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Luca 4:25-27: La grazia di Dio che sorprende

 Luca 4:25-27: La grazia di Dio che sorprende Vediamo la motivazione degli esempi profetici.  Nella nostra precedente meditazione abbiamo contemplato una verità fondamentale del Vangelo: la grazia di Dio non è determinata dalla geografia, dall’etnia, o dalla lingua.  Abbiamo visto come Gesù, nella sinagoga di Nazaret, abbia sfidato le concezioni esclusive dei suoi concittadini, ricordando loro come Dio avesse operato oltre i confini d’Israele attraverso i profeti Elia ed Eliseo. Oggi desidero approfondire ulteriormente questo insegnamento rivoluzionario di Gesù, esplorando un secondo aspetto di questa verità: la grazia divina spesso si muove in direzioni inaspettate sorprendendoci. Questi due aspetti sono strettamente collegati e complementari.  Se nel primo messaggio abbiamo visto DOVE la grazia di Dio opera - oltre ogni confine - oggi vedremo COME questa grazia si manifesta in modi che sfidano le nostre aspettative. Lo stesso episodio di Gesù a Nazaret ci rivela ch...
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Luca 4:25-27: La grazia che supera i confini

 Luca 4:25-27: La grazia che supera i confini
Oggi continuiamo la nostra serie di predicazioni sul capitolo 4 del Vangelo di Luca.
Nelle scorse settimane abbiamo esaminato il ritorno di Gesù a Nazaret e il suo annuncio sorprendente nella sinagoga.
Abbiamo visto come, in Luca 4:16-22, Gesù si è presentato come il Messia atteso, leggendo dal rotolo di Isaia e proclamando che quelle profezie si stavano adempiendo in Lui.

Poi, nella nostra ultima predicazione su Luca 4:23-24, abbiamo esplorato "la provocazione sconcertante" di Gesù quando ha anticipato il proverbio "medico, cura te stesso" che i Suoi concittadini avrebbero usato contro di Lui.

Oggi esamineremo Luca 4:25-27. Questa è un’altra provocazione di Gesù, e lo fa con due esempi che sono una bomba teologica nel cuore delle loro convinzioni più radicate.

Le storie sono presentate in parallelo per enfatizzare punti simili e rivelano la natura universale della missione di Gesù, dimostrando che la salvezza di Dio non era mai stata limitata al solo popolo d’Israele.
Questi riferimenti all’Antico Testamento mostrano che il piano di salvezza di Dio ha sempre incluso i non Ebrei, non come piano secondario, ma come intenzione originaria.

Gli esempi citati da Gesù provengono da uno dei periodi più oscuri nella storia d’Israele; Egli individua il periodo di Elia ed Eliseo come uno dei periodi più bassi e apostati della storia della Nazione (1 Re 17–18; 2 Re 5:1-14).

Gesù ricorda al popolo che in quel periodo i profeti non hanno svolto alcuna opera nella nazione, ma hanno guarito un paio di Gentili, cioè non Ebrei!
Questa osservazione è forte per due ragioni: (a) paragona l’era attuale a uno dei periodi meno spirituali della storia d’Israele, e (b) suggerisce che i Gentili, che erano intensamente disprezzati tra gli Ebrei, erano più degni di ministero di quanto non lo fossero loro.
Gesù stava comunicando a quei Nazareni della sinagoga che la loro situazione, o reazione, ricorda alcuni degli anni più bassi del passato d’Israele.

Con queste parole provocatorie, Gesù sfida profondamente le convinzioni radicate dei Suoi ascoltatori. 
Non si limita a contestare le loro aspettative sul Messia, ma mette in discussione la loro intera teologia riguardo a chi può ricevere la grazia di Dio.

Oggi esploreremo insieme la prima grande verità che emerge da questo passaggio: la grazia di Dio non è determinata dalla geografia, dall’etnia, o dalla lingua. 
Una verità che, come vedremo, è tanto rivoluzionaria oggi quanto lo era ai tempi di Gesù.

Iniziamo a vedere:
I LA PROVVIDENZA PRODIGIOSA (vv.25-26)
Si riferisce a Elia e alla vedova di Sarepta.
 
Nei vv.25-26 è scritto: “Anzi, vi dico in verità che ai giorni di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e vi fu grande carestia in tutto il paese, c'erano molte vedove in Israele; eppure a nessuna di esse fu mandato Elia, ma fu mandato a una vedova in Sarepta di Sidone”.

In questo versetto vediamo il principio che Dio non è vincolato dalle aspettative umane, o dall’appartenenza nazionale. 
Egli esercita la Sua grazia secondo la Sua volontà, scegliendo di benedire chi vuole, quando vuole e come vuole (cfr. per esempio Romani 9:14-16).

Ai tempi, dei profeti Elia ed Eliseo, gli Israeliti che vivevano nella parte settentrionale del paese erano presi in una tenaglia tra due entità politiche ostili: la Fenicia a nord-ovest e Aram (Siria) a nord-est. 
La Fenicia era stata la fonte dell’adorazione di Baal, una tentazione continua per gli Israeliti.

Questo periodo era caratterizzato dall’idolatria sotto il re Acab e sua moglie Izebel. 
Acab fece peggio dei re d’Israele che lo precedettero.
In 1 Re 16:33 leggiamo che Acab provocò lo sdegno del Signore, Dio d’Israele.

La moglie pagana Iezebel influenzò Acab ad adorare divinità Cananee, fino a innalzare un altare a Baal e fare un idolo di Astarte (1 Re 16:31-32). 
Sotto la sua influenza questa idolatria fiorì in Israele.

Come giudizio di Dio sulla nazione apostata, Elia annunciò una siccità e “il cielo rimase chiuso per tre anni e sei mesi”, a seguito della quale "una grande carestia si abbatté su tutto il paese" (1 Re 17:1; 18:1; Giacomo 5:17). 

La siccità era una conseguenza del patto infranto, non un evento casuale, rappresenta una delle maledizioni del Patto che legava Dio e il Suo popolo (cfr. per esempio Deuteronomio 11:17; 28:23–24; 1 Re 8:35). 

Questo dettaglio è significativo perché mostra che la carestia non era semplicemente un disastro naturale, ma una conseguenza diretta dell’infedeltà d’Israele all’alleanza con Dio.

Le dure condizioni lo erano particolarmente per le vedove, poiché le persone che avevano la responsabilità di prendersi cura di loro non erano in grado, o non volevano farlo (cfr. per esempio Esodo 22:22; Deuteronomio 14:29; 16:11, 14; 24:17–21).

Il paese era sotto giudizio divino, eppure Dio sceglie proprio questo momento per mostrare grazia a una straniera in un paese straniero.
Ora, quello che Gesù fa qui è deliberatamente provocatorio. 
Non è un caso che menzioni Sidone, perché la regina Iezebel, era originaria di Sidone, figlia del re dei Sidoni (1 Re 16:31).

Pensate a questo: Gesù sta dicendo che tra tutte le vedove d’Israele che soffrivano la fame durante quella terribile carestia, Dio scelse di mandare Elia a soccorrere e a salvare una donna pagana e suo figlio da morte certa (1 Re 17:12-24) della stessa regione da cui proveniva la malvagia regina che aveva introdotto il culto di Baal in Israele! 

Questa donna era l’ultima persona che ci si aspetterebbe di essere benedetta da un profeta Israelita!

John MacArthur commenta: “Il punto di Gesù, che deve aver scioccato e indignato il pubblico, era che Dio avrebbe salvato una donna Gentile emarginata che aveva ammesso la sua povertà, schiavitù, cecità e oppressione (cfr. 1 Re 17:18), ma non un Giudeo che non lo avrebbe fatto. L’implicazione era che, se si fossero rifiutati di abbandonare la loro auto-giustizia e di ammettere il loro disperato bisogno spirituale, non avrebbero potuto essere salvati”.

Più ti senti indegno, più Dio ti vede prezioso!

Coloro che sembrano meno titolati a gustare i benefici della grazia del Signore sono i più probabili a riceverla! (cfr. per esempio Matteo 9:12-13; Luca 7:36-50; 18:9-14; 1 Corinzi 1:26-29).

L’importanza dell’umiltà e della consapevolezza del proprio bisogno e della fede (1 Re 17:12), emerge chiaramente in questa storia: la vedova Fenicia ha ricevuto la grazia divina in un momento di consapevolezza della propria indigenza materiale, come anche dell’esistenza del Signore e fu ricompensata.

La sua povertà la rese totalmente dipendente da Dio, a differenza in linea di massima, della situazione in Israele che era diversa (1 Re 19:10,14). 
Era un discorso di incredulità e umiltà, anche se c’erano alcune eccezioni favorevoli (1 Re 19:18).

Gesù stava chiamando la gente di Nazaret a fare la stessa cosa, a prendere umilmente Dio in parola. 
Proprio come la vedova aveva creduto alla promessa divina attraverso Elia riconoscendo che lo avrebbe aiutata, così i Nazareni erano chiamati a fidarsi umilmente della rivelazione di Dio attraverso Gesù.

Bruce Barton dice a riguardo: “Quando la vedova di Sarepta incontrò Elia, pensava di preparare il suo ultimo pasto. Ma il suo semplice atto di fede produsse un miracolo. Si fidò di Elia e gli diede tutto il suo cibo. La fede è il passo tra promessa e certezza. Lei ebbe fede e ricevette una scorta infinita di cibo in tempo di carestia”.
In quella vedova vediamo presenti la verità di questi versetti del Nuovo Testamento.
“Ora senza fede è impossibile piacergli, poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6).

E ancora: “Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili… Umiliatevi davanti al Signore ed egli v'innalzerà” (Giacomo 4:6,10).

La grazia scorre nelle valli della fede e dell’umiltà, non sulle cime della superbia e incredulità!

Sii umile e riconosci la tua dipendenza dal Signore, evitando l’incredulità della tradizione degli uomini. 

La grazia di Dio si manifesta nell’umiltà e consapevolezza del proprio bisogno. 

La condizione di povertà estrema di quella vedova (aveva solo un ultimo pasto) divenne paradossalmente la sua forza, perché la rese consapevole della sua totale dipendenza da Dio. 

Se avesse avuto un barile pieno di farina quando incontrò Elia, avrebbe potuto riporre la sua fede nel barile anziché in Dio. 

La sua benedizione fu che era disperatamente povera, e ne era consapevole e questa consapevolezza la spinse a confidare in Dio.

Come recita uno dei versi più toccanti del famoso inno “Amazing Grace” di John Newton: 
“Fu la grazia che insegnò al mio cuore a temere,
E la grazia le mie paure alleviò; 
Quanto apparve preziosa quella grazia
Nell’ora in cui ho creduto per la prima volta!”

La vedova di Sarepta, nella sua estrema povertà, scoprì questa preziosa grazia proprio quando non aveva più nulla in cui sperare se non in Dio stesso.

Se la storia della vedova di Sarepta ci mostra come la grazia divina si manifesti nei momenti di estremo bisogno, il racconto che stiamo per esplorare ci rivela come quella stessa grazia possa operare anche nella vita di chi sembra avere tutto eccetto la cosa più importante. 

Dall’umiltà della vedova affamata passiamo all’orgoglio di un potente e ricco comandante.
Dalla misericordia che sfama passiamo alla purificazione che risana. 
In entrambi i casi, vediamo la grazia divina estendersi oltre ogni confine immaginabile, raggiungendo chi sembrava irraggiungibile.

Questa famosa vicenda è registrata in 2 Re 5. Stiamo parlando di Naaman il Siro che il profeta d’Israele Eliseo guarì. 

Questa vicenda ci parla di una:
II PURIFICAZIONE PREZIOSA (v.27)
Nel v.27 è scritto: “Al tempo del profeta Eliseo, c’erano molti lebbrosi in Israele; eppure, nessuno di loro fu purificato; lo fu solo Naaman, il Siro”.

L’inclusività del piano di Dio si manifesta in modo potente: l’estensione della grazia a un comandante Siro preannuncia l’inclusione dei Gentili nel piano di salvezza di Dio, un tema che sarà centrale nel Nuovo Testamento. 

Naaman era un grande militare, il capo del formidabile esercito Siriano - non solo un Gentile, ma anche un lebbroso e un comandante militare nemico, dunque un triplo emarginato. 
Eppure, fu proprio lui a essere purificato, e non i lebbrosi in Israele!

La sua guarigione avvenne dopo essersi immerso sette volte nel fiume Giordano secondo le istruzioni del profeta Eliseo. 

Come disse Giovanni Calvino: “Naaman dovette scendere dalle sue alte aspettative; Dio umilia i superbi affinché possano ricevere la Sua grazia”.

Ed è proprio così: il percorso verso la grazia guaritrice passò attraverso l’umiliazione: Naaman dovette superare l’orgoglio nazionale, la sua aspettativa di un rituale più dignitoso, e il pregiudizio verso il semplice fiume di Israele (2 Re 5:11-14).

Naaman, inizialmente pieno di orgoglio e pregiudizio, sperimenta una trasformazione attraverso l’umiliazione e l’obbedienza, scoprendo che la vera forza non risiede nel potere militare, ma nella fragilità umana che si affida umilmente a Dio!

Questa è la chiave per aprire la porta della grazia di Dio, esperienza condivisa anche dalla vedova di Sarepta (1 Re 17:12,24).

Naaman dovette spogliarsi del mantello del potere per essere rivestito dalla misericordia di Dio.

Naaman scoprì che la via della guarigione passa attraverso l’umiliazione obbediente e non attraverso la forza delle armi o del proprio orgoglio!

Il fatto che Gesù utilizzi il termine “purificato” invece di “guarito” è profondamente significativo, perché secondo la concezione Ebraica un Gentile non poteva mai diventare “puro”, eppure la Scrittura afferma chiaramente che lo fu!

La domanda è: perché Dio non mandò Eliseo a guarire i lebbrosi Israeliti?
Il culto in Israele durante il tempo di Eliseo era caratterizzato da compromessi religiosi: sebbene il re Joram avesse rimosso l’idolo di Baal, continuò nei peccati di Geroboamo con i vitelli d’oro (2 Re 3:2-3). 

Anche dopo riforme parziali, l’idolatria persisteva (2 Re 10:18); il paese viveva in un sincretismo religioso, servendo sia il Signore che altri dèi (2 Re 17:33).

Considerando le chiare conseguenze della trasgressione al patto stabilite in Deuteronomio 28 (Deuteronomio 28:21-22,27,35), dove le malattie erano esplicitamente indicate come punizione per l’infedeltà, probabilmente era in corso un giudizio di Dio. 
Possiamo vedere la persistenza della lebbra tra gli Israeliti come manifestazione del giudizio divino. 

Mentre Israele persisteva nell’idolatria, Dio scelse di mostrare misericordia a un generale straniero, dimostrando che la Sua grazia trascende i confini nazionali e si estende a chi si umilia davanti a Lui.

Per punizione Dio diede una benedizione a un Gentile al posto degli Israeliti, illustrando il principio che più tardi Gesù avrebbe citato provocando l’indignazione dei Suoi ascoltatori a Nazaret (Luca 4:28-29). 

Questa scelta divina confermava la serietà del patto: le benedizioni potevano essere trasferite ad altri quando il popolo eletto rifiutava di camminare nella fedeltà al Signore.

Uno schema che ritroviamo anche nel Nuovo Patto; infatti, è scritto che il motivo per cui il Vangelo di Cristo è andato ai Gentili è appunto perché gli Ebrei lo hanno rifiutato perdendo così questo privilegio a favore dei Gentili.
 
Un chiaro parallelo di questa dinamica si trova nel libro degli Atti, quando gli apostoli dopo essere stati ripetutamente rifiutati dai Giudei, proclamano: “Paolo e Barnaba dissero con franchezza: ‘Era necessario che a voi per primi si annunciasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stranieri. Così, infatti, ci ha ordinato il Signore, dicendo: -Io ti ho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all'estremità della terra-‘” (Atti 13:46-47).

Questo schema si ripete in Atti 18:6: “Ma poiché essi facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: ‘Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani’".

E culmina in Atti 28:28, dove Paolo dichiara: “Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è rivolta alle nazioni; ed esse presteranno ascolto”.

Ma l’inclusione delle persone di origine Gentile faceva parte del piano eterno e sovrano di Dio (Romani 11:11-12, 25-27; Luca 24:47; Atti 13:48; Efesini 1:4-5; 1 Tessalonicesi 2:13), era già operante fin dai giorni di Abramo; infatti, il Signore fece ad Abramo questa promessa in Genesi 12:3: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra”.

Secondo il piano di Dio, il privilegio d’Israele non era mai stato un fine in sé, ma un mezzo per portare la benedizione divina a tutte le nazioni. 

Se dimentichiamo questo, cadiamo nello stesso errore dei Nazareni: scambiare un privilegio per un diritto esclusivo e permanente.

Per Dio non c’è distinzione tra Giudei e Gentili come sottolineato diverse volte nel Nuovo Testamento (cfr. per esempio Atti 10:34-35; Romani 10:12; Galati 3:28; Efesini 2:13-14; Colossesi 3:11).

Lo scandalo diventa ancora più intenso quando consideriamo la dimensione politica: nell’epoca dell’occupazione Romana, ricordare che Dio aveva guarito un militare nemico era particolarmente provocatorio. 

Sappiamo dallo storico Giudeo Giuseppe Flavio che i Siriani e i Galilei erano nemici mortali. 

Era quindi molto offensivo per loro che Gesù dicesse come due Siriani fossero stati preferiti a tutto Israele.

Questo non era solo un affronto al loro patriottismo, era un attacco diretto alla loro comprensione esclusiva del favore di Dio.

Era abbastanza offensivo che gli fosse ricordato che Elia aveva servito una vedova pagana, ma era intollerabile considerando che erano oppressi dall’occupazione Romana e poi che gli venisse ricordato che Eliseo aveva guarito un nemico: il potente comandante Siriano: Naaman!

Ciò che rende questo messaggio così inaccettabile è che la gente del tempo di Gesù si aspettava che il Messia venisse e distruggesse i nemici d’Israele, non che li servisse! 
Che liberasse Israele dall’oppressione straniera, non che estendesse la salvezza agli oppressori!

Quello che Gesù stava facendo era mettere in discussione le certezze dei figli d’Israele in quel periodo che pensavano di avere una grazia esclusiva!

È come se avesse detto: “Pensate che Dio vi debba qualcosa solo perché siete Israeliti? Pensate che il Messia sia venuto esclusivamente per voi e per distruggere i vostri nemici? Ripensateci, non è così!”.

Come ha scritto Timothy Keller: "La grazia di Dio è scandalosamente inclusiva. Raggiunge le persone che pensiamo non la meritino. Ma la verità è che nessuno di noi la merita."

I Gentili ricevono i profeti e i benefici al posto del Suo popolo eletto a causa della loro incredulità e idolatria. 

Secondo John MacArthur: “Il punto di Gesù era chiaro e inequivocabile. Dio ha portato la salvezza con il Suo arrivo—ma, come sempre, è solo per coloro che sanno di essere spiritualmente poveri, prigionieri, ciechi e oppressi. A meno che i Suoi ascoltatori non fossero disposti a umiliarsi come quella vedova Gentile emarginata e quel lebbroso terrorista Siriano e ad ammettere il loro bisogno spirituale, non avrebbero potuto essere salvati.”

Laddove c’era aperta incredulità e la sua arrogante presunzione, Gesù si girava dall’altra parte!  (cfr. per esempio Marco 6:5-6; Matteo 10:14-15; Atti 13:46, 47; 28:25–28).

Gesù non farà miracoli come richiesto dai Nazareni presenti nella sinagoga, John Noland ci ricorda: “Il punto, quindi, sarà che l'incredulità ha creato una situazione in cui le possibilità non si realizzano e i benefici non fluiscono, una situazione parallela alle occasioni in cui il ministero profetico di Elia e quello di Eliseo (profeti suscitati in Israele e per Israele) non portarono alcuna benedizione a Israele”.

Entrambi gli esempi storici di Gesù, come la reazione alla predicazione di Paolo, mostrano che il rifiuto del privilegio comporta la perdita del privilegio e l’assegnazione del privilegio ad altri!

Questo sottolinea la responsabilità di coloro che ricevono dei privilegi spirituali e il pericolo di darli per scontati.

CONCLUSIONE
Abbiamo visto come due storie apparentemente distanti - una vedova affamata e un generale lebbroso - convergano verso la stessa verità fondamentale: la grazia di Dio supera ogni confine umano. 

Ma quale messaggio portano queste antiche narrazioni alla chiesa contemporanea? Quali promesse ci rivelano per il nostro cammino di fede oggi?

Il messaggio che abbiamo esplorato oggi è chiaro e profondo: la grazia di Dio non è determinata dalla geografia, dall’etnia, o dalla lingua. 

Proprio come nella nostra società contemporanea, dove spesso erigiamo barriere invisibili tra “noi” e “altri” – che siano immigrati, persone di diverso ceto sociale, o semplicemente coloro che hanno opinioni politiche diverse dalle nostre – Dio ci sfida a vedere oltre questi muri.

Come abbiamo visto negli esempi della vedova di Sarepta di Sidone e di Naaman il Siro, Dio ha sempre avuto l’intenzione di salvare persone di ogni nazione.
Questa verità è più rilevante che mai nel nostro mondo globalizzato eppure profondamente diviso. 
Pensate alla nostra città, con le sue divisioni socio-economiche evidenti tra quartieri ricchi e poveri. 
Pensate alle tensioni tra comunità di diverse culture e religioni. 
Il messaggio di Gesù ci sfida a vedere in ogni persona, indipendentemente dal suo retroterra, un potenziale destinatario della grazia divina.

La vastità della grazia di Dio supera qualsiasi barriera culturale, sociale, nazionale, o etnica 

Questa verità, già prefigurata nell’Antico Testamento, trova piena espressione nella missione di Gesù Cristo (cfr. per esempio Giovanni 3:16; 1 Giovanni 2:1-2;).

Essa segna l’alba di una nuova era nella storia della redenzione, un’era in cui la salvezza, partendo da Gerusalemme, si apre a tutti coloro che andranno a Gesù, senza distinzione di razza, o nazionalità (cfr. per esempio Matteo 28:19; Luca 24:47; Atti 10:34-35; Romani 10:12; Apocalisse 5:9; 7:9).

E allora abbraccia l’inclusività del Vangelo in modi concreti e quotidiani.
Il messaggio del Vangelo è per tutti, senza distinzione di razza, sociale, culturale!

Non avere pregiudizi verso nessuno, parla della salvezza di Gesù Cristo a tutti indistintamente.
Esamina il tuo cuore con l’aiuto dello Spirito Santo per identificare qualsiasi pregiudizio. 

Immagina il cuore umano come un giardino. Per anni, potremmo aver coltivato piante di pregiudizio e discriminazione, le cui radici affondano profondamente. Non basta semplicemente tagliare queste piante in superficie; dobbiamo estirparle completamente per far posto ai fiori dell'amore divino. 
È un processo che richiede lavoro, onestà e la guida dello Spirito Santo. 

Chiediti: “Chi sono le persone che considero 'meno degne' della grazia di Dio?” e poi prega specificamente per loro, chiedendo a Dio di darti il Suo cuore per loro e che ti dia opportunità di far loro del bene.

Che possa essere un vicino di casa, un collega, un parente, qualsiasi persona, prega che tu possa fare un gesto concreto di amore verso questa persona. 

Che la grazia di Dio, che supera ogni confine, riempia i nostri cuori e guidi le nostre azioni, affinché possiamo essere veri testimoni del Suo amore universale in questo mondo diviso.

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