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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

2 Re 19:19: La supplicazione di Ezechia

 2 Re 19:19: La supplicazione di Ezechia
Vi siete mai sentiti disperati, con le spalle al muro e senza via d'uscita? 
Forse avete perso un lavoro, avete ricevuto brutte notizie di salute, o affrontato una situazione che sembrava impossibile da superare. 
In momenti come questi, come dobbiamo reagire?
La storia di re Ezechia, raccontata in 2 Re 19, ci offre un potente esempio di come possiamo reagire. 
Ezechia e il popolo di Gerusalemme si trovano accerchiati dal temibile esercito assiro, ma il re si rivolse a Dio con un cuore pieno di fede, umiltà e audacia. 
La sua preghiera ebbe un impatto straordinario, salvando la città e dimostrando il potere di Dio di intervenire anche nelle situazioni più disperate.
Così quando ci troviamo di fronte a difficoltà insormontabili, possiamo rivolgerci a Dio certi del Suo aiuto, come ha fatto il re di Giuda Ezechia.
Warren Wiersbe scriveva: “Quando le prospettive sono tristi, provate a guardare in alto. È quello che fece il re Ezechia quando ricevette la lettera blasfema del re di Assiria. Spesso nel mio ministero ho dovuto presentare le lettere al Signore e confidare che Lui risolvesse le cose, e lo ha sempre fatto”.
In un momento difficile, d’impotenza militare, l’Assiria ha invaso la Giudea e la conquista, il re Ezechia si sottomette al re Assiro Sennacherib (2 Re 18:13-16).
L’esercito Assiro entusiasta della vittoria, minaccia Gerusalemme di distruzione. 
Le risorse difensive di Ezechia erano limitate e sembrava impossibile opporre resistenza, e l’aiuto atteso dall’Egitto non è arrivato (2 Re 18:21).
Il re Ezechia è sotto pressione anche perché più volte è stato attaccato verbalmente con parole arroganti e minacciose dagli Assiri, che cercarono di scoraggiare la fede in Dio dei Giudei, dicendo che nessuna divinità ha potuto resistere loro altrove, e così nemmeno il Signore li potrà liberare (2 Re 18:17-35; 19:10-14). 
Tuttavia, Ezechia non si lasciò scoraggiare!

Giovanni 21:6: La pesca efficace

 Giovanni 21:6: La pesca efficace
Nel sermone di oggi, ci concentriamo sulla pesca miracolosa di Gesù, come narrato nel Vangelo di Giovanni. 
Questo evento non solo rivela l’autorità divina di Gesù, ma sottolinea anche l'importanza dell'obbedienza e della fede in Lui per raggiungere risultati.
Giovanni 21 inizia dopo che il Gesù risorto era già apparso ai discepoli due volte, eppure questi sembrano ancora smarriti, sono ritornati alla pesca, a loro vecchio lavoro; non sapevano cos’altro fare di sé stessi. 
Gesù quindi, si manifestò di nuovo, la terza volta ai discepoli presso il mare di Tiberiade. 
Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli vanno a pescare, ma non pescarono nulla quella notte. 
La mattina Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che fosse Lui; Gesù disse loro se avevano pescato, alla loro risposta negativa, Gesù disse di gettare la rete dal lato destro della barca che avrebbero trovato i pesci. 
Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla perché era piena di pesci. 
Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro che quell’uomo era il Signore. 
Una volta tirata la rete a terra, contarono centocinquantatré grossi pesci; e, benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. 
L'atto di gettare la rete e tirare su i pesci è una metafora della missione di evangelizzare dei discepoli. 
Proprio come i pescatori tirano su i pesci dal mare, i discepoli sono chiamati a “pescare gli uomini” per condurli a Cristo (cfr. per esempio Matteo 4:18-22; Marco 1:16-20).
Quali lezioni impariamo da questa storia?
Quali sono le caratteristiche di una missione con risultati?

Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio

 Colossesi 1:27: La rivelazione del mistero di Dio
Questo versetto fa parte della lettera di Paolo ai Colossesi, una comunità di cristiani situata nell'antica Colosse. 
Nella lettera, Paolo affronta alcune false dottrine che circolavano nella comunità e ribadisce i principi fondamentali della fede cristiana. 
Il versetto 27 si inserisce in questo contesto, sottolineando la centralità di Gesù Cristo e la speranza a Lui collegata.
Paolo nel v.27 ribadisce che Dio ha preso l’iniziativa di far conoscere ai santi quale sia la ricchezza della gloria del mistero fra gli stranieri, cioè Gesù in voi la speranza della gloria.
Il v.27 si tratta di un'amplificazione della precedente proposizione del v.26 riguardo la manifestazione del mistero che era stato tenuto nascosto per tutti i secoli: “Ma che ora è stato manifestato ai suoi santi”, cioè Dio ha voluto far conoscere loro quali sono le ricchezze della gloria di questo mistero tra gli stranieri, cioè i non Giudei.
 
I “santi” del v. 26, sono quelli tra questi stranieri, cioè i cristiani in generale (Colossesi 1:2, 4, 12; 3:12), il popolo di Dio, come i credenti della chiesa di Colosse (v.2), sono coloro che Gesù ha santificato con il Suo sacrificio (1 Corinzi 6:9-11; Ebrei 10:10).
C’è uno sfondo nell’Antico Testamento, dell’Antico Patto che riguarda Israele, che è stato chiamato tra le nazioni per essere il popolo santo di Dio obbedendo alle Sue leggi (cfr. per esempio Esodo 19:6; Levitico 11:44; 19:2; Daniele 7:18, 22, 25, 27). 
Allo stesso modo, i cristiani sono “santi” a causa della nuova relazione in Gesù Cristo in un Nuovo Patto (cfr. per esempio Matteo 26:26-28). Sono messi a parte per Dio per servirlo (cfr. per esempio 1 Pietro 2:9-10) come eletti di Dio, santi e amati (Colossesi 3:12) la cui vita deve essere caratterizzata da un comportamento consacrato. 
L'avverbio “ora” (nuni) del v.26, si riferisce al Nuovo Patto.
La ricchezza della gloria di questo mistero si riferisce a Cristo nei cristiani.
Nel v.27 vediamo la rivelazione del mistero di Dio.
Cominciamo col vedere:

Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria

 Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria
“Pietro, dunque era custodito nella prigione, ma fervide preghiere a Dio erano fatte per lui dalla chiesa”.  
Kent Hughes scrive: “Il capitolo 12, ambientato in un contesto di crescente persecuzione, si apre con l’apparente incapacità del popolo di Dio di fare qualsiasi cosa per liberarsi, ma poi descrive una straordinaria dimostrazione di forza tra cristiani apparentemente indifesi e rivela la fonte di quella forza”.
Dai vv.1-4 apprendiamo che il re crudele Erode Agrippa I, nipote di Erode il Grande, cerca di ingraziarsi gli Ebrei perseguitando i cristiani: fa uccidere Giacomo, fratello di Giovanni e ritenne opportuno ritardare l'esecuzione di Pietro mettendolo in prigione, e facendolo custodire a turno con una stretta sorveglianza da quattro gruppi di quattro soldati ciascuno che si alternavano ogni tre ore, in quattro turni, secondo l’uso Romano. 
Evidentemente Erode era preoccupato che una figura di così alto profilo, potesse avere ampio aiuto per un tentativo di evasione, così lo fece controllare da molti soldati.
Così Luca riportando il numero significativo di soldati a guardia di Pietro, vuole evidenziare l'impossibilità della sua fuga. 
Siamo nel periodo della Pasqua Ebraica, con l'associata festa degli Azzimi, era la celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto (Esodo 12:1-13:16), in questo periodo non si poteva legittimamente tenere alcun processo, o sentenza.
Per questo motivo, Erode lo voleva vedere dopo la festa (Atti 12:4), evidentemente per condannarlo.  
La chiesa prega per Pietro.
Luca richiama l'attenzione sulle forze opposte coinvolte: da un lato, Erode rinchiude Pietro dietro le sbarre e pone delle guardie; d’altro lato, la chiesa prega con fervore per Pietro.
Mentre Erode usa la forza bruta, la chiesa prega fervidamente per Pietro.
La preghiera è la fonte della forza dei cristiani, l'arma della chiesa contro la persecuzione, o le varie “battaglie” quotidiane della vita.
Grazie alla preghiera della chiesa, Pietro fu liberato in modo sovrannaturale, da un angelo del Signore dalle sue catene, la notte prima di essere giudicato e probabilmente condannato a morte (vv.6-17). 
Consideriamo:

Come liberarsi dal senso di colpa (3)

 Al di sopra dei problemi
Come liberarsi dal senso di colpa (3)
Stiamo studiando su come essere liberi dal senso di colpa, dall’esempio dal re Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14; 2 Samuele 23:1; Atti 13:22), eppure ha commesso adulterio e omicidio.
Per quasi un anno, Davide si rifiutò persistentemente di affrontare i suoi peccati, alla fine, Dio mandò il profeta Natan ad affrontarlo, ed egli alla fine si pentì (2 Samuele 12).
Questo è l’ultimo messaggio a riguardo.
I sensi di colpa possono essere una bussola affidabile, che ci indica quando abbiamo fatto qualcosa di sbagliato e ci spinge e guida a fare ammenda e a cercare il perdono di Dio.
Ci possono aiutare a crescere moralmente e spiritualmente.
Ma possono anche essere come un ingranaggio arrugginito che ci blocca e ci rende incapaci di progredire nella nostra vita, possono ostacolare la nostra crescita e il nostro benessere psicofisico spirituale.
Come un orologio rotto che scorre in modo irregolare e incontrollabile, i sensi di colpa possono farci sentire come se fossimo bloccati nel passato, incapaci di andare avanti.
I sensi di colpa, possono tormentarci e condannarci anche quando non c'è motivo di farlo.
La chiave per comprendere i sensi di colpa è capire la differenza tra la giusta condanna e la falsa accusa.
La giusta condanna viene dallo Spirito Santo ed è basata sulla legge di Dio.
La falsa accusa viene dal diavolo che ci vuole far credere di essere senza speranza.
I LA RICHIESTA
Nel Salmo 51, vediamo l'urgenza di Davide nel volere essere liberato dal peso del peccato; si sente oppresso dalla sua colpa e desidera ardentemente la grazia purificatrice e rinnovatrice di Dio.
Non solo le persone hanno bisogno di trovare il perdono perché peccano, ma hanno bisogno del dono del perdono completo di Dio!
Davide non solo riconosce il proprio peccato, ma chiede anche di essere purificato.
Nel Salmo 51:7 leggiamo: “Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve”.
Davide qui usa il termine “issopo” metaforicamente.
Davide vuole essere purificato con issopo e sarebbe diventato puro.
“Purificami” (tĕḥaṭṭĕʾēnî - piel imperfetto attivo iussivo) è rendere puro, o libero dal peccato, o dalla colpa.

2 Re 19:19: La supplicazione di Ezechia

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