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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Lamentazioni 3:19-24: L’approccio alla sofferenza

 Lamentazioni 3:19-24: L’approccio alla sofferenza 
Nonostante ci sono delle gioie, la vita è dura e poi moriamo!
La sofferenza fa parte della nostra vita in questo mondo peccaminoso, forse l’abbiamo da poco attraversata, o ci siamo in mezzo, o presto ci passeremo!
Ma come la dobbiamo affrontare?
In questi versetti vediamo l’approccio alla sofferenza che dobbiamo avere.
Il contesto di queste parole è che Gerusalemme è stata attaccata e distrutta per mano di Nabucodonosor, strumento di giudizio di Dio (cfr. per esempio 2 Cronache 36:11-21; Lamentazioni 1:5-22).
Queste parole, dunque, sono state dette in circostanze davvero drammatiche di guerra. 
Potete immaginare cosa porti la guerra: distruzione, dolore, morte, fame, malattie, feriti e così via. 
Ma nonostante il Suo giudizio, il Signore rimane un Dio di grazia, di compassione e di fedeltà. 
Il profeta nella drammaticità della situazione, in questi versetti, ha parole di conforto, guarda al Signore ricordando ciò che è! 
Il carattere di Dio, come rivelato attraverso l'esperienza passata d’Israele, è il fondamento della speranza dell'uomo.
Cominciamo a vedere:
I LA DIFFICOLTÀ PESANTE (vv.19-20) 
Nella difficoltà pesante troviamo:
A) La supplicazione a Dio (v.19)
Nel v.19 leggiamo: “Ricòrdati della mia afflizione, della mia vita raminga,
dell'assenzio e del veleno!”
Queste sono le parole di un uomo che ha visto l’afflizione per l’ira di Dio (Lamentazioni 3:1).
Che cosa fa quest’uomo, Geremia, nella sua pesante difficoltà della guerra, dell’assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, dovuta al giudizio di Dio?
Geremia prega! Come dovrebbe fare anche tutta Gerusalemme come è scritto in Lamentazioni 2:11-19.
Geremia, riporta al Signore la sua sofferenza, il suo dolore in preghiera.
È interessante che “ricordati” (zĕkār - qal imperativo attivo) è un imperativo e non indica semplicemente un ricordo mentale, ma “tenere a mente” “fare attenzione”, o “considerare”.
L’orante chiede a Dio di porre la Sua attenzione alla sua afflizione e a rispondere alla sua preghiera, a intervenire per cambiare la situazione.
Questa supplicazione non ha lo scopo solo semplicemente di ricordare la difficoltà pesante in cui si trova, ma ha lo scopo di richiamare l’attenzione del Signore affinché intraprenda le azioni appropriate, azioni di liberazione.
Hetty Lalleman a riguardo dice: “Quando Dio 'ricorda' presta attenzione alla supplica di qualcuno e mostra misericordia negli atti di redenzione (vedere Esodo 2:24; Salmo 25:6–7; 89:47,50; 132:1)”.
Geremia esorta il Signore a interessarsi alla sua esperienza attuale difficile di sofferenza invece di ignorarle, a considerare attentamente la realtà della sua difficoltà pesante dovuta al Suo giudizio (v.1)
Il Signore non è un Dio che dimentica, è un Dio che un ricorda! 
Ricorda il Suo patto! È fedele al patto che ha con il Suo popolo!
Quando il popolo di Dio era in schiavitù afflitto in Egitto, si ricordò delle promesse che aveva fatto ai patriarchi.
È scritto che Dio ha visto e ascoltato le sofferenze del Suo popolo, si è ricordato d’Israele e invierà Mosè, Suo servo per iniziare la serie di eventi che portano alla liberazione, all'esodo (Esodo 2:23-25).
È probabile, alla luce di Lamentazioni 1:1,3, dove si parla dell’afflizione di Giuda in esilio in Babilonia come lo erano gli Ebrei in Egitto, che Geremia chieda a Dio d’intervenire in una nuova ondata di liberazione come quella dall’Egitto.
In questa supplicazione:
(1) Geremia chiede a Dio di ricordarsi della sua afflizione
“Afflizione” (ʿonĕyî), indica una condizione di dolore, sofferenza, angoscia.
Questo imperativo si unisce al grido di Gerusalemme affinché Dio veda per intervenire (Lamentazioni 1:9; cfr. Lamentazioni 1:11,20; 2:20).
Così in questa preghiera vediamo l’urgenza di Geremia, esorta Dio a considerare la sua situazione di grande afflizione.
(2) Geremia chiede a Dio di ricordarsi della sua vita raminga
“Vita raminga” (mĕrûdî) "vagare senza una chiara destinazione”.
Questa parola si riferisce a una vita di un senzatetto, cioè lo stato, o la condizione di spostarsi da un luogo all'altro senza fissa dimora e senza un piano particolare, come condizione di povertà.
In questo libro di Lamentazioni, il termine descrive appropriatamente lo stato di esilio contemporaneo di Israele e i senzatetto causati dalla distruzione Babilonese delle case a Gerusalemme.
Il popolo di Dio cadde nelle mani del nemico, senza che nessuno la aiutasse (Lamentazioni 1:7).
Così come Gerusalemme si ricorda della sua afflizione e vita raminga (Lamentazioni 1:7), lo fa anche Geremia.
Geremia unisce la sua sofferenza a quella di Gerusalemme.
(3) Geremia chiede a Dio di ricordarsi della sua amarezza
(a) Nell’amarezza troviamo l’assenzio
Ne aveva già parlato al v.15.
L’assenzio (laʿăānh) è una sostanza amara usata per scopi medicinali che può essere pericolosa per una persona se non è ben dosata.
(b) Nell’amarezza troviamo il veleno
Nel Salmo 69, il fiele che gli schernitori hanno fatto prendere al salmista (v. 21) gli fa pronunciare una forte maledizione contro di loro (vv. 22–28). 
Ma qui Geremia non fa la stessa cosa con Dio, la sua intenzione è che il Signore possa ricordare con la speranza che intervenga.
Ecco come si trovava l’orante dentro le mura di Gerusalemme assediata dai nemici.
La sua difficoltà pesante è portata in preghiera a Dio nella speranza che potesse intervenire per la salvezza! (cfr. Lamentazioni 3:26)
Nella difficoltà pesante troviamo che:
B) La supplicazione è sincera (v.20) 
Il v.20 ci dice: “Io me ne ricordo sempre, e ne sono intimamente prostrato”.
Quando portiamo alla luce quello che pensiamo, quello che abbiamo dentro di noi, anche i sentimenti più brutti, può fare bene alla nostra anima!
Dio vuole che tiriamo fuori i nostri sentimenti in preghiera, che riversiamo, o apriamo i nostri cuori portandogli il nostro dolore con fiducia (cfr. anche per esempio Lamentazioni 2:19; Salmo 13; 62:8).
Possiamo identificare una situazione preoccupante e poi aprire il nostro cuore su quello che pensiamo, o sentiamo.
Esprimere la propria esperienza personale può essere liberatorio e rigenerante per la nostra anima e fede. 
Sopprimere l'amarezza può alla fine sfociare in rabbia, ostilità e depressione.
Definire la situazione attuale può essere introduttivo alla speranza se ci concentriamo in chi è Dio come vedremo più avanti. 
Ma ciò che vediamo è che l’orante Geremia fino a un certo punto, è assorbito dalla sua difficoltà.
Le sofferenze erano così profondamente impresse in Lui che ci pensava continuamente, e in questo senso, fino a questo punto, la memoria era per lui negativa, gli era di sconforto!
Spurgeon disse: “La memoria è molto spesso serva dello sconforto. Le menti disperate richiamano alla memoria ogni oscuro presentimento del passato e ogni aspetto cupo del presente. La memoria sta come un'ancella, vestita di sacco, che offre al suo padrone una tazza di fiele mescolato e assenzio”.
La sua memoria lo ha lasciato depresso, sconfortato, abbattuto (cfr. per esempio Salmo 42:5-6,11-12; 43:5) umiliato, infatti dice: “Intimamente prostrato” (tāšîaḥ - qal imperfetto attivo) che indica un’azione in corso.
La stessa parola la troviamo nel Salmo 44:25 dove è scritto: “La nostra anima è abbattuta nella polvere”
“Intimamente prostrato” come “abbattuta” può avere il senso di sciogliersi, dissolversi.
Mentre Geremia ricorda la sua difficoltà pesante, la sua anima è abbattuta, sconfortata, noi diremmo: “Sono a terra!”
Finora le sue preghiere sono cadute nel vuoto (Lamentazioni 3:8), e disperato senza fiducia (Lamentazioni 3:18); anzi, si dispera ancora quando contempla la sua situazione come leggiamo nel v.20, ma non abbandona la preghiera.
Ma in questi versetti troviamo:
II LA VOLONTÀ DETERMINANTE (vv.21-24)
La determinazione a mantenere un atteggiamento positivo nei confronti delle circostanze fa la differenza tra successo e fallimento. 
Winston Churchill non è riuscito due volte a ottenere una carica elettiva all'inizio degli anni venti e ha avuto poca influenza politica negli anni trenta. 
Ma continuò a sviluppare i suoi talenti e nel 1940 divenne Primo Ministro d'Inghilterra. Oggi è ricordato come un grande eroe. 
Louis Pasteur (1822-1895) era uno scienziato, un chimico e microbiologo francese, è stato considerato il padre della moderna microbiologia.
Studiò con successo i sistemi di prevenzione di molte malattie come per esempio la rabbia, il carbonchio in certi animali, il colera nei polli, eccetera.
Lui disse queste parole: “Lasciate che vi dica il segreto che mi ha portato al successo. La mia forza risiede soltanto nella mia determinazione”.
Ci vuole una grande determinazione per i politici e scienziati, ma anche nei momenti difficili della vita!
La volontà determinante è quella che vediamo in Geremia che non vuole rimanere abbattuto, sconfortato, ma vuole usare la sua memoria in ciò che è veramente importante per la sua speranza.
Noi vediamo:
A) Lo scopo di quello che va ricordato (v.21)
Nel v.21 leggiamo: “Ecco ciò che voglio richiamare alla mente, ciò che mi fa sperare”.
La memoria, può diventare e deve essere l'ancella della speranza e non della disperazione! 
Noi vediamo che quest’uomo dalla disperazione del v. 18 passa alla speranza del v. 21.
In Lamentazioni 3:17-18 è scritto: “Tu mi hai allontanato dalla pace, io ho dimenticato il benessere. Io ho detto: ‘È sparita la mia fiducia, non ho più speranza nel SIGNORE!’”
Dal fondo della sua fossa di disperazione, l'uomo ricomincia il suo viaggio verso la speranza.
Questo passo ci fa capire che la speranza può nascere anche dal dolore e può arrivare attraverso una grande lotta.
Geremia non ha dimenticato chi era il Signore! Questo è quello che gli dava speranza! 
Il cambiamento dell'uomo dalla disperazione alla speranza è dovuto al suo cambiamento di veduta: Geremia ora si concentra sul Signore!
È entrato “nel santuario” (cfr. per esempio Salmo 73:23) e il suo stato d’animo è cambiato!
Ciò che è importante per sperare e su chi la poniamo!
La speranza è fondata nel Signore!
Il Signore è il fondamento della speranza umana nell'Antico Testamento (cfr. per esempio Salmo 25:3; 31:24; 71:5; 131:3).
“Signore” (Yahweh) vuol dire “Colui che è”! 
“Signore” implica diversi significati importanti come immutabile, auto-esistente, essere una realtà attiva e presente, che subentra in scena per salvare, infatti, si è presentato a Mosè per intervenire nella vita del Suo popolo per liberarli dalla schiavitù in Egitto (Esodo 3:14-15). 
Così l’accento principale del nome “Signore”, cioè Yahweh, è posto sul messaggio di liberazione, di salvezza.
Anche nei Salmi 42:5 e 43:5 il salmista incoraggia la propria anima a non abbattersi ma a sperare nel Signore!
Nel Salmo 130:7-8 è scritto: “O Israele, spera nel SIGNORE, poiché presso il SIGNORE è la misericordia e la redenzione abbonda presso di lui. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe”.

“Sperare” (ʾôḥîl – hifil imperfetto) indica un’azione abituale e ciò che la causa.
“Sperare” significa “aspettarsi qualcosa”, aspettare che un evento si verificherà, che ci sarà una soluzione, esprime l’idea di aspettare fiduciosamente il Signore, in questo senso il Suo intervento, la realtà che interverrà per la salvezza!
Parlando di questa speranza John Mackay commenta: “Descrive non un desiderio fantasioso, o passeggero di buona fortuna futura, ma un'anticipazione ben fondata e duratura della benedizione. Questa speranza deriva dalla fede che coglie la rivelazione che Dio ha dato del proprio carattere e del suo potere di trasformare anche le situazioni più cupe. Questo è il rimedio scritturale per coloro che si trovano spiritualmente nelle profondità”.
Questa speranza è orientata verso il Signore e la sua motivazione è ulteriormente sviluppata nei vv. 22-24.
Quindi vediamo ora:
B) La sostanza di quello che va ricordato (v.22) 
Piuttosto che crogiolarsi, o cuocere nella nostra disperazione, o nel nostro vittimismo come a volte facciamo, dobbiamo concentrarci fiduciosamente sul Signore!
La memoria di Geremia si concentra su alcuni gloriosi attributi di Dio nella loro immutabile bellezza. 
Ed è quello che dobbiamo fare anche noi sempre, anche nei momenti difficili.
La conoscenza fiduciosa della vera natura di Dio ci porterà conforto e speranza nella difficoltà, nella sofferenza!
Noi vediamo che quest’uomo nella sua preghiera riconosce l'amarezza della propria esperienza, ma è anche determinato a considerare le sue circostanze alla luce di ciò che è il Signore.
Nonostante il vuoto e la disperazione che lo avevano inghiottito, ora Geremia si concentra su chi è il Signore, c’è un'altra possibilità che lo farà sperare!
Come a volte succede a tutti noi come dice John Mackay: “Non ha mai dubitato che Dio esista. Ciò che lo ha sopraffatto è il problema di conciliare la sua situazione attuale con una visione positiva dell'atteggiamento di Dio nei suoi confronti”.
Crediamo chi è il Signore, ma a volte le circostanze sono dure da sopportare e allora in questa tensione, ci viene arduo conciliare la situazione difficile da una parte con quello che è il Signore e ciò che promette dall’altra.
Ma la fiducia cresce quando ci concentriamo sul Signore e non su noi stessi!
Questa è la strada verso una vera speranza.
Questo c’insegna qui Geremia.
Gerusalemme è stata distrutta, umiliata dai suoi nemici. 
Le persone giacciono massacrate a terra (Lamentazioni 2:21); i bambini e i neonati muoiono di fame per le strade (Lamentazioni 2:11–12). 
In mezzo a una sofferenza così orribile, come può Geremia proclamare essere speranzoso?
Ci sono diversi aspetti del Signore che danno speranza agli scoraggiati, o ai disperati, e che infondono perseveranza a coloro la cui forza è giunta al termine.
Questi aspetti che elenca Geremia ricordano il tradizionale credo di Esodo 34:6-7 come rivelato dal Signore.
La confessione su chi era (è) Dio non era una fantasia di desideri per i tempi di disperazione, ma era radicata profondamente nella rivelazione di Dio!
Dobbiamo sempre guardare e ricordare con fede a ciò che dice la Bibbia!
In questo elenco prima di tutto vediamo:
(1) La grazia del Signore
Nel v.22 è scritto: “È una grazia del SIGNORE che non siamo stati completamente distrutti”.
Certamente nel considerare l’invasione dell’esercito nemico Babilonese, la distruzione e la fame che c’era a Gerusalemme, qualcuno poteva e può affermare dove sta l’amore di Dio.
Ma l’amore di Dio è anche nel giudizio nel senso che il popolo non è stato completamente distrutto! 
L'esistenza stessa del popolo era un segno della grazia del Signore. 
Il Signore avrebbe potuto distruggere completamente la nazione, ma l’ha preservata durante il giudizio.
Israele non fu completamente spazzato via nel 586 a.C., e questo fu di per sé un atto di fedele intervento di Dio. Ha conservato un resto! Una parte del popolo!
La nazione e anche Geremia non sono stati completamente distrutti! 
Non è finita! E non finirà!
Non finirà, per le grazia di Dio con la distruzione di Gerusalemme e nemmeno con l’esilio in Babilonia del popolo, infatti il popolo ritornerà in Giudea (538 a.C.), ricostruirà il tempio nel periodo dei profeti Aggeo e Zaccaria (520-516 a.C.) e nel periodo di Esdra-Neemia (445 a.C.) ricostruirà le mura di Gerusalemme che erano state distrutte dai Babilonesi. 
Dunque, nemmeno il giorno dell’ira del Signore contro Gerusalemme segna la fine della grazia del patto di Dio con il Suo popolo (cfr. per esempio Esodo 19-24;34; Levitico 26-27; Deuteronomio 27-30).
È consolante ciò che dice il Salmo 103:10: “Egli non ci tratta secondo i nostri peccati, e non ci castiga in proporzione alle nostre colpe”.
Tutti noi meritiamo l’inferno, eppure nella Sua grazia stiamo molto meglio di quanto meritiamo!!
Dio continuerà a esercitare la Sua grazia, anche quando gli eventi esteriori, l'oscurità e l'angoscia di una situazione fanno sembrare che ci abbia abbandonati!
Anche in mezzo alle più terribili calamità della vita, nonostante siamo dei peccatori, il Signore rimane sempre un Dio di grazia!
La parola “grazia” (ḥasdê – sostantivo plurale) descrive l’indole e le azioni benefiche di Dio “nel contesto di un impegno profondo e duraturo tra due persone o parti, da colui che è in grado di prestare assistenza alla parte bisognosa che nelle circostanze non è in grado di aiutare se stessa" (Gordon Clark).
 
“Grazia” si riferisce all’amore leale del Signore, o all'amore e alla fedeltà del Signore.
Questa parola a volte è usata all'amore di Dio che è legato alla fedeltà del Suo patto con Israele (cfr. per esempio Deuteronomio 7:9,12; 1 Re 8:23; Neemia 1:5; 9:32; 2 Cronache 6:14; Daniele 9:4).
È la parola che descrive la disposizione positiva e le azioni benefiche del Signore verso il Suo popolo, dell’azione unilaterale di Dio per aiutare coloro che sono nel patto. 
In altre parole, questo amore fedele di Dio nel patto, è il Suo potere, impegno e intervento soprannaturale a favore del Suo popolo anche se non lo merita. 
Lo studioso John Goldingay riguardo il suo commento a questo versetto e a questa parola scrive: “È un sostantivo che denota la fedeltà, o il dono di sé che una persona può mostrare a un'altra quando non esiste una base stabilita per farlo, o la fedeltà o la costanza che una persona può mostrare a un'altra quando l'altra persona ha perso qualsiasi diritto a esso perché è stata infedele”.
Il Signore mostra sempre il suo amore al popolo, anche se questo è infedele!
Secondo le parole di Robin Routledge riguardo questa parola dice: "Il cuore di ḥesed è l'impegno amorevole nel contesto di una relazione. Rappresenta sia l'atteggiamento di lealtà e fedeltà alla relazione e alle parti correlate, sia la corrispondente azione gentile e doverosa, spesso espressa come aiuto o liberazione, che ne deriva.... L'ḥesed di Dio si esprime in un impegno fedele alla relazione (con il suo popolo), sia per agire in accordo con essa, sia per preservarla nonostante il fallimento del suo partner di alleanza".
Ed è interessante notare che la parola “grazia” (ḥasdê – sostantivo plurale) in Ebraico è al plurale (altri esempi Salmo 17:7; 25:6; 89:1; 107:43; 63:7), quindi la parola denota la moltitudine di azioni concrete della grazia di Dio a beneficio del Suo popolo, oppure, il plurale qui è usato per intensificare il carattere dell'amore fedele di Dio, cioè “grande amore fedele di Dio”.
È ancora interessante che al posto di “è” in Ebraico c’è una particella (kî) che secondo alcuni studiosi indica “davvero", “sicuramente”, “veramente”.
Questa particella è usata in modo dichiarativo per sottolineare la natura enfatica o veritiera dell'affermazione che per la grazia del Signore non sono stati completamente distrutti! 
Grazie a Gesù, il nostro Sommo Sacerdote, possiamo avvicinarci al trono della grazia di Dio con fiducia per ottenere misericordia e trovare grazia per essere soccorsi al momento opportuno! (Ebrei 4:14-16).
Allora avvicinati al trono della grazia di Dio nel nome di Gesù per essere aiutato al momento giusto!
Il secondo aspetto che dobbiamo ricordare nella sofferenza è:
(2) Le compassioni del Signore (v.23) 
Nel v.23 leggiamo: “Le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina”.
Anche questa frase inizia con la particella (kî) come per “grazia”, quindi: “davvero", “sicuramente”, “veramente” le sue compassioni non sono esaurite!
"Il passo è pieno di bellezza, poiché tratta di quella tenera compassione di Dio che non era mai stata assente nemmeno nell'opera del castigo” (Morgan).
Gli esperti di Ebraico sono convinti che “compassioni” è legato alla parola per l'utero, il grembo di una donna (cfr. per esempio Giobbe 24:20; Geremia 1:5), in modo che possa suggerire i sentimenti che una madre ha per il suo bambino. 
Allora la parola "compassione" (raḥămāyw) si riferisce al sentimento di tenerezza, o all’amore tenero e alla cura premurosa simile alla preoccupazione di una madre per il suo bambino (cfr. per esempio 1 Re 3:26).
“Compassione” è una profonda consapevolezza e simpatia per la sofferenza altrui. 
Il plurale “compassioni” indica atti di compassioni, infatti si rinnovano ogni mattina, ogni giorno!
La compassione del Signore è costante!
Certo una persona considerando il giudizio di Dio su Gerusalemme poteva e può pensare che la compassione era scomparsa, ma non è così!
“Esaurite” (lōʾ kālû) si riferisce che “non si esaurisce la scorta” come per esempio l’acqua dell’otre di Agar che mentre era nel deserto finì (Genesi 21:15), oppure la promessa che la farina del vaso non si sarebbe esaurita promise Elia alla vedova di Sarepta (1 Re 17:14).
Così se qualcuno si chiedeva se il Signore ha dato tutte le compassioni che aveva tanto da rimanerne senza, la risposta è: “NO!
Le compassioni del Signore non finiscono, sono in corso, sono per sempre! (Salmo 25:6; cfr. Salmo 100:5).
“Si rinnovano” (ḥădāšîm) può indicare qualcosa che è nuovo nel senso che non è mai esistito prima, qualcosa di unico e speciale, qualcosa di inaspettato e imprevisto (cfr. per esempio Esodo 1:8; Geremia 31:31; Isaia 62:2; 65:17).
Ma può anche significare rinfrescare qualcosa per riportarlo al suo stato, o essere originario, un rinnovamento di ciò che è stato sperimentato prima (1 Samuele 6:7). 
Comunque sia, le compassioni del Signore non diminuiscono di giorno in giorno, ma rinnovano ogni mattina. 
Ogni giorno c’è una nuova scorta di compassioni fresche!
Se il Signore può rinnovare ogni giorno le Sue compassioni per il Suo popolo è perché il Signore ha un’immensa bontà dice Lamentazioni 3:32! (cfr. anche Salmo 69:19; Isaia 63:7).
Il fatto stesso di svegliarsi a un nuovo giorno è di per sé un rinnovamento della misericordia di Dio. 
Geremia è passato sano e salvo attraverso la notte, presagio di morte.
Geremia si concentra sui segni di compassione divina nella provvista, per quanto scarsa potesse essere che consente al popolo di sopravvivere, come solo un pezzo di pane. 
Non si lamenta per quello che non ha, ma ricorda quello che ha, anche se è poco riconoscendo che è compassione di Dio!
Il terzo aspetto che dobbiamo ricordare è:
(3) La fedeltà del Signore 
Il v.23 dice ancora: “Grande è la tua fedeltà!”
Il profeta si rivolse al Signore personalmente e direttamente dicendogli: “Grande è la tua fedeltà”.
“Nel processo di ricordare gli attributi di Dio, Geremia fu ricondotto alla comunione vivente e all'intima comunione con il suo fedele Dio" (Ryken).
Le compassioni quotidiane sono continui richiami alla fedeltà del Signore nonostante una città distrutta e un popolo in esilio.
Mentre il v. 22 parla della costanza delle compassioni di Dio, questa frase tratta della sua moltitudine, o grandezza, o abbondanza. 
“Grande” (rabbâ) può essere intesa come molta, numerosa, cioè, appartenente a una grande quantità, moltitudine (cfr. per esempio Esodo 12:38); oppure estesa, di dimensione enorme, abbondante (cfr. per esempio Numeri 20:11; 1 Cronache 22:8). 
“Grande” può quindi indicare l'ampiezza dell'azione del Signore, che è tale da abbracciare tutti i tipi di situazioni, con un impegno che non cambia direzione. 
La fedeltà è la qualità di essere fedeli e Dio è fedele (cfr. per esempio Deuteronomio 7:9-10; 32:4; 1 Corinzi 1:9; 2 Timoteo 2:13).
Questa qualità del carattere del Signore è motivo di lode (cfr. per esempio Salmo 33:1-4; 92:1-3).
“Fedeltà” (ʾĕmûānt) si riferisce letteralmente alla stabilità o alla fermezza, alla qualità dell'affidabilità. 
Non c'è speranza più grande che sapere che Dio è totalmente affidabile!
"La fedeltà esprime una caratteristica di Dio in relazione con una persona umana resa manifesta nelle sue azioni. Caratteristiche di tale fedeltà sono coerenza, stabilità, verità e permanenza" (Renkema).
La fedeltà del Signore (Salmo 33:4; 100:5; 119:90) si riferisce alla costante, irrevocabile stabilità in cui rimane ciò che è.

La fedeltà di Dio verso di noi scaturisce dalla sua fedeltà a se stesso.
Descrive un comportamento che è affidabile e coerente, senza mai deviare da ciò che è, dalla Sua parola e da se stesso!
La fedeltà si riferisce anche al fatto che il Signore è fedele alle Sue promesse (cfr. per esempio Numeri 23:19).
Dio rimane fedele al patto con il Suo popolo (cfr. per esempio Deuteronomio 7:9-10; 2 Timoteo 2:13), ricomincia da capo nonostante il Suo popolo non sia rimasto fedele al patto (cfr. per esempio Deuteronomio 32:20; Salmo 78:37; Geremia 31:20; Osea 1-3; 4:1; 11:8-9).
Il disastro che il profeta e la sua nazione hanno sperimentato, non segna la fine delle grazie e delle compassioni del Signore! 
Gli Israeliti non erano stati completamente distrutti: stavano bruciando, ma non erano consumati! 
La fedeltà di Dio rimane intatta, anche se le circostanze possono sembrare diverse! 
Ogni respiro, ogni piccolo sorso d'acqua, ogni piccolo pezzo di crosta di pane, ogni pezzo di vestito consumato che avevano ancora addosso è considerato dal profeta come prova della grande fedeltà di Dio!!
Per la Sua fedeltà, Dio rinnova ogni giorno le sue compassioni!
La Sua fedeltà, la possiamo vedere con le benedizioni che riceviamo! 
Anche dalle piccole cose che diamo per scontato! Fai un elenco delle benedizioni che hai per esempio una casa, l’acqua, il cibo, i vestiti, le scarpe, ecc. 
Così, non dobbiamo lamentarci davanti a Dio per ciò che non abbiamo, ma ringraziarlo per ciò che abbiamo, che Lui ci ha dato!
Tendiamo a vedere ciò che non abbiamo invece di ringraziare il Signore per ciò che abbiamo!
Dio è fedele ai Suoi figli, pieno di compassione, Egli offre ogni giorno un rifornimento fresco, efficace e adatto ai loro bisogni.
Dio non dimentica e abbandona i suoi figli (Isaia 49:13-16; Ebrei 13:5) anche nei momenti più difficili della loro vita, è con loro (cfr. Isaia 41:10; 43:2).
Dio è con noi anche nella valle dell’ombra della morte (Salmo 23:4). 
Dio è con noi in qualsiasi situazione di pericolo ci troviamo. 
In qualsiasi situazione difficile, di afflizione tenebrosa, minacciosa e ostile, anche se siamo vicino alla morte, Dio non ci abbandona! 
A volte la Sua presenza la sentiamo, altre volte no, ma questo non significa che la Sua presenza è discontinua, Dio è sempre presente con noi anche nella sofferenza.
Dio è fedele! Dio non ci abbandona!
Infine il quarto aspetto che dobbiamo ricordare è:
C) La sicurezza che proviene da quello che è ricordato (v.24) 
La stilista Coco Chanel disse: “Nessun uomo ti farà sentire protetta e al sicuro come un cappotto di cachemire e un paio di occhiali neri.”
Questo punto di vista ci fa sorridere, ma tutti cerchiamo sicurezza in qualcuno, o qualcosa, ma questo passo ci fa capire che la sicurezza deve essere il Signore.
Chi più di Lui lo può essere?
È il Creatore della terra, e Colui che con le Sue perfezioni controlla la storia dell’umanità, che è attento ai dettagli della tua vita, l’Onnipotente! 
E poi è un Dio di grazia, di compassioni e fedele!
Di Lui certamente ci possiamo fidare!
Nel v.24 leggiamo:”’Il SIGNORE è la mia parte’, io dico, ’perciò spererò in lui’”.
Il v. 24 ci riporta ancora alla volontà determinante dell’uomo che indica la sua sicurezza.
Noi vediamo:
(1) La certezza
Questa frase è essenzialmente l'opposto di ciò che ha detto prima al v. 18, dove diceva che era sparita la sua fiducia e la speranza nel Signore. 
Questo cambiamento di atteggiamento allora è sorprendente, ma concentrandosi su chi è il Signore, Geremia ha cambiato idea, contemplare la natura del Signore lo ha trasformato!
“Parte” (ḥelqî) a volte è usato per indicare una quota di bottino (cfr. per esempio Genesi 14:24; Numeri 31:36), o di un'eredità, una proprietà (cfr. per esempio Giosuè 14:4; 19:9), questo può essere anche il Signore stesso cfr. Deuteronomio 10:9).
Questa è una parola che descrive qualcosa che appartiene a qualcuno e quindi in questo caso: “Il Signore è tutto ciò che ho” che provvede alle necessità della vita (cfr. per esempio Filippesi 4:19).
La frase è usata frequentemente nei Salmi per indicare la completa soddisfazione dello scrittore in Dio, oppure come il tesoro più alto, la cosa più importante (Salmo 16:5; 73:26; 119:57; 142:5). 
L'idea è che l’orante, Geremia sia contento in Dio e non desideri nulla al di là di Lui. 
Questo è stato possibile dopo essersi concentrato su chi è il Signore!
“Parte” (ḥelqî) è anche usata per riferirsi al destino di una persona nella vita; compreso tutto ciò che accade a una persona (Giobbe 20:29; 27:13; Ecclesiaste 3:22; Abacuc 1:16).
In questo senso il destino della persona è nelle mani del Signore (cfr. per esempio Giovanni 10:28-30) e niente e nessuno ci separerà dal Suo amore (Romani 8:31–39).
(2) La speranza
Nella frase Ebraica il senso è: “L’anima perciò spera su di lui” (napšî ʿal-kēn ʾôḥîl lô).
Se prima la sua anima era priva di pace (Lamentazioni 3:17) ed era abbattuta e sciolta nella polvere (Lamentazioni 3:18) ora, invece Geremia spera nel Signore!
Considerando chi è il Signore (perciò - ʿal-kēn) e che è la sua parte (vv.22-24), Geremia spera su di Lui!
La ragione della speranza non è astratta, è il Signore! 
Geremia si aspetta grandi cose dal Signore!
Mentre prima stava per arrendersi, qui trova la forza di perseverare. 
Questa non è una vana speranza, o un pio desiderio, ma è radicato nel fatto che è determinato ad aspettare il Signore convinto che adempirà le Sue promesse considerando chi è!
Questo può riferirsi anche alla fine dell’esilio, alla fine della sofferenza!
Spurgeon faceva questa illustrazione: “Al sud dell'Africa il mare era generalmente così tempestoso, che quando le fragili barche dei Portoghesi navigavano verso sud, lo chiamarono ‘Capo delle Tempeste’; ma dopo che quel capo fu ben attraversato da più arditi navigatori, lo chiamarono ‘Capo di Buona Speranza’”. 
Come per Geremia, nella tua esperienza hai avuto molti ‘Capi delle tempeste’, ma li hai superati tutti e ora lascia che siano per te un ‘Capo di Buona speranza’ se stai vivendo un periodo difficile!
Il Signore è il Dio della speranza! Ricordiamo questo nella tempesta, nella sofferenza!
Comunque andranno le cose, la “tempesta” non sarà per sempre! Ci aspetta la gloria eterna nei cieli se siamo veri cristiani! (cfr. per esempio 2 Corinzi 4:16-18).
La speranza può sostituire la disperazione (cfr. per esempio Abacuc 3:17-18; 1 Pietro 4:12-13).
E il fatto di sapere come dirà al v.25: “Il SIGNORE è buono con quelli che sperano in lui, con chi lo cerca”, c’incoraggia a sperare in Lui, a cercarlo sempre!
CONCLUSIONE 
Come vogliamo usare la nostra memoria?
Geremia da una parte la usata negativamente perché ricordando la sua situazione si abbatteva, ma poi l’ha usata positivamente perché si è concentrato su chi è il Signore!
Invece di essere passivi, dobbiamo consapevolmente ricordare e concentrare i nostri cuori sulla natura di Dio.
Non c'è niente di sbagliato nel ricordare a Dio e a noi stessi la nostra difficoltà pesante, la nostra sofferenza, ma questa allo stesso tempo deve spostarsi, deve concentrarsi sul Signore!
Nei momenti difficili dobbiamo concentrarci sulle Sue grazie, compassioni, fedeltà e credere che: “Il Signore è la mia parte”.
Il diario di Andrew Bonar (1810-92), contiene una testimonianza commovente di questa verità. 
Sua moglie, Isabella, morì il 14 ottobre 1864. Scrivendo nel suo diario l'anniversario della sua morte, più di vent'anni dopo (1887), egli annotò: “Memorabile per me l'anniversario dell'improvvisa partenza della mia amata Isabella per andare con Cristo. E ora il figlio di mio figlio, un bambino di tre giorni, è stato portato via da loro. Cisterne rotte, cisterne rotte tutt'intorno: ma la fontana rimane piena”.
Solo coloro che hanno una fede genuina, e sono consapevoli e soddisfatti di Dio solo non saranno presi dalla dall'ansia e dalla disperazione quando arriveranno i periodi difficili!


    


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