Salmo: 71:20-21: Quando Dio riscrive la tua storia (2) La misericordia di Dio: l’intervento salvifico nelle difficoltà “Tu, che ci hai fatto vedere molte e gravi difficoltà, ci darai di nuovo la vita e ci farai risalire dagli abissi della terra; tu accrescerai la mia grandezza e ritornerai a consolarmi”. Da questa serie, abbiamo già parlato della maestà di Dio - della Sua grandezza incomparabile. Ma c’è una domanda che brucia nel cuore umano: “Va bene, Dio è grande... ma si preoccupa di me?” Nel film “Cast Away”, l’attore Tom Hanks, naufragato su un’isola deserta, urla all’oceano: “Io so che Tu puoi sentirmi! Lo so che puoi!” È il grido universale dell’umanità verso un Dio che sembra lontano nelle nostre tempeste. Ma ecco la meravigliosa verità del Salmo 71: lo stesso Dio maestoso che abbiamo contemplato nella predicazione precedente è anche il Dio misericordioso che scende negli abissi della nostra sofferenza per tirarci fuori. Il salmista ci mostra che Dio non solo permett...
Salmo: 71:20-21: Quando Dio riscrive la tua storia (2)
La misericordia di Dio: l’intervento salvifico nelle difficoltà
“Tu, che ci hai fatto vedere molte e gravi difficoltà, ci darai di nuovo la vita e ci farai risalire dagli abissi della terra; tu accrescerai la mia grandezza e ritornerai a consolarmi”.
Da questa serie, abbiamo già parlato della maestà di Dio - della Sua grandezza incomparabile. Ma c’è una domanda che brucia nel cuore umano: “Va bene, Dio è grande... ma si preoccupa di me?”
Nel film “Cast Away”, l’attore Tom Hanks, naufragato su un’isola deserta, urla all’oceano: “Io so che Tu puoi sentirmi! Lo so che puoi!”
È il grido universale dell’umanità verso un Dio che sembra lontano nelle nostre tempeste.
Ma ecco la meravigliosa verità del Salmo 71: lo stesso Dio maestoso che abbiamo contemplato nella predicazione precedente è anche il Dio misericordioso che scende negli abissi della nostra sofferenza per tirarci fuori.
Il salmista ci mostra che Dio non solo permette le nostre difficoltà, ma ci fa anche “risalire dagli abissi della terra”.
Steven Lawson scrive: “Dio nella sua giustizia è trascendente e maestoso, alto ed elevato, torreggiante sulle ingiustizie dell’uomo, sempre pronto a compiere grandi cose. Il salmista era fiducioso che Dio governasse i suoi problemi. Non solo Dio gli aveva fatto vedere i suoi problemi, ma avrebbe anche risuscitato la sua vita da questi problemi, in particolare dalle profondità della terra”.
Oggi scopriamo come la misericordia divina trasforma le nostre valli più profonde in trampolini verso una vita rinnovata.
Se stai attraversando un momento buio, se ti senti negli “abissi della terra” come dice il salmista, questo messaggio è per te.
Quando Dio riscrive la tua storia, non solo cambiano le circostanze - cambia tutto il significato della tua sofferenza.
I IL RICONOSCIMENTO (v.20)
“Tu, che ci hai fatto vedere molte e gravi difficoltà”.
Questi versetti ci parlano della sovranità di Dio come anche 1 Samuele 2:6-8: “Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo”.
Questo passo illumina tutto il percorso del salmista, stabilendo il principio teologico della sovranità di Dio sulle circostanze umane e il Suo potere di rovesciare le sorti.
Il salmista riconosce che Dio gli ha causato (ci hai fatto vedere - hirʾîtanû – hifil perfetto attivo) difficoltà; ha una comprensione matura della sovranità di Dio - così profonda che attribuisce perfino la propria sofferenza a Dio. Non è cinismo, è fiducia matura.
Non si tratta quindi di qualcosa che Dio ha permesso passivamente, ma che Dio intenzionalmente ha causato difficoltà, esse facevano parte del Suo piano sovrano.
“Vedere” (rāʾāh) si riferisce a “provare”, “sperimentare” (cfr. per esempio Esodo 14:13; Giosuè 23:3; 24:7; Salmo 50:23; 60:3; 85:7; Geremia 5:12; 14:13; 20:18; 42:14); implica un’esperienza diretta, personale e profonda.
La versione della Bibbia della CEI del 1974 traduce: “Mi hai fatto provare molte angosce e sventure”.
Dio ha “fatto sperimentare” al salmista le difficoltà, e sappiamo che molte volte Dio ha uno scopo pedagogico con le difficoltà (cfr. per esempio Deuteronomio 8:2-3; Salmo 119:71; Isaia 48:10).
“Molte e gravi difficoltà” è: “difficoltà molte e mali” (ṣārôt rabbôt wĕrāʿôt).
Si riferisce certamente non a una sola esperienza, ma a tante esperienze come vediamo dall’aggettivo “molte” (rabbôt - plurale), come anche dalle parole Ebraiche al plurale: “difficoltà” (ṣārôt) e “mali” (rāʿôt).
La vita è fatta di luoghi stretti, metaforicamente parlando.
A) Il salmista parla di difficoltà
La parola Ebraica “difficoltà” (ṣārôt), significa angustie, tribolazioni, difficoltà, strettezze; circostanze molto sfavorevoli, o eventi angoscianti che causano sofferenza, o dolore, gravi crisi che lasciano “cicatrici” evidenti e durature.
Indica situazioni di oppressione o costrizione, sia fisica che emotiva.
È legata al concetto di “stretto” o “angusto”, suggerendo un senso di limitazione e pressione, uno spazio confinato senza vie di uscita (cfr. per esempio Genesi 42:21; Deuteronomio 31:17,21; 1 Samuele 10:19; Salmo 22:12; 34:20; Isaia 30:20; 33:2; Geremia 14:8; 15:11; 30:7).
Una situazione angosciante era quella causata dai fratelli di Giuseppe e che ebbero anche loro dopo.
Quando si trovarono in Egitto durante la carestia, riconobbero che la loro angoscia era una conseguenza del loro trattamento crudele verso Giuseppe anni prima.
Ammisero: “Siamo veramente colpevoli nei confronti di nostro fratello, perché vedemmo l'angoscia della sua anima quando ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest’angoscia” (Genesi 42:21).
Evidentemente era il piano di Dio (Genesi 50:20).
B) Il salmista parla di mali
“Mali” (rāʿôt) qui non si riferisce al male morale, si riferisce alle calamità, avversità, sventure, indica eventi, o condizioni dannose, dolorose (cfr. per esempio Genesi 19:19; Esodo 32:12, 14; 1 Samuele 25:17; 2 Samuele 15:14; 2 Re 22:16; Geremia 4:6; 11:11; Amos 3:6).
Il salmista riconosce che le difficoltà passate sono dovute a Dio, quindi ne riconosce la sovranità.
Molti pensano che da Dio non provengano le nostre difficoltà, sofferenze, ma dagli uomini, o dal diavolo, qui non dice che è così: provengono in definitiva da Dio (cfr. per esempio Isaia 45:7; Amos 3:6), ma usa gli uomini (cfr. per esempio Genesi 50:20; Isaia 10:5; Geremia 25:9), o il diavolo (Giobbe 1-2) come Suoi strumenti.
Possiamo capire quello che stava dicendo il salmista, le sue parole continuano a risuonare nell’esperienza umana contemporanea, dove le difficoltà si susseguono e spesso ci sentiamo sopraffatti, o impotenti di fronte ad esse.
Qualcuno ha detto: “A volte mi sento così impotente che mi chiedo come faccio a continuare a vivere. Poi mi ricordo che non ho altra scelta”.
Questa sensazione di isolamento e impotenza che le difficoltà provocano è stata magnificamente catturata dallo scrittore contemporaneo Haruki Murakami nel suo Norwegian Wood, scrive: “Trascorsi i tre giorni che seguirono con la strana sensazione di stare camminando sul fondo del mare. Se gli altri mi parlavano io non riuscivo a sentirli e se ero io a rivolgermi a loro, loro non sentivano me. Era come se fossi avvolto in una membrana che aderiva perfettamente al mio corpo, impedendomi di comunicare con il mondo esterno e impedendo agli altri di toccarmi. Non solo io stesso ero impotente, ma finché ero in quello stato anche gli altri non potevano fare niente per me”.
Non solo ci sentiamo impotenti, ma capita anche che le difficoltà arrivino una dietro l’altra.
Come onde che si infrangono una dopo l’altra sulla riva, le difficoltà sembrano non darci tregua per riprendere fiato.
Capita che i problemi di salute si manifestino mentre si sta già affrontando una crisi finanziaria, la perdita del lavoro seguita da difficoltà a trovarne uno nuovo, o ancora un lutto familiare che coincide con altri problemi personali.
Che dire dei guasti domestici in serie: prima la caldaia, poi problemi idraulici, seguiti da un elettrodomestico che si rompe; oppure difficoltà lavorative che si intensificano mentre si devono gestire problemi familiari; periodi di stress prolungato che influiscono sulla salute fisica e mentale
Per non parlare dei problemi relazionali: incomprensioni con il partner che si accumulano nel tempo; amicizie che si allontanano proprio quando si avrebbe più bisogno di supporto; conflitti familiari che emergono durante momenti già difficili.
Ma non siamo vittime del caso!
Dio sta controllando tutto e tutti secondo il Suo piano per il nostro bene e la Sua gloria (Romani 8:28; Geremia 29:11; Isaia 43:7).
Come la “Fenice mitologica” che risorge dalle proprie ceneri, vediamo:
II LA RINASCITA (v.20)
Sempre nel v.20 leggiamo: “Ci darai di nuovo la vita e ci farai risalire dagli abissi della terra”.
Questa frase parla di speranza e ancora del riconoscimento della sovranità di Dio: la fede che il Signore ha sempre l’ultima parola.
Sorprende che il salmista, nel v. 20, parla al plurale “noi”, come se il singolo richiedente diventi improvvisamente colui che parla per tutta la comunità.
Le speranze del salmista non sono solo per sé stesso, ma per la nazione a nome della quale parla.
La storia ci da tanti esempi di rinascita.
Giuseppe: dalle fosse e dalla prigione al palazzo del Faraone. Da schiavo tradito a salvatore di nazioni (Genesi 37-50).
Davide: dal fuggitivo perseguitato da Saul al re unto di Israele. Dalle caverne al trono (1 Samuele-2 Samuele).
Giobbe: dalla perdita totale (famiglia, beni, salute) alla restaurazione doppia di tutto ciò che aveva perduto (Giobbe 42:10-17).
Israele in esilio: dalla deportazione Babilonese al ritorno nella terra promessa. Da “ossa secche” a “grande esercito” (Ezechiele 37).
Lazzaro: dalla morte fisica di quattro giorni alla resurrezione completa (Giovanni 11).
La chiesa primitiva: dalla dispersione per persecuzione alla crescita esplosiva in tutto l’Impero Romano (Atti 8:1-4).
Questa rinascita la vediamo in due aspetti: Dio gli ridà la vita e lo farà risalire dagli abissi della terra.
Cominciamo con:
A) Dio gli darà di nuovo la vita
“Ci darai la vita”, in realtà “ritornerai rivivere me” (tāšûb tĕḥayyênû), lo riporterà in vita.
L’anziano orante, dopo aver attraversato “molte angosce e sventure”, non vede nella sofferenza l’ultima parola sulla sua vita, ma confida nell’intervento divino che trasformerà la sua condizione.
Dio ha già liberato il salmista in passato e tornerà a farlo, riportandolo dalle profondità della sofferenza a una rinnovata vitalità.
“Ridare vita”, o “rivivere” è una parola che nell’Antico testamento è usato in vari modi, per esempio come contrario di morte, quindi liberazione da un pericolo (cfr. per esempio Giosuè 9:15; Giudici 15:19 ), portare in vita le macerie di una città (Neemia 4:2) dare vita alla creazione (Neemia 9:6) guarire da malattia (cfr. per esempio Salmo 30:3; 41:3); dalla morte (1 Re 17:22; 2 Re 13:21) far crescere il grano, quindi prosperare (Osea 14:8), dare energia interiore (cfr. per esempio Salmo 119:25,40,93,107).
È usato anche in contesti nazionali (cfr. per esempio Neemia 4:2; Salmo 80:19; Salmo 85:7; Ezechiele 37:5; Osea 6:2).
Quindi questo verbo si riferisce alla liberazione dal pericolo, o dall’angoscia (cfr. per esempio Salmo 143:11), cioè da un’esistenza miserabile nel potere della morte verso una vita piena e ricca.
“Darai la vita” (tĕḥayyên – piel imperfetto attivo) sottolinea l’intensità dell’azione divina di ripristino e rinnovamento della vita; la potenza trasformativa dell’azione divina.
Non è semplicemente un mantenere in vita, ma un’azione più intensa di restaurazione e rinvigorimento.
La forma verbale (piel) è particolarmente significativa nel contesto del Salmo 71, poiché sottolinea la potente azione di Dio nel ripristinare completamente la vita del salmista dopo le molte afflizioni che ha sperimentato.
Non si tratta semplicemente di sopravvivenza, ma di un profondo movimento esistenziale da uno stato simile alla morte a una condizione di vitalità piena, una trasformazione qualitativa della sofferenza in benessere, di una restaurazione integrale del benessere fisico, spirituale e sociale del salmista.
Comprende gioia, forza, onore e una rinnovata capacità di lodare Dio come emerge dai versetti successivi (vv.22-24).
Il secondo aspetto della rinascita è:
B) Dio lo farà risalire dagli abissi della terra
“E ci farai risalire dagli abissi della terra”, letteralmente è: "E dagli abissi della terra ritornerai far risalire me."
“Abissi” (tĕhōmôt) è usata in modi diversi nell’Antico Testamento: si riferisce alla profondità, alla parte più profonda e remota, cioè a un’area sotto la superficie dei corpi d’acqua, un luogo oscuro, inaccessibile, inesauribile e misterioso controllato solo da oggetti dotati di vasti poteri (cfr. per esempio Genesi 1:2; 7:11; 8:2; 49:25; Esodo 15:5,8; Deuteronomio 33:13; Giobbe 28:14; 38:16,30; 41:24; Salmo 33:7; 36:7; 42:7; 77:17; 78:15).
Come sorgenti profonde, cioè una massa d’acqua che esce dalla terra (Deuteronomio 8:7; Ezechiele 31:4,15).
Il salmista specifica della “terra” (ʾāreṣ), si riferisce allo “Sheol”, il luogo dove risiedono i morti (cfr. per esempio Ezechiele 31:15; Salmi 16:10), ma usato qui in senso figurativo come luogo tenebroso e angoscioso di pericolo (Salmo 52:7; Giona 2:5-6), di un luogo disperato, una grave situazione, qualcosa come vicino alla morte, o come se fosse morto (cfr. per esempio Salmo 30:4).
In questo senso indicherebbe che la sua liberazione dalle difficoltà sarà come essere salvato dal pericolo della morte.
Senza l’intervento divino sarebbe stato perduto per sempre.
“Il potere di Yahweh è così grande che può estendere il suo amore fino alle profondità più profonde. Lui solo ha potere sulla vita e sulla morte” (Willem A. VanGemeren).
“Far risalire” (taʿălē -hifil imperfetto iussivo attivo) è “sollevare”, “portare su”, esprime un movimento ascensionale potente.
Questo verbo comunica l’idea di un movimento verso l’alto che è causato da qualcun altro, in questo caso, Dio.
Esprime il forte desiderio e la fiducia che Dio solleverà attivamente il salmista da una condizione di pericolo o morte simbolica verso la vita e la sicurezza.
Il verbo Ebraico “far salire” rappresenta uno dei concetti teologici più potenti dell’Antico Testamento, usato per esempio per la liberazione collettiva di un popolo numeroso come quello Ebraico dalla schiavitù in Egitto per la potenza del Signore (cfr. per esempio Esodo 3:17; Giosuè 24:17) come anche la sovranità di Dio sulla vita e sulla morte descritta in 1 Samuele 2:6.
In questo salmo, il verbo diventa intensamente personale: la speranza di liberazione dall’angoscia, o dalla morte, comunque da una brutta situazione.
Questo versetto riassume una profonda teologia della speranza: anche nelle più oscure profondità dell’esperienza umana, Dio rimane presente e attivo, capace di invertire il destino umano attraverso il Suo potere salvifico.
Come il salmista è convinto che Dio ritornerà a farlo risalire dagli abissi, così lo dobbiamo essere anche noi oggi, perché Dio non è cambiato (Malachia 3:6).
Quando siamo nelle “profondità della terra”, non siamo abbandonati. Proprio lì, nel punto più basso, Dio prepara la nostra risalita!
Le stesse mani che causano il dolore sono quelle che guariscono. Non sono forze diverse in conflitto, ma un unico Dio che opera con uno scopo.
Dio ci fa attraversare periodi difficili e poi ci ristabilisce come ha fatto con Giobbe (Giobbe 1-2; 42:10).
Questa è la speranza che attraversa i secoli: nessuna valle è così oscura che Dio non possa illuminarla!
Nessuna tomba è così sigillata che non possa essere aperta!
Nessun luogo profondo dove Lui non possa arrivare!
Il percorso attraverso la prova non è mai un vicolo cieco, ma un passaggio verso una rinnovata manifestazione della fedeltà di Dio.
Il significato teologico dell’espressione “mi farai risalire dagli abissi della terra” in Salmo 71:20 è ricco e multidimensionale ci parla di:
(1) Liberazione divina
Afferma che Dio ha il potere di salvare anche dalle situazioni più disperate, simboleggiate dalle profondità inaccessibili, e quindi anche la completa dipendenza da Dio per la liberazione – il salmista non può “risalire” da solo!
“Mi farai risalire dagli abissi della terra” ci parla di:
(2) Vittoria sulla morte
Suggerisce che Dio può riscattare dalla morte stessa, anticipando concetti di resurrezione.
Questo potente versetto ci ricorda la resurrezione di Cristo e dei credenti, l'evento centrale della fede cristiana: la resurrezione di Gesù (cfr. per esempio Matteo 28; Atti 2:24) e dei credenti (1 Corinzi 15; 1 Tessalonicesi 4:13-18).
Questa verità è di grande consolazione per i credenti, sottolineo ancora per i credenti, ma non per i non credenti; infatti, ci sarà la resurrezione per la vita eterna e per un’eterna infamia (cfr. Daniele 12:2, Giovanni 5:28-29).
Coloro che muoiono in Cristo o i loro parenti devono ricordare che la separazione della morte è temporanea, e non devono avere paura della morte, perché la morte non ha l’ultima parola!
Guardiamo allora oltre l’abisso!
“Mi farai risalire dagli abissi della terra” ci parla di:
(3) Sovranità universale di Dio
Dimostra la sovranità di Dio sulle forze primordiali dell’abisso, che nella mitologia circostante erano spesso viste come potenze autonome, ma che nell’Antico Testamento sono completamente sotto il controllo divino.
“Mi farai risalire dagli abissi della terra” ci parla di:
(4) Continuità dell’azione redentrice
L’uso del verbo “mi farai risalire” esprime la certezza che Dio continuerà ad agire per la salvezza del fedele, come ha fatto nel passato.
Infine, “Mi farai risalire dagli abissi della terra” ci parla di:
(5) Trasformazione della sofferenza
Riflette la convinzione che Dio può trasformare la sofferenza profonda in rinnovamento e restaurazione.
E questo ci porta a considerare che Dio non solo lo salverà, ma accrescerà la sua grandezza e si rivolgerà a lui per consolarlo, quindi vediamo:
III IL RISOLLEVAMENTO (v.21)
Leggiamo nel v.21: “Tu accrescerai la mia grandezza e ritornerai a consolarmi”.
I credenti possono sperimentare le prove, ma anche le rinascite!
Certamente Dio libera da condizioni disperate: dalla bancarotta alla stabilità finanziaria; da malattie terminali a guarigioni insperate, da dipendenze distruttive a vita libera e produttiva, da matrimoni distrutti a relazioni restaurate, da depressione profonda a gioia ritrovata, da fallimenti professionali a nuovi successi.
Dio non è solo l’Autore della storia, ma anche il Regista delle sue risalite: ogni discesa nel buio prepara una scena di gloria.
Il cuore di chi ha sofferto è come un terreno arato, pronto per una semina più profonda.
In questa frase vediamo ancora la convinzione del salmista che Dio è sovrano.
Il salmista desidera:
A) L’elevazione della sua dignità
È probabile che il salmista sia stato umiliato; ora desidera il ripristino di una posizione di dignità, di un innalzamento.
“Grandezza” (geḏûllāh) indica uno stato di elevato status, importanza, l’onore, la stima (cfr. per esempio 1 Cronache 29:11; Ester 1:4; 6:3; 10:2; Salmo 71:21; 145:3) si riferisce a persone onorevoli come Mardocheo (Ester 10:2).
C’è un bellissimo collegamento qui: la stessa radice ebraica di “cose grandi” (v.19 - gĕdōlôt) appare in “grandezza” (v.21 - geḏûllāh).
Il salmista confida che la grandezza di Dio sia messa al servizio della grandezza umana. Non siamo schiacciati dalla maestà di Dio, ma elevati da essa!
“Accrescerai” (tereb - hifil imperfetto iussivo attivo) e “ritornerai” (tissōb - qal imperfetto iussivo attivo) esprimono il forte desiderio e la fiducia che Dio opererà, una fiducia implorante.
Come per “far risalire” “accrescerai” e “ritornerai” esprime la fede attraverso la preghiera urgente proprio perché certa della fedeltà e della potenza di Dio.
“Accrescerai” è “rendere più grande”, è usata nell’Antico Testamento in diversi modi, ma qui indica l’elevazione di status o importanza (cfr. per esempio 2 Samuele 22:36; Salmo 18:35, Daniele 11:39) come confermato dal fatto che dice: “la mia grandezza”.
“Accrescerai” esprime l’idea che Dio stesso intenzionalmente e attivamente produrrà, o causerà l’accrescimento, cioè un’azione di innalzamento, non semplicemente un ritorno allo stato precedente, ma un avanzamento.
Il salmista desidera:
B) La consolazione trasformante
C’è una certezza basata sull’esperienza passata della fedeltà di Dio. Il salmista sa che Dio lo ha consolato prima e ha fiducia che lo farà di nuovo.
“Ritornerai” (tissōb) è “volgersi indietro” (cfr. per esempio Giudici 18:23), il verbo esprime l’idea di un cambiamento di direzione (cfr. per esempio Numeri 34:4-5; Giosuè 15:3,10; 16:6), o di un ritorno a uno stato precedente (cfr. per esempio 1 Cronache 16:43; Salmo 114:3,5; Cantico dei Cantici 2:17).
Suggerisce un movimento, un volgersi di nuovo di Dio personalmente e direttamente verso il salmista senza intermediari per portare consolazione all’uomo dopo un periodo di difficoltà.
“Consolarmi” (tĕnaḥmēnî - piel imperfetto attivo) suggerisce un’azione intensificata, ripetuta o enfatizzata, un’azione energica di consolazione, quasi un “ricostruire” emotivamente e spiritualmente, una consolazione profonda e trasformativa.
Il salmista chiede a Dio di consolarlo, di alleviare il dolore o l’angoscia, di dargli forza emotiva, quindi indica incoraggiare.
Ma legata all’accrescimento della grandezza, come abbiamo visto, il desiderio di consolazione di Dio va oltre il semplice conforto emotivo.
È un intervento che non si limita a restaurare, ma ad elevare, accrescere, la dignità del salmista.
Il Signore è la fonte primaria e ultima di consolazione per il Suo popolo (cfr. per esempio Isaia 51:12,19); Dio consola il Suo popolo (cfr. per esempio Salmo 23:4; 42:11; 86:16-17; 119:82; 94:18-19; 103:13-14; 147:3; Isaia 12:1; 49:13; 52:9; 66:13: 2 Corinzi 1:4).
La consolazione di Dio non è solo parola vuota che lenisce il dolore, ma potenza trasformatrice che ricostruisce dalle rovine, asciuga le lacrime, riaccende la gioia, e riscrive la storia umana con la penna della sua compassione infinita (cfr. per esempio Giudici 2:13; Salmo 90:13; Isaia 54:7-8).
Come scrisse Spurgeon: “Le consolazioni di Dio non sono gocce in un deserto, ma fiumi in piena nella notte”.
Hai visto sofferenze? Stai soffrendo? Allora hai anche visto Dio all’opera. Non permettere che le tue ferite ti rubino la visione di Colui che guarisce.
Non ti accontentare di sopravvivere alla tempesta. Aspettati che Dio ti faccia crescere dopo la crisi, non solo nonostante essa.
CONCLUSIONE
Nel film “La ricerca della felicità”, basato su una storia vera, Chris Gardner (Will Smith), l’uomo che da senzatetto divenne milionario di Wall Street, dice al figlio: “Non permettere mai a nessuno di dirti che non puoi fare qualcosa.”
Ma c’è una verità ancora più profonda: non permettere mai alle circostanze di dirti che Dio ti ha abbandonato.
Forse sei stanco, disilluso, segnato dalla vita. Ma se Dio è stato con te nel dolore, sarà con te nel canto. E se puoi ancora respirare... allora puoi ancora lodare.
Chi ha imparato a cantare nelle tenebre non temerà mai il buio!
Le cicatrici sono la prova che hai combattuto. Il canto è la prova che hai vinto!
Un diamante è solo carbone che ha resistito alla pressione. Allo stesso modo, la tua lode è l’anima che ha resistito alla prova e ora brilla.
È stato detto: “Se smetto di cantare, smetto di sperare. E se smetto di sperare, muoio due volte”.
Per questo non smettere mai di cantare, cioè di lodare Dio. Non solo glorifichi Dio in questo modo, ma rafforza la tua stessa anima perché, quando canti le lodi al Signore, secondo la Bibbia, la tua fede e la tua speranza vengono rafforzate.
Ricorda questa verità fondamentale: sei più di un sopravvissuto - sei un adoratore, sei una canzone vivente della grazia di Dio!
La tua storia non è finita finché non c’è stata la canzone finale. E nel Regno di Dio, ogni finale è solo l'inizio di una melodia ancora più bella che risuonerà nell’eternità.
Che la tua vita diventi, o continui ad essere, una sinfonia di lode che riecheggia nell’eternità. Amen.