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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Osea 2:14-15: Il ristabilimento d’Israele da parte del Signore (1) Il corteggiamento del Signore

 Osea 2:14-15: Il ristabilimento d’Israele da parte del Signore (1)
Il corteggiamento del Signore
Per quarantadue anni ogni settimana, David Thomas ha fatto scivolare una lettera d'amore sotto la porta della sua vicina, Rachel Jones. 
Ogni lettera tentava di riparare una lite a causa di un tradimento amoroso che li aveva separati quando entrambi avevano trentadue anni. 
Rachel Jones aveva bruciato ogni lettera e si era rifiutata persino di parlare con il suo corteggiatore.
Quando David trovò finalmente il coraggio di bussare alla sua porta e gli propose di sposarlo, lei accettò. 
Entrambi avevano settantaquattro anni quando arrivò il matrimonio dopo un lungo corteggiamento, un lungo corteggiamento, che forse oggi chiameremmo stalking.
Può sembrare strano, ma anche il Signore è un corteggiatore, e lo vediamo in Osea 2:14-15.
Nei vv.9-13 abbiamo visto il giudizio del Signore al Suo popolo idolatra, nei vv.14-23 vediamo il ristabilimento del Suo popolo.
In Osea 2:14-15, il ristabilimento viene presentato come la devozione del Signore (marito) per la Sua grazia, con il corteggiamento al Suo amato popolo, Israele (moglie) a cui darà prosperità.
Dio riporterà a Se Israele come un marito riporterà a se la moglie infedele in una rinnovata relazione e lo farà con il Suo corteggiamento.
In questi versetti vediamo la grazia di Dio, grazia perché certamente il Suo popolo idolatra non meritava niente da Lui.
La grazia è il favore di Dio che ci dà ciò che non meritiamo (cfr. per esempio Romani 3:23-24).
“Perciò” (lākēn - avverbio) sembra fuori luogo, perché di solito indica una causa, o un risultato logico (Osea 2:6), secondo il contesto, ci aspetteremmo solo una punizione per l’idolatria d’Israele (Osea 2:12-13), ma con la grazia di Dio non è così, troviamo “un delizioso capovolgimento dell'atteso” dice David Clines.
“Perciò” indica la speranza piuttosto che il continuo giudizio, e quindi la sorpresa, come confermato da “ecco”.
“Ecco” (hinnēh - avverbio) è usato per cambiare una scena e anche per enfatizzare, in questo versetto per richiamare l'attenzione sull’azione della grazia di Dio, ed esprime sentimenti forti, una forte sorpresa.
Così le punizioni del Signore, le privazioni economiche dei vv.12-13 dovrebbero portare Israele al buon senso del v.7: “Allora dirà: ‘Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d'adesso’”. 
Logicamente, quindi, le minacce e le punizioni del Signore sono escogitate unicamente per portare Israele a ragionare, dopo di che come marito, corteggerà e persuaderà Israele, la moglie per il pentimento e per un nuovo inizio del loro “matrimonio”.
Allora la punizione non sarà la fine! (Osea 2:13). Ma è uno strumento per portare il popolo alla riflessione e al cambiamento!
La spinta di questo discorso è verso la riconciliazione, ad abbandonare il suo adulterio spirituale (Osea 2:2) e di tornare dal suo vero amore, da Suo marito: il Signore (Osea 2:7). 
Quindi ristabilimento d’Israele da parte del Signore, inizia inaspettatamente con un capovolgimento dal giudizio severo di Dio per i peccati del popolo, a una riconciliazione, passiamo dall’immagine dell’adulterio della sposa, del conflitto al corteggiamento dello sposo con lo scopo di riconciliarla a sè.
A riguardo Joshua Moon scrive: “Tutto è riportato al suo stato idilliaco, a come le cose avrebbero sempre dovuto essere”, avrebbero dovuto essere tra marito e moglie.
Anche il Nuovo Testamento ci parla della riconciliazione di Dio con il peccatore per Sua iniziativa di grazia in Cristo, cioè attraverso la Sua morte, resurrezione e ascensione (Romani 5:9-11; 2 Corinzi 5:18).
Il peccatore è chiamato a riconciliarsi con Dio e questo è possibile solo attraverso Gesù Cristo! (cfr. per esempio Giovanni 14:6; Romani 8:34; 1 Timoteo 2:5; Ebrei 7:25).
Dio non vuole lasciare andare via un Israele infedele. 
Il matrimonio tra Dio e il popolo non finirà con il divorzio; questo matrimonio sarà salvato per azione divina. 
Ecco, nei vv. 14-15, la promessa che un giorno ci sarà una seconda “luna di miele”, qualcosa di simile alla prima, quando Israele era nel deserto ai tempi dell’esodo dall’Egitto.
Quindi dopo il giudizio, che aveva lo scopo di ammorbidire il cuore, Dio agirà per conquistare di nuovo Israele, per portarlo al pentimento, di nuovo a Lui!
“Perciò, ecco” si riferisce al fatto che la punizione d’Israele per i giorni di adulterio spirituale con i Baal, è stata progettata per portarlo alla posizione in cui era suscettibile, o più sensibile a ragionare in vista di un pentimento e di un ritorno alla fedeltà al Signore (v.7).
Il Signore desidera che “sua moglie” (Israele) ami e sia devota a Lui come Lui lo è con lei!
Così vediamo in questi versetti l’azione di Dio e la risposta d’Israele, ma oggi vedremo solo l’azione irresistibile di Dio.
Noi vediamo che questi versetti sottolineano l'impegno del Signore nel fare tutto ciò che è necessario per ripristinare il Suo rapporto con Israele.
John Mackay scrive: “La persistente cattiva condotta di Israele ha reso abbondantemente chiaro che non ha alcun desiderio di tornare, ma il Signore non permetterà che questo stato di cose continui. Agirà in modo irresistibile e convincente per superare la sua riluttanza ed evocare una risposta da parte sua”.
Dio con Israele, è come un marito che non si arrende ai tradimenti della moglie e cerca di recuperare il rapporto con lei con il Suo corteggiamento.
Noi vediamo quattro azioni del corteggiamento di Dio che sono anche promesse di Dio: l’attrazione, la conduzione, la comunicazione, la donazione.
Cominciamo con:
I L’ATTRAZIONE
Nel v.14 leggiamo:“Io l'attrarrò”.
Questa parola è sorprendente, parla di corteggiamento, di seduzione.
“Attrarrò” (patteyhā - piel participio attivo) indica un’azione intensiva.
È una parola che usata sia positivamente che negativamente nell’Antico Testamento; significa provocare qualcuno a fare qualcosa con la persuasione, o l’inganno, o la seduzione (cfr. per esempio Esodo 22:16; Giudici 14:15; 16:5; 2 Samuele 3:25; 1 Re 22:20-21; Giobbe 31:9; Proverbi 24:28; Geremia 20:7; Ezechiele 14:9).
Evidentemente “attrarrò” qui ha implicazioni positive di persuasione.
Israele come nazione sperimenterà la travolgente, irresistibile ed efficace persuasione del Signore.
Il Signore sa come attirare a Sé i peccatori a salvezza (cfr. per esempio Giovanni 6:44; Romani 8:30; 1 Corinzi 1:9; 1 Pietro 2:9), come anche coloro che si sono allontanati da Lui, che fanno parte del Suo popolo e che Lui ama, ma non vivono nell’obbedienza a Lui.
Il Signore ha i Suoi svariati mezzi specifici e adatti per ognuno per riportarli a Sé, o per fare alla fine ciò che Lui vuole (cfr. per esempio Esodo 12:35-36; Esdra 1:1-2,5; Filippesi 2:13).
Per esempio la storia di Giona che non voleva andare a predicare a Ninive, ma poi vi andò dopo che il Signore lo fece ingoiare da un gran pesce, forse una balena, e in quella condizione, gridò al Signore per essere liberato, e dopo tre giorni fu liberato e andò a Ninive il giudizio di Dio (Giona 1-4).
Dio, attraverso quella condizione dentro il pesce, rese Giona disponibile ad andare a Ninive dove prima non voleva andare!
In secondo luogo vediamo:
II LA CONDUZIONE
“La condurrò nel deserto”. 
“Condurrò” (hōlaktîhā - hifil perfetto attivo) è portare, o guidare da qualche parte (cfr. per esempio Deuteronomio 8:15; Geremia 2:6; Salmo 136:16), in questo caso nel deserto.
Il deserto è il luogo del corteggiamento del Signore!
“Ma come nel deserto? Che idea romantica è? Che corteggiamento è?”, qualcuno potrebbe chiedere.
Il deserto denota un'area selvaggia, quindi terra desertica e ostile alla vita (Esodo 14:12; cfr. per esempio Proverbi 21:19; Geremia 4:26).
In Osea 2:3, il deserto (miḏ·bār) è menzionato per indicare la minaccia del giudizio di Dio nel rendere appunto la terra arida difficile da coltivare.
Ma nel v.14, il deserto indica qualcos’altro, qualcosa di positivo.
Noi vediamo nella Bibbia che:
A) Il deserto è il luogo solitario degli amanti, ed è dove iniziò la relazione tra il Signore e Israele (cfr. per esempio Cantico dei Cantici 3:6; 8:5; Geremia 2:2).
Il Signore aveva minacciato di trasformare Israele in un deserto, ma poi promette di attirarlo nel deserto e lì di conquistare il suo amore!
Il deserto era una metafora poetica il "luogo degli inizi coniugali" nel patto (Andrew Dearman).
È dove Mosè mediò il patto di Dio con Israele e dove Dio lo sostenne per anni prima di portarlo nella terra promessa. 
Dunque, il Signore vuole riportarlo metaforicamente di nuovo nel deserto dove tutto è iniziato.
Immaginate un marito il cui matrimonio è in difficoltà, quasi alla fine, e in un ultimo tentativo di rimettere le cose a posto, riporta sua moglie nel luogo in cui si sono innamorati per la prima volta con lo scopo di risvegliare, o riaccendere in lei i vecchi sentimenti di amore per lui.
Questo è quello che voleva fare di nuovo il Signore con Israele.
B) Il deserto è un luogo dove si sperimenta la presenza di Dio 
Nella Bibbia, il deserto è anche un luogo dove Dio è stato vicino al Suo popolo (cfr. per esempio Deuteronomio 32:10-12). 
Già nel passato, attraverso i suoi incontri con il suo Dio nel deserto, Israele fu formato e forgiato come popolo; sperimentò la grazia e la salvezza di Dio (cfr. per esempio Esodo 13:17–15:21; Deuteronomio 32:9-12; Giosuè 3-4), così come il provvidenza di Dio per i suoi bisogni fisici e psicologici (cfr. per esempio Esodo 15,22-27; Numeri 20:1-13; 16:4,11–15; Numeri 11:4–9,31–32; 21:16-18; Deuteronomio 8:4,15-16; 29:5; 32:10; 33:8). 
Dio si manifestava nel deserto in mezzo al Suo popolo (cfr. per esempio Numeri 11:20; 14:14; Deuteronomio 2:7), e la Sua presenza con loro e le Sue azioni in loro favore erano visibili (cfr. per esempio Esodo 16:10; Deuteronomio 11:5–7).
Dio, e non una guida umana, era Colui che Israele seguiva (cfr. per esempio Deuteronomio 8:2).
Li guidò usando la nuvola e il fuoco (cfr. per esempio Esodo 13:21; Deuteronomio 1:30-33), con il suo angelo (cfr. per esempio Esodo 23:20-21; 32:34) e la sua presenza divina nell'arca (cfr. per esempio Numeri 10:33,35-36; 14:14). 
Dunque il deserto è stato il luogo dove Israele sperimentò la presenza di Dio.
Il Signore può portarci in “un luogo desertico”, un luogo ostile, di sofferenza, per una malattia, o per un problema di lavoro, o un problema economico, una condizione difficile qualsiasi, per essere strumento nelle Sue mani affinché possiamo cercare la Sua faccia, o per approfondire la nostra relazione con Lui, o per la nostra crescita spirituale, e così via, una condizione che non ci lascia altra scelta che gettarci di nuovo tra le braccia della Sua misericordia attraverso una fede rinnovata.
Il deserto allora è il luogo che Dio usa per incontrarlo.
Anche Giacobbe, solo nella notte lottò con l'Angelo del Signore (Genesi 32:24–31). 
Fu lì che Mosè vide la sua grande visione davanti il roveto ardente (Esodo 3) e lì che Israele incontrò Dio e ricevette la legge (Esodo 19-20). 
Nel deserto Elia ebbe il suo più grande incontro con Dio (1 Re 19:10-18).
Che ben vengano “i deserti di Dio” per sperimentarlo nella nostra vita in modo che la nostra fede provata, ne esca più matura! (cfr. per esempio Giacomo 1:2-4).
Allora non ti scoraggiare se sei in questo momento nel deserto, o quando ci sarai!
Dio, il Signore ha grandi rivelazioni per te!
Nel deserto, Dio vuole farti crescere spiritualmente e moralmente! 
C) Il deserto è anche un luogo in cui si impara la completa fiducia in Dio e dipendenza da Lui
In Deuteronomio 8:2-3, Mosè dice al popolo d’Israele: “Ricòrdati di tutto il cammino che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant'anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del SIGNORE”.
Il deserto era il tempo in cui Israele era completamente dipendente dalle cure del Signore per la sua sopravvivenza (cfr. per esempio Esodo 15:22-27; Numeri 20:1-13; 16:4,11–15; Numeri 11:4–9,31–32; 21:16-18; Deuteronomio 8:4,15-16; 29:5; 32:10; 33:8). 
Nel deserto, Israele imparò, o doveva imparare la completa fiducia e dipendenza dal Signore del patto con cui si legò (Levitico 26; Deuteronomio 26-30). 
Quindi il deserto ci parla dell’intimità e dell'iniziazione del patto e la dipendenza fiduciosa da Dio.
Così il Signore ci conduce nel deserto (metaforicamente), per approfondire la relazione con Lui e per imparare a avere fiducia i Lui e a dipendere da Lui.
Nel deserto il Signore ci spoglia delle nostre sicurezze, o zone di conforto, con lo scopo che ci affidiamo totalmente a Lui!
D) Il deserto è un luogo di fedeltà al Signore
Il Signore corteggerà il Suo popolo nel "deserto", che metaforicamente può indicare anche il luogo non macchiato dall'inquinamento morale e spirituale al di fuori della terra di Canaan dove il popolo poi “s’inquinò” con l’idolatria.
Il deserto è una figura per il luogo in cui le cose andavano bene tra il Signore e Israele, nel senso che non seguivano i Baal (Osea 9:10).
A. A. MacIntosh scrive: “Il deserto indica le origini della nazione israelita, il luogo dove, dopo l'esodo, trovò i suoi inizi e il suo primo matrimonio con Yahweh nei giorni della sua giovinezza (vedi il versetto successivo, cfr. Geremia 2:2,6) ancora incorrotta dall'idolatria di Canaan. Lì, nel deserto, purificata dalla presenza dannosa dei suoi amanti, la sua confusione si disperde nel calore dell'amore del marito”.
Il periodo nel deserto, era diverso dal periodo dell'insediamento nella terra promessa, quando furono influenzati dal culto di Baal.
Certo il periodo del deserto fu segnato anche dalla disobbedienza a Dio (cfr. per esempio Ezechiele 20:10-38), ma visto nel suo complesso, fu un periodo fedele al Signore senza idolatria, senza Baal.
Ora per grazia di Dio, tutto sarebbe ricominciato come prima nel portarli al deserto, lontano dalla presenza confusionaria e dannosa dei Baal, dove avrebbe trovata la lucidità per sperimentare l’amore di Dio.
Così anche oggi, a volte il Signore ci porta nel deserto per purificarci dai nostri idoli moderni e sperimentare la Sua premura, amore che ha per noi.
Infine:
E) Il deserto è il luogo di disciplina e rinnovamento
Sottolineandolo ancora, che il deserto non è una questione di posizione fisica e geografica, ma metaforica, poetica, ci parla delle condizioni che il Signore ricreerà per disciplinare, modellare e far conoscere la Sua volontà come ai giorni passati dopo l’esodo dall’Egitto. 
Gli Israeliti dell'esodo, in un momento di crisi, si lamentarono del fatto che avrebbero preferito morire in Egitto piuttosto che soffrire nel deserto (Esodo 14:12; cfr. per esempio Proverbi 21:19; Geremia 4:26).
Come durante la peregrinazione nel deserto per il giudizio di Dio (cfr. per esempio Esodo 32:1-4; Numeri 11:4-5; 32:13; Deuteronomio 8:2–5), ora c'era di nuovo bisogno di un tempo di disciplina del Signore, di ascoltare di nuovo la Sua parola e dedicarsi nuovamente al Suo servizio fedelmente. 
Il ritorno al deserto qui riprende il tema della desolazione dei versetti precedenti (Osea 2:3,12-13), e lo trasforma in una via di rinnovamento, di cambiamento. 
Il deserto può quindi anche simboleggiare un luogo di desolazione e punizione (cfr. per esempio Ezechiele 29:5), che porta al pentimento, alla purificazione, alla consacrazione e preparazione.
Il deserto era il periodo della storia d’Israele in cui era aperto all'istruzione del Signore e alla formazione.
Così ancora il Signore condurrà Israele all'esilio, stavolta a Babilonia, e lì imparerà che ciò era meglio per lei che in quel presente non aveva. 
Riconducendo la ribelle e testarda Israele (cfr. per esempio Osea 4:16), nel deserto, è in una condizione in cui può essere plasmata e istruita di nuovo iniziando con un pentimento. 
Giovanni Battista, adempiendo Isaia 40:3, predicò il messaggio del pentimento dal deserto (Matteo 3:1–3). 
Il deserto come immagine del giudizio, la terra d’Israele è ridotta dal Signore a un luogo arido che costituisce il luogo del suo pentimento (Osea 2:3,12-13) e rinnovamento, un nuovo esodo! 
Gesù, ha dovuto affrontare la tentazione nel deserto come atto finale di preparazione al Suo ministero (Matteo 4:1-11), è lì che ha affrontato in modo particolare la debolezza di ciò che significa essere umani, però senza peccare. 
Sembra anche che Paolo abbia trascorso del tempo nel deserto prima del suo lavoro missionario (Galati 1:17) come preparazione.
Allora il deserto non è solo un luogo ostile, ma è anche un luogo di pentimento, preparazione, rinnovamento e devozione fedele a Dio (cfr. per esempio Geremia 2:2; 31:2; Ezechiele 20:10–38).
Penso che questo metodo di Dio sia ancora attuale oggi, ci porta nel deserto (metaforicamente) per disciplinarci e rinnovarci, per insegnarci ciò che è meglio per noi.
Allora se sei ne deserto, o quando ci sarai, chiedigli che cosa vuole insegnarti.
Chiedigli che cosa devi cambiare nella tua vita!
In terzo luogo troviamo:
III LA COMUNICAZIONE
“E parlerò al suo cuore”.
Il Signore corteggerà la sua sposa portandola di nuovo nel deserto per parlare al suo cuore. 
Proprio come Geremia avrebbe in seguito previsto un nuovo patto scritto sul cuore (Geremia 31:31-34), ed Ezechiele avrebbe promesso che Dio avrebbe rimosso il loro cuore di pietra sostituendolo con un cuore di carne per lo Spirito di Dio (Ezechiele 36:26-27), Dio attraverso Osea ci dice che parlerà al cuore d’Israele.
Dio parla al cuore per conquistarlo di nuovo e lo fa alla Sua maniera in modo unico e personale. 
Nella solitudine del deserto può a volte parlare avvertendo, rimproverando, trafiggendo, fino a raggiungere la parte più profondo del cuore, i nostri sentimenti più intimi e nascosti e persuadendo.
 
Poi infonde la speranza del Suo perdono, riaccende il nostro amore e la nostra fede, consola il nostro cuore turbato in modo che possiamo arrenderci a Lui.
“Parlerò” (dibbartî – piel perfetto attivo) indica un’azione intensiva e completa.
“Parlerò al suo cuore” è un’espressione che appartiene al linguaggio del parlare di amore nel corteggiamento. 
Per esempio è scritto che Sichem amò Dina “e parlò al cuore di lei” (Genesi 34:3; cfr. per esempio Giudici 19:3; Rut 2:13).
Poiché Dio (marito) ama ancora Israele (moglie) nonostante la sua idolatria, la corteggia ancora una volta per il suo bene con un appello sincero basato sull’impegno personale, non è dunque una seduzione egocentrica.
Il "cuore" ricorre in tutto Osea (Osea 4:11; 7:2,6,11,14; 10:2; 11:8; 13:6,8). 
Il cuore (lēḇ) rappresenta il centro di una persona, la sede della ragione, dell'emozioni e della volontà, la centrale operativa delle nostre azioni (cfr. Proverbi 4:23; Marco 7:20-23).
Il Signore vuole un cambiamento interiore! (Deuteronomio 10:16; Geremia 4:4; Ezechiele 36:26-27).
Se l’umanità guarda all’apparenza di una persona, il Signore guarda nel cuore (1 Samuele 16:7), e desidera che questo sia integro verso di Lui (cfr. per esempio Matteo 5:8).
Mentre il Signore cerca di rinnovare la Sua relazione con la sua sposa (Israele), la chiama a impegnarsi volontariamente per quel rinnovamento.
In sintesi, l’attrazione, la conduzione nel deserto e il parlare al cuore, sono modi per riconquistare e ristabilire Israele come un secondo periodo nuziale dopo il primo dopo l’esodo dall’Egitto.
Infine vediamo:
IV LA DONAZIONE
“Di là le darò le sue vigne e la valle d'Acor come porta di speranza”.
“Là” (šām) è il luogo dove il Signore si rivolge al Suo popolo, cioè nel deserto. 
Il cambiamento avverrà nel deserto.
Nel deserto Dio darà le sue vigne, trasformando le terre devastate dal Suo giudizio (Osea 2:12) in una terra prosperosa. 
Il Signore precedentemente aveva detto che gli avrebbe tolto le benedizioni della terra come punizione (Osea 2:9-12), ma ora il deserto diventerà la fonte dell'abbondanza dove il Signore darà le sue vigne al Suo popolo.
Le vigne che il Signore aveva distrutto, saranno restituite a Israele.
I vigneti erano una caratteristica di Canaan che inizialmente attirò l'attenzione di Israele nel passato e che faceva parte dell’eredità del Signore (cfr. per esempio Numeri 13:23; Deuteronomio 6:11), ma che il popolo aveva associato ai Baal, ora il Signore interromperà tale rapporto (Osea 2:6-7,17), in modo che Israele riconosca la vera fonte della sua prosperità.
Il Signore e non Baal, è Colui che provvede ai bisogni d'Israele!
Il Suo scopo è di darle le sue vigne, cioè quelle che aveva posseduto in precedenza, che le sono state portate via a causa della sua infedeltà.
Come nuovo dono del Signore, le “vigne” rappresentano la terra arabile nella sua totalità e quindi della prosperità. 
Le vigne sono un pegno del confortante nuovo inizio che segue il giudizio del Signore; fonte di gioia più profonda (Salmo 104:15); un segno di benessere in una pace sicura fornita da un potere più grande di lei (2 Re 18:31)
La valle di Acor (ʾaḵôr) significa valle di disturbo, di problema, di guaio, di dolore.
È un promemoria dei problemi causati dalla disobbedienza d’Israele ai comandamenti del Signore.
Era una valle nel deserto della Giudea situata tra Giuda e Beniamino (Giosuè 15:7). 
Era tradizionalmente vicino a Gerico, una valle arida (cfr. per esempio Isaia 65:10; Osea 2:15). 
Acan fu giustiziato lì per il suo tradimento, insieme alla sua famiglia, per aver tenuto per sé parte del bottino di Ai (Giosuè 7:24–26), quindi fu il luogo della prima battuta d'arresto di Israele in Canaan (Giosuè 7:24–26).
Ma qui, è il suo significato spirituale quello più importante!
Questa valle di guai, problemi, di dolore, di punizione, sarà trasformata come porta di speranza (tiqŏāwh), quindi dal giudizio di Dio a nuovi inizi!
Dio che trasforma radicalmente questa valle di sventura e di disperazione in una porta di speranza, è un segno illuminante del Suo amore per Israele.
Il dolore sarà trasformato in gioia, e la speranza sorgerà là, dove c'era stata disperazione.
Ci può essere sempre speranza anche in una situazione drammatica.
Durante la seconda guerra mondiale, il commilitone farmacista Wheeler B. Lipes, Jr. eseguì un'appendicectomia salvavita sul marinaio Darrell Dean Rector a bordo del sottomarino Sea Dragon. Manovrando dietro le linee nemiche nel Pacifico, la cosa più vicina a un medico a bordo era il commilitone farmacista Lipes, un tecnico di laboratorio di formazione, che aveva assistito a un'appendicectomia.
Rischiando una morte certa se non fosse stato operato, Rector acconsentì a Lipes di operarlo. 
Senza strumenti chirurgici, Lipes usò la lama di un coltello come bisturi, un colino da tè per amministrare l'anestetico e i cucchiai della cambusa per tenere aperta l'incisione durante l'intervento. I rudimentali strumenti furono sterilizzati con l'alcol di un siluro.
L'intervento fu eseguito negli alloggi degli ufficiali l'11 settembre 1942, la prima appendicectomia a bordo di un sottomarino sommerso. 
La cosa straordinaria è che Rector riprese le sue responsabilità dopo tredici giorni.
Anche Geremia in Lamentazioni (tiqŏāwh - Lamentazioni 3:29), in un contesto di guai, di catastrofe nazionale, ci fa capire che ci può essere speranza anche in questi terribili contesti (yāchal-Lamentazioni 3:21,24,26; qāwāh - Lamentazioni 3:25).
Allora, durante i tempi della visita e del giudizio di Dio, i giusti devono esercitare una grande fede (Isaia 26:8; Lamentazioni 3:19–33). 
Così Isaia afferma con sicurezza: “Io aspetto il SIGNORE che nasconde la sua faccia alla casa di Giacobbe; in lui ripongo la mia speranza” (Isaia 8:17- qāwāh).
Finché c'è un futuro, c'è speranza (Proverbi 23:18 - tiqŏāwh; probabilmente si intende un futuro eterno). 
Se le persone di questo mondo possono avere le loro speranze, solo credente può veramente esprimere la sua speranza nel futuro, perché appartiene solo al Signore.
Dio è la fonte della speranza per il Suo popolo, e ha promesso loro un futuro e una speranza (Salmo 62:5; Geremia 29:11).
La parola “speranza” nell'Antico Testamento ritrae l’aspettativa fiduciosa come proveniente dall'intervento di Dio negli affari degli individui (cfr. per esempio Salmo 62:5; 71:5) e della nazione (Osea 2:15; Zaccaria 9:12).
Lo spostamento in Canaan dal deserto aveva effettivamente comportato problemi in quella valle. 
Il nuovo ritorno in Canaan dal deserto significherà andare allo stesso modo, ma in questo nuovo esodo, la valle di Acor sarà porta di speranza!
Solo un tale futuro, centrato su Dio, può giustificare la speranza d’Israele.
La stessa valle diventerà “porta” (lĕpetaḥ), un ingresso (Michea 5:6) nella terra attraverso la quale Israele può inoltrarsi con fiduciosa aspettativa – sarà la porta, l'ingresso di speranza (lĕpetaḥ tiqŏāwh).
La speranza (tiqŏāwh), è la fiducia, o l’aspettativa fiduciosa, in un futuro buono e benefico (cfr. per esempio Rut 1:12; Salmo 9:18; 62:5; 71:5; Geremia 29:11; 31:17; Lamentazioni 3:29; Ezechiele 19:5; 37:11).
“Speranza” è l'aspettativa di un nuovo inizio e di una nuova vita!
Quante persone desiderano una nuova vita, stanchi per un qualche motivo, ma questa speranza la può dare solo Dio in Gesù Cristo!
Dio riverserà le Sue benedizioni e trasformerà il ricordo negativo del peccato di Acan nella valle di Acor in una "porta di speranza". 
Gli Israeliti non saranno giudicati come furono dopo il peccato di Acan, ma saranno pieni di speranza, gioia e canti di lode a Dio. 
Sarà come una nuova esperienza di esodo, e quindi Dio sarà celebrato in un canto simile a quello cantato da Mosè in Esodo 15! Che giorno di festa sarà! 
Così nella parola "speranza" troviamo anche quell’attesa ansiosa di godere di una stretta comunione con Dio che il peccato e le sue conseguenze, la valle di Acor, avevano impedito. 
Il Signore è il Dio della speranza (Romani 15:13), e della trasformazione.
Può trasformare il “deserto”, una maledizione in una benedizione!
Questo dobbiamo sempre ricordare, questa sarà forza, energia, consolazione per la nostra fede!
Quindi non perdere mai la speranza!
CONCLUSIONE 
In questi versetti, come i vv.16-23, Osea ci parla del ristabilimento d’Israele.
Troviamo l’immagine della sposa adultera che viene corteggiata di nuovo, riportata indietro di nuovo nel deserto dove la relazione del patto è iniziata e fatta propria ancora una volta.
Dio non aveva rinunciato al Suo popolo, dopo il giudizio, intendeva corteggiarli di nuovo per ristabilire la relazione con l’Israele idolatra, e sarebbe stato come quei primi giorni, quando la nazione entrò per la prima volta nel deserto in amorevole fiducia e dipendenza solo da Dio. 
Dio ama chi fa parte del Suo popolo, gli è fedele e farà di tutto per recuperarlo se questo gli è infedele!
Se siamo infedeli, Dio rimane infedele! (2 Timoteo 2:13).
Dio lo porterà metaforicamente nel “deserto” per disciplinarlo affinché si penta, si rinnovi e si consacri a Lui.
Dio farà di tutto per recuperare una relazione infedele da parte di chi fa parte della Sua chiesa, e a volte lo fa con la disciplina del “deserto” perché lo ama.
Se stai vivendo nel deserto, non disprezzare la Sua disciplina, non ti perdere d’animo, perché il Signore corregge tutti coloro che Egli ama e punisce tutti coloro che riconosce come figli (Ebrei 12:4-6).
Inoltre, questi versetti c’insegnano che attraverso le difficoltà, la sofferenza, la correzione di Dio, può arriva anche la Sua benedizione!
Dio trasforma la tua valle di Acor, la tua valle di guai, di giudizio e di disperazione in porta di speranza!
Chi meglio di Lui può trasformare il tuo deserto, la tua condizione arida in un bel giardino con bei fiori e alberi? NESSUNO!!!!!
Abbi fede nel Signore anche se in questo momento sei nel deserto, o quando sarai nel deserto (metaforico), perché Dio ha un incontro con te proprio in questo luogo ostile e di solitudine, ti vuole parlare, ascolta la Sua voce e arrenditi a Lui! 
C’è speranza anche per te anche se stai vivendo nel deserto del giudizio di Dio!
Come può un luogo di giudizio diventare una porta di speranza? 
Io, tu, noi, di certo non possiamo cambiarlo, ma Dio lo ha fatto, lo fa e lo farà!
Abbi fede in Lui! 





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