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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Giudici 21:25: Senza una guida timorata di Dio c’è disordine

 Giudici 21:25: Senza una guida timorata di Dio c’è disordine
“ In quel tempo, non c'era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio”.
Questo è stato il ritornello di tutto il libro dei Giudici (Giudici 17:6; 18:1; 19:1).
Essenzialmente, Dio non era riconosciuto come Re in Israele; il periodo dei giudici fu un periodo di anarchia e sconvolgimento. 
Le persone spesso senza leader sguazzavano nell'idolatria, nell'immoralità e nell'odio. 
Il peccato abbondava sia a livello personale che nazionale, e Dio permise ripetutamente al nemico di sopraffare il Suo popolo.
Questo commento conclusivo del v.25 in Giudici, riflette i tre peccati principali del libro: infedeltà al Signore (Giudici 1:1–3:6), individualismo morale autodistruttivo (Giudici 3:7–16:31) e ferocia omicida che uccide la società (Giudici 17:1–21:25).
Nel contesto vediamo che un Eframita di nome Michea usò l'argento rubato per fare un idolo e reclutò un levita per servire come sacerdote di famiglia (Giudici 17:1-13). 
Il levita e l'idolo furono presi dai Daniti in cerca di terra. 
Istituirono un centro di culto settentrionale che gareggiava con il tabernacolo durante questo periodo (Giudici 18:1-31). 
Quando certi uomini di una banda Beniamita hanno violentato e ucciso la concubina di un levita, è scoppiata una guerra civile tra le altre tribù, quasi spazzando via la tribù di Beniamino (Giudici 19:1-21:25).
Ora il libro dei Giudici si conclude con questo versetto come a indicare che quando non c’è una guida, il popolo fa quello che gli pare, quindi disordine, immoralità e malvagità come ho sintetizzato prima.
Daniel Block a riguardo scrive: “La malvagità è democratizzata; ognuno fa ciò che è giusto ai propri occhi e i risultati sono disastrosi”.
Allora nella frase dall’effetto scioccante: “ In quel tempo, non c'era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio” è implicita l'idea che sotto il governo di un re, che amministrava il diritto e la giustizia nel regno, cose del genere non sarebbero potute accadere.
Quindi due aspetti hanno minacciato la continuità dell'esistenza di Israele: l'estremo individualismo espresso nell'anarchia religiosa e morale - ognuno faceva quello che gli pareva meglio - e l'assenza di un'autorità centrale stabile - non c’era re in Israele – e quindi non c’era ordine.
La presenza di un re (cfr. per esempio 2 Re 22:1-23:30) avrebbe fornito uno standard da seguire per la nazione, evidentemente secondo la legge di Dio (Esodo 19:5-6; Deuteronomio 17:14-20), secondo il patto (cfr. per esempio Esodo 19-24; Deuteronomio 28-30) e senza un tale standard, ognuno faceva ciò che gli pareva meglio (cfr. Deuteronomio 12:8), che è il contrario di fare ciò che è giusto agli occhi del Signore, l’equivalente di fare ciò che è male agli occhi del Signore (cfr. per esempio 1 Re 11:33,38; 14:8; 15:5,11; 22:43; 2 Re 10:30; 12:2; 14:3; 15:3, 34; 16:2; 18:3; 22:2; Geremia 34:15).
Quindi non ha un significato politico, ma teologico, non è la presenza di un re che poteva fare la differenza, perché ci saranno re che non seguiranno il patto Mosaico (cfr. per esempio 1 Re 11:1-13) e saranno di cattiva influenza per il popolo (cfr. per esempio 1 Re 12:25-33; 2 Re 21:1-12), ma di un re che seguiva e faceva applicare la legge del Signore.
Ma perché Israele non riconosce il suo bisogno di tornare al Signore e sottomettersi a Lui? 
David Beldman scrive: “Ciò che ha messo in moto il ciclo dei giudici è stata una generazione emersa dopo Giosuè ‘che non conosceva il Signore, nè le opere che aveva compiute in favore d’Israele’(Giudici 2:10). 
Le opere qui si riferisce alla redenzione di Israele dall'Egitto da parte di Yahweh, alla sua istruzione sul Sinai, alla guida del suo popolo attraverso il deserto, alla conquista dei Cananei e al dono della terra. Gli Israeliti in Giudici avevano dimenticato Yahweh, avevano abbandonato il loro re. Il loro comportamento dimostra ripetutamente che ignoravano il "Manifesto per una nazione santa e un regno sacerdotale" (cioè il patto del Sinai), che era stato emanato dallo stesso re Yahweh. La crisi in Israele ‘in quei giorni’ non consisteva semplicemente nella mancanza di un re, ma anche nella mancanza di uno standard divino per l'ordine della loro società”.
Dunque, Israele non seguiva lo standard del Signore!
Le parole di Gary Philips ci fanno riflettere quando dice: “È importante notare che stavano facendo quello che pensavano fosse giusto, non quello che pensavano fosse sbagliato! La nazione aveva perso i suoi ormeggi morali e aveva adattato e adottato la loro moralità dai Cananei”.
Lo standard non era la legge del Signore, ma quello Cananeo che faceva strada in un’interiorità compromessa! 
Certamente, Israele è stato influenzato da Canaan, ma come dice Lawson Younger: “La fonte del problema risiedeva nei loro stessi cuori. Il problema era nella loro intrinseca peccaminosità e ribellione, che le influenze cananee non fecero che amplificare”.
Il mondo amplifica ciò che già abbiamo dentro di noi! (cfr. per esempio Marco 7:14-23; Giacomo 1:13-14).
In generale, il periodo dei Giudici è stato caratterizzato da un individualismo radicale. 
La popolazione rifiutava lo standard della parola di Dio e accettava lo standard individuale di ciò che gli pareva meglio.
Così è anche oggi. 
Possiamo essere influenzati negativamente esternamente, ma la radice del problema nella chiesa oggi non è nell'influenza della società intorno a noi; ma, è nel fatto che non prendiamo Dio e la Sua parola seriamente - che ci santifica (cfr. per esempio Giovanni 17:17)- e non la mettiamo in pratica (cfr. per esempio Giacomo 1:22-25). 
Così sempre Daniel Block scrive: "Questo libro e la storia della nazione che ne consegue, sono una testimonianza eterna della triste realtà che il popolo di Dio è spesso il peggior nemico di se stesso. Non sono i nemici esterni a minacciare l'anima, ma Canaan che è in noi".
Il libro dei Giudici ci parla degli effetti disastrosi quando perdiamo di vista Dio e mettiamo noi stessi al centro della nostra vita.
Ma in questo versetto vediamo anche l’importanza di avere delle guide spirituali all’interno della chiesa.
Com’è importante avere una guida in una nazione, lo è anche in una chiesa, quindi una guida che segue la volontà di Dio, che ha la Bibbia come metro di misura, altrimenti sarà fuorviante per il resto della popolazione, come avveniva ai tempi di Malachia riguardo i sacerdoti che non seguivano al 100% il Signore degli eserciti (cfr. Malachia 2:8).
Ancora Lawson Younger scrive: “Quando la regalità di Dio non viene riconosciuta, quando la sua legge viene ignorata, quando la moralità che egli sostiene viene aggirata, ne conseguono disastri incredibili e spaventosi”.
Quindi le guide della chiesa oggi come nel passato, hanno un’importanza notevole, se non sono presenti, o se sono un cattivo modello, ci saranno disastri nella chiesa!
Che tipo di credenti, o di guide vogliamo essere?
Vogliamo conformarci a questo mondo, o essere trasformati dalla Parola di Dio?
Vuoi ribellarti a Dio, o essergli obbediente?
J. I. Packer diceva: "Osserva la legge, e servendo così Dio trovi libertà e gioia, perché la natura umana è programmata per il compimento attraverso l'obbedienza".
Viviamo in un'epoca in cui le persone di tutto il mondo dove ognuno fa ciò che gli pare meglio, ciò che è necessario è un ritorno agli standard morali della Scrittura, perché questo è quello per cui ci ha creati Dio; infatti in tutta la Bibbia vediamo che ci chiama all’obbedienza (cfr. per esempio Esodo 19:5; Deuteronomio 13:4; Geremia 7:23; Romani 6:16-18; 1 Pietro 1:14-16).
Se non vogliamo che la nostra società, la nostra chiesa e la nostra vita non abbia un decadimento spirituale dobbiamo obbedire al Signore secondo la sua parola!
Ian Barclay ci ricorda: “L'obbedienza non fermerà la decomposizione delle nostre vite fisiche, ma fermerà il decadimento delle nostre vite spirituali”.
Se dici di avere fede in Dio, gli obbedirai perché secondo la Bibbia, non c’è fede che non conduca all'obbedienza! (cfr. per esempio Matteo 7:21-29; Ebrei 11:4-8; Giacomo 2:14-26).
La fede si manifesta inevitabilmente nell'obbedienza, cosicché la fede è seme e le opere sono frutto. 
Coloro che confidano sinceramente in Dio, allora gli obbediscono!

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