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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio

 Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio
Questo versetto fa parte della lettera di Paolo ai Colossesi, una comunità di cristiani situata nell'antica Colosse. 
Nella lettera, Paolo affronta alcune false dottrine che circolavano nella comunità e ribadisce i principi fondamentali della fede cristiana. 
Il versetto 27 si inserisce in questo contesto, sottolineando la centralità di Gesù Cristo e la speranza a Lui collegata.
Paolo nel v.27 ribadisce che Dio ha preso l’iniziativa di far conoscere ai santi quale sia la ricchezza della gloria del mistero fra gli stranieri, cioè Gesù in voi la speranza della gloria.
Il v.27 si tratta di un'amplificazione della precedente proposizione del v.26 riguardo la manifestazione del mistero che era stato tenuto nascosto per tutti i secoli: “Ma che ora è stato manifestato ai suoi santi”, cioè Dio ha voluto far conoscere loro quali sono le ricchezze della gloria di questo mistero tra gli stranieri, cioè i non Giudei.
 
I “santi” del v. 26, sono quelli tra questi stranieri, cioè i cristiani in generale (Colossesi 1:2, 4, 12; 3:12), il popolo di Dio, come i credenti della chiesa di Colosse (v.2), sono coloro che Gesù ha santificato con il Suo sacrificio (1 Corinzi 6:9-11; Ebrei 10:10).
C’è uno sfondo nell’Antico Testamento, dell’Antico Patto che riguarda Israele, che è stato chiamato tra le nazioni per essere il popolo santo di Dio obbedendo alle Sue leggi (cfr. per esempio Esodo 19:6; Levitico 11:44; 19:2; Daniele 7:18, 22, 25, 27). 
Allo stesso modo, i cristiani sono “santi” a causa della nuova relazione in Gesù Cristo in un Nuovo Patto (cfr. per esempio Matteo 26:26-28). Sono messi a parte per Dio per servirlo (cfr. per esempio 1 Pietro 2:9-10) come eletti di Dio, santi e amati (Colossesi 3:12) la cui vita deve essere caratterizzata da un comportamento consacrato. 
L'avverbio “ora” (nuni) del v.26, si riferisce al Nuovo Patto.
La ricchezza della gloria di questo mistero si riferisce a Cristo nei cristiani.
Nel v.27 vediamo la rivelazione del mistero di Dio.
Cominciamo col vedere:
I L’INIZIATORE DELLA RIVELAZIONE 
La rivelazione è per:
A) Il desiderio di Dio
“Dio ha voluto”.
Dio ha voluto indica in primo luogo che:
(1) La rivelazione del mistero aveva la sua fonte esclusivamente nella volontà di Dio
La fonte della rivelazione del mistero non è nessun altro se non solo Dio! 
È Dio che ha voluto far conoscere questo mistero!
La rivelazione è il dono sovrano di Dio, frutto della Sua grazia secondo il Suo desiderio.
L’iniziativa è di Dio, non è l’umanità da sé che conosce il mistero di Dio.
Non si è trattato di una scoperta umana, ma di una rivelazione divina.
Agostino d’Ippona disse: “Dio non si può trovare se non è Lui stesso a cercarci”.
Possiamo conoscere (cfr. per esempio Galati 4:9) e amarlo (cfr. per esempio 1 Giovanni 4:10) perché lo vuole prima Lui!
L’iniziativa è Sua e non la nostra!
In secondo luogo:
(2) La rivelazione del mistero era il piano libero e sovrano di Dio
“Ha voluto” (ēthelēsen – aoristo attivo indicativo) significa che Dio ha veramente desiderato fortemente rivelare il mistero fra le genti, questo era il Suo scopo, quello cha aveva in mente, il Suo piano, la Sua decisione, ciò che ha scelto di fare.
Questa enfasi sulla volontà sovrana attiva di Dio evidenzia il significato del Suo disegno nel corso della storia, dimostrando così di essere anche immanente.
Dio non è stato costretto, ma lo ha voluto perché così gli piaceva ed era contento di fare. 
È stata una Sua libera scelta, la libertà sovrana di Dio, che non dipendeva da meriti, o volontà umana! Ma dalla Sua grazia! Come illustrato per esempio dalla vita dell’apostolo Paolo (cfr. per esempio Atti 9:1-22; 1 Corinzi 15:10; 1 Timoteo 1:12-17). 
Così “Dio ha voluto” è un'affermazione che ci invita a riconoscere la centralità di Dio nella storia della salvezza. 
Egli è l'artefice e il protagonista della rivelazione, agendo con grazia e libertà sovrana secondo la Sua volontà.
Consideriamo ora:
B) I destinatari del desiderio di Dio
“Far loro conoscere”.
I Colossesi non avevano bisogno di acquisire una conoscenza segreta per trovare Dio secondo una certa eresia di quei tempi; Dio si era manifestato a loro salvandoli.
Paolo sottolinea che l'inclusione dei Gentili nel popolo di Dio, come eletti (Colossesi 3:12; cfr. per esempio Efesini 1:4-7) non è un incidente storico; fa parte invece del disegno prestabilito di un Dio che opera attivamente nella storia e si fa conoscere.
“Far conoscere”, anche se non è la stessa parola, riprende il pensiero di “è stato manifestato” (ephanerōthē) del v.26, è parallela.
“Far conoscere” (gnōrisai – aoristo attivo infinito) è “rendere noto”, “rivelare”, far sì che un'informazione sia conosciuta da qualcuno (cfr. per esempio Luca 2:15,17; Giovanni 15:15; Atti 7:13; 2:28; Romani 9:22-23; Efesini 6:19; Colossesi 4:7, 9).
“Loro”, i destinatari, sono i santi del v.26, che ricevono questa rivelazione, dove troviamo scritto: “Cioè, il mistero che è stato nascosto per tutti i secoli e per tutte le generazioni, ma che ora è stato manifestato ai suoi santi”.
Dio desidera che il Suo popolo sappia ciò che non ha fatto conoscere prima!
Parlando della parola “conoscere” Markus Barth scrive: “Significa un'impartizione di conoscenze che connota contemporaneamente un incarico e una missione, e non solo un semplice modo di comunicare che sfuma in atteggiamenti non impegnativi”.
Evidentemente a chi Dio si rivela, questo è chiamato a proclamarlo ad altri (cfr. per esempio Isaia 43:10-12; 1 Pietro 2:9).
Si tratta di una missione che richiede impegno e dedizione, non di un semplice scambio di informazioni passivo.
La conoscenza non è solo un'acquisizione di informazioni, ma comporta anche una responsabilità. 
Diveniamo custodi di questa conoscenza e abbiamo il dovere di utilizzarla per il bene nostro e degli altri.
Per esempio, un insegnante che trasmette il proprio sapere agli studenti non solo li istruisce, ma li guida in un percorso di crescita e di apprendimento, assumendosi la responsabilità della loro formazione.
Un medico che diagnostica una malattia non solo informa il paziente, ma si fa carico della sua salute, accompagnandolo nel percorso di cura e fornendogli il supporto necessario.
Questo vale anche per coloro che conoscono Dio, anzi sono ancora di più motivati dal comando di Dio nel farlo (cfr. per esempio Matteo 28:18-20; 1 Pietro 2:9-10) e dall’amore per il prossimo (cfr. per esempio Marco 12:31; Galati 6:10).
Vediamo in secondo luogo:
II L’IDENTITÀ DELLA RIVELAZIONE 
“Quale sia la ricchezza della gloria di questo mistero fra gli stranieri, cioè Cristo in voi, la speranza della gloria”.
Lo scopo salvifico di Dio era uno dei temi principali dei profeti dell'Antico Testamento, ed era previsto che anche i Gentili e gli Israeliti fossero inclusi in questa salvezza. 
Ma il modo in cui tale scopo si sarebbe realizzato, concretizzandosi in un unico corpo di Cristo non è stato reso noto, era un segreto, un mistero, fino al momento del compimento, e ora Paolo, come amministratore di questo mistero, ne svela la meraviglia ai suoi lettori.
Se questa grazia fosse stata mostrata solo ai credenti Ebrei, forse non avrebbe suscitato tanta meraviglia; dopo tutto, erano il popolo di Dio. Ma sono inclusi anche i Gentili, e sono inclusi su un piano di parità con gli Ebrei.
Nell’identità della rivelazione vediamo:
A) La sostanza
“Quale sia la ricchezza della gloria”.
Ci sono tanti motivi per cui una persona vuole diventare ricca materialmente come, per esempio, avere un senso di sicurezza e stabilità; quindi, per coprire le spese di base come cibo, riparo e assistenza sanitaria, e può anche fornire un margine di manovra per imprevisti come la perdita del lavoro o una malattia, per avere una casa, per la libertà di scegliere come vivere la propria vita. 
Per perseguire i propri sogni e obiettivi, senza dover preoccuparsi delle costrizioni finanziarie.
Per avere maggiori opportunità di viaggiare, di ricevere un’istruzione di alto livello o avviare un'impresa, e per tanti altri motivi che non sappiamo non durano per sempre!
Ma poche persone sono interessate alla ricchezza spirituale eterna in Cristo! 
“Quale” (tis) è un’espressione esclamativa enfatica che dà risalto alla proposizione che inizia e intensifica il concetto della ricchezza della gloria del mistero, sottolineando il tipo della ricchezza di gloria.
C’è una nota di stupore nella frase: “Quale sia la ricchezza della gloria”.
“Ricchezza” (ploutos - 2 Corinzi 8:2; Romani 9:23; 11:12; Efesini 1:18; 3:16; Filippesi 4:19), si riferisce al valore, all’ampiezza e all’abbondanza di beni e risorse.
L'immagine della ricchezza cattura l'abbondante generosità di Dio in Cristo, che secondo le ricchezze della Sua bontà, o grazia ci ha redenti (Romani 2:4; Efesini 1:7,18; 3:8,16; Filippesi 4:19). 
La ricchezza di Dio indica l'elargizione generosa delle Sue benedizioni in Cristo (Colossesi 2:2-3).
Il valore del Suo dono di grazia è in realtà incommensurabile (Efesini 2:7). 
In questa frase “gloria” (doxēs - genitivo) può indicare la descrizione di ricchezza, o la qualità quindi “ricchezza gloriosa di questo mistero”, o “gloriose ricchezze di questo mistero” (cfr. per esempio Colossesi 1:11), quindi ricchezza caratterizzata dalla gloria.
Oppure la ricchezza che è contenuta nella gloria “la ricchezza appartenente alla gloria di questo mistero”, o “ricchezza di gloria di questo mistero”, o “quanto è ricca la gloria di questo mistero”, quindi, in questo senso gloria è la condizione di beatitudine in cielo, cioè la ricca gloria (cfr. per esempio Colossesi 3:4), o la ricchezza della manifestazione gloriosa, oppure ricchezza di gloria.
Ma la parola greca per gloria richiama una parola Ebraica (kābôd), la parola usuale per lo splendore, o la gloria di Dio in mezzo al suo popolo (cfr. per esempio Esodo 24:15-16; 40:34-38; Salmo 19; 24; 29). 
La manifestazione gloriosa di Dio, come luce brillante, la troviamo anche nel Nuovo Testamento, per esempio quando un angelo del Signore si presentò ai pastori per rivelare loro la nascita di Gesù, in questa occasione la gloria del Signore risplendé intorno a loro (Luca 2:9). 
Forse Paolo voleva sottolineare che questo meraviglioso mistero partecipava del carattere di Dio stesso.
Quindi “gloria” indica la presenza di Dio stesso in Cristo (cfr. per esempio Giovanni 1:14; 2 Corinzi 4:4; Tito 2:13; Ebrei 1:3; Giacomo 2:1).
David Guzik scrive: “Dio si è rivelato a noi in Gesù. I teologi classici usano il termine latino per riferirsi al ‘Dio nascosto’, il Dio che non può essere visto deus absconditus o conosciuto chiaramente. Il termine teologico latino deus revelatus si riferisce al ‘Dio rivelato’. In Gesù il deus absconditus è diventato il deus revelatus”.
In Cristo, Dio ha pienamente manifestato la Sua natura e il Suo piano di salvezza per l'umanità.
“Gloria” nel Nuovo Testamento si riferisce anche allo splendore (cfr. per esempio 1 Pietro 1:24), o alla luminosità, l’irradiazione (cfr. per esempio Atti 22:11; Apocalisse 15:8); lo stato di essere meraviglioso trascendente (cfr. per esempio Matteo 4:8; 12:27; 2 Pietro 1:17).
In questa frase Paolo sta parlando di ricchezza gloriosa, qualcosa di meraviglioso che si riferisce alla manifestazione e alle benedizioni salvifiche di Dio in Cristo.
Nell’identità della rivelazione vediamo:
B) La singolarità
“Di questo mistero fra gli stranieri”.
(1) La singolarità riguarda gli stranieri
La ricchezza della gloria si riferisce al mistero fra gli stranieri, e il senso potrebbe essere: “La gloriosa ricchezza che questo mistero custodisce”.
Oppure “la gloria inestimabile che questo mistero ha”.
O ancora: “Le ricchezze della gloria che sono il mistero”, “la ricchezza della gloria contenuta in questo mistero”
La ricchezza della gloria di questo mistero non è più da limitare a una sola nazione, quella Ebraica, ma anche tra le nazioni pagane di tutto il mondo.
Infatti, “tra gli stranieri” (en tois ethnesis - dativo di luogo) indica in mezzo ai Gentili, tra tutte le nazioni, o i popoli al di fuori dei Giudei.
Alan Thompson scrive: “Paolo riesce a malapena a trattenersi mentre scoppia di meraviglia nell'esprimere il significato della verità fondamentale che è questo vangelo. Un tempo concentrato sul popolo d’Israele, il piano salvifico di Dio è ora reso noto tra i Gentili. In linea con il carattere di Dio, questo piano salvifico non è casuale ma Dio ha scelto di far conoscere questo mistero”.
È stata ed è nella missione tra i Gentili che le ricchezze e lo splendore del piano di salvezza di Dio erano e sono evidenti sia in termini di proclamazione che anche d’impatto efficace salvifico.
Noi, oggi che siamo cresciuti nel mondo occidentale, in un ambiente in qualche modo cristiano, abbiamo la tendenza a dare tutto questo per scontato. 
Ma pensate all'eccitazione che questo messaggio con tutte le implicazioni, deve aver generato in una chiesa composta da nuovi credenti che non avevano alcuna tradizione cristiana (cfr. per esempio Atti 8:8; 13:48-52; 16:34). 
Una volta erano fuori dai patti di Dio, ma ora membri della Sua famiglia. 
Una volta vivevano nell'ignoranza e nella morte spirituale, ma ora sono vivi e partecipano alle ricchezze della gloria di Dio in Cristo. 
Una volta non avevano speranza, ma ora hanno una speranza gloriosa
perché Cristo viveva dentro di loro! 
Charles Swindoll commenta così: “La grazia salvifica di Dio, un tempo proclamata apertamente solo tra gli Ebrei attraverso i loro profeti e le loro Sacre Scritture, veniva ora proclamata in lungo e in largo sia tra gli Ebrei che tra i Gentili attraverso la persona e l'opera di Gesù Cristo! I Gentili potevano ora sperimentare tutti i benefici dell'essere figli di Dio: erano ora inclusi nella gloria e nelle ricchezze della grazia di Dio; avevano ricevuto la redenzione, la riconciliazione e il perdono dei peccati, Cristo viveva in loro per mezzo dello Spirito, riempiendoli di speranza interiore. 
Si trattava di un messaggio assolutamente rivoluzionario. Non solo i Gentili avrebbero avuto difficoltà a credere a questo messaggio, ma anche i Giudei si sarebbero risentiti e lo avrebbero rifiutato. Pensate a cosa doveva significare questo messaggio di salvezza per sola grazia attraverso la sola fede in Cristo per quei Gentili che non avevano mai sognato che una tale salvezza sarebbe arrivata a loro!”
(2) La singolarità riguarda il mistero
Il mistero è sempre stato qualcosa di affascinante, o intrigante, qualcosa che suscita curiosità e desiderio di saperne di più.
Come nel contesto dei Colossesi, in alcune religioni antiche, i misteri erano riti segreti a cui potevano partecipare solo gli iniziati. 
John MacArthur riguardo la parola “mistero” scrive: “L’uso di questa parola da parte di Paolo non è per indicare un insegnamento, un rito o una cerimonia segreta rivelata solo ad alcuni iniziati d’élite (come nelle religioni misteriche), ma la verità rivelata a tutti i credenti nel Nuovo Testamento. Questa verità, che ora è stata manifestata ai Suoi santi, è ciò che è stato nascosto dalle epoche e dalle generazioni passate, cioè dall'era e dai popoli dell'Antico Testamento. Ora si riferisce al tempo della stesura del Nuovo Testamento”.
Secondo la Bibbia le cose misteriose appartengono al Signore! (Deuteronomio 29:28).
Ci sono grandi misteri che non possono essere conosciuti, o risolti dall'umanità.
Ci sono aspetti della natura e dei piani del Signore che rimangono al di là della nostra portata, li conosce solo il Signore, mentre altre ci sono rivelate affinché le mettiamo in pratica la Sua parola!
“Mistero” (mystēriou - genitivo di qualità) è qualche cosa di sacro, nascosto, o segreto, che è naturalmente sconosciuto alla ragione umana ed è conosciuto solo per la rivelazione di Dio (Romani 11:25; 1 Corinzi 2:7; 4:1; 14:2; 15:51; 1 Timoteo 3:16).
William Hendriksen scriveva: “Si riferisce a una persona o una verità che sarebbe rimasta sconosciuta se Dio non l'avesse rivelata. Si dice che un simile mistero sia stato svelato nel suo senso più pieno solo quando il suo significato è stato tradotto nella realtà storica”.
Sono i pensieri, o il piano di Dio non manifestato, o privato di Dio, che sono nascosti dalla ragione umana, qualcosa che proviene dalla parte più profonda e intima di Dio, che non è accessibile a nessuno così come da ogni altra comprensione al di sotto del livello divino, e attendono il compimento o la rivelazione a coloro a cui sono destinati, in questo contesto ai santi (cfr. per esempio 1 Corinzi 2:6-8).
Nel Nuovo Testamento il mistero si riferisce a un segreto un tempo nascosto, ma che ora è stato rivelato e compreso (cfr. per esempio Matteo 13:11, 17; Romani 16:25-26).
Il mistero a cui pensa l'apostolo qui in Colossesi 1:26-27 era stato nascosto, cioè da secoli e generazioni non era stato storicamente realizzato. 
Era presente, certo, nel piano di Dio e anche nella profezia in una certa misura, ma non nella realtà.
Lo sfondo del mistero non è nei culti misterici, o nello gnosticismo, come era nell’ambiente religioso pagano dei Colossesi, quindi a informazioni su riti e simboli iniziatici, cose che dovevano essere tenute nascoste ai non iniziati. 
Ma viene dal contesto Giudaico dell’Antico Testamento (cfr. per esempio Daniele 2:18–19,27–30,47), dove “mistero” denotava un accenno di eventi divinamente preordinati che sono stati deliberatamente nascosti da Dio, e quindi sconosciuti, ma che Dio avrebbe fatto conoscere a suo tempo.
David Garland scrive: “L’uso di questa parola da parte di Paolo concorda con l’uso ebraico. Il mistero è qualcosa legato ai propositi di Dio, che può essere impartito solo mediante rivelazione divina. Gli esseri umani non possono conoscere o scoprire questo mistero da soli, non importa quanto intelligenti possano essere. Per secoli nessuno, nemmeno generazioni di ebrei fedeli, indovinò il corso che Dio stava seguendo, sebbene lungo il percorso ci fossero dei segnali (Romani 11:33–36). Tutto ciò che Dio intendeva fare era del tutto inconcepibile per la mente umana. Il mistero andava contro ogni ragione umana semplicemente perché era al di sopra di ogni ragione umana”.
A quale mistero si riferisce Paolo?
Il punto focale della gloriosa ricchezza di questo mistero è Cristo stesso; infatti, il Cristo è “il mistero di Dio” (Colossesi 1:26; 2:2; 4:3), come anche confermato dalla frase successiva: “Cioè Cristo in voi, la speranza della gloria”.
È sia Cristo stesso, quindi le imperscrutabili ricchezze di Cristo: il significato totale della Sua incarnazione, crocifissione, risurrezione, ascensione e discesa dello Spirito Santo; come anche la Sua presenza tra i Gentili, cioè tutte le nazioni, i non Giudei.
È il piano di salvezza di Dio che prevedeva di fare dei Gentili il suo popolo e di far loro ricevere gli stessi benefici degli Ebrei. 
Dunque, il mistero è il piano di redenzione e di riconciliazione di Dio che include i Gentili (il resto del mondo) insieme agli Ebrei in un unico corpo di Cristo, un'unica chiesa, un'unica famiglia, un unico popolo sotto un solo capo, Cristo come vediamo negli scritti di Paolo (Romani 11:25-26; 16:25-26; Efesini 1:10; 2;11-22; 3:3-6; Colossesi 1:6,12-24,28).
Era l'affermazione di Paolo fin dall'inizio, basata precisamente sulla “rivelazione” che ricevette sulla via di Damasco (Galati 1:15-16), che il Vangelo era anche per i non Ebrei, che la benedizione di Abramo aveva sempre avuto in vista il futuro beneficio delle nazioni fin dall'inizio (Galati 3:8) e che i Gentili erano ora in grado di condividere questa eredità Ebraica proprio essendo “in Cristo” (Galati 3:14, 16, 26–29). 
Abramo ricevette un'anteprima del Vangelo (Galati 3:8), e i profeti ne intravidero un barlume (Ebrei 1:1; 1 Pietro 1:10); ma gli apostoli vissero nel tempo del suo compimento e furono i primi a svelarne pienamente la gloria.
L'Antico Testamento parlava e profetizzava della salvezza dei Gentili attraverso la fede nel Dio redentore di Israele (cfr. per esempio Genesi 12:3; 22:18; 26:4; 28:14; 49:10; Isaia 49:6; Michea 4:1-2; Romani 15:8-12), ma non rivelò mai che Ebrei e Gentili sarebbero diventati spiritualmente uno in Cristo e che Cristo avrebbe dimorato nei Gentili. 
Pertanto, questo aspetto dell’opera di Gesù nel Suo popolo era un mistero che non fu rivelato fino al tempo di Gesù e degli apostoli, quindi è spiegato nel Nuovo Testamento in modo particolare dall’apostolo Paolo.
A proposito Peter O’Brien scrive: “Questo era rimasto un mistero fino al tempo del suo compimento, e Paolo, come apostolo dei Gentili e primo amministratore di questo mistero, ha il privilegio di svelare la sua meraviglia ai suoi lettori. I non ebrei sono inclusi insieme agli ebrei su un piano di parità come membri del corpo di Cristo, e fu la grande gioia di Paolo, così come il suo obbligo divino imposto, di essere l'agente di far conoscere "le gloriose ricchezze di questo mistero tra ‘i Gentili’”.
Nell’identità della rivelazione troviamo ancora:
C) La specificazione
“Cioè Cristo in voi”.
“Cioè” (ho – proposizione relativa) spiega il contenuto del mistero e lo identifica esplicitamente con la presenza di “Cristo”. 
Cristo è al centro e il contenuto del mistero di Dio! 
“Cristo” (Christos) è il nome personale attribuito a Gesù, ma indica l’appellativo il compimento dell'attesa Ebraica di un liberatore, dell'Unto, il Messia, il re d’Israele (cfr. per esempio Marco 15:32; Giovanni 1:41; 4:42; Atti 2:36; 9:22; 18:28).
Evoca una storia di attesa nella storia di Israele che porta Dio a mandare finalmente suo Figlio ad essere l'unico vero Re di Israele.
Il mistero è stato proclamato, o fatto conoscere tra i pagani, è stato creduto dai Colossesi, come nel resto del mondo (1 Timoteo 3:16).
Cristo era stato predicato a Colosse da Epafra, e alcuni di Colosse lo avevano ricevuto come Signore (Colossesi 2:6).
Dunque, “la ricchezza della gloria di questo mistero” si riferisce a Cristo nei credenti.
Vediamo allora la:
(1) Presenza di Cristo
Scott Hoezee scrive: “Lo stesso Cristo che ha creato e redento tutto ciò che conosciamo (e tutto ciò che non possiamo né vedere né conoscere), lo stesso Cristo che governa con una supremazia che non possiamo nemmeno lontanamente immaginare, può anche essere localizzato nel cuore di ogni credente sul pianeta! La ‘gloriosa ricchezza del mistero’ è il legame di ogni credente con la più ampia portata dell'opera creatrice e redentrice di Dio”.
“In voi” (en humin - dativo di luogo) può essere inteso anche individualmente dentro ogni credente (Romani 8:9-10; 1 Corinzi 6:19-20; 2 Corinzi 13:5; Galati 2:20; Efesini 3:17), sta parlando dei cristiani di origine pagana, non Giudaica.
G. K. Beale scrive: “‘Cristo in voi’ sottolinea quindi che il mistero di Cristo ha incluso i Gentili insieme agli Ebrei credenti, mentre i Gentili erano stati esclusi dalla comunità dell'alleanza dell'Antico Testamento dove fu sperimentata la rivelazione promissoria di Dio”.
Colossesi 3:11 evidenzia che nel rinnovamento morale e spirituale non c'è Greco, o Giudeo, circoncisione, o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Quindi c’è un superamento delle divisioni.
Indipendentemente dalla provenienza etnica, dallo status sociale o religioso, in Cristo siamo tutti uguali. 
Non c'è più distinzione tra Greco e Giudeo, tra circoncisi e incirconcisi, tra barbari e Sciti, tra schiavi e liberi.
C’è un’unità in Cristo.
Cristo è il denominatore comune che unisce. 
In Lui, le barriere che separavano sono abbattute.
C’è la centralità di Cristo.
Cristo è “tutto e in tutti”. 
Questo significa che Cristo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno! 
È tutto ciò che conta, quello che è più importante!
È la nostra fonte di vita, di salvezza, di forza e di speranza. 
È in Lui che troviamo la nostra vera identità e il nostro scopo.
È in Cristo, abbiamo accesso a tutto ciò che è necessario per vivere una vita vittoriosa e santa.
Ed è in tutti i tipi di persone senza distinzione, se sono veri cristiani nati di nuovo spiritualmente!
William Hendriksen scriveva: “‘Cristo in voi’ significa Cristo in voi Gentili, e ciò su una base di perfetta uguaglianza con Israele, essendo stato completamente rimosso il ‘muro di divisione intermedio’ (Efesini 2:14)!”
Cristo era “in loro”, non semplicemente come “in mezzo a loro” di passaggio, ma abitava in loro, infatti insieme al verbo “è”, come è nel greco (frase è: “Quale è Cristo in voi”) indica l'inabitazione di Cristo in loro come credenti Gentili.
Come membra del Suo corpo avevano la Sua vita, la Sua presenza dinamica dentro di loro!
Ma non si riferisce solo esclusivamente ai Colossesi, ma come rappresentanti di tutti i credenti.
La dimora di Cristo e lo Spirito dimorante sono pensieri praticamente intercambiabili per Paolo (Romani 8:10–11), sebbene altrove sia lo Spirito Santo dimorante che egli presenta come speranza o garanzia della gloria futura (Efesini 1:13-14).
Il Cristo interiore costituisce in Sé un pegno della gloria futura.
F.F.Bruce scrive: “Il fatto che qui e ora, come membra del suo corpo, abbiano in sé la sua vita risorta, offre loro una base stabile per la fiducia che parteciperanno alla pienezza della gloria ancora da manifestarsi, nel giorno della ‘rivelazione dei figli di Dio’ (Romani 8:19)”. 
Gesù, e non un credo, o un’ideologia, o una religione, è la speranza della gloria!
Vediamo allora il significato della:
(2) Speranza della gloria
“La speranza della gloria”.
“Speranza” (elpis - apposizione) chiarisce e specifica “Cristo in voi”.
Il Cristo esaltato che è presente nei singoli credenti è la loro certezza della gloria futura, la promessa della glorificazione!
Douglas Moo scrive: “L'attenzione di Paolo si concentra su come il popolo della nuova alleanza di Dio sia completamente identificato con il suo rappresentante, Cristo, e su come questa nuova identità dia speranza per il futuro. Paolo parla spesso dei cristiani come di coloro che sono ‘in Cristo’ (cfr. 1:2), ma solo raramente inverte l'immaginario e si riferisce a Cristo ‘in’ noi (Romani 8:10; 2 Corinzi 13:5; Galati 2:20; 4:19; Efesini 3:17). Ma il senso di entrambe le espressioni è lo stesso (cfr. per esempio Romani 8:1,10): sottolineare l'intima relazione tra Cristo e il suo popolo e il modo in cui, grazie a questa relazione, Cristo ci rappresenta pienamente. È per questo che possiamo avere la speranza della gloria, cioè la certezza che sperimenteremo la gloria finale (cfr. Romani 5:2). Paolo ritorna su un tema chiave di questo capitolo iniziale (1:5-23) per ricordarci ancora una volta che la speranza è legata a Cristo, e solo a Cristo”.
La speranza cristiana non è una vaga possibilità!
La “speranza” cristiana è il desiderio certo che sarà soddisfatto, aspettazione fiduciosa e sicura perché è fondata sulla promessa di Dio! (cfr. per esempio Romani 4:19-20).
È, in un certo senso, il possesso della gloria futura prima che quella gloria sia effettivamente realizzata. 
La “speranza” si riferisce concretamente a ciò che già attende i credenti in cielo: la gloria già conferita a Cristo, che sarà condivisa con il Suo popolo!
Paolo precedentemente aveva parlato che i credenti hanno una speranza conservata nei cieli (Colossesi 1:5), cioè la salvezza futura.
Todd Still commenta: “In questo versetto, ‘speranza’ connota un’ansiosa attesa e una ferma fiducia nel glorioso futuro di Dio per i suoi figli e la sua creazione (cfr. soprattutto Romani 8:18–25)”.
“Gloria” non ha lo stesso significato della gloria nella frase precedente.
Sia qui che in Colossesi 3:4 il termine è essenzialmente equivalente a ciò che potremmo definire “eternità”, o “cielo”. 
“Della gloria” (tēs doxēs – genitivo) si riferisce a un luogo glorioso, un riferimento al cielo, è la condizione dell'essere nell'altra vita è descritto come la partecipazione allo splendore o alla gloria della vita. 
È lo stato eccelso di perfezione beata eterna che è la parte di coloro che abitano con Dio in cielo.
Può essere intesa come quasi sinonimo di stato celeste, l'accento è posto sulla nobiltà di questo stato e sulla luce ricevuta da Dio. 
Si riferisce alla beatitudine in cielo con Dio, in contrasto con le imperfezioni dell'esistenza terrena, mortale.
È alto onore che è di Gesù futura (cfr. per esempio Luca 24:26 1 Timoteo 3:16), ma anche della Sua preesistenza (Giovanni 17:5, 22, 24), che sarà anche ciò che aspetterà ai discepoli di Gesù, ai cristiani nell'altra vita (cfr. per esempio Romani 2:7, 10; 8:18; 1 Corinzi 2:7; 15:43; 2 Corinzi 4:17; Colossesi 3:4; 1 Tessalonicesi 2:12; 2 Tessalonicesi 2:14; 2 Timoteo 2:10; Ebrei 2:10; 1 Pietro 5:1,4) con un corpo glorioso come quello di Gesù Cristo risplenderanno insieme a Lui con un corpo risorto (cfr. per esempio Daniele 12:3; Matteo 13:43; Romani 8:17,29-30; 1 Corinzi 15:43; Filippesi 3:21).
Così, la gloria è l'oggetto della speranza, la sicura speranza che i credenti avranno una parte nella gloria futura, la sicura speranza che la gloria eterna sarà loro aspettano fiduciosi di essere glorificati.
In che modo “la speranza della gloria” è collegata a “Cristo in voi”? 
La loro speranza di gloria è il risultato della presenza di Cristo in loro!
“Poiché Cristo è in te, hai speranza di gloria”.
La presenza di Cristo nei Colossesi suscita e rafforza la speranza della gloria!
Per Paolo, la presenza di Cristo nella vita dei credenti è una forza abilitante per il giorno e una speranza costante per l'indomani. 
La presenza di Cristo individualmente, dà ai credenti la certezza della loro speranza, di essere nel regno glorioso ed eterno di Cristo. 
I credenti sono in Cristo; Cristo è in loro; pertanto, i credenti possono sperare di condividere la gloria di Cristo!
John MacArthur scrive: “Il fatto che Cristo abita in tutti i credenti è la fonte della loro speranza di gloria ed è il soggetto o il tema del ministero evangelico. Ciò che rende attraente il Vangelo non è solo il fatto che promette gioia e aiuto presenti, ma che promette onore, benedizione e gloria eterni. Quando Cristo viene a vivere in un credente, la Sua presenza è l'ancora della promessa del cielo, la garanzia della futura beatitudine eterna (cfr. 2 Corinzi 5:1–5; Efesini 1:13–14). Nella realtà che Cristo vive nel cristiano c'è l'esperienza della vita nuova e la speranza della gloria eterna”.
CONCLUSIONE
Paolo sapeva quanto possiamo essere ingrati! 
Per questo motivo evidenzia la ricchezza della gloria del mistero che il Cristo nei credenti di origine non Giudaica, la speranza della gloria!
Allora considerando che nonostante siamo peccatori Dio ci ha salvati, saremo alla Sua presenza e questa è garantito dalla presenza di Cristo in noi!
Il noto predicatore Stephen Olford è cresciuto in Africa, dove i suoi genitori erano missionari. Il giorno del suo settimo compleanno, dopo aver gustato torte e regali, sua madre, Bessie Santmire Olford, guidò le devozioni familiari. 
Cominciò a leggere Giovanni 14, sottolineando il versetto 3, la promessa del Signore di tornare e accogliere a sé il suo popolo. Facendo una pausa, guardò Stephen e gli chiese: “Stephen, quando il Signore Gesù tornerà, sarai pronto ad incontrarlo?”.
La domanda rimase senza risposta. Stephen abbassò lo sguardo, giocherellando con le mani e desiderando di essere altrove in quel momento. 
Ma quella sera la domanda si ripresentò nella mente del bambino. Il suo sonno fu inquieto e si rigirò in quella notte africana. All'improvviso la questione sembrò assumere proporzioni urgenti e chiamò nell'oscurità sua mamma.
Bessie si precipitò dentro la stanza del figlio, aspettandosi di trovare una iena, o un altro animale selvatico fuori dalla finestra. Si sedette sul letto e lo abbracciò, mentre il suo corpicino tremava. 
No, non era un animale selvatico; i suoi pensieri incerti avevano immaginato che Gesù venisse di nuovo, solo per lasciarlo sulla terra. Bessie accese la lampada e aprì la Bibbia a Colossesi 1:27: “Cristo in voi, la speranza della gloria”.
“Se vuoi essere sicuro di andare in cielo, Stephen, devi avere Cristo in te, nel tuo cuore. Vuoi invitare Gesù nel tuo cuore?”.
Stephen annuì e i due si inginocchiarono accanto al suo letto per chiedere a Gesù di entrare nel suo cuore.
Stephen Olford racconta: “Prima il mio cuscino sembrava pieno di mattoni, ma ora una pace meravigliosa è entrata nel mio cuore”. 
Olford racconta che la madre è stata la chiave di questa conversione con il suo esempio, insegnamento e consigli. 
La nostra speranza non è basata su cose effimere, ma sulla solida promessa di Dio di una vita eterna con Lui. 
Allora questa speranza è certa!
Non sarebbe male per noi oggi recuperare un po’ di quell’atmosfera di stupore, gioia ed entusiasmo dei primi cristiani di origine pagana di fronte al messaggio di salvezza che sfocia in un atteggiamento di profonda gratitudine, lode e adorazione.
Dovremmo sempre ringraziare il Signore perché ci ha fatto la grazia di essere salvati con tutte le benedizioni che implica, e perché è presente in noi nonostante siamo peccatori.
Ma dobbiamo anche a vivere con rinnovato fervore la nostra fede.
Siamo portatori di un mistero: In quanto credenti in Gesù Cristo, abbiamo il privilegio di portare in noi il mistero della salvezza.
Abbiamo anche la responsabilità di condividere il Vangelo della salvezza con altri secondo il grande mandato missionario di Gesù Cristo che ha affidato alla chiesa (cfr. per esempio Matteo 28:18-20; Atti 1:8), a portare la luce di Cristo in un mondo ancora immerso nell'oscurità.
La nostra vita dovrebbe essere un riflesso della gloria di Dio che abbiamo ricevuto in Cristo!
Dobbiamo vivere nella speranza della gloria!
La consapevolezza della gloria futura di Dio dovrebbe motivarci a vivere una vita santa e degna del Signore.
Inoltre, dobbiamo promuovere l'unità tra i credenti, perché di chiesa ce n’è una sola!



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