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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Neemia 8:10: La motivazione a non essere tristi!

 Neemia 8:10: La motivazione a non essere tristi!
Un Proverbio Cinese dice: “Una gioia disperde un centinaio di dolori”.
Non so se è veramente così, ma di certo avere un cuore gioioso porta grandi benefici a una persona e a coloro che stanno accanto a lei.
La gioia certamente è una caratteristica del cristianesimo e deve essere presente in una persona che si dice di esserlo!
Agostino disse: “Il cristiano dovrebbe essere un alleluia dalla testa ai piedi”.
Mentre Northcote Deck afferma con franchezza: “Un cristiano senza gioia è una calunnia contro il suo Maestro”.
In questo versetto vediamo l’esortazione a essere gioiosi e la motivazione per esserlo.
Cominciamo con:
I L’ESORTAZIONE PER NON ESSERE TRISTI
“Non siate tristi”.
Non “siate tristi” (tēʿāṣēbû – nifal imperfetto giussivo passivo) esprime un’esortazione alla volontà a non essere tristi, a non lasciarsi intristire, in questo contesto di Neemia, dai propri peccati.
C’è un tempo per fare cordoglio per i peccati e un tempo per gioire.
Il libro di Neemia ci parla del ritorno degli esuli Giudei in patria da Babilonia per la costruzione delle mura di Gerusalemme.
Il muro fu terminato il venticinquesimo giorno del sesto mese (Neemia 6:15). 
Le riunioni e le feste di metà anno d’Israele si tenevano durante il settimo mese (cfr. per esempio Levitico 23:24-25,27,34), quindi questa era un'occasione adatta per riunire il popolo per celebrare il completamento del muro ricostruito (Neemia 7:73; 8:1) proprio nel tempo della Festa delle Capanne/Tabernacoli.
Celebrata per otto giorni, era la gioiosa festa autunnale di ringraziamento di Israele per la raccolta dall'aia e dal torchio (Esodo 23:16; 34:22; Deuteronomio 16:13–15). 
Ma era da molti anni che non si celebrava (cfr. per esempio Neemia 8:17).
Il suo principale rituale distintivo era di dimorare in capanne in commemorazione della protezione di Dio durante il cammino nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto (Levitico 23:39–43; Neemia 8:13–18).
La "capanna" nella Scrittura non è un'immagine di privazione e di miseria, ma di protezione, conservazione e riparo (Salmo 27:5; 31:20; Isaia 4:6). 
La comunità che si rallegrava comprendeva la famiglia, i servi, le vedove, gli orfani, i leviti e gli stranieri (Deuteronomio 16:13-15).
Su richiesta del popolo, Esdra, assistito da alcuni leviti, lesse la legge e la spiegò al popolo. 
Doveva essere passato così tanto tempo da quando le persone avevano sentito la legge che tutti ascoltarono attentamente (Neemia 8:1–8). 
Mentre ascoltavano la legge erano tristi e piangevano, erano addolorati perché si sentivano mancanti davanti al Signore.
Neemia era preoccupato che la celebrazione, invece di essere un momento di festa gioiosa, si stesse trasformando in un momento di cordoglio e pianto, tradendo così lo spirito della festa.
Piuttosto che il digiuno e il lutto, questo era un giorno di festa gioiosa!
La giornata era consacrata (qāḏôš) al Signore (v.10), era una festa di ringraziamento per Lui (cfr. per esempio Deuteronomio 16:13-15), pertanto meritava di essere celebrata senza tristezza.
Il popolo fece come Neemia aveva detto, perché avevano capito le parole che erano state loro spiegate (Neemia 8:9–12).
Il giorno dopo i capi d'Israele tornarono per ascoltare ancora la legge di Dio (Neemia 8:13). 
Questo portò a sua volta a una celebrazione nazionale su larga scala della Festa delle Capanne/Tabernacoli con il rituale di vivere nei ripari temporanei delle capanne in ricordo del peregrinare dei loro antenati nel deserto senza fissa dimora (Neemia 8:14-18; cfr. Levitico 23:33-43).
Dunque la popolazione in quel giorno non doveva essere triste (ʿāṣaḇ), cioè addolorata emotivamente (cfr. per esempio 1 Samuele 20:34) a causa dei loro peccati (cfr. per esempio Neemia 9:33) con ciò che implicava, cioè la maledizione, il giudizio di Dio.
Joseph Blenkinsopp a riguardo scrive: “La ragione del pianto e del lutto in questo caso è il senso di inadeguatezza e fallimento nei confronti della legge e la minaccia rappresentata dalle maledizioni ad essa allegate”.
Si può paragonare questa reazione del popolo, a quella del re Giosia che fece cordoglio quando udì le parole del libro della legge che avevano appena scoperto e vide che fino a quel momento erano stati disobbedienti, non era stata praticata (2 Re 22:11-13).
Consideriamo ora:
II LA MOTIVAZIONE PER NON ESSERE TRISTI
Neemia invita il popolo a mangiare e a bere, quindi a festeggiare perché era un giorno consacrato al Signore e li esorta dicendo: “Non siate tristi, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
La motivazione allora é: perché la gioia del Signore è la nostra forza.
Vediamo che è:
A) Una gioia provocata
Cosa significa la gioia del Signore? 
Non c’è unanimità nell’interpretazione perché nell’Ebraico la frase è: “Gioia Signore” (ḥeḏwāh Yahweh), quindi non c’è la preposizione “del”, o “nel”, e questo è stato interpretato che la gioia è del popolo per il Signore, o che la gioia è del Signore per il popolo.
Vediamo l’interpretazione:
(1) La gioia del popolo per il Signore
In questa festa consacrata al Signore la popolazione doveva essere gioiosa e piena di gratitudine a Lui nella festa delle Capanne.
Robert Jamieson scrive:“Un profondo senso dei loro peccati nazionali, portato loro in modo impressionante alla memoria dalla lettura della legge e delle sue denunce, colpì i cuori delle persone con dolore penitenziale. Ma nonostante i dolorosi ricordi dei loro peccati nazionali che la lettura della legge risvegliava, il popolo era esortato a custodire i sentimenti di gioia e gratitudine associati a una festa sacra (cfr. Levitico 23:24)”.
E ancora Thomas Derek scrive: “La Festa delle Capanne era un affare di famiglia, con il suo rituale di cibo speciale e prelibatezze. Sicuramente non era il momento di piangere, ma di rendere grazie e ricordare la bontà e la fedeltà di Dio verso Israele (vedere Neemia 8:13–18)”.
Ora, Neemia non stava suggerendo che non si deve mai fare cordoglio per i propri peccati, altri passi incoraggiano a farlo (cfr. per esempio Gioele 2:12-13; Matteo 5:4; Luca 18:13; 2 Corinzi 7:10), ma semplicemente il popolo doveva gioire perché quello doveva essere un giorno di festa e di gioia per la bontà, la grazia, la misericordia e la fedeltà di Dio condiviso da tutti!
John Goldingay scrive: “Il dolore deve lasciare il posto alla gioia, forse perché la lettura avviene nel settimo mese, settembre/ottobre, un tempo in cui si gioisce per la donazione di Dio nel raccolto e si ricordano le azioni di Dio durante l'esodo. Per un giorno del genere, le attività appropriate sono mangiare qualcosa di ricco, bere qualcosa di dolce e condividere con persone che non hanno nulla di preparato; molte delle persone non vivono a Gerusalemme e potrebbero non aver portato con sé tali cibi e bevande, ma la gioia di questa occasione deve essere inclusiva”.
Così una festa consacrata al Signore, scaturisce da ciò che ha dato e ha fatto per il Suo popolo!
Allora è una gioia di riconoscenza, fondata sul rapporto con il Signore, sulla consapevolezza di avere nel Signore bontà, grazia e misericordia nonostante i loro peccati, nonostante non meritavano niente da Lui!
È la gioia che si ha nel considerare che Dio esiste, nella consapevolezza di chi è il Signore, il Suo carattere e le Sue opere, ciò che ha fatto e fa per il Suo popolo, per i Suoi benefici materiali e spirituali.
Parlando di questa gioia, Spurgeon in senso generale per tutti i credenti, disse: “Nasce da Dio e ha Dio per oggetto. Il credente che si trova in uno stato spiritualmente sano si rallegra principalmente in Dio stesso; è felice perché c'è un Dio, e perché Dio è nella sua persona e nel suo carattere ciò che è. Tutti gli attributi di Dio diventano sorgenti di gioia per il credente riflessivo e contemplativo, poiché un tale uomo dice nella sua anima: ‘Tutti questi attributi del mio Dio sono miei: la sua potenza, la mia protezione; la sua saggezza, la mia guida; la sua fedeltà, la mia fondazione; la sua grazia, la mia salvezza’. È un Dio che non può mentire, fedele e vero alla sua promessa; è tutto amore, e nello stesso tempo infinitamente giusto, sommamente santo. Perché, la contemplazione di Dio a chi sa che questo Dio è il suo Dio nei secoli dei secoli, basta a far traboccare di lacrime gli occhi, per la profonda, misteriosa, indicibile beatitudine che riempie il cuore”.
Un figlio di Dio quando pensa a Dio, il suo cuore si riempie di gioia!
Ad Haydn, il grande musicista, una volta gli fu chiesto perché la sua musica religiosa, di chiesa, fosse così allegra, e lui rispose: "Quando penso a Dio, il mio cuore è così pieno di gioia che le note danzano e saltano, per così dire, dalla mia penna, e poiché Dio mi ha dato un cuore lieto, mi sarà perdonato di servirlo con spirito lieto”.
Se noi pensiamo a ciò che il Signore è e alla Sue opere, a ciò che ci ha dato materialmente e spiritualmente in Cristo, come il perdono dei peccati, la salvezza, saremo gioiosi in Lui e per Lui!
È una frase a cui non pensiamo più di tanto, ma è una grande promessa del Signore: “…Io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo” dice Geremia 31:33, una promessa che indica che coloro che fanno parte del Nuovo Patto in Cristo, appartengono a Dio e Dio si prende cura di loro! 
Il popolo salvato da Dio in Gesù Cristo, di cui ne è il mezzo, il mediatore e garante (Matteo 1:21; Atti 4:12; 2 Corinzi 5:19; Colossesi 1:20; Ebrei 5:10; 7:22-8:6; Ebrei 9:15) appartiene a Dio, è di proprietà di Dio. 
Dio ha acquistato la chiesa, tutti i credenti, i Suoi eletti, a caro prezzo, con il sangue di Gesù il Suo popolo! (cfr. Atti 20:28; 1 Corinzi 6:19-20; Efesini 1:4-7), quindi il cristiano è di Sua proprietà e ha i peccati perdonati! (Geremia 31:34; Matteo 26:26-28; Atti 13:38-39; Efesini 1:7). 
Dio si prende cura di coloro che gli appartengono! (cfr. per esempio Salmo 5:11-12; 71:6; 1 Corinzi 10:13; 2 Corinzi 1:10; Romani 8:28; Filippesi 4:19; 1 Pietro 5:6-7).
Dio non abbandonerà mai chi gli appartiene! Mai e poi mai! (cfr. per esempio Salmo 9:10; 37:28; 90:1; 94:14; Ebrei 13:5; Apocalisse 21:3).   
Sono nelle Sue mani e nessuno li rapirà da queste! (Giovanni 10:28-30).
Niente e nessuno li separerà dall’amore di Dio! (Romani 8:35-39).
Sono amati da Dio con un amore eterno! (Geremia 31:3).
Tutto questo è la gioia del Signore!
Ora, la consapevolezza della relazione che si ha con Dio e delle benedizioni che comporta, influisce sulle nostre emozioni, infatti dopo che Neemia disse al popolo di non piangere spiegando i motivi, e il popolo fece festa ed ebbe grandissima gioia (Neemia 8:9–12,17).
È probabile che molti cristiani oggi non sono gioiosi perché non hanno questa consapevolezza!
Allora dovrebbero chiedersi se sono veramente credenti, o dovrebbero studiare più in profondità la Bibbia, e credere a quello che dice riguardo la loro relazione con Dio.
Neemia qui ripete il tema della gioia che si trova anche in Esdra in riferimento alla gioia del popolo (Esdra 3:13; 6:16).
Anche Mosè aveva detto al popolo d’Israele che una volta passato il Giordano, avrebbero abitato il paese e tra le altre cose dice: “Vi rallegrerete davanti al Signore vostro Dio” (Deuteronomio 12:12; cfr. Deuteronomio 14:26; 2 Cronache 29:36; 30:25).
Quindi la gioia e il contrario della tristezza, ed è riferita al popolo.
La popolazione doveva avere gioia per il Signore!
C. S. Lewis scrisse: "La gioia è il serio affare del cielo". 
Dio vuole che siamo gioiosi in Lui!
La gioia è il risultato dello Spirito Santo (cfr. per esempio Neemia 12:43; Giobbe 8:21; Ecclesiaste 2:26; Romani 14:17; 15:13; Galati 5:22).
La gioia è un segno distintivo del cristiano (Atti 13:52; Romani 12:12), una caratteristica del regno di Dio (Romani 14:17). 
La nostra gioia è radicata nel riconoscimento della nostra posizione davanti a Dio in Cristo Gesù, quindi della nostra salvezza dai peccati (Matteo 1:21; Romani 6), dall’ira di Dio (Romani 5:1-2,9-11), la liberazione dal diavolo (Atti 26:18).
La consapevolezza di questa realtà suscita in modo efficace e sostiene la gioia nei cuori di coloro che appartengono a Cristo.
Wallace Benn scrive: “La grazia immeritata di Dio mostrataci nel perdono ottenuto dall'opera espiatrice di Cristo a nostro favore e l'ulteriore benedizione di Dio che ci adotta nella sua famiglia e ci benedice in Cristo con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti (Efesini 1:3) dovrebbe essere per noi una costante fonte di gioia”.
E Thomas Derek ci dice ancora: “Che cosa costituisce una vita fruttuosa e di successo per un cristiano? Non l'acquisizione di cose, o l'accumulo di un certo patrimonio netto economico. I cristiani possono non avere nulla di tutto questo e conoscere ancora un profondo senso di ogni felicità e benessere. Perché? Perché conoscendo il perdono del Signore, la certezza delle sue promesse e la presenza che sostiene lo Spirito Santo, troviamo che queste cose esteriori non hanno alcun significato reale. Ciò che conta è la pace della coscienza e la comunione con Gesù Cristo, che ci chiama amici (Giovanni 15:15). L'incessante ricerca del piacere al di fuori del Vangelo è un vicolo cieco, un vicolo cieco della disperazione”.
Così la causa della gioia nei riguardi del Signore del popolo di Dio è il rapporto che ha con il Signore e le benedizioni che porta. 
Quindi, la gioia del Signore non va confusa con la leggerezza religiosa emotiva, o sentimentale che non ha radice e nemmeno profondità, ma essendo radicata nel Signore, è una gioia teologica e mentale!
James Packer affermava: “La gioia è una condizione che si sperimenta, ma è più di un sentimento; è, principalmente, uno stato mentale”.
In secondo luogo vediamo che è:
B) Una gioia per la protezione
La gioia del Signore è la forza del popolo di Dio!
“Non siate tristi, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
La scoperta del significato della parola Ebraica “forza”, mi ha spiazzato!
A mia grande meraviglia “forza” non si riferisce al vigore spirituale e morale, o alla capacità di affrontare qualsiasi difficoltà!
La parola Ebraica per “forza” (māʿôz) indica “protezione”, “un luogo di rifugio”, “una fortezza”, cioè un posto dove essere al sicuro in una situazione di pericolo.
Per esempio è la stessa parola che troviamo nel Salmo 27:1, dove Davide è fiducioso nel Signore contro i nemici, dice: “Il SIGNORE è il baluardo della mia vita; di chi avrò paura?”
Quindi Dio è spesso descritto come una fortezza del Suo popolo (per la stessa parola vedi 2 Samuele 22:33; Salmo 28:8; 31:2,4; 37:39; 43:2; 52:7; Isaia 17:10. Dio come rifugio - maḥseh- vedi anche per esempio Salmo 46:1-2; 91:2,9).
Nel 1947, i missionari Dick e Margaret Hillis si stabilirono con i loro quattro figli in una provincia Cinese. Nelle vicinanze, una chiesa missionaria si riempiva di quasi mille cinesi ogni domenica. Sarebbe stato un periodo felice senza l'imminente guerra tra Chiang kai-Shek e le forze di Mao Tse-tung.
Un giorno, il capitano nazionalista Hwang disse urgentemente a Dick di fuggire perché i comunisti stavano arrivando e lo incoraggiò a fuggire con la sua famiglia. Ma era troppo tardi. I comunisti avevano fatto saltare tutti i ponti ferroviari. Quella sera gli Hillis udirono i primi spari, e ben presto intorno a loro infuriò la battaglia. Quella notte non dormirono, la trascorsero in preghiera. 
La città cadde e si riempì presto di truppe comuniste.
Poi sorse un nuovo pericolo. Il capitano Hwang, fuori dalle mura della città, stava sparando e lanciando bombe contro i comunisti in città. Il bombardamento si fece più intenso una notte tanto che alcune bombe e proiettili caddero vicino alla casa degli Hillis. 
La casa accanto esplose, uccidendo tutti coloro che vi abitavano, e sembrava che la casa degli Hillis sarebbe stata la prossima. 
La famiglia si rannicchiò in un angolo mentre un'altra granata esplodeva, mandando terra, vetro e mattoni attraverso finestre e muri. 
La casa tremò. I bambini gridarono, momentaneamente assordati. 
La famiglia si preparò a morire; ma i bombardamenti si interruppero bruscamente e gli Hillis si alzarono cautamente dal loro angolo, la stanza era piena di detriti, ma nessuno era ferito.
A poco a poco, mentre Dick metteva a letto ogni bambino, s’inginocchiò accanto alla figlia Margaret Anne e notò un pezzo di carta sporco infilato sotto il suo cuscino. Su di esso erano stampate a grandi lettere infantili queste parole: “Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà (Salmo 46:1)”.
Durante le notti cinesi di terrore, la piccola Margaret Anne si era riposata su un grandissimo versetto di un Dio fedele.
Ma in Neemia 8:10, la protezione di Dio non è la protezione dagli altri, ma Dio protegge il Suo popolo dalla Sua ira!
John Piper commentando questo versetto, parlando dell’infedeltà del popolo scrive: “Questo era il loro dolore. La loro colpa. La loro paura. E la risposta di Neemia 8:10 è questa: c'è un rifugio! C'è una roccaforte. C'è una fortezza. C'è una protezione contro ciò che ti addolora: il tuo peccato e il santo giudizio di Dio. E qual è quella protezione, quella roccaforte? È la tua gioia nel Signore. Quindi, sostituisci il tuo lutto con quella gioia. Vieni al rifugio dal peccato, dalla colpa e dalla santa ira. Lascia il tuo dolore e vieni nella gioia. Entra nella fortezza, nel rifugio. ‘Poiché la gioia del Signore è la tua fortezza’. La gioia in Dio tuo Salvatore è il tuo rifugio”.
Il punto di questo versetto è che per la grazia di Dio, erano stati protetti dalle meritate conseguenze della loro disobbedienza alla legge di Dio!
La grazia e il perdono di Dio, doveva essere il motivo della loro gioia! 
Sebbene avessero peccato, sebbene erano mancanti davanti a Dio, il Signore rimaneva misericordioso come ricorda il salmista: “Egli non ci tratta secondo i nostri peccati, e non ci castiga in proporzione alle nostre colpe. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così è grande la sua bontà verso quelli che lo temono” (Salmo 103:10-11). 
Così la loro protezione proveniva dalla misericordia e grazia di Dio!
Ma c’è anche un’altra interpretazione, che la gioia del Signore è la Sua gioia per il Suo popolo.
La parola Ebraica per “gioia” (ḥeḏwāh), oltre che in questo versetto, si trova solo in 1 Cronache 16:27 dov’è scritto riguardo il Signore: “Forza e gioia sono nella sua dimora”.
Sofonia 3:17 ci dice che il Signore si rallegrerà con gran gioia per il Suo popolo.
In altre parole, questa seconda interpretazione ci dice che la gioia del Signore per il Suo popolo è il fondamento per la speranza che saranno salvati, o protetti dalla Sua ira come ci ricorda Wong: "È la gioia di Yahweh per il suo popolo che è la base per la speranza che saranno salvati, o protetti dalla sua ira".
In questo senso allora la gioia del Signore è la certezza della loro protezione dalle conseguenze della loro negligenza alla Sua legge, una protezione dalla collera di Dio verso i trasgressori della Sua legge (cfr. per esempio Levitico 26; Deuteronomio 27-28).
Anche Gregory Goswell dice qualcosa del genere quando scrive: “Contrariamente all'interpretazione abituale (che la vede come un riferimento alla gioia del popolo nel SIGNORE), l'espressione può significare la gioia che il SIGNORE prova per la disponibilità del suo popolo ad ascoltare e a prestare attenzione alle sue parole (dimostrata dall’assemblea popolare), con la loro ricompensa che avrebbe agito come loro 'rifugio' dai giudizi che avevano meritato per la loro disobbedienza alla legge (Levitico 26:14-46; Deuteronomio 28:15-68)”. 
Oppure, per la gioia del Signore verso il Suo popolo, ha smosso il cuore del re Persiano Ciro per riportare i Giudei esiliati da Babilonia in Giudea per ricostruire il tempio e le mura di Gerusalemme sotto Esdra e Neemia.
Così la loro forza, cioè il rifugio è la gioia che il Signore ha per il Suo popolo per, o, nel salvarli, restaurarli e proteggerli riportandoli di nuovo nella loro patria dall’esilio, questa è un ulteriore fiducia nella grazia, misericordia e fedeltà del Signore anche per il futuro. 
E in questo senso, questa frase ha lo scopo di far smettere il popolo di piangere e di farli invece gioire, perché nonostante sono peccatori, Dio sarà per loro un rifugio, il popolo non sarà sotto l’ira di Dio.
Questa è una grande consolazione anche per noi oggi che facciamo parte della Sua chiesa in Cristo Gesù, il Sacrificio e il Sommo Sacerdote perfetto mediante il quale siamo perdonati dai nostri peccati e non siamo più sotto l’ira di Dio (cfr. per esempio Giovanni 3:16,36; Romani 3:23-25; 5:9-11; Romani 8:31-34; Efesini 1:7).
Per esempio Paolo in Romani 5:9-11 afferma: “Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall'ira. Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.  Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione”.
Come dice David Guzik: “La nostra conoscenza del nostro peccato non dovrebbe mai essere più grande della nostra conoscenza di Gesù come nostro Salvatore. Noi siamo grandi peccatori, ma Lui è un Salvatore più grande”.
Ciò che allora dobbiamo fare è di portare i nostri fallimenti, i nostri peccati a Gesù che li ha crocifissi per la gioia che aveva davanti a Lui (Ebrei 12:2), e di vedere sia la redenzione, le benedizioni per i credenti e anche le gioie del cielo per loro (cfr. per esempio Apocalisse 21-22), e anche la Sua resurrezione e ascensione in cielo alla destra di Dio (cfr. per esempio Atti 7:55; Efesini 1:20).
A questo punto voglio ricordare le parole di Chris Tiegreen affinché dal cordoglio dei peccati possiamo passare alla gioia del perdono dei peccati: “Avete mai pianto per i vostri fallimenti? È un'esperienza umiliante versare il proprio cuore su peccati gravi che non possono essere cancellati. Il cuore umano non si sente mai così debole come quando si trova di fronte alle sue innegabili mancanze. Ma, che ci crediate o no, è un posto fantastico in cui trovarsi. È una fragilità benedetta quella di non avere alcuna pretesa davanti a Dio, nessuna parola con cui giustificarsi, nessun potere di contrattazione. Quando riusciamo ad accettarlo, possiamo accettare la Sua provvidenza; e non c'è gioia più grande della Sua provvidenza. È tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Possiamo abbandonare i nostri stressanti e dolorosi tentativi di autosufficienza e accettare invece la Sua sufficienza. Quale gioia più grande c'è nel rendersi conto che tutto ricade sulle sue spalle e non sulle nostre? Conoscete la gioia di Dio? Il cristiano senza gioia porta pesi che nessun uomo è in grado di sopportare. Il cristiano gioioso ha fatto i conti con la propria debolezza personale e ha accettato la forza di Dio gettando tutti i pesi su di Lui. Imparate l'arte di gettare i pesi, siate gioiosi e forti”.
CONCLUSIONE 
“Non siate tristi, perché la gioia del Signore è la vostra forza” dovrebbe portare in noi delle reazioni.
1) La prima reazione è la lode e l’adorazione
Non possiamo essere freddamente distaccati nel considerare chi è il Signore, cosa ha fatto, fa e farà, e per quello che abbiamo in Lui!
Consapevoli di tutto questo, avremo un cuore caldo e pieno di lode e adorazione per Lui, lo festeggeremo come fecero quei Giudei che prima erano tristi, ma poi ebbero una grande gioia per Lui (Neemia 8:13-18).

2) La seconda reazione è l’obbedienza
Chi fa parte del popolo di Dio, chi gli appartiene, chi fa parte del Nuovo Patto in Cristo, è obbediente a Dio, le Sue leggi sono scritte nei loro cuori (Geremia 31:33), come persone rigenerate dallo Spirito Santo gli saranno obbedienti (Ezechiele 36:24-27).
Infine: 
3) La terza reazione è il servizio
Coloro che appartengono a Dio, hanno conosciuto il Suo amore e saranno consacrati a Lui nel servirlo con zelo (cfr. per esempio Romani 12:11; 2 Corinzi 5:14-16).



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