Luca 4:18-19: La missione di Gesù Immagina di entrare in un luogo avvolto dall’oscurità, pieno di disperazione, dolore e sconforto. Un mondo dove gli emarginati vengono dimenticati, dove la speranza sembra un lusso irraggiungibile. È in questo contesto che Gesù proclama la sua missione rivoluzionaria, un messaggio che non è semplicemente un annuncio, ma una trasformazione radicale della realtà umana. In Luca 4:18-19, Gesù proclama di essere venuto per portare la buona novella ai poveri, il recupero della vista ai ciechi e per liberare gli oppressi. Questo brano non è solo un testo storico, ma un manifesto vivente della grazia di Dio. Rivela un Dio che non rimane distante dalla sofferenza umana, ma si immerge nelle nostre fragilità, spezzando le catene che ci tengono prigionieri e ridonando dignità a ogni persona. Non si è limitato a trasmettere un messaggio: era l’incarnazione della speranza stessa. Il contesto di questi versetti è che Gesù si trova n...
Luca 4:18-19: La missione di Gesù
Immagina di entrare in un luogo avvolto dall’oscurità, pieno di disperazione, dolore e sconforto. Un mondo dove gli emarginati vengono dimenticati, dove la speranza sembra un lusso irraggiungibile.
È in questo contesto che Gesù proclama la sua missione rivoluzionaria, un messaggio che non è semplicemente un annuncio, ma una trasformazione radicale della realtà umana.
In Luca 4:18-19, Gesù proclama di essere venuto per portare la buona novella ai poveri, il recupero della vista ai ciechi e per liberare gli oppressi.
Questo brano non è solo un testo storico, ma un manifesto vivente della grazia di Dio.
Rivela un Dio che non rimane distante dalla sofferenza umana, ma si immerge nelle nostre fragilità, spezzando le catene che ci tengono prigionieri e ridonando dignità a ogni persona.
Non si è limitato a trasmettere un messaggio: era l’incarnazione della speranza stessa.
Il contesto di questi versetti è che Gesù si trova nella sinagoga di Nazaret e gli fu dato da leggere il libro del profeta Isaia.
Nei vv.18-19 troviamo scritto: “Aperto il libro, trovò quel passo dov’era scritto: ’Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò, mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per proclamare l'anno accettevole del Signore’”.
Questi versetti sono estremamente significativi perché rappresentano l’essenza della missione di Gesù, che Egli stesso dichiara leggendo un brano del profeta Isaia (Isaia 61:1-2), non letteralmente, nella sinagoga di Nazaret.
Luca omette la frase di Isaia 61:1: “Mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato”, e ne aggiunge un’altra Isaia 58:6: “A rimettere in libertà gli oppressi”, forse perché voleva evidenziare la proclamazione profetica dello Spirito Santo e gli aspetti specifici della missione messianica.
Il messaggio di speranza di Isaia 61:1-2, è dedicato a coloro che hanno perso tutto a causa dell’esilio a Babilonia, ma ai quali ora viene promessa una restaurazione.
In Isaia 61, la liberazione a beneficio dei bisognosi all’interno della comunità diventa un’immagine di una liberazione che beneficia un’intera comunità bisognosa.
Alla maniera di un re, cioè del Messia, così come di un profeta, Gesù dichiara che questo momento di liberazione è arrivato.
I LA PROCLAMAZIONE DELLA LIBERTÀ
L’8 aprile 1983, davanti a un pubblico dal vivo e in televisione, nel tentativo drammatico di illustrare la tragedia che si sarebbe verificata nel caso in cui l’America avesse perso la libertà, David Copperfield, il celebre prestigiatore, creò l’illusione della Statua della Libertà che scompare. Dopo l’incredibile impresa, il giovane dichiarò di essere figlio di immigrati e che sua madre indicava con orgoglio il dono della statua all’America da parte della Francia. L’inaugurazione avvenne il 28 ottobre 1886. Ciò che colpì la madre di David Copperfield non fu l’enormità della statua (la statua e il piedistallo sono alti 93 metri circa e pesa 225 tonnellate), ma una parte della poesia di Emma Lazarus che articola la filosofia di base della democrazia americana, in particolare questi due versi:
“Dammi i tuoi stanchi, i tuoi poveri,
Le tue masse affollate che anelano a respirare libere”.
Copperfield ha continuato dicendo che l’America rimarrà libera finché le persone si ricorderanno di comunicare, di prendersi cura e di mostrare compassione. La vera libertà, ha dichiarato, “è magia”.
La Statua della Libertà è ben più di un monumento; è un simbolo di libertà, accoglienza e speranza per milioni di persone in tutto il mondo.
La scelta di "far sparire" questo simbolo così potente ha creato un forte impatto emotivo sullo spettatore, sottolineando la fragilità di ciò che diamo per scontato.
L’illusione della scomparsa della Statua della Libertà è stata un modo potente per ricordare al pubblico che la libertà non è un dato di fatto, ma qualcosa che deve essere costantemente protetto e difeso.
Anche la Bibbia ci parla di libertà, soprattutto di quella che dona Gesù Cristo, la libertà dal peccato (Giovanni 8:31-36 Galati 5:1,13).
Il peccato non è libertà come sono convinti molti, piuttosto, ci rende schiavi!
Questo certamente è un aspetto che oggi è molto trascurato, ma che è di estrema importanza, anzi la più importante perché la libertà che Gesù porta è salvezza, è vita eterna!
Gesù è venuto ad annunciare questa libertà, e lo ha cominciato a farlo dove ha vissuto, a Nazaret.
Vediamo quattro aspetti della natura della missione di libertà di Gesù.
Il primo aspetto della missione di liberazione di Gesù è:
A) Per i poveri
Nel v.18 è scritto: “Per evangelizzare i poveri”.
“Evangelizzare” (euangelisasthai - aoristo medio infinito di scopo) significa “portare o annunciare buone notizie”.
I poveri sono aperti a Dio e alla sua via, poiché spesso sono i primi a riconoscere quanto hanno bisogno di Dio.
Il termine greco originale per “poveri” (ptōchois) nel Nuovo Testamento ha un significato ampio, e si riferisce a diversi tipi di povertà.
Si riferisce alla:
(1) Povertà materiale (cfr. per esempio Matteo 19:21; 26:6-11; Marco 12:42-43; Luca 14:13-14,21; 16:20-22; 21:3; Giacomo 2:2)
Si riferisce alle persone che soffrono di disagio economico, individui privi di risorse basilari per la sopravvivenza, coloro che vivono in condizioni di estrema privazione, che non hanno niente come lo era il mendicante Lazzaro (Luca 16:20) e dipendono da altri per il sostentamento.
La parola “poveri” (ptōchois) deriva da un verbo che significa "rannicchiarsi", "ritirarsi" o "accasciarsi".
Trasmette l’idea di un mendicante che si rannicchia nell’ombra per la vergogna.
In Luca i poveri sono coloro che hanno risposto al ministero di Gesù (Luca 6:20; 7:22; 14:13, 21; 16:20, 22; cfr. per esempio 1 Corinzi 1:26-29; Giacomo 2:5).
Sono i poveri in generale che avvertono il loro bisogno nel modo più grande e, di conseguenza, e tendono a essere i più reattivi alla chiamata di Gesù (cfr. per esempio Luca 18:25)
La loro privazione materiale spesso si traduce in sensibilità spirituale, umiltà e reattività al messaggio di speranza di Dio.
Coloro le cui circostanze della vita offrono loro poche speranze, sono spesso più aperti a ricevere la buona novella del Vangelo, ma non significa che tutti i poveri diventino credenti.
Allora la povertà non è una condanna, può essere un varco spalancato verso la grazia divina, dove finiscono le nostre risorse, inizia l’infinito amore di Dio.
Troviamo ancora:
(2) La povertà spirituale (cfr. per esempio Matteo 11:5; Luca 4:18; 7:22)
A volte questa parola è usata per indicare una povertà spirituale in senso negativo, privo di valore spirituale (Apocalisse 3:17), altre volte in senso positivo per indicare il povero in spirito (Matteo 5:3), un modo di dire per indicare gli umili riguardo la propria capacità di relazionarsi con Dio, è contrario all’alterigia, all’arroganza, all’auto-indulgenza.
Gesù, in Matteo 5:3, dice che la povertà spirituale è benedetta perché ci introduce nel regno di Dio!
Dio non cerca i perfetti, ma i cuori infranti, coloro che sanno di non bastare a sé stessi.
Il povero, come povero di spirito, è più di una condizione, si riferisce anche a un atteggiamento dell’anima verso Dio.
È la consapevolezza di una persona che si rende conto della sua propria mancanza assoluta di risorse, o nell’afflizione ha fiducia e trova il suo aiuto e forza solo in Dio (cfr. per esempio Salmo 40:17; 69:28-29,32).
In termini spirituali, i “poveri” sono coloro che riconoscono di non avere nulla con cui raccomandarsi a Dio; riconoscono la loro bancarotta morale e spirituale, che tutte le loro azioni giuste non sono altro che un vestito sporco (Isaia 64:6).
Il Messia può portare la salvezza solo a coloro che riconoscono di essere spiritualmente indigenti e che solo Dio può provvedere ai loro bisogni.
I poveri spiritualmente sono "umili e afflitti di spirito" (Isaia 66:2); hanno il "cuore afflitto" e sono "umili di spirito" (Salmo 34:18); “un cuore abbattuto e umiliato” (Salmo 51:17).
Sono come il pubblicano pentito che non osava alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” (Luca 18:13), e fu giustificato da Dio (Luca 18:14).
Infine, troviamo:
(3) La povertà sociale
Intesa come di scarso valore, relativamente inutile (cfr. per esempio 1 Corinzi 15:10; Galati 4:9).
Allora in questo senso sono coloro che sono emarginati dalla società, discriminati, o esclusi dai sistemi sociali, persone prive di diritti oppure opportunità.
I “poveri” sono considerati anche gli oppressi e disillusi, sono persone disorientate, che cercano un significato più profondo nella vita, senza speranza che hanno un bisogno speciale dell’aiuto di Dio.
“Qui, come spesso nell’Antico Testamento, non si denotano persone che sono solo economicamente povere, ma persone che hanno poco o nulla da aspettarsi dalle circostanze che determinano la loro vita e sono quindi dipendenti da Dio” (Reiling, J. & Swellengrebel J. L.).
I ”poveri” in Isaia spesso includono il popolo del Signore che è oppresso dai propri capi (Isaia 3:14-15) e dalle nazioni e attende con ansia la liberazione del Signore (Isaia 29:19; 41:17).
Oppure si riferisce in Isaia 61:1 a persone che sono state vendute come schiave a causa dei loro debiti e che sono state liberate nell'anno del giubileo.
La missione di Gesù è una rivoluzione d’amore che inizia dai più piccoli, dagli emarginati, da coloro che la società spesso dimentica.
Gesù è venuto a portare speranza a chi è povero materialmente, spiritualmente e socialmente, e la chiesa oggi è certamente chiamata a portare anche oggi la speranza di Dio in Cristo, anche con un aiuto pratico (cfr. per esempio Matteo 25:35-40; Giacomo 2:14-17).
Il secondo aspetto della missione di liberazione di Gesù è:
B) La libertà per i prigionieri
Sempre nel v.18 leggiamo: “Mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri”.
Gesù non è venuto solo a portare conforto ai poveri, ma anche a spezzare le catene che tengono prigionieri le anime.
“Mandato” (apestalken - perfetto attivo indicativo) significa inviare qualcuno per uno scopo designato, particolare (cfr. per esempio Matteo 13:41; Marco 11:1-2; 1 Corinzi 1:17).
L’espressione che Gesù fu mandato da Dio (Giovanni 3:34) denota la missione che Egli doveva compiere e l’autorità che lo sosteneva.
L’importanza di questa missione è chiarita dal fatto che lo Spirito del Signore, di Dio, mandò il Suo stesso Figlio.
“Per annunciare” (kēryxai – aoristo attivo infinito di scopo) è lo scopo, e significa rendere note notizie importanti pubblicamente e ovunque con autorità e ad alta voce come se si trattasse di un araldo (cfr. per esempio Marco 5:20; Apocalisse 5:2.
Questa proclamazione non avviene senza una commissione e autorizzazione (cfr. per esempio Romani 10:15; Galati 2:2), Gesù la ebbe da Dio Padre (cfr. per esempio Giovanni 3:16; 4:34).
“Liberazione” (aphesin) era una parola per indicare l’atto di liberare qualcuno dalla schiavitù, dalla prigionia o da altre forme di schiavitù; l’idea è di “spezzare in pezzi” le catene.
In questo versetto di Luca 4, può essere inteso anche in senso generale, ma nel Nuovo Testamento è usata per la liberazione del peccatore dal potere del peccato, e può avere anche il significato di “perdono” (cfr. per esempio Matteo 26:28; Marco 1:4; 3:29; Luca 1:77; 3:3; 4:18; 24:47; Atti 2:38; 5:31; 10:43; 13:38; 26:18; Efesini 1:7; Colossesi 1:14; Ebrei 9:22; 10:18); in Cristo (Luca 24:47; Atti 3:19, 26; 2 Corinzi 5:19–21), ma non dalla sua presenza, che verrà più tardi dopo la risurrezione quando i nostri stessi corpi saranno redenti (Romani 8:23).
“Ai prigionieri” (aichmálōtos) è un termine militare che letteralmente significa "da una lancia catturato” (da aichmē - lancia, e halōtos -catturato), quindi si riferisce a prigioniero di guerra.
Si riferisce agli esiliati, a coloro che erano trascinati via dal conquistatore dalla propria patria e trasportati in un paese straniero dove sopportavano molte gravi difficoltà.
Nell’Antico Testamento, riferendosi ai prigionieri di guerra, quindi agli esiliati, spesso aveva sfumature spirituali, specialmente perché si considerava l’esilio come il risultato del peccato (cfr. per esempio Deuteronomio 28–32; Salmo 79:11; 126:1; Isaia 5:13; 42:7;52:7).
Questa parola si trova solo qui in Luca 4:18 possiamo dire prigioniero del peccato (cfr. per esempio Luca 1:77; Giovanni 8:31-34; Romani 6:6) e del diavolo (cfr. per esempio Luca 13:16; Giovanni 8:44; Atti 10:38; Efesini 2:1-2; 2 Timoteo 2:26; Ebrei 2:14-15; 1 Pietro 5:8), quindi prigionieri nel senso spirituale da cui Gesù libera.
Essere “prigionieri” può significare sentirsi intrappolati in una situazione senza via d’uscita, ma Gesù è la chiave che apre le porte della speranza.
La liberazione che Gesù offre è un dono che si estende oltre le sbarre di una prigione, raggiungendo ogni forma di schiavitù spirituale, fisica, morale, mentale.
La missione di Gesù è un invito per i credenti di oggi a diventare agenti di liberazione, a portare la speranza di libertà a chi è prigioniero del peccato e dei suoi effetti devastanti.
Non giudicare chi è prigioniero delle proprie debolezze, ma offri il tuo aiuto e la tua solidarietà, testimoniando l’amore e la potenza di Gesù Cristo che libera.
Il terzo aspetto della missione di liberazione di Gesù è:
C) La libertà per i ciechi
Ancora il v.18 ci dice: “E il recupero della vista ai ciechi”.
In questa frase troviamo due significati, c’è:
(1) Un significato letterale
La cecità era una malattia comune in Israele.
In senso letterale, fisico, Gesù annuncia la Sua capacità di compiere miracoli, restituendo la vista ai ciechi e così ha fatto (cfr. per esempio Luca 7:21-22; 14:13,21; 18:35-43; Atti 9:1-34).
Al di là del significato letterale, questo versetto ha:
(2) Un significato spirituale
In Isaia la vista si riferisce spesso all’intuizione spirituale che giunge alla restaurazione delle persone spiritualmente cieche (cfr. per esempio Isaia 6:10; 29:18; 35:5; 42:7,16–20; 43:8).
È anche un tema di Luca che Gesù aprirà gli occhi e riporterà la vista a coloro che sono imprigionati nelle tenebre (Luca 1:79; 3:6; Atti 26:17–18), quindi dare la vista ai ciechi, significa condurre qualcuno alla salvezza, o vedere il piano di salvezza di Dio che si compie in Gesù.
C’è dunque, una cecità spirituale per tutta l’umanità senza Cristo, cammina nelle tenebre (Salmo 82:5), che preferisce le tenebre (Giovanni 3:19-20), che ha l’intelligenza ottenebrata (Efesini 4:18), la mente accecata per opera di Satana (2 Corinzi 4:4).
Ora, in questo senso, quando Gesù legge Isaia nella sinagoga di Nazaret, non stava dicendo che era venuto al mondo per particolari gruppi di persone svantaggiate.
Stava descrivendo la condizione spirituale di tutte le persone.
Norval Geldenhuys scrive: “È una caratteristica della predicazione del Salvatore il fatto che egli si riferisse in modo straordinariamente chiaro all’insondabile bisogno spirituale dell’umanità. Il peccato rende l’uomo interiormente povero... lo rende prigioniero della sua morsa, lo rende spiritualmente cieco, così che perde ogni visione e ogni potere di giudizio chiaro, e schiaccia la sua personalità”.
La cecità spirituale è una condizione comune a tutta l’umanità, ma Gesù è la luce che può dissipare le tenebre e condurci alla salvezza.
Gesù è la luce del mondo, coloro che lo seguono non cammineranno nelle tenebre, ma nella luce (Giovanni 8:12; 9:5).
Ci sono solo due regni: quello delle tenebre, di Satana e quello della luce, di Dio, di Gesù Cristo (Atti 10:38; 26:18; Colossesi 1:13).
Quindi riacquistare la vista, significa non essere più nel regno delle tenebre, quello di Satana, ma essere nel regno della luce, quello di Dio in Cristo.
Noi vediamo la superiorità di Gesù su Satana, per esempio comandò allo spirito del demoniaco di Gerasa di uscire (Luca 8:29) e ordinò al demone di uscire da un uomo nella sinagoga (Marco 1:27) e da un ragazzo (Marco 9:25).
Non doveva essere fisicamente presente per effettuare la liberazione, come si vede nella guarigione della figlia indemoniata della donna cananea da lontano (Matteo 15:22–28).
Le persone erano stupite che Gesù comandasse semplicemente ai demoni e loro obbedissero (Luca 4:36), poiché erano abituati a vedere elaborati rituali di esorcismo che non sempre avevano successo.
I demoni che possedevano una persona di Gerasa avevano bisogno del permesso di Gesù per entrare nei porci (Marco 5:13; Luca 8:32) e non permetteva loro di parlare (Marco 1:34; Luca 4:41).
Queste liberazioni e autorità, sono segni tangibili del regno di Dio e della sua potenza superiore a quello di Satana e del suo esercito (cfr. per esempio Matteo 12:28).
Questo deve confortare la chiesa di Cristo! È dalla parte del più forte!
Un altro scopo del ministero di Gesù è:
D) Per gli oppressi
Sempre nel v.18 leggiamo: “Per rimettere in libertà gli oppressi”.
Il riferimento dell'Antico Testamento è probabilmente a Isaia 58:6, e chiarisce che Gesù fa la liberazione (cfr. per esempio Luca 5:20-21).
“Rimettere in libertà” (aphesei) è la stessa parola che abbiamo visto prima per la liberazione dei prigionieri.
“Oppressi” è “coloro che sono oppressi” (tethrausmenous – perfetto passivo participio), si riferisce a coloro che sono spezzati, fatti in pezzi, piegati, indeboliti, o schiacciati nello spirito; si riferisce al "potere schiacciante" del male.
Vediamo che:
(1) C’è una oppressione sociale
L’oppressione sociale ai tempi di Gesù era un sistema complesso e multidimensionale che andava molto oltre la semplice esclusione.
Era un meccanismo profondamente radicato che stratificava la società in modo rigido e apparentemente invalicabile.
Le categorie di persone maggiormente colpite da questa oppressione includevano, per esempio le donne, totalmente prive di diritti legali, considerate proprietà prima del padre e poi del marito.
Il loro valore sociale era ridotto alla capacità di procreare e gestire la casa.
La loro testimonianza nei tribunali non aveva valore e la loro istruzione era limitata.
Poi vi erano i malati e i disabili che non solo erano esclusi socialmente, ma spesso considerati impuri e puniti da Dio.
La loro condizione veniva interpretata come una conseguenza diretta di un peccato, che li rendeva doppiamente emarginati.
Poi vi erano i pubblicani e i peccatori, considerati traditori sociali, i pubblicani erano esattori delle tasse per l’Impero Romano, e di conseguenza venivano automaticamente espulsi dalla comunità religiosa e sociale, privati di ogni dignità.
E ancora vi erano gli stranieri e i Samaritani, esclusi dai circuiti religiosi e sociali, venivano considerati come esseri inferiori, privi di qualsiasi diritto di cittadinanza spirituale.
La missione di Gesù era rivoluzionaria proprio perché scardinava questi meccanismi di oppressione.
Gesù parlava con le donne, cosa inaudita per un maestro dell’epoca (cfr. per esempio Luca 7:36-50; Giovanni 4:21-26; 8:11).
Gesù toccava i malati guarendoli (cfr. per esempio Matteo 8:2-3; Luca 5:12-16; Giovanni 9:1-7).
Gesù mangiava con i pubblicani e i peccatori (cfr. per esempio Matteo 9:9; 15:2; 19:1-10).
Accettava Samaritani e stranieri (cfr. per esempio Matteo 8:5-8; 15:21-28)
Il suo messaggio era chiaro: davanti a Dio non esistono categorie, ma persone. Ogni essere umano ha un valore intrinseco, indipendentemente dalla sua condizione sociale (cfr. per esempio Atti 10:34-35; Galati 3:28)
La vera liberazione non è solo l’eliminazione delle catene esteriori, ma la ricostruzione della dignità interiore di ogni persona.
Gesù non semplicemente eliminava l’oppressione, ma restituiva valore e identità a chi era stato sistematicamente negato.
Questa prospettiva va ben oltre la semplice assistenza sociale: è una trasformazione radicale che riconosce in ogni persona l'immagine e somiglianza di Dio.
Questo ci spinge anche oggi a dare valore e dignità a ogni genere di persona, di qualsiasi nazionalità, di qualsiasi estrazione sociale e culturale!
(2) C’è una oppressione religiosa
Gli oppressi erano i gruppi socialmente emarginati come i poveri, sotto il dominio Romano, gli individui esclusi dai circuiti religiosi e sociali, le persone considerate impure secondo la mentalità religiosa dell'epoca.
Più che una liberazione materiale, come per esempio la schiavitù Romana, la liberazione degli oppressi, si riferisce soprattutto ai soprusi religiosi, per esempio dei farisei che mettevano dei pesi addosso alle persone che Dio non aveva richiesto (cfr. per esempio Matteo 23:4; Luca 11:46).
Per questo Gesù dice anche per noi oggi quelle meravigliose parole che leggiamo in Matteo 11:28: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo”.
Gesù stava chiaramente invitando ad abbandonare il legalismo farisaico e ad andare da Lui per trovare riposo.
I farisei avevano un sistema minuzioso ed esigente di regole per ogni attività umana che pesava sulle spalle della gente!
Avevano dato 613 regole (248 positive e 365 negative) per impedire interpretazioni arbitrarie e per non fare trasgredire la legge; quindi, queste regole erano una specie di recinto attorno alla legge.
Per esempio, un sarto non doveva mettere l’ago nei suoi vestiti il venerdì nel timore che portandolo con sé, poteva trasgredire il riposo del sabato rammentando una veste.
Gli affaticati e gli oppressi sono coloro che cercavano di osservare tutte le esigenze dei capi religiosi dell’epoca, è oggi sono coloro che cercano di piacere a Dio con i loro sforzi e quindi essere salvati dai loro peccati osservando regole e tradizioni umane!
Tante regole e quindi tanti pesi da portare, tante paure e ansie (cfr. per esempio Romani 8:15) perché il risultato nella migliore delle ipotesi è incerto perché con i nostri sforzi non saremo mai in grado di piacere a Dio! (cfr. per esempio Romani 3:19-20, Galati 3:10).
Queste persone erano aggravate ancora di più dal loro senso di colpa perché fallivano nel non osservare le regole dei farisei.
Dunque, il peso del loro peccato diventava più pesante, e non potevano più resistere sotto di esso.
Infine:
(3) C’è una oppressione spirituale
Come abbiamo visto prima c’è una liberazione dall’oppressione dal peccato, dal diavolo, e possiamo aggiungere anche dalla morte; infatti, molte persone sono oppresse al pensiero di morire (cfr. per esempio Salmo 23:4; Ebrei 2:15).
C’è una schiavitù che trascuriamo che è dentro di noi.
Il peccato, il male, la paura della morte costruiscono prigioni invisibili che ci rendono schiavi.
Ma Gesù è venuto per spezzare queste catene, trasformando la nostra persona, ricostruendo l’identità e dando una nuova visione della vita.
Un fotografo stava scattando foto ai bambini della prima elementare in una scuola elementare, chiacchierando per mettere a loro agio i soggetti.
"Cosa farai quando sarai grande?" chiese a una bambina.
"Sarò stanca", rispose lei.
Si vede che i bambini vedono gli adulti sempre stanchi!
Il punto è che molte volte ci sentiamo stanchi, e non solo fisicamente, ma dalla pesantezza della vita per varie ragioni.
Se ti senti stanco, oppresso, schiacciato, frantumato dal peccato, o dalla religione, o da qualsiasi altra cosa, vai da Gesù con fede e sinceramente e ti darà riposo!
Gesù non schiaccia con la Sua potenza trascendente, ma ci libera con la Sua grazia immanente!
Il riposo che Gesù offre è un riposo che soddisfa l’anima interamente.
“Quanto è dolce il Nome di Gesù all’orecchio di un credente! Lenisce i suoi dolori, guarisce le sue ferite e allontana la sua paura!” disse John Newton.
Infine:
II LA PROMESSA DI RESTAURAZIONE
Nel v.19 è scritto: “Per proclamare l'anno accettevole del Signore”.
In questa descrizione della Sua missione, Gesù è sia profeta e Re - Messia.
Le parole che prende da Isaia 61 sono la testimonianza di un profeta, ma quel profeta - Messia, con un equipaggiamento regale - lo Spirito del Signore, e una vocazione regale in relazione ai bisognosi.
“Gesù non è venuto solo per predicare la liberazione, o anche solo per portare la liberazione. Gesù è venuto per essere liberazione per noi” (David Guzik).
“Proclamare l’anno accettevole del Signore” non è solo annunciare una liberazione, è portare ed essere quella liberazione, come un re che sale al trono per offrire amnistia.
“È un re che proclama l’amnistia e la remissione del debito salendo al trono, come i moderni candidati alle elezioni che promettono tagli alle tasse e altri benefici” scrive John Goldingay.
Ma io aggiungo non sono però promesse che Gesù non realizza, come alcuni politici!
Gesù non fa promesse vuote! La Sua proclamazione è un’azione potente di un araldo Messia incaricato che annuncia e realizza il favore di Dio.
“Proclamare” (kēryxai – aoristo attivo infinito di scopo) è lo stesso verbo e parola del v.18, tradotto con “annunciare”; quindi, come abbiamo detto, è rendere note notizie importanti pubblicamente e ovunque ad alta voce come se si trattasse di un araldo (cfr. per esempio Marco 5:20; Apocalisse 5:2).
“L’anno accettevole" (eniauton dekton) indica l’anno della grazia del Signore, il tempo favorevole del Signore (cfr. per esempio 2 Corinzi 6:2), il tempo in cui concede il Suo favore.
Questo anno accettevole, fa riferimento all’anno del Giubileo nell’Antico Testamento.
Ogni cinquant’anni, secondo il calendario Ebraico, veniva suonata una tromba e veniva proclamata la libertà.
Durante questo anno speciale, accadevano diverse cose importanti:
I debiti venivano condonati e gli schiavi venivano liberati (Levitico 25:39-41).
Le terre tornavano alle famiglie proprietarie originali (Levitico 25:13,28).
La terra veniva lasciata riposare dalla coltivazione (Levitico 25:11-12).
Era un tempo di riconciliazione.
In Isaia questo si riferisce a un periodo in cui Sion riceve il favore e la liberazione di Dio e ora è applicato al periodo inaugurato da Gesù e dal Suo nuovo modo di salvezza.
Quindi associato a Gesù, non è un anno di grazia preciso a un reale giubileo in senso materiale, ma spirituale, è il tempo, o l’era della salvezza, è il simbolo dell’imminente era Messianica che stava iniziando con Gesù.
Raffigura l’inizio della nuova era di Dio, ma non significa che Gesù avrebbe chiamato le persone a soddisfare i requisiti legali del giubileo, è un uso profetico del passaggio per raffigurare il perdono totale e la salvezza attraverso Gesù.
L’anno accettevole del Signore è un giubileo spirituale, un tempo di grazia, perdono e restaurazione, un'era di salvezza inaugurata da Gesù stesso.
Significa un periodo in cui il Signore guarda con soddisfazione e favore, e questo si riferisce a un periodo in cui benedirà le persone in generale con l’apparizione del Messia che compirà la loro redenzione.
Questo era il simbolo dell’imminente era Messianica che stava iniziando con Gesù; una metafora, un simbolo della salvezza in modo che il tempo per il perdono dei debiti si riferisca alla prontezza di Dio a perdonare totalmente il peccato.
Come nel Giubileo, i debiti vengono condonati e gli schiavi liberati, così attraverso Gesù, Dio offre il perdono totale dei peccati e la libertà dalla schiavitù del male.
Utilizzando questa immagine, Gesù sta dichiarando qualcosa di profondo sulla Sua missione.
Suggerisce che la Sua venuta rappresenta un giubileo spirituale, un tempo di liberazione, perdono e restaurazione.
Mentre l’Israele contemporaneo si aspettava un liberatore messianico trionfante, Gesù interpretò il Suo ruolo spiritualmente piuttosto che politicamente.
Lo scopo del ministero terreno di Gesù era di inaugurare il governo, o regno di Dio nei cuori di tutti coloro che avrebbero creduto.
Questa frase è quasi un sinonimo della buona novella del regno di Dio come mostrato da Luca 4:43.
È interessante notare che Gesù interrompe la lettura del passo di Isaia a metà frase, omettendo "il giorno di vendetta del nostro Dio" (Isaia 61:2).
Questa scelta deliberata enfatizza che la Sua missione principale era di grazia e redenzione piuttosto che di giudizio; si concentra sulla speranza e non sull’angoscia, sulla gioia e non sulla tristezza, sul favore e non sulla paura, sull'abbraccio e non sull'esclusione.
Daniel Bock scrive: “L'omissione è teologicamente significativa in quanto Gesù caratterizza il tempo attuale come un tempo principalmente di liberazione e non di giudizio, anche se in seguito ha un avvertimento (Luca 4:24-27)”.
Quindi, la proclamazione dell’anno accettevole del Signore indica un tempo di grazia e di perdono, in cui Dio offre la possibilità di riconciliazione a tutti coloro che si rivolgono a Lui, è un riferimento al giubileo Ebraico, inaugurazione di un tempo nuovo, una permanenza della grazia divina.
CONCLUSIONE
Come discepoli di Gesù, siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù non solo nel prenderci cura dei bisognosi come i poveri, i ciechi, i prigionieri e gli oppressi, ma anche nell’evangelizzare.
Siamo chiamati a proclamare la liberazione trasformativa che ha portato Gesù dal peccato e dal diavolo, sfidandoci a vivere come veri ambasciatori della Sua grazia.
Ryken Philip Graham dice: “Il vangelo che ci ha salvati è lo stesso vangelo di cui altre persone hanno bisogno. Lo stesso Spirito Santo che ha unto Gesù è stato riversato su di noi. Ora siamo chiamati a proclamare il suo vangelo alle persone che ci circondano, che sono bisognose quanto noi”.
Sempre per noi cristiani c’è una riflessione da fare: siamo stati liberati da Gesù Cristo, ma viviamo ancora come se fossimo ancora schiavi!
Chris Tiegreen ci dice: “Come cristiani, sappiamo di essere stati liberati dalla pena del peccato, ma spesso ci sentiamo ancora schiavi di essa. Sappiamo di avere la vita eterna, ma quanto spesso ci sentiamo imprigionati in un corpo di morte! Possiamo facilmente sentirci intrappolati in vite banali e senza eventi. Siamo così spesso ricacciati nelle nostre catene che l’eccitazione della nostra libertà sembra un lontano ricordo.
Concentrati oggi su Cristo come Liberatore. Pensa a ciò che ti deruba della tua gioia in Cristo e ti fa sentire imprigionato. Sappi che qualunque cosa sia, che sia dentro il tuo cuore o qualche costrizione esterna, Cristo è vincitore su di essa. Considera come Paolo e Sila imprigionati cantarono inni gioiosi a Dio e come Stefano morente vide il cielo aperto. Nessuno era vincolato dall’ambiente circostante. Cosa ti lega? Le circostanze? Lo scoraggiamento? Il peccato? Chiedi a Dio di riaprire i tuoi occhi su Gesù il Liberatore”.
Inoltre, in questi versetti abbiamo visto che Gesù porta a un capovolgimento delle circostanze che ci fanno sperare in Lui quando siamo in brutte situazioni.
Non dobbiamo mai disperare! Perché abbiamo un grande Liberatore!
Gesù libera anche oggi, se tu non sei ancora legato dal peccato e dal diavolo, se sei oppresso, grida a Gesù per fede che ti liberi e lo farà!
Se non sei ancora credente, vai ora da Gesù, poiché siamo ancora nell’anno accettevole del Signore.
“Gesù è venuto per liberare le persone oppresse dal mondo e dai poteri del male. Lo vediamo in tutti i Vangeli. Ha liberato le persone dall’oppressione spirituale scacciando i demoni. Le ha liberate dall’oppressione fisica guarendo le loro malattie. Le ha liberate dall’oppressione intellettuale smascherando le bugie e insegnando la verità che le avrebbe liberate. E ha parlato con coraggio contro la leadership spirituale oppressiva. Gesù promette di liberarti non solo dalle conseguenze dei tuoi peccati, ma anche dalle forze che ti opprimono in questo mondo” (Beers R. A., & Mason A. E.).
Vai a conoscere la Sua grazia e il Suo amore e invitalo nel Tuo cuore e nella Tua vita.
Non aspettare che venga con il giudizio per un mondo ribelle che vive nel peccato.
La prima venuta di Gesù fu per la croce mostrando la grazia; la seconda sarà per il giudizio mostrando giustizia!