2 Corinzi 1:3: Il carattere consolatore di Dio In un mondo che offre mille forme di consolazione temporanea, dove possiamo trovare un conforto che dura davvero? Dove possiamo aggrapparci quando tutto sembra crollare? Una bambina cresciuta in una famiglia atea aveva imparato dal padre ateo che Dio non esisteva. La bambina si ammalò di una grave malattia, e suo padre e sua madre cercavano di incoraggiare questa bambina malata. Cercavano di confortare la figlia morente, i genitori non credevano in Dio, e nemmeno la bambina credeva in Dio. Il padre era al suo fianco, dicendole: “Tesoro, non ci vorrà molto. Tieni duro. Papà ti ama. Non ci vorrà molto. Tieni duro.” Lei rispose: “Papà, mi dici di tenere duro, ma non c’è niente a cui aggrapparmi.” Questa storia racconta la tragedia di chi cerca consolazione senza avere una speranza eterna. Ma grazie a Dio, Paolo ci presenta una realtà completamente diversa in 2 Corinzi 1:3: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signor...
Giobbe 1:20-21: Dio governa la prosperità e l’avversità.
“Allora Giobbe si alzò, si stracciò il mantello, si rase il capo, si prostrò a terra e adorò dicendo: ‘Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il SIGNORE ha dato, il SIGNORE ha tolto; sia benedetto il nome del SIGNORE’” (Cfr. Giobbe 36:11; 71:19-20; 75:6-7; 1 Samuele 2:6-7; Isaia 45:7; Lamentazioni 3:1-17,37-38; 4:5, 11; Luca 1:52; Ecclesiaste 5:19; 7:14).
Ciò che abbiamo è perché l’ha voluto e c’è l’ha dato il Signore! Ciò che non abbiamo più l’ha voluto il Signore!
In un giorno, il ricco Giobbe, uomo integro e retto che temeva Dio (Giobbe 1:1), da ricco è diventato povero! (Giobbe 1:13-17). Non solo, muoiono pure i suoi dieci figli (Giobbe 1:2,13-19). Come reagisce Giobbe? Reagisce come leggiamo in questi versetti citati sopra. Giobbe fa cordoglio, è addolorato. Stracciarsi il mantello, radersi i capelli, erano gesti comuni di dolore (per esempio Genesi 37:29,34; Giosuè 7:6; 2 Samuele 1:2;3:31; 13:19 Esdra 9:3,5; Giobbe 2:12; Isaia 15:2; 22:12; Geremia 7:29; 16:6; 41: 5; 47: 5; 48:37; Ezechiele 7:18; Amos 8,10; Michea 1:16). Ma, Giobbe non alza i pugni verso il cielo urlando contro Dio dicendo: “Perché Signore proprio a me?", ma si prostrò a terra umilmente. Giobbe adora Dio prostrandosi a terra! La prostrazione è una risposta a qualcosa di straordinario che Dio ha fatto e rappresenta il rispetto (2 Samuele 1:2; 9:6; 14:4), il riconoscimento e l'accettazione. Giobbe s’inchina con umiltà in sottomissione al Signore. Giobbe, dunque, accetta la situazione, riconosce la sovranità di Dio sopra tutta la sua vita, sia nella prosperità e sia nell’avversità, e lo benedice! Nella benedizione così come nel dolore, Giobbe ha lodato il nome di Dio; riconosce il fatto che come è venuto sulla terra così andrà via, morirà senza niente! Proprio come è uscito dal grembo di sua madre, così sarebbe andato nel grembo della terra, cioè senza niente. (cfr. Ecclesiaste 5:14-15). Giobbe riconosceva che non aveva alcun diritto riguardo i suoi possedimenti, il Signore dona e il Signore toglie. Giobbe riconosce che il Signore che gli aveva dato tutta questa ricchezza aveva il diritto di portarla via. Tutta la ricchezza di Giobbe è stata data da Dio, e lo stesso Dio ha il diritto di portarla via. Da notare che sono stati i Sabei, e poi i Caldei a derubare Giobbe, e agenti atmosferici a causare la morte delle pecore e dei suoi servi, e dei suoi figli, ma Giobbe riconosce che tutto è nelle mani di Dio!
La devozione è possibile senza avere niente in cambio; le persone possono essere consacrate e riconoscenti al Signore anche senza avere un guadagno materiale.
Satana con il suo esercito, si aspettavano che Giobbe avrebbe reagito alla perdita della sua ricchezza e dei suoi figli, rinnegando Dio (Giobbe 1:6-12), ma non è stato così. Giobbe ha espresso il suo dolore in un modo normale per quel giorno, ma ha adorato il Signore e ha pronunciato una profonda dichiarazione di fede. Questo Giobbe è un esempio per noi di reazione di sottomissione a Dio e di adorazione riconoscendo la Sua volontà sovrana. Ci vuole una vera fede per dire nel bel mezzo della sofferenza: “Sia benedetto il nome del Signore”.