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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

La parabola del ricco e di Lazzaro (Luca 16:19-21). (1 Parte) I protagonisti

La parabola del ricco e di Lazzaro (Luca 16:19-21). (1 Parte)
I protagonisti
Questa storia è il culmine di una sezione che parla sull'uso e l'abuso della ricchezza; l’apice è il giudizio di Dio (Luca 16:1-31).

Studiosi sono divisi nell’interpretazione di questa storia raccontata da Gesù, se è un evento reale, o una parabola.

Le parole di apertura di questa storia ci fanno capire che è una parabola, infatti sono coerenti con la lingua con cui Gesù ha spesso iniziato le sue parabole (cfr. Luca 10:30; 14:16; 15:11; 19:12). 

Le immagini che troviamo in questa parabola sono tra gli avvertimenti più tragici e gravi della Bibbia. 

Noi troviamo due protagonisti principali: un uomo ricco e un uomo povero in netto contrasto tra di loro.

Uno aveva tutto quello che desiderava, mentre l’altro non aveva niente!

L'uomo ricco, che è vestito in modo elegante e mangia bene, è anonimo, a differenza del povero che ha un nome.

Noi in questa parabola vediamo che è importante ciò che Dio valuta!


Cominciamo a vedere:
I L’UOMO RICCO(v.19).
Nel v.19 leggiamo: “C'era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente”.

Questo uomo ricco viveva nel lusso!

Consideriamo la sua:
A) Sovrabbondanza.
“Ricco” (plousios) indica abbondante, pieno, in questo caso di beni, di risorse materiali (Genesi 13:2; 2 Samuele 12:1-4; Matteo 27:57; Luca 12:16;16:1).

Vediamo il suo:
B) Stile.
“Si vestiva di porpora e di bisso”.
Lo stile di vita di quest’uomo era sfarzoso.

“Era in grado di vestirsi con i vestiti più costosi” (Lee Robert).

Quest'uomo era vestito splendidamente con i migliori abiti, erano estremamente costosi e di lusso, diremo oggi di “Alta moda”.

“Si vestiva” (enedidusketo – imperfetto medio indicativo) implica che questa era la sua condotta abituale.

Era l'abbigliamento abituale e quotidiano del ricco. 

Non indossava questi vestiti solo in occasioni speciali, ma li indossava tutti i giorni!

La “porpora” (porphuran) si riferisce a una lunga veste, o un mantello, un abito esterno di lana viola, un indumento molto costoso che era usato da re, nobili e persone ricche (cfr. Giudici 8:26; Ester 1:6; 8:15; Marco 15:17,20).

Era un tessuto che veniva tinto con un colorante molto costoso, ottenuto da un mollusco chiamato “murice” che si trovava lungo la costa fenicia.

Mentre il “bisso” (busson)  era di lino finissimo,  di alta qualità, il tessuto più delicato e più costoso conosciuto nel mondo antico. 

Era usato come abbigliamento sottostante, intimo, molto probabilmente  proveniente dall'Egitto, quindi più costoso e indica ancora la ricchezza di quest’uomo.

Barnes riguardo il bisso scriveva: "Era così costoso che poteva essere indossato solo dai principi, dai sacerdoti, o da coloro che erano molto ricchi”.

Infine vediamo la:
C) Sontuosità delle feste.
“Si divertiva” (euphrainomenos – presente medio participio) è rallegrarsi, gioire.

Si riferisce in modo particolare ai banchetti, quindi al cibo esotico e costoso, e alla loro conseguente allegria (Luca 12:19; 15:11-32), qui viene usato in senso peggiorativo, egoistico.

“Splendidamente” (lamprōs) denota brillantezza e splendore, feste sontuose in riferimento a occasioni speciali  (Luca 12:19; 15:11-32), ma lui li faceva ogni giorno come indica il verbo “si divertiva” (euphrainomenos – presente medio participio).

Spence H. D. M. scrive: "Le sue sale erano sempre piene di ospiti nobili, le sue anticamere con servi. Tutto ciò che con lui poteva rendere la vita splendida e gioiosa era in profusione”.

Era tutto abbondante ogni giorno!!

Quest'uomo dai vestiti splendidi, ogni giorno celebrava la vita con grandi feste quotidiane con cibi deliziosi come solo un uomo ricco poteva fare con il cibo migliore ed esclusivo e i più grandi invitati! 

Il suo costoso stile di vita gli piaceva ogni singolo giorno della sua vita. 

Altre persone potevano avere bei vestiti da indossare in giorni speciali e cibi deliziosi da mangiare in occasioni speciali, ma quest'uomo ogni giorno si deliziava in questo stile di vita!

La moralità di questo uomo non è descritta, se fosse disonesto, o se vivesse nella dissolutezza, ma le sue feste poteva essere anche un modo per mostrare le ricchezze, o lo sfarzo che aveva (cfr. Ester 1:4-6).

ERA CERTAMENTE EGOISTA!!
Leon Morris riguardo questo uomo scrive: “Non è detto che avesse commesso qualche grave peccato, ma viveva solo per se stesso: era questo il motivo della sua condanna”.

“Si divertiva splendidamente” ogni giorno  lo rende come la generazione indifferente del diluvio, che mangiava e beveva completamente inconsapevole della calamità incombente che li avrebbe fatto morire (Luca 17:27).

Viveva la bella vita indifferente al bisogno di un povero davanti casa sua!

Consideriamo ora:
II L’UOMO POVERO (vv.20-21). 
Nei vv.20-21 leggiamo: “E c'era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri,  e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri”.
In una condizione contrastante rispetto al ricco c’è un uomo povero.

Nella parabola non viene descritto un resoconto dettagliato della vita interiore del mendicante.

Viene menzionato solo il suo nome – quattro volte - per mostrarci perché, quando morì, si ritrovò subito nella beatitudine.

Il povero uomo si chiamava Lazzaro (Lazaros), in ebraico è “Eleazar” che significa “Dio aiuta”, o “Dio ha aiutato”, o “Dio è il mio aiuto”.

Non ci sono altri di cui Gesù abbia dato un nome nelle Sue parabole, e questo può avere la sua importanza.

Questo nome è significativo, poiché indica qualcuno che dipende da Dio e confida in Dio.
Si vuole sottolineare che era un credente, allude che Lazzaro fosse una persona devota a Dio.

Nella teologia di Luca i poveri  sono in generale persone devote e i destinatari della grazia di Dio (cfr. Luca 4:18; 6:20; 7:22; 21:3).

Se per il ricco, il povero non aveva nessuna importanza, aveva un’identità presso Dio.

Alla fine, secondo la volontà di Dio, Lazzaro è stato portato nella consolazione eterna.

Lazzaro era un uomo devoto anche se afflitto da una grande povertà e malattia.

Nella situazione del povero, vediamo allora: 
A) La sofferenza. 

La sua era una:
(1)Sofferenza economica
Al v.20 leggiamo: “E c'era un mendicante.”

Al v. 21 è scritto: “E bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco.”

“Mendicante” (ptōchos) è quella categoria che Gesù proclama “beata” (Luca 6:20).

Dio ha un’attenzione speciale per questa categoria come vediamo in numerosi versetti della Bibbia (Levitico 19:9-10; 25:25,35; Deuteronomio 15:7-11; 24:19-21; Salmo 22:26; 35:10; 40:17; 70:5; Isaia 3:14-15; 5:8; Amos 2:7; 4:1; 5:11; Luca 1:52-53; 4:18; 10:21; 14:21; 16:25; 1 Corinzi 1:26-29; Giacomo 1:9; 2:5). 

“Mendicante” descrive una persona nello stato di povertà più estrema, che non ha assolutamente nulla e ha bisogno dell’aiuto degli altri per vivere!

Lazzaro è molto povero dal momento che giace alla porta del ricco nella speranza di ricevere qualcosa da mangiare.

Luca riprende l’espressione del figliol prodigo che avrebbe desiderato di sfamarsi delle carrube, e nessuno gli e ne dava (Luca 15:16).

Lazzaro era bramoso di sfamarsi, anelava a raccogliere quello che cadeva dalla tavola del ricco.
Si riferisce al cibo che era buttato via.

Alcuni studiosi hanno pensato che in mancanza di tovaglioli si utilizzassero pezzi di focaccia per pulirsi e poi venivano gettati via, oppure quello che cadeva dalla tavola, erano gli avanzi di focaccia intinta di sugo e poi venivano gettati via ai cani.

“Bramoso” (epithumōn - presente attivo participio) “di sfamarsi” (chortasthēnai aoristo passivo infinitivo) indica una bramosia, a un desiderio forte, costante e insoddisfatto dal momento che il mendicante giaceva alla porta e non vicino alla tavola dove mangiavano il ricco e i suoi ospiti.

Per chi non ha patito mai la fame, non riesce a capire che cosa significhi. 
Le persone più povere, nei paesi occidentali hanno sempre qualcosa da mangiare.

Gesù sta descrivendo una persona nell’estremo bisogno come di quelli che vediamo in televisione di quei reportage dei paese più poveri dell’Africa.
La sua era anche una:
(2) Sofferenza fisica. 
Nel v.20 è scritto: “Che stava alla porta di lui, pieno di ulceri”.

Nel v.21 troviamo: “E perfino i cani venivano a leccargli le ulceri”.
Lazzaro era coperto di ulceri in contrasto con l’uomo ricco che era coperto d’indumenti costosi.

Lazzaro era come se fosse senza vita. 
I rabbini dicevano che tre situazioni non davano vita: uno che dipendeva dal cibo di un altro, uno che era governato da sua moglie e uno il cui corpo era pieno di piaghe. 

La situazione di Lazzaro era disperata: era povero e malato:era afflitto da una malattia della pelle, era pieno di ulceri, ricorda le sofferenze di Giobbe  (Giobbe 2:7), e perfino i cani venivano a leccargliele come se fosse già morto!
“Perfino” (alla) ha il senso di “e peggio ancora.”

Aggiunge un dettaglio sorprendente, un altro dolore, il culmine della sua miseria, non solo era povero, ma era pure malato a tal punto che non aveva la forza di cacciare via i cani che gli leccavano le ulceri!

Lazzaro era troppo povero per curarsi e troppo debole, impotente per allontanare i cani, o difendersi dal loro fastidio!

Alla beffa, dunque, si aggiunge altra beffa,  Lazzaro deve sopportare i cani randagi che leccano le sue piaghe, che lo infettano e lo lasciano cerimonialmente impuro, perché i cani erano considerati impuri e sono spesso menzionati nella Bibbia, che mangiano i corpi dei morti (cfr. Esodo 22:31; 1 Samuele 17:43; 24:14; 1 Re 14:11; 16:4; 21:19,23-24; 22:38; Salmo 22:16, Proverbi 26:11; Filippesi 3:2; 2 Pietro 2:22; Apocalisse 22:15).

UNA SCENA VERAMENTE PATETICA E DEGRADANTE!!

Arland J.Hultgren scrive: “I cani leccano le sue piaghe; è probabile che si tratti di cani randagi che scovano e assaggiano ciò che per loro è ‘carne fresca’, ovvero le piaghe di Lazzaro, mentre ne attendono la morte (per rimandi a cani che mangiano cadaveri si veda 1 Re 14:11; 16:4; 21:24; Salmo 16:2; Geremia 5:3). È un’azione di profonda degradazione che, se compiuta con continuità, avrebbe impedito alle piaghe di rimarginarsi”.

Nella situazione vediamo:
B)La sistemazione. 
Nel v. 20 leggiamo:“Che stava alla porta di lui”. 
Lazzaro è stato messo dove poteva ricevere qualche azione caritatevole; stava davanti alla porta del ricco, MA QUESTI ERA INDIFFERENTE VERSO I SUOI BISOGNI!! 

“Stava” (ebeblēto - piuccheperfetto passivo indicativo) è considerevole, significa: “È stato buttato là”, o “è stato gettato là”. 

In questa parola troviamo un trattamento rude, scortese e di disprezzo.

Indica che chi la portato lì non si è curato più di tanto di lui e lo ha lasciato da solo, anche se è stato portato in un posto dove poteva avere qualche aiuto.

Altrove, questa parola, descrive una persona confinata a letto, impossibile di muoversi perché malata, o anche paralizzata come vediamo  altrove nei Vangeli (per esempio Matteo 8:6,14; 9:2; Marco 7:30).

È probabile che oltre alla malattia della pelle, Lazzaro fosse anche paralizzato, oppure che era così debole che gli era impossibile muoversi!

“Stava” suggerisce che era troppo malato per muoversi, sottolinea la debolezza di Lazzaro, ed è molto probabile che degli amici lo dovevano portare davanti la porta come quel paralitico disteso sopra un letto che lo portarono a Gesù per farlo guarire (Matteo 9:2; cfr. Giovanni 5:7).

Lazzaro era stato messo in una posizione che sia il ricco che i suoi invitati lo potevano notare: davanti la porta!
Ma questo ricco, non faceva nulla per aiutarlo, per alleviare la sua sofferenza!

La sua indifferenza è pensata per rispecchiare il disdegno con cui i Farisei trattavano gli emarginati della loro società (Luca 16:14; Matteo 23:14,23).

La “porta” (pulōn) era un ampio ingresso che si apriva nell'ampio cortile del palazzo. 

Era una porta alta e decorata di una villa, una porta imponente.

Di solito è una parola usata per entrate in città, templi, o palazzi. 

Così questa porta mostrava la  ricchezza del proprietario e teneva fuori le persone che non desiderava.

Il ricco è ritratto come una persona viva, dinamica che si diverte nella sua villa, mentre il povero è malato, debole, immobile, giace fuori nella speranza di ricevere qualche pezzo di pane.

L’UOMO RICCO CON LA SUA PANCIA PIENA NON SI PREOCCUPA NEMMENO DI GETTARE I SUOI AVANZI A LAZZARO!!

I dettagli contrastano con qualcuno che ha tutto con qualcuno che non ha assolutamente nulla.

Questo contrasto, secondo tutti i criteri osservabili, si concluderebbe che l'uomo ricco è benedetto e Lazzaro, invece, no. 

Lazzaro potrebbe essere considerato, sotto la punizione divina. 
Ma non è così!

Infatti come vedremo un’altra volta, il ricco è andato all’inferno, e il povero in paradiso.

CONCLUSIONE
Qual è l’occasione e  lo scopo di questa parabola?

Come dicevo prima, i Farisei consideravano la ricchezza come una prova della giustizia di una persona (Luca 16:14-15).

Gesù con parabola dice che non è così, infatti il ricco è andato all’inferno per il suo egoismo: non ha aiutato il povero, non si è preso cura di lui, era duro di cuore!

LA QUANTITÀ DI DENARO CHE ABBIAMO NON È IMPORTANTE, MA LO È  IL MODO IN CUI LO USIAMO. 


Quindi, la parabola “del ricco e Lazzaro” continua l'insegnamento sull’uso dei soldi, è collegata con quella del fattore infedele (Luca 16:1-18). 

L’uomo ricco di questa parabola ha completamente trascurato di farsi degli amici con le ricchezze ingiuste.

La vita del ricco è un contro-modello a Luca 16:9, ed è l’esatto opposto del buon sammaritano (Luca 10:30-37). 

Così questa parabola illustra un esempio da non imitare: quello del ricco.

È una parabola che Gesù ha diretto a quei Farisei avari che lo deridevano, dopo che ha parlato della parabola del fattore infedele (v.14), mentre la Parola di Dio ci  dice di prendersi cura di loro.

Questi Farisei professavano la fede in una vita futura e nel giudizio futuro, tuttavia, non vivevano in conformità con quello che credevano!

COLORO CHE VIVONO IGNORANDO LA PAROLA DI DIO, SCOPRIRANNO NELL’ADES L’AMARA CONSEGUENZA DELLE LORO AZIONI!

Questa storia di un ricco impenitente rivela la tragedia di apprendere questa verità:dopo la morte sarà troppo tardi. 

GESÙ NON È CONTRO LE RICCHEZZE, MA CONTRO IL CATTIVO USO CHE SE NE FA!

Questa parabola è una chiamata per esaminare come usiamo ciò che abbiamo! 

Quindi, il succo della parabola è come usare correttamente le ricchezze, di incoraggiare l'azione pratica di aiutare i bisognosi (cfr. Matteo 25:34-45), secondo ciò che dice Dio nella Sua Parola.

La parabola è progettata per farci riflettere su come rispondiamo a persone come Lazzaro.

La parabola riguarda la compassione. Un cuore compassionevole vede il bisogno degli altri e si muove per aiutarli. 

Come discepoli di Gesù dobbiamo dimostrare la Sua stessa compassione che aveva per gli emarginati, per i sofferenti, per i poveri. (Matteo 9:16; 14:14; Efesini 4:32; Colossesi 3:12).

Il nostro servizio agli altri mostra qualcosa sulla nostra lealtà verso Dio.
L’amore che abbiamo per glia latri mostra l’amore che abbiamo per Dio (1 Giovanni 3:14-24; 4:7-13).
Quando troviamo difficile aiutare qualcuno nel bisogno, ricordiamo questa parabola che espone la durezza di una persona e c’invita a non seguire il suo esempio.
Aiutare non significa solo dare soldi, possiamo manifestare la compassione in modi diversi: con la presenza, con l’ascolto, con servizi pratici, ecc.

Non dobbiamo essere indifferenti ai poveri!
Per paura  di aiutarli non vogliamo sapere delle loro condizioni per non sentirci poi responsabili, non li guardiamo nemmeno, o prendiamo tante scuse per non aiutarli.

Ma Dio più volte nella Sua parola ci esorta ad aiutare i poveri.

Qual è il tuo atteggiamento verso i tuoi soldi e le tue proprietà? 
Li accumuli egoisticamente, o li usi per aiutare gli altri?

Dio non è contento di uno stile di vita che pensa solo a se stesso, che ha poca cura e compassione per chi è nel bisogno, come questo ricco che era indifferente alla povertà di Lazzaro.

COSÌ QUESTA PARABOLA, ANCHE SE È UNA CHIAMATA PER I RICCHI, È UN AMMONIMENTO PER TUTTI A NON USARE I PROPRI AVERI  IN MODO INAPPROPRIATO, QUINDI È UN’ESORTAZIONE PER TUTTI AD AIUTARE I BISOGNOSI!!


QUESTA PARABOLA CI FA CAPIRE CHE SE ABBIAMO LE RISORSE PER AIUTARE GLI ALTRI E NON LO FACCIAMO, DIO NON CI APPROVA!!

“Chi sa fare il bene e non lo fa commette peccato” (Giacomo 4:17).

Dio non è contento di uno stile di vita che pensa solo a se stesso, che ha poca cura e compassione per chi è nel bisogno, come questo ricco che era indifferente alla povertà di Lazzaro.

Ignorare il benessere dei poveri porterà un giudizio divino.

“Chi chiude l'orecchio al grido del povero, griderà anch'egli, e non gli sarà risposto” (Proverbi 21:13; cfr. Proverbi 14:21).


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