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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Come liberarsi dal senso di colpa (3)

 Al di sopra dei problemi
Come liberarsi dal senso di colpa (3)
Stiamo studiando su come essere liberi dal senso di colpa, dall’esempio dal re Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14; 2 Samuele 23:1; Atti 13:22), eppure ha commesso adulterio e omicidio.
Per quasi un anno, Davide si rifiutò persistentemente di affrontare i suoi peccati, alla fine, Dio mandò il profeta Natan ad affrontarlo, ed egli alla fine si pentì (2 Samuele 12).
Questo è l’ultimo messaggio a riguardo.
I sensi di colpa possono essere una bussola affidabile, che ci indica quando abbiamo fatto qualcosa di sbagliato e ci spinge e guida a fare ammenda e a cercare il perdono di Dio.
Ci possono aiutare a crescere moralmente e spiritualmente.
Ma possono anche essere come un ingranaggio arrugginito che ci blocca e ci rende incapaci di progredire nella nostra vita, possono ostacolare la nostra crescita e il nostro benessere psicofisico spirituale.
Come un orologio rotto che scorre in modo irregolare e incontrollabile, i sensi di colpa possono farci sentire come se fossimo bloccati nel passato, incapaci di andare avanti.
I sensi di colpa, possono tormentarci e condannarci anche quando non c'è motivo di farlo.
La chiave per comprendere i sensi di colpa è capire la differenza tra la giusta condanna e la falsa accusa.
La giusta condanna viene dallo Spirito Santo ed è basata sulla legge di Dio.
La falsa accusa viene dal diavolo che ci vuole far credere di essere senza speranza.
I LA RICHIESTA
Nel Salmo 51, vediamo l'urgenza di Davide nel volere essere liberato dal peso del peccato; si sente oppresso dalla sua colpa e desidera ardentemente la grazia purificatrice e rinnovatrice di Dio.
Non solo le persone hanno bisogno di trovare il perdono perché peccano, ma hanno bisogno del dono del perdono completo di Dio!
Davide non solo riconosce il proprio peccato, ma chiede anche di essere purificato.
Nel Salmo 51:7 leggiamo: “Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve”.
Davide qui usa il termine “issopo” metaforicamente.
Davide vuole essere purificato con issopo e sarebbe diventato puro.
“Purificami” (tĕḥaṭṭĕʾēnî - piel imperfetto attivo iussivo) è rendere puro, o libero dal peccato, o dalla colpa.
Noi troviamo questa parola per indicare l'atto di offrire l'offerta di purificazione, che purificava l'altare, o altri oggetti nel tempio, dalla contaminazione del peccato, o dell'impurità rituale.
L’enfasi dell’atto è sull’effetto purificante del sangue sopra dove veniva applicato (cfr. per esempio Esodo 29:36; Levitico 8:15; 9:15; Numeri 19:19).
A proposito Benjamin J. Snyder scrive: “Purificava l’altare e gli altri oggetti del tempio dagli effetti del peccato o dell’impurità rituale involontaria da parte dei sacerdoti, affinché la presenza di Dio potesse rimanere in mezzo al Suo popolo”.
Così l'uso di questa parola nel Salmo 51:7 è notevole, perché l'autore chiede di essere purificato dal peccato proprio come lo era l'altare!
Il verbo “purificami” indica fare in modo che Dio lo facesse diventare puro.
Davide sta chiedendo a Dio con una certa urgenza, di purificarlo non solo una volta, ma completamente e ripetutamente.
Il verbo “purificami” esprime il forte desiderio e volontà di Davide a essere purificato.
Albert Barnes scriveva: “L'idea del salmista qui evidentemente non è che la semplice aspersione con issopo lo renderebbe puro; ma prega per quella purificazione di cui l'aspersione con issopo era un emblema, o che doveva essere rappresentata da esso”.
Lo stesso modo come per “purificami”, è “lavami” (tĕkabbĕsēnî - piel imperfetto attivo iussivo), dove il peccato è rappresentato come una contaminazione, come qualcosa di sporco.
La radice del verbo significa “calpestare”, che era il mezzo per lavare i panni.
La parola si riferisce più spesso al lavaggio dei panni (cfr. per esempio Genesi 49:11; 2 Samuele 19:24).
Quindi, l'immagine che troviamo è l'azione di lavare un indumento ai fini della purezza rituale e si riferisce metaforicamente al lavaggio del peccato.
Questo verbo ricorre principalmente nel Pentateuco, dove si riferisce sempre al lavaggio di un indumento ai fini della purezza rituale (Esodo 19:10,14; Levitico 6:27; 11:25,28,40; 14:8–9, 47; Numeri 8:7,21; 31:24).
Nella letteratura sapienziale e profetica è usato solo metaforicamente in riferimento al peccato (Geremia 2:22; 4:14; Malachia 3:23).
Nel Salmo 51:2,7, la parola si riferisce alla purificazione interna del cuore da parte di Dio.
Davide chiede a Dio di essere lavato e sarebbe diventato più bianco della neve (cfr. per esempio Isaia 1:18).
Il verbo forma un paragone, il colore bianco significa purezza e santità, esente dal peccato, in contrapposizione, allo scarlatto del peccato come in Isaia 1:18.
La neve è una similitudine di candore, di freschezza, di brillantezza e purezza.
Allen Ross scrive: “L'espressione usa una costruzione comparativa, più bianca della neve; e il punto della similitudine è che la neve può essere pura, pulita e luminosa, ma il peccatore perdonato è più puro, pulito e luminoso”.
I lebbrosi guariti dovevano essere purificati con issopo, insieme al sacrificio di due uccelli, scarlatto e legno di cedro (Levitico 14:4-7), oppure coloro che toccavano un cadavere (Numeri 19:6,18).
Il rito di purificazione con issopo lo vediamo tempo prima in Esodo 12:21-22 quando s’immolò per la prima volta la Pasqua, quando un mazzetto d’issopo s’immergeva nel sangue dell’agnello pasquale che era versato in un catino, e si spruzzava davanti le porte dove abitavano gli ebrei, così il Signore passava oltre e non colpiva gli Ebrei con il Suo giudizio.
Tutto questo ricorda che il sangue di Gesù che ci purifica da ogni peccato (cfr. per esempio Giovanni 1:29; Ebrei 9:22; 1 Giovanni 1:7).
Nascondere i peccati può avere un impatto negativo sulla nostra salute spirituale ed emotiva. 
Sia che non li confessiamo, sia che non ci liberiamo dal senso di colpa dopo averli confessati, ci imprigioniamo in una sofferenza che può ostacolare la nostra crescita e il nostro benessere.
Le diverse forme di resistenza al perdono sono:
L’orgoglio, infatti alcuni, per orgoglio, non ammettono di aver peccato, negando la propria responsabilità e alimentando un senso di superiorità illusoria.
Altri sono increduli, infatti non credono realmente nel perdono di Dio, convinti che i loro peccati siano troppo gravi per essere perdonati, dubitano, o non sono consapevoli della grazia di Dio.
Altri assumono il ruolo di giudici, applicando criteri umani e limitati alla valutazione del peccato. 
In questo modo, si ergono a superiori di Dio, ignorando la sua infinita capacità di amore, grazia e compassione.
Confessare i propri peccati e accogliere il perdono di Dio sono due passi fondamentali per la guarigione spirituale e la crescita emotiva. 
Riconoscendo le nostre mancanze con umiltà e sincerità davanti a Dio, riceviamo il Suo perdono di grazia e la liberazione dal peso della colpa.
Il vero credente è consapevole che in virtù del sacrificio di Cristo i Suoi peccati sono perdonati!
In 1 Corinzi 6:9-11 troviamo una verità meravigliosa per un vero cristiano: “Non v'illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio”.
Questi versetti ci ricordano la serietà del peccato e la necessità di una vita santa.
Sottolineano la santità di Dio, che non può tollerare il peccato.
Tuttavia, ci mostrano anche la grandezza della grazia di Dio che può perdonare anche i peccati più gravi e trasformare la vita di una persona.
Non è un semplice cambiamento morale, ma di una trasformazione interiore che rende le persone nuove creature in Cristo (cfr. per esempio 2 Corinzi 5:17).
Tuttavia, evidenzia anche la Sua misericordia infinita, che offre il perdono e la salvezza a chiunque si pente e si rivolge a Lui.
Dopo aver parlato dello stato di peccato che avevano i credenti di Corinto, Paolo dice che sono stati lavati, santificati e giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo (e non di altri) e mediante lo Spirito di Dio.
Questi tre verbi: “lavati, santificati e giustificati”, indicano la salvezza che i credenti di Corinto hanno sperimentato attraverso il potere di Gesù e del Suo Spirito.
Interessante il verbo: “Siete stati giustificati” (edikaiōthēte) si riferisce al tempo in cui essi furono accettati da Dio come giusti; indica la dichiarazione legale (parola usata per coloro che erano assolti in tribunale) di Dio che coloro che gli appartengono, sono giusti al Suo cospetto per la fede nel sacrificio propiziatorio di Gesù Cristo sulla croce (cfr. per esempio Romani 3:21-26) e per i Suoi meriti (di Cristo, 2 Corinzi 5:21).
Meravigliooooso!!!
Dio ci salva indipendentemente da ciò che possa essere stato il nostro stile di vita, Dio ci perdona per mezzo del Figlio e ci fa i Suoi particolari figli redenti.
Qualcuno potrebbe dire se il credente è stato giustificato in Cristo una volta è per sempre, che bisogno c’è di confessare i peccati quando li commettiamo?
1 Giovanni 1:8-10 si riferisce ai credenti, e in questi versetti è insegnato che i credenti sono chiamati a confessare i loro peccati, ma per quale motivo?
Il motivo è per ristabilire la comunione con Dio.
Il peccato crea una barriera tra noi e Dio, ostacolando la nostra comunione con Lui (cfr. per esempio Isaia 59:1-2). 
La confessione è un atto di umiltà e pentimento che ci permette di riconoscere le nostre mancanze e di chiedere perdono a Dio. 
In questo modo viene ripristinata la nostra relazione con Dio secondo la Sua grazia.
L’accusatore (cfr. per esempio Zaccaria 3:1-4; Apocalisse 12:10), il diavolo, vuol far credere ai veri credenti, che Dio non perdona i loro peccati e non li ama più, la confessione dei peccati ci aiuta a contrastare le sue accuse e a rafforzare la nostra fede nell'amore di Dio.
In questo senso di responsabilità nel confessare i peccati, i credenti con fede e umiltà devono riconoscerli afferrando il vero vangelo della grazia e dell’amore eterno di Dio manifestato nella persona e opera di Cristo!
Horatio Spafford scrisse: “Il mio peccato - oh, beatitudine di questo meraviglioso pensiero, il mio peccato - non in parte, ma tutto intero, è inchiodato sulla croce e io non lo porto più, loda il Signore, o anima mia”.  
Dobbiamo essere consapevoli che le promesse riguardo il perdono dei peccati sono certe nella Bibbia (cfr. per esempio Salmo 103:12; Isaia 1:18; 38:17; 43:25; 44:22; Geremia 31:34; Michea 7:19).
In 1 Giovanni 1:9 leggiamo: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.
La “confessione” (homologeō) è ammettere a Dio i tuoi peccati chiamandoli per nome e chiedergli perdono per questi!
Ammettere i nostri peccati davanti a Dio significa riconoscere la nostra necessità di perdono e la nostra incapacità di salvarci da soli.
È il primo passo verso la guarigione e la restaurazione spirituale.
Se lo facciamo, possiamo essere sicuri del perdono e della purificazione perché Dio è fedele e giusto.
La fedeltà sta nel fatto che quanto Lui promette mantiene e Lui ha promesso il perdono dei peccati.
La giustizia consiste nel fatto che, se le condizioni sono soddisfatte, Dio non può negare il perdono.
Le condizioni soddisfatte sono nel fatto che Dio perdona in base al sacrificio di Gesù (Romani 3:23-25).
Dio è fedele e giusto da perdonarci i peccati, non perché noi lo meritiamo, ma perché Gesù Cristo è morto sulla croce per i nostri peccati.
Quindi Dio cancella i nostri peccati se sono confessati nel nome del Signore Gesù Cristo!
Il senso di colpa sparisce quando si vedono i propri peccati alla luce del perdono acquistato da Cristo, quando abbiamo afferrato la profondità della grazia e della potenza del perdono di Dio in Gesù Cristo.
Paolo certamente, prima che Gesù lo chiamò sulla via di Damasco, non era certamente una brava persona perché era un bestemmiatore, un uomo violento che perseguitava i cristiani (1 Timoteo 1:13), ma Paolo è un esempio di come un peccatore possa essere perdonato dalla grazia e dalla misericordia di Dio!
In 1 Timoteo 1:15-16 leggiamo: “Certa è quest'affermazione e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti, in seguito, avrebbero creduto in lui per avere vita eterna”.
In questo versetto vediamo la certezza incrollabile con cui Paolo afferma la venuta di Cristo nel mondo per salvare i peccatori.
Non si tratta di un'opinione, o di una speranza vaga, ma di una verità fondamentale storica su cui si basa l'intera fede cristiana.
Dio non solo perdona i nostri peccati, ma ci offre la grazia di vivere una vita nuova in Cristo: da persecutore della chiesa, Paolo diventa un apostolo zelante e un modello di fede per tutti i cristiani (1 Timoteo 1:12).
Paolo è un esempio di come la grazia di Dio può trasformare una vita!
Paolo, il "primo dei peccatori", dimostra la grandezza della grazia e della misericordia di Dio.
Dio è pronto a salvare chiunque, anche chi si è macchiato di gravi colpe e di dargli una nuova opportunità, e il perdono nella vita di Paolo ci insegna che avremo desiderio di vivere per Dio (cfr. per esempio Filippesi 1:21).
Non importa quanto grande possa essere il tuo peccato, l’amore di Dio è ancora più grande!
Dobbiamo semplicemente accogliere il perdono di Dio con fede e pentimento sincero, e lasciarci avvolgere dalla Sua infinita misericordia!
Il perdono del Dio di grazia può cancellare ogni tuo peccato e darti una nuova vita!
Se siamo consapevoli di essere stati perdonati da Dio, non solo non vivremo nel senso di colpa, ma la nostra vita sarà caratterizzata dalla gratitudine, dall'amore verso Dio, e dal desiderio di vivere in modo da onorarlo, e lo serviremo con zelo!
 
Dopo la richiesta; Davide chiede:
II IL RINNOVAMENTO
Nella sua confessione Davide chiede a Dio di fargli sentire di nuovo canti di gioia e letizia, e le ossa che Dio ha spezzate esulteranno.
Nel Salmo 51:8 è scritto: “Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate”.
Ciò che Davide voleva sentire era la voce gentile di Dio nel pronunciare il Suo perdono; non la voce della Sua ira e giudizio.
Dio lo aveva giudicato, anche la Sua legge, così come anche la propria coscienza.
Il risultato era angoscia e dolore.
Il peso era grande e opprimente, tale da schiacciarlo e da rompere tutte le sue “ossa”.
Desiderava sentire la dolce voce del perdono, grazie alla quale avrebbe potuto rallegrarsi.
Quando siamo consapevoli di avere offeso qualcuno, che lo abbiamo deluso in qualche modo, aspettiamo con ansia la sua risposta, sperando che ci assicuri il suo perdono e che le vada oltre l'offesa.
In modo analogo Davide spera in una risposta da parte di Dio, di una rassicurazione che lo accetti.
Questo versetto è un grido di un cuore pentito.
Esprime il grande desiderio di Davide di sentire nuovamente la gioia e la letizia del perdono di Dio.
Riconosce che il suo peccato ha rotto la sua relazione con Dio, lasciandolo in uno stato di profondo dolore.
Le ossa spezzate si riferisce a tutta la persona e non indica necessariamente una malattia fisica, ma può anche essere la tristezza per la colpa del peccato o la depressione a causa del peccato.
La “gioia e letizia” secondo lo studioso Allen Ross si riferiscono molto probabilmente alle lodi che venivano offerte nel santuario, al quale egli voleva unirsi, come chiarirà il salmo.
Ma nella sua condizione spirituale non poteva entrare e partecipare, o se lo facesse non sarebbe significativo o piacevole.
Quindi quello che aveva bisogno di sentire era il perdono da Dio, perché allora Dio gli avrebbe fatto ascoltare le lodi.
Allen Ross facendo una parafrasi a riguardo scrive: “Dimmi che sono perdonato affinché io possa entrare di nuovo nel santuario dove posso sentire la gioia e la letizia”.
La gioia è il risultato dell’opera di Dio nelle persone (cfr. per esempio Isaia 65:17-18).
Solo Dio può darci la gioia, di conseguenza al perdono che dona.
James Hamilton scrive: “Esiste una profonda connessione tra il nostro peccato e il nostro umore. La santità fa davvero la felicità e il peccato rovina tutto”.
Insieme alla disapprovazione di Dio, il peccato porta giudizio, metaforicamente descritto come le ossa rotte (cfr. per esempio Salmo 32:3), quindi il Suo perdono e quindi l’accoglienza porta la gioia del cuore.
Sempre James Hamilton scrive: “La richiesta che le ossa che Dio ha schiacciato possano gioire rivela che la pesante mano della disciplina di Dio si è abbattuta su di lui, schiacciando le sue ossa. Ma ancora una volta, Davide crede che il pentimento, la confessione e la petizione possano portare a una misericordia che purifica, guarisce, risana e rallegra”.
La gioia è più di un’espressione emotiva è una conseguenza del rapporto con Dio e quindi che questo rapporto è ristabilito, che si ha la sicurezza di essere stati riconciliati con il Signore e di avere pace con Lui (cfr. per esempio Romani 5:1,9-11), quindi la gioia della salvezza! (cfr. per esempio Salmo 51:12; 9:14; 13:5; 35:9).
Sempre Allen Ross sulla frase “esulteranno quelle ossa che hai spezzate” scrive: “E questo significa che il suo spirito, tutta la sua persona, che è stata depressa dal suo peccato e dalla sua colpa, sarebbe liberata per godere e partecipare alla gioia nel santuario”.
Dunque, la richiesta di preghiera per il rinnovamento, che possa di nuovo gioire ed esultare si riferisce al perdono e alla promessa della salvezza.
In Filippesi 3:13 leggiamo quali applicazioni possiamo trarre dalla vita dell’apostolo Paolo che ci sono di aiuto per noi oggi: “Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti”.
Dal contesto di Filippesi 3 Paolo parla in generale di ciò che era e faceva prima di diventare cristiano.
Paolo, nonostante la sua profonda conoscenza spirituale e le sue innumerevoli esperienze spirituali, non presume di aver già raggiunto la perfezione.
Riconosce che il suo cammino di crescita spirituale è ancora in corso.
Questa umiltà ci insegna a non sentirci mai "arrivati", ma a mantenere un atteggiamento di apertura e di costante ricerca per la crescita spirituale.
Inoltre, l'apostolo non si lascia ingabbiare dai suoi fallimenti, peccati ed errori del passato.
Sceglie di "dimenticare le cose che stanno dietro", non per cancellarle dalla memoria, ma per non permettere loro di ostacolare il suo progresso spirituale.
Paolo si protende "verso quelle cose che stanno davanti", concentrandosi sulla crescita e sul raggiungimento dei suoi obiettivi spirituali, corre verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù (Filippesi 3:14).
Paolo è un esempio di come dovremmo orientare il nostro sguardo verso il futuro, con speranza e determinazione, e non essere bloccati nel passato!
L’insegnamento anche per noi oggi cristiani è di dimenticare le cose che stanno dietro, che sono accadute, successi e fallimenti, trionfi e miserie, quindi anche i sensi di colpa, altrimenti saranno come una zavorra per il nostro cammino spirituale, dobbiamo guardare in avanti!
Noi come l’apostolo Paolo dobbiamo essere determinati a dimenticare le cose del passato perché possono paralizzarci con sensi di colpa, oppure gonfiarci di orgoglio per qualcosa che abbiamo fatto in male o in bene.
L’immagine che troviamo nei vv.13-14 è quella di un corridore che cerca di proseguire con tutte le forze, con tutti i muscoli e la concentrazione, la corsa guardando alla meta e al premio, e non è distratto da altre cose.
Non è chiaro se la meta si riferisce alle cose che si trovano tra lui e il suo obiettivo, alle conquiste spirituali, quindi alla perfezione che non ha ancora raggiunto, i progressi ancora da compiere, oppure  alla piena conoscenza di Cristo, o al giudizio finale e alla risurrezione che comprenderà anche la ricompensa dei credenti fedeli (1 Corinzi 3:14; 9:25; 2 Timoteo 4:8), quindi la gloria, il paradiso, la vita eterna (Filippesi 3:14, 20-21; Galati 4:26; Colossesi 3:1-2; Giovanni 3:16).
Comunque sia l’insegnamento che abbiamo è: non dobbiamo concentrarci sui fallimenti del passato, ma sulla meta che Dio ha per noi.
Il diavolo vorrà sempre ricondurci al nostro passato e accusarci, ma la nostra visione deve essere proiettata verso il futuro, al cielo quando saremo alla presenza di Dio (cfr. per esempio Giovanni 14:1-3).
Dopo che Davide chiede di essere rinnovato, vediamo:
III LA RICONSACRAZIONE
Davide prega per la sua consacrazione come leggiamo sempre nel Salmo 51:10,12: “ Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo...Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga”.
Un’autentica confessione di ravvedimento comporta una preghiera di consacrazione secondo il v.10: "O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo e nelle parole: Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga".
Se vogliamo obbedire a Dio è necessario avere un cuore nuovo di carne e non più di pietra! (cfr. per esempio Geremia 24:7; 31:31-33; 32:39; Ezechiele 11:17-20; 36:25-27).
Immagina di avere un cuore di pietra, freddo e insensibile. 
Come potresti udire la voce di Dio, come potresti percepire la sua infinita bontà e rispondere ai suoi comandamenti? 
Sarebbe impossibile!
Un cuore di pietra è impermeabile all'amore e alla voce di Dio, incapace di provare sentimenti positivi verso di Lui!
Ma Dio, nella Sua infinita misericordia, ci dona un cuore nuovo: un cuore di carne, vivo e vibrante, capace di risuonare al tocco del suo amore!
Un cuore che palpita di gioia al cospetto del Signore, che sospira per la Sua presenza e che obbedisce ai Suoi comandamenti con ardore e passione.
Obbedire a Dio non è solo un dovere, è un'irresistibile attrazione per chi possiede un cuore nuovo!
Obbedire a Dio non sarà più un dovere gravoso per chi possiede un cuore nuovo!
L'amore per Dio, che pulsa in questo nuovo cuore di carne, si traduce in obbedienza spontanea (cfr. per esempio Giovanni 14:15, 21-24), libero dalle catene del peccato (cfr. per esempio Giovanni 8:31-36; Romani 6:20-22), pronto a seguire la volontà del Padre con gioia e dedizione (cfr. per esempio Matteo 6:10; 7:21; Romani 12:1-2; Efesini 5:17; 1 Giovanni 2:17).
Le azioni secondo la volontà di Dio nascono dal di dentro, dal cuore (cfr. per esempio Proverbi 4:23; Marco 7:20-23; Giacomo 1:13-15).
Il “cuore” (lēḇ) è il centro dei sentimenti, dei pensieri e della volontà!
Quindi anche delle motivazioni e dei desideri. 
Le nostre azioni dipendono dal cuore! Il cuore è il centro operativo!
Quindi “cuore puro” probabilmente è inteso non tanto a un cuore libero da impurità, ma alla devozione sincera a Dio e alla Sua volontà.
Il verbo “creare” (bārāʾ) nell’uso dell’Antico Testamento, si riferisce solo all’azione divina che produce qualcosa di nuovo ed è sorprendente, indica la sovrana potenza di Dio nel fare qualcosa che sembra impossibile (cfr. per esempio Esodo 34:10; Isaia 48:6-8; Geremia 31:22), come appunto quello di creare un cuore puro, che umanamente parlando è impossibile! 
Non possiamo da noi stessi cambiare la nostra natura (cfr. per esempio Geremia 13:23; 17:9; Romani 7:18), è qualcosa che può fare solo Dio! (cfr. per esempio Ezechiele 36:26; Tito 3:5).
Mentre “rinnova” (chādhash) l’idea di base è quella di ripristinare qualcosa alla sua condizione precedente (cfr. per esempio 2 Cronache 15:8; 24:4,12; Neemia 3:10; Salmo 104:30; Isaia 61:4).
A volte è usato per rivitalizzare un oggetto apparentemente morto (cfr. per esempio Salmo 103:5; Lamentazioni 5:21).
“Spirito” (rûaḥ) indica l’atteggiamento, la volontà, il desiderio.
Lo spirito di una persona ha più o meno lo stesso significato di cuore e sembra essere un sinonimo per indicare la condizione e la direzione della vita di una persona.
“Saldo” (kûn) combina stabilità con dinamismo, significa fermo, stabile, è uno spirito che è costante nella sua devozione a Dio, l’idea è quella di coerenza e lealtà (1 Samuele 7:3).
Se un “cuore puro” indica aprirsi e orientarsi a Dio, invece uno “spirito saldo” è la volontà ferma e costante verso Dio, pronto alla lode (Salmo 57:8), fedele al patto di Dio (Salmo 78:37) e confidare in Dio in tempi cattivi (Salmo 112:7).
Così vediamo anche il significato di “uno spirito volenteroso mi sostenga”.
Si riferisce a uno spirito (rûaḥ) di supporto, di aiuto (sostenga-sāmakh), il provvedere per obbedire a Dio, per fare la volontà di Dio.  
Davide chiede di ricevere un dinamismo nuovo che nasce dal di dentro.
In queste parole vediamo che Davide riconosce che da solo non ce la può fare a essere obbediente a Dio; quindi, in queste parole vi è la consapevolezza della natura umana e la richiesta di una completa trasformazione interiore da parte di Dio e orientata a Dio, con il desiderio di un dinamismo interiore che supporti l'obbedienza a Dio.
A proposito di questi due versetti Artur Weiser dice: “Dietro di esse (v.10) sta l’amaro riconoscimento che l’uomo da solo non può fare il bene, poiché questo significherebbe per lui addirittura la propria vittoria del suo stesso io. La supplica per un cuore nuovo corrisponde e sgorga dalla profonda conoscenza della natura umana…:se il peccato è parte della ‘natura’ dell’uomo, la vittoria su di esso è possibile solo se Dio crea una nuova natura secondo il suo intendimento; e se l’uomo deve vincere se stesso, questo non gli è possibile con le sue forze, ma solo mediante uno spirito fermo, che Dio gli dona”.
E ancora riguardo il v.12 il Weiser afferma: “…il fare la volontà di Dio, lo spirito di ‘disposizione’, l’uomo non li produce da sé. Se l’anima non è nutrita dalla forza di Dio, l’uomo non può andare oltre un’obbedienza servile nutrita dall’angoscia”.
CONCLUSIONE
In conclusione, il percorso di Davide dalla richiesta del perdono, attraverso il desiderio di rinnovamento fino alla riconsacrazione del suo cuore e spirito, ci offre una lezione preziosa sulla via della libertà dal senso di colpa.
Davide, pur avendo commesso gravi peccati, non si è lasciato sopraffare dal senso di colpa.
Ha invece affrontato il suo fallimento di fronte a Dio con umiltà e sincerità, chiedendo perdono e desiderando un cuore puro e uno spirito saldo.
La sua preghiera ci insegna che il vero ravvedimento non è solo qualcosa di superficiale, ma un cambiamento interiore profondo, che porta alla consapevolezza della nostra dipendenza da Dio per il perdono e per la forza di vivere una vita santa.
Se vogliamo sperimentare la vera libertà dal senso di colpa e godere della gioia della comunione con Dio, la confessione dei nostri peccati e il desiderio del perdono di Dio, devono essere accompagnate da un pentimento e desiderio sincero di trasformazione interiore e di consacrazione totale a Dio.
Perciò, prendiamo esempio da Davide nel suo cammino di rinascita spirituale.
Confessiamo i nostri peccati, chiediamo perdono con sincerità e chiediamo a Dio di crearci un cuore puro e uno spirito saldo.
Solo così potremo vivere una vita di gioia e libertà nel Signore.


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