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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

1 Samuele 4:22: La gloria si è allontanata da Israele

 1 Samuele 4:22: La gloria si è allontanata da Israele
“La gloria si è allontanata da Israele, perché l'arca di Dio è stata presa”.
Queste sono le parole della moglie del sacerdote Fineas, figlio di Eli, quando udì la notizia che l’arca di Dio era stata presa in battaglia dai filistei, dove sia il cognato e il marito morirono. Questa donna era incinta e a queste brutte notizie, partorì prematuramente. Chiamò il figlio “Icabod” che significa “senza gloria”, o “non più gloria”.
Cosa era accaduto? Vi era stata una battaglia tra i filistei e gli israeliti, gli anziani d’Israele dissero di portare l’arca del patto in battaglia così il Signore li avrebbe salvati dai nemici (1 Samuele 4:1-3). Pensando di portare l’arca, il simbolo della presenza del Signore avrebbero vinto. Ma così non è stato! Il Signore non può essere manipolato affinché concede il Suo favore! Dio non è un portafortuna e non dovrebbe mai essere trattato come tale, e nemmeno pensare che certi simboli religiosi possono essere usati magicamente come talismani per la protezione.
L'obbedienza è la chiave per sperimentare il favore di Dio, come chiarisce l'antico elenco di benedizioni e maledizioni dell'alleanza (cfr. per esempio Deuteronomio 28) e come Gesù insegna ai suoi discepoli (Giovanni 15:1–17).
L’arca era il simbolo della presenza di Dio (cfr. per esempio Esodo 25:10–22; 29:43; 37:1–9; 40:34-35; Deuteronomio 5:24; 1 Re 8:11; Ezechiele 10:18; Osea 10:5). Quindi, con la perdita dell’arca, si vuole indicare la presenza stessa di Dio che va via da Israele. 
“Gloria" (kabod) si riferisce alla presenza gloriosa del Signore, allo splendore tremendo della presenza invisibile di Dio; rappresenta la presenza di Dio che dimora nel tabernacolo (cfr. per esempio Esodo 25:8; 29:44–46; Salmo 26:8).

Filippesi 3:20: L’appartenenza differente

 Filippesi 3:20: L’appartenenza differente
Come cristiani, cosa ci rende diversi dalle persone di questo mondo?
È la nostra appartenenza: la nostra cittadinanza è nei cieli!

I veri cristiani hanno prospettive migliori di chiunque altro: la certezza di andare in cielo perché la loro cittadinanza è nei cieli!!
Questa certezza influenza e determina il loro comportamento, cioè vivono sulla terra secondo la loro cittadinanza celeste!

Se sei un vero cristiano ti sei scontrato diverse volte con le persone di questo mondo sui valori, sulla visione, sull’etica, e ti sei sentito a volte scoraggiato, o frustrato, o non accettato a causa della tua identità in Cristo.

Lo scontro di culture, visioni e comportamenti tra il Regno di Dio e il regno di questo mondo può essere demoralizzante per noi credenti, ma questo conflitto è un segno che la nostra cittadinanza è nei cieli, prova il nostro rapporto con Gesù Cristo. 

Il mondo ama ciò che è suo, e tu come discepolo di Gesù Cristo, non fai più parte del mondo (cfr. per esempio Giovanni 15:19).

In questo versetto vediamo, la causa, la contrapposizione e la cittadinanza.

1 Samuele 4:7: Il simbolo dell’arca del patto

 1 Samuele 4:7: Il simbolo dell’arca del patto
“I Filistei ebbero paura, perché dicevano: ‘Dio è venuto nell'accampamento’. Ed esclamarono: ‘Guai a noi! Poiché non era così nei giorni passati’.
La frase dei filistei: “Dio è venuto nell'accampamento” si riferisce all’arca del patto.
L’arca del patto era l'oggetto più sacro nella religione di Israele. Questo oggetto a forma di scatola, era ricoperto d'oro e conteneva memoriali dell'esodo, in particolare le tavole di pietra contenenti i dieci comandamenti e un contenitore di manna. Due cherubini erano montati sul suo coperchio, le loro ali si toccavano sul suo centro, dove ogni anno il sommo sacerdote spruzzava sangue sacrificale nel giorno dell'espiazione. L'arca doveva essere custodita nella stanza interna del tabernacolo (cfr. per esempio Esodo 25:10-22; 30:6; 37:1-9; Deuteronomio 10:1-5; Ebrei 9:4), ed era dove il Signore rivelava la sua volontà ai suoi servi (Mosè: Esodo 25:22; 30:36; Aronne: Levitico 16:2; Giosuè: Giosuè 7:6), in questo modo serviva come simbolo della presenza divina che guidava il Suo popolo (1 Samuele 4:4,21-22; 6:19-20; 2 Samuele 6:2).
Filistei e israeliti sono in guerra. Sono schierati per la battaglia, vincono i filistei uccidendo quattromila uomini. Gli anziani d’Israele accreditano la loro sconfitta al Signore; così decidono di andare a prendere l’arca del patto e portarla in mezzo all’esercito israelita con lo scopo che il Signore li salvasse dai nemici. 
Così gli israeliti presero e portarono l’arca del patto del Signore degli eserciti con Ofni e Fineas, i figli di Eli, sacerdoti corrotti in mezzo al loro esercito (cfr. 1 Samuele 2:12-25).
Quando i filistei seppero dell’arca del patto ebbero paura perché, secondo loro, ora non affronteranno un esercito umano, ma il potere del dio associato all'idolo, che combatterà contro i loro nemici.
I filistei riconoscevano l’arca in qualche modo, come l’equivalente di un’immagine, o di un idolo (cfr. 1 Samuele 5:2) che aveva una presenza potente divina, infatti supponevano che Dio fossero gli dèi (cfr. per esempio 1 Samuele 4:8). I filistei avevano sentito dire della potenza di Dio (secondo loro dèi), di ciò che aveva fatto agli egiziani (anche altre nazioni sono state profondamente colpite da questo - Giosuè 2:9; 5:1; 2 Re 5:15; Giona 1:14), la Sua presenza faceva la differenza, nei giorni passati della loro vittoria non era così, Dio non c’era e loro avevano vinto. 

Salmo 40:1: Aspettando la risposta con fede

Salmo 40:1:  Aspettando la risposta con fede 
“Ho pazientemente aspettato il SIGNORE, ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido”.

Dai vv.1-10 Davide ringrazia il Signore perché ha risposto alla sua preghiera, ma è anche una testimonianza su Dio, testimonia la grande liberazione che ha operato per lui in risposta alla sua preghiera, ma non lo ha fatto subito (vv. 1–3).

“Ed egli si è chinato su di me”, è un’espressione davvero molto bella e significativa.

Questa immagine antropomorfica indica che il Signore si è abbassato per ascoltare il grido di Davide, ha teso il “Suo orecchio” (cfr. per esempio Salmi 17:6; 31:2; 39:12), come quando qualcuno si piega in avanti per ascoltare ponendo l’orecchio vicino alla bocca di chi parla per sentirlo meglio.

Dio è attento a chi umilmente si avvicina a Lui!

In Isaia 57:15 leggiamo: “Infatti così parla Colui che è l'Alto, l'eccelso, che abita l'eternità, e che si chiama il Santo. ‘Io dimoro nel luogo eccelso e santo, ma sto vicino a chi è oppresso e umile di spirito per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore degli oppressi’”. 

Il Dio trascendente è anche immanente, è presente nella vita degli umili!
Dio resiste ai superbi, ma fa grazia agli umili! (Giacomo 4:6; 1 Pietro 5:5).

Il Signore è vicino a chi dipende da Lui! 

Osea 2:3-5: La determinazione a rimanere infedeli

 Osea 2:3-5: La determinazione a rimanere infedeli
Hai mai pensato alle cose che trafiggono il cuore di Dio? 
Una di queste è l'idolatria!

Friedrich H. Jacobi disse: “Dove finisce l'idolatria, lì inizia il cristianesimo; e dove inizia l'idolatria, lì finisce il cristianesimo”.

Dopo aver rimproverato le prostituzioni e gli adulteri spirituali d’Israele simboleggiato dalla moglie di Osea, Gomer, ora il Signore per bocca di Osea minaccia il giudizio su Israele se il popolo non prende sul serio la Sua esortazione a ravvedersi, se rimane determinato a essere infedele.

Noi in questi versetti vediamo la condanna e la convinzione.

Cominciamo con:
I LA CONDANNA (vv.3-5) 
Se la moglie di Osea, quindi Israele, non abbandona la sua idolatria sarà condannata. 

Consideriamo:
A) La caratteristica della condanna (v.3) 
Nel v. 3 è scritto: “Altrimenti, io la spoglierò nuda, la metterò com'era nel giorno che nacque, la renderò simile a un deserto, la ridurrò come una terra arida e la farò morir di sete”.

Osea 2:2: Israele è chiamato al ravvedimento

 Osea 2:2: Israele è chiamato al ravvedimento
In Inghilterra, due donne stavano parlando dei loro mariti in un ristorante londinese alla moda, e mentre mostravano le foto dei loro mariti, si sono rese conto di aver sposato lo stesso uomo! 
L’uomo infedele, per questo motivo è stato arrestato e imprigionato per cinque anni.

La storia che troviamo in Osea, è anche la storia di infedeltà coniugale di sua moglie, Gomer, che illustra l’infedeltà d’Israele che segue i suoi vari amanti, divinità pagane Cananee (Baal).
 
In questo versetto, Israele è chiamato al ravvedimento dalle sue prostituzioni e adulteri spirituali con gli idoli.

Dal ristabilimento di Osea 1:10-2:1 si passa a scene di tensione, alienazione e rimprovero in Osea 2:2-13, per poi passare a un quadro estremamente positivo, quindi nuovamente di ristabilimento per il favore di Dio (Osea 2:14-23).

Osea 2:2-13 descrive il rapporto d’Israele con Dio, una relazione tumultuosa di una moglie infedele, con le sue infedeltà passate e presenti con i suoi amanti spirituali (Baal), infedeltà rappresentata tra Gomer, moglie del profeta Osea e Osea stesso.

Prima il Signore espone la Sua disapprovazione e giudizio per il comportamento infedele di Israele (Osea 2:2-5), al quale si richiede un cambiamento nella prospettiva e nel comportamento personale, un ravvedimento.

Poi avverte dell'azione che deve necessariamente intraprendere contro di lei se persiste nella sua infedeltà (Osea 2:6-13). 

Noi, in questo versetto vediamo il comando, la causa e il cambiamento.

Deuteronomio 1:29-33: Il Signore è con te!

Deuteronomio 1:29-33: Il Signore è con te! 
Nel romanzo “In Requiem for a Nun A Play”, William Faulkner a uno dei suoi personaggi gli fa dire: “Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato".

Nella vita cristiana, ricordare gli errori del passato sia nostri, o degli altri e come Dio ha operato è importante, perché possiamo crescere spiritualmente e la nostra fede può essere fortificata, o stimolata nell’affrontare le nostre sfide.
Il passato, in questo senso, non deve mai morire! 
Soprattutto come Dio si è manifestato, come ha operato nella storia!

Così dalla storia di Dio con il popolo d’Israele, da questa storia passata, possiamo imparare delle verità che rafforzano la nostra fede nel Signore e possiamo essere incoraggiati nelle sfide che ci aspettano.

Mosè stava ricordando al popolo di Israele la storia dei loro padri nel viaggio dall’Egitto fino al Giordano e di come si rifiutarono di prendere possesso di Canaan per paura degli Amorei e degli Anachiti (cfr. Numeri 13-14).
Ora la nuova generazione aveva la loro stessa opportunità di conquistare Canaan e la stessa possibilità di rifiuto dei loro padri.
Mosè voleva che la nuova generazione non ripetesse gli stessi errori!

In questi versetti vediamo due aspetti: il richiamo e la rassicurazione.

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