezione ultima verso cui la Scrittura tendeva.

L’affermazione risonante “oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite”, non è una semplice dichiarazione teologica tra le tante—è il fulcro centrale, il cardine inossidabile su cui ruota la fede cristiana. 

Questa dichiarazione ci pone faccia a faccia con la verità fondamentale e immutabile del cristianesimo: Gesù è il Messia promesso attraverso i secoli, l’Unto del Signore preannunciato dai profeti, venuto con potenza divina. 

Il Suo ministero non è stato quello di un condottiero politico che brandisce la spada per rovesciare imperi terreni, o di un rivoluzionario sociale che propone nuove strutture economiche, come molti si aspettavano con impazienza nell’Israele del primo secolo, ma quello non solo di proclamare, ma anche di realizzare la salvezza spirituale.

Gesù è venuto come guaritore divino di cuori frantumati dal dolore e dalla colpa, come liberatore onnipotente dalle catene invisibili, ma reali del peccato che soffocano l’anima umana.

La potenza di “oggi” pronunciato a Nazaret continua a riecheggiare attraverso i secoli, risuonando con forza immutata nelle nostre vite contemporanee.
Quell’oggi divino infrange le barriere del tempo cronologico e si proietta nell’eternità, raggiungendo ogni generazione con la stessa freschezza e urgenza.

Anche per noi, qui e ora in questo preciso istante delle nostre esistenze, Gesù si presenta non come una figura storica sbiadita, ma come l’adempimento delle promesse di Dio. 
Anche per noi, qui e ora, Gesù si presenta, ma come l’adempimento vivente e presente delle Sacre Scritture che riguardano il Messia.
Anche noi siamo invitati “a fissare i nostri occhi su di Lui” con quella stessa attenzione, intensa, continua e risoluta, senza distrazioni che catturò i presenti nella sinagoga.

Quale risposta daremo alla Sua affermazione che risuona ancora oggi? 

Ci troviamo davanti a un bivio esistenziale che non ammette neutralità: riconosceremo in Lui l’autorità intrinseca che attirava naturalmente l’attenzione, quella maestà divina che traspariva attraverso la Sua umanità, o lo rifiuteremo con incredulità, come i Suoi concittadini fecero poco dopo tentando persino di gettarlo giù da un dirupo? (v.29).

La Sua coerenza, la Sua integrità, il Suo sacrificio, la Sua unicità, ci sfidano a prendere posizione, a fare una scelta che definirà il destino eterno delle nostre anime.

Non possiamo rimanere neutrali di fronte a Cristo: o è esattamente chi afferma di essere, o è il più grande impostore, o pazzo della storia!

Ogni volta che la Parola di Dio viene proclamata, ogni volta che ci riuniamo per adorare, ogni volta che apriamo le Sacre Scritture, abbiamo l’opportunità di vivere un nuovo “oggi” in cui il cielo si manifesta in terra, pronti a ricevere la Parola di Dio, pronti a esserne trasformati.

In un mondo frenetico e disorientato che cerca ansiosamente nuove rivelazioni, nuove verità, che si adattano ai desideri mutevoli del cuore umano, nuove promesse di felicità e realizzazione che lasciano l’anima sempre più vuota; Gesù ci ricorda con autorità immutabile che la più grande rivelazione è già avvenuta nella storia, la verità assoluta è già stata manifestata, la promessa definitiva è già stata adempiuta nella Sua persona. 
Non dobbiamo cercarla affannosamente altrove, disperdendo le nostre energie spirituali in una ricerca destinata alla frustrazione, perché Gesù è la via, la verità e la vita! (cfr. Giovanni 14:6).

Oggi, in questo preciso istante, proprio come allora nella sinagoga di Nazaret, siamo chiamati a riconoscere Gesù Cristo per quello che è veramente, il Messia, il Figlio di Dio, nel quale tutte le promesse di Dio sono “sì” e “amen” (2 Corinzi 1:20), e a permettere che il Suo “oggi” trasformi anche il nostro tempo in un momento di compimento delle promesse divine, di redenzione completa, di restaurazione radicale della nostra relazione con il Padre celeste.
La scelta davanti a noi è chiara come non mai: accogliere, o rifiutare Gesù Cristo il Messia, il Figlio di Dio! 

Da questa decisione dipende non solo la qualità della tua vita presente, ma il tuo destino eterno (cfr. per esempio Giovanni 3:16; Romani 6:23).
Quale sarà la tua risposta?

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