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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

2 Corinzi 4:17: La sofferenza è un dono di Dio per non essere legati a questo mondo

2 Corinzi 4:17: La sofferenza è un dono di Dio per non essere legati a questo mondo

Riguardo la sofferenza A. W. Tozer disse: “La Bibbia ha molto da dire sulla sofferenza e la maggior parte è incoraggiante”.

Dopo aver parlato della prima motivazione per cui non dobbiamo scoraggiarci, e cioè che l’uomo interiore si rinnova mentre il nostro uomo esteriore, il corpo fisico si consuma, ora Paolo dà la seconda motivazione: la sofferenza è un dono di Dio per non essere legati a questo mondo.

Il 10 novembre 1942, dopo la vittoria nel deserto di El Alamein, il primo ministro britannico Winston Churchill disse: “Questa non è la fine. Non è nemmeno l'inizio della fine. Ma forse è la fine dell'inizio".

Ogni giorno ci avviciniamo di più alla morte, ci stiamo avvicinando alla fine dell’inizio, infatti la fine di questa vita, per noi credenti, è la fine dell’inizio della nostra relazione con Dio in questa vita terrena. Ma non finisce tutto su questa terra e con la nostra morte!

In questo versetto vediamo ancora dei contrasti. 

leggera / più grande, smisurato,

momentaneo / eterno,

afflizione / gloria.

Prima di tutto vediamo:

I L’ESSENZA DELL’AFFLIZIONE  

Con, “perché la nostra momentanea, leggera afflizione”, Paolo vuole che facciamo particolare attenzione a questo.

Intanto per cominciare:

A) L’afflizione è per tutti

Il riferimento non è solo per Paolo e i suoi collaboratori, è un dato di fatto per tutti i cristiani.

Tutti i cristiani soffrono per qualche motivo!

“Afflizione” (thlipseōs) è “pressione”, “essere schiacciati”, “tribolazione”, “angoscia”, “guai”, “problemi”.

L’afflizione è uno stato oppressivo di avversità fisica, mentale, sociale, o economica, anche per la persecuzione. 

(Matteo 13:21; 24:9,21,29; Marco 4:17; 13:19,24; Giovanni 16:21,33; Atti 7:10–11; 11:19; 14:22; 20:23; Romani 2:9; 5:3; 8:35; 12:12; 1 Corinzi 7:28; 2 Corinzi  1:4,8; 2:4; 4:17; 6:4; 7:4; 8:2,13; Efesini 3:13; Filippesi 1:17; 4:14; Colossesi 1:24; 1 Tessalonicesi  1:6; 3:3,7; 2 Tessalonicesi  1:4,6; Ebrei 10:33; Giacomo 1:27; Apocalisse 1:9; 2:9–10,22; 7:14).

L’afflizione può essere prodotta da varie cause. 

Giuseppe venduto dai fratelli subì tribolazioni in Egitto (Atti 7:10).

 La carestia causò una grande angoscia agli abitanti dell'Egitto e di Canaan (Atti 7:11). 

I cristiani, vediamo nel Nuovo Testamento, non sono esenti dall’afflizione, sono piuttosto particolarmente soggetti a essa. 

La povertà è un’afflizione e poteva diventare un problema per i Corinzi (2 Corinzi 8:13).

Servendo al bisogno di Paolo, i Filippesi aiutarono Paolo nella sua afflizione, cioè una situazione di bisogno economico (Filippesi 4:14). 

L’afflizione dei cristiani nel periodo del Nuovo Testamento, consisteva molte volte nella persecuzione e nell'opposizione a causa della loro fede. 

La tribolazione è il destino per i cristiani come ricorda Paolo ai Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 3:3-4; cfr. Giovanni 16:33; Atti 14:22; Apocalisse 1:9; 2:10). 

Ci fu una dispersione nella chiesa primitiva per la persecuzione a causa di Stefano (Atti 11:19). 

Paolo parla che i Tessalonicesi sopportarono con costanza e fede le persecuzioni e le afflizioni (2 Tessalonicesi 1:4,6). 

Paolo esorta i cristiani di Roma a essere “pazienti nella tribolazione” e a benedire coloro che li perseguitano (Romani 12:12,14). 

Nella sua opera di evangelizzazione, l'apostolo Paolo ebbe molte afflizioni. 

Paolo disse agli anziani di Efeso che lo attendevano catene e tribolazioni (Atti 20:23), ma l’apostolo si gloriava delle tribolazioni (Romani 5:3), era certo che né la tribolazione, né l’angoscia, né la persecuzione potevano separarlo dall'amore di Cristo (Romani 8:35). 

Brutte esperienze e notizie causarono a Paolo tribolazione (2 Corinzi 1:8; 2:4; 4:8).

In questo passo di 2 Corinzi si riferisce alle difficoltà e ai pericoli che ha incontrato nella sua proclamazione del Vangelo. 

Le afflizioni sono menzionate nella lista che dà delle sue prove (2 Corinzi 6:4-5).

Dio conforta i fedeli nella tribolazione (2 Corinzi 1:4; 7:6), e il conforto dato consente loro di confortare gli altri (2 Corinzi 1:4). 

Queste tribolazioni, inevitabili per la Chiesa, fanno parte della condivisione delle sofferenze di Gesù (Filippesi 3:10), i credenti che soffrono con Lui, saranno anche glorificati con Lui (Romani 8:17). 

I credenti possono sopportare la tribolazione con pazienza (1 Pietro 4:19) e gioia (Colossesi 1:24; cfr. Matteo 5:11,12; Luca 6:22-23; Filippesi 1:29). 

Gesù invita i credenti a gioire quando affrontano la persecuzione per amore del Suo nome perché la loro ricompensa in cielo sarà grande (Matteo 5:11-12; Luca 6:22-23). 

Il giudizio di Dio metterà fine alla loro tribolazione e i credenti saranno ricompensati con il riposo (2 Tessalonicesi 1:5; cfr. Apocalisse 2:10).

Quindi l’afflizione è per tutti, ma: 

B) L’afflizione è momentanea

“Momentanea” (parautika - aggettivo), è “fugace”, è la durata di un tempo marcatamente breve.

La sofferenza non è per sempre, è momentanea!

Una cosa che deve essere chiara è che Paolo non sta minimizzando la realtà dolorosa delle afflizioni, altrove elenca quelle sue personali, ha avuto la sua parte di afflizioni per amore di Cristo e del Vangelo (1 Corinzi 4:11-13; 2 Corinzi 1:8–10; 4:8–9; 6:4–10; 11:23–27; 12:10), ma in una questione di prospettiva, sta semplicemente affermando che è di breve durata, perché appartiene solo a questa vita terrena, in contrasto con la vita a venire, che è eterna (v.18).

Quando uno soffre in modo cronico, la sofferenza è davvero dura e stancante, sembra un incubo che non finisce mai!

Ma in questa frase c’è speranza e fede, quindi certezza.

“Adda passà 'a nuttata” è una frase contenuta nella commedia “Napoli milionaria”, del 1945 di Edoardo De Filippo.

Nel terzo atto della commedia, è sera, finalmente, dopo lunghe e faticose ricerche, si trova la medicina che può salvare la vita a Rituccia, la figlioletta di Gennaro e Amalia Jovine. 

Il medico, dopo avergli somministrata la medicina, è fiducioso per il decorso della malattia, ma evidenzia che bisogna aspettare qualche ora per dire che è fuori pericolo, così dice: "Mo ha da passà 'a nuttata. Deve superare la crisi".

È una frase di speranza per la guarigione della piccola Rituccia, la notte è buia, ma ha una durata limitata, dopo arriva sempre il sole con un nuovo giorno.

Nel finale, Gennaro rincuora la moglie angosciata non solo per la salute della figlia, ma anche per i traumi che la guerra ha lasciato su tutti loro, nel testo integrale della commedia si legge: "Le offre una tazzina di caffè. Amalia accetta volentieri e guarda il marito con occhi interrogativi nei quali si legge una domanda angosciosa: 'Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?'. Gennaro intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza: 'S'ha da aspettà, Ama'. Ha da passà 'a nuttata'".

Oltre alla speranza della guarigione della piccola, “ha da passà 'a nuttata'” fa riferimento anche alla particolare situazione storica di distruzione post-bellica dell’Italia, quindi si riferisce anche al superamento del bruttissimo periodo che stava vivendo il paese e quindi alla speranza di rinascita e ricostruzione.

“Ha da passà 'a nuttata’”, fa riferimento alla certezza che si uscirà da quei tempi davvero difficili che l’Italia stava attraversando, si deve avere solo pazienza, questo periodo buio passerà e ci sarà la luce.

A maggior ragione per noi cristiani, siamo sicuri che qualsiasi afflizione che stiamo vivendo è solo per un tempo, è di breve durata, non è per sempre!

Abbiamo la certezza che la "notte buia" non è per sempre, abbiamo la certezza di un "nuovo giorno" quando saremo con il Signore,  dopo la morte, in un luogo, dove le sofferenze non ci saranno più!

Inoltre:

C) L’afflizione è leggera

“Leggera” (elaphron - aggettivo) è “avere poco peso”, “leggero nel peso da portare”.

La stessa parola la troviamo quando Gesù dice che il Suo carico è leggero quando invita a prendere il Suo giogo che è dolce (Matteo 11:30).

Noi vediamo che Dio non ci dà un peso che non possiamo portare (cfr. per esempio 1 Corinzi 10:13; 1 Pietro 4:10).

Anzi Dio stesso è con noi a sopportare l’afflizione!

Isaia 41:10 dice: “Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia”. (Salmo 23:4; 46:1-2; 91:15; 2 Timoteo 4:17).

Il Signore, è il Signore degli eserciti che combatte per noi (Esodo 14:14; Deuteronomio 1:29-30; Giosuè 10:42; Neemia 4:20).

Ma la leggerezza è in confronto con quello che ci aspetta nell’eternità, con il più grande, smisurato peso eterno di gloria!

Le afflizioni sono leggere rispetto al peso eterno di gloria in cielo!

Quindi vediamo: 

II L’ELABORAZIONE DELL’AFFLIZIONE  

“Ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria”.

Qualcuno ha detto: “Dio a volte deve metterci sulle spalle la sofferenza per farci alzare lo sguardo”. 

Tendiamo a essere ripiegati su noi stessi e sulle cose di questa terra, non vediamo altri che noi stessi, così Dio nel Suo amore, ci richiama a guardare a Lui e alle cose celesti per mezzo della sofferenza. In questo senso la sofferenza è un dono per catturare i nostri sguardi dalle cose di questo mondo alle cose eterne!

Paolo non sta elogiando la sua disciplina personale, o il suo stato d’animo sereno di fronte alle avversità della vita che potrebbero sopraffare qualsiasi persona normale, piuttosto come abbiamo già detto nella precedente predicazione del v.16, Paolo onora Dio, che attraverso lo Spirito Santo opera in lui (cfr. 2 Corinzi 3:18; Efesini 3:16-17) e attraverso le sofferenze realizza il rinnovamento interiore. 

Quindi è implicita la convinzione di Paolo che Dio  lavora attraverso le avversità (Romani 8:28; cfr. Giacomo 1:2-4), affinchè possiamo guardare verso l’alto e desiderare di essere alla presenza di Dio nella gloria eterna!

Quindi noi vediamo:

A) La produzione 

“Ci produce” afferma Paolo.

L’afflizione produce dentro di noi costantemente un più grande, smisurato peso eterno di gloria!

“Produce” (katergazetai – presente medio o passivo) indica “fare”, “lavorare”, “finire”, “realizzare”, “creare”, “causare”.

Quindi l’afflizione causa, provoca, crea, realizza in noi un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria (cfr. Romani 4:15; 5:3; 7:8, 13; 15:18; 2 Corinzi 7:10, 11; 9:11; Filippesi 2:12; Giacomo 1:3,20).

Così la sofferenza non capovolge e nemmeno ostacola i piani di Dio nella vita di chi gli appartiene, in un'epoca caratterizzata dal peccato e dalla sofferenza!

I propositi di Dio per il Suo popolo non sono vanificati dal presente secolo malvagio (Galati 1:4), infatti, sotto la Sua mano amorevole, saggia, fedele e onnipotente, tutte le circostanze cooperano per il bene di quelli che lo amano (Romani 8:28).

Dunque, la sofferenza dei fedeli non è vana e inutile nella loro vita perché sono sotto il controllo di Dio secondo il Suo piano!

Non dobbiamo cercare le afflizioni, ma quando Dio le manda dobbiamo rallegrarci, perché sono mezzi divinamente designati per produrre in noi un più grande, smisurato peso eterno di gloria!

Paolo fa:

B) Un paragone

Paolo scrive: “Più grande, smisurato peso eterno di gloria”.

Quindi in questo versetto, Paolo contrappone la sua attuale leggera sofferenza con “peso eterno di gloria”.

“Più” (Kath’-preposizione accusativo) può avere anche il significato di “secondo”, e indica un paragone, quindi il senso è che va oltre ogni confronto.

Nel paragone vediamo:

(1) L’esagerazione

“Grande” e “smisurato” sono la stessa parola nel greco, e indica “lanciare oltre”, “superare”.

Il significato di “Grande” e “smisurato” è “ al di là di ogni misura e proporzione”.

Da questa parola deriva la parola "iperbole" che significa: “Esagerazione”.

L'espressione: “più grande, smisurato” (kath’ huperbolēn eis huperbolēn) è una combinazione, allo scopo di intensificare la forza di questa frase.

“Grande” e “smisurato” rafforzano così l’idea (tutti e due huperbolēn – accusativo – oggetto proposizionale) di sovrabbondanza straordinaria, lo stato di avere estremamente, anche in modo superlativo più del necessario, eccessivo, oltre misura, esagerato, che sorpassa tutto; che supera ogni altra misura; molto di più, molto più grande, in misura molto maggiore, oltre quello che possiamo immaginare!! (Romani 7:13; 1 Corinzi 12:31; 2 Corinzi 1:8; 4:7,17; 12:7; Galati 1:13).

Con questa espressione: “Più grande, smisurato” è come se Paolo volesse dire che qualsiasi confronto del peso eterno di gloria con le cose terrene, o le afflizioni è assolutamente ridicolo, assolutamente incomparabile!

L'espressione significa che tutte le iperboli non riescono a esprimere la gloria eterna destinata ai fedeli a Cristo!!

L’espressione indica qualcosa di infinito e sconfinato; si può passare da un grado all'altro; da un'altezza sublime a un’altra, ma rimane sempre infinito, va sempre oltre. 

Nulla può descrivere l'altezza più alta di quella gloria destinata ai credenti; nulla può esprimere la sua infinità, nulla la può misurare!

Nel paragone vediamo:

(2) La direzione

“Ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria”, indica che l’afflizione proietta il cristiano allo smisurato peso eterno di gloria!

Come la vita stessa di Paolo c’insegna, il cristiano di fatto, non mette al primo posto le cose di questa terra, ma le cose del cielo!

Paolo lo ribadisce altre volte come per esempio in 2 Corinzi 5:1-8: “Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli.  Perciò in questa tenda gemiamo, desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione celeste, se pure saremo trovati vestiti e non nudi.  Poiché noi che siamo in questa tenda, gemiamo, oppressi; e perciò desideriamo non già di essere spogliati, ma di essere rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita.  Or colui che ci ha formati per questo è Dio, il quale ci ha dato la caparra dello Spirito.  Siamo dunque sempre pieni di fiducia, e sappiamo che mentre abitiamo nel corpo siamo assenti dal Signore camminiamo per fede e non per visione); ma siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore”. (cfr. Filippesi 1:21-23; Colossesi 3:1-2).

Il modo in cui un cristiano considera le afflizioni è molto diverso dal modo in cui le considerano gli increduli.

Coloro che non camminano con Dio, non hanno una visione genuina e prioritaria del peso eterno della gloria, la pensano diversamente, hanno l’animo alle cose della terra! (cfr. Filippesi 3:19).

Le persone di questo mondo non desiderano stare con Dio in cielo, desiderano e amano questo mondo!

Mentre il credente ama e desidera di andare in cielo, preferisce stare con Dio!

L'occhio della fede nella rivelazione di Dio crea una prospettiva diversa da chi è senza fede!

Se una persona infedele a Gesù Cristo, in modo pessimistico può dire che questa vita è solo difficoltà, avversità e sofferenza e non ha senso, e ancora dice che se Dio esistesse veramente non li permetterebbe, invece un cristiano fedele vede la sofferenza in un contesto più ampio, che va al di là di questa vita e mondo.

Un cristiano fedele nonostante la sofferenza, anzi la sofferenza, lo proietta con speranza e fiducia, all’eternità; in questo senso la sofferenza non ha l'ultima parola, la sofferenza nella vita di un credente, allora è un dono di Dio perché produce il desiderio di andare con il Signore e di non legarsi alle cose di questo mondo decaduto nel peccato!

Nel paragone vediamo:

(3) La specificazione

In un modo enfatico Paolo specifica: “Peso eterno di gloria”.

(a) Paolo parla di peso

“Peso” (báros – accusativo -diretto oggetto) indica “un carico pesante”, qualcosa di enorme, un punto alto su una scala di estensione, si riferisce alla grandezza, all'abbondanza, alla pienezza in senso positivo.

(b) Paolo parla di eterno

Napoleone Bonaparte, ovviamente da un punto di vista umano disse: “La gloria è fugace, ma l'oscurità è per sempre”.

Per il cristiano è al contrario: l’oscurità, nel senso di sofferenza, privazioni, insuccessi, è fugace, mentre la gloria è eterna!

Infatti, “eterno” (aiōnion - aggettivo accusativo) chiarisce “gloria”, cioè la gloria è eterna.

“Eterno” è contrario di momentaneo, indica senza fine! (cfr. Luca 16:9; 2 Corinzi 5:1; 2 Pietro 1:11; Apocalisse 14:6). 

Il "peso" è "eterno" nel senso che rimarrà inalterato e non sarà influenzato e intaccato dal tempo! 

In 1 Pietro 1:3-4 è scritto: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi”.

Se una persona senza fede e quindi senza nuova nascita (spirituale), ha una disperazione esistenziale a causa della morte, il cristiano fedele, nato di nuovo, in netto contrasto, ha una speranza viva.

Chi è nato di nuovo non ha una speranza morta, o vuota e vana!

Questa speranza è dinamica, andrà sempre di più aumentando con l’avanzamento degli anni.

Grudem a riguardo scrive: “Questa speranza è l’impaziente, fiduciosa attesa della vita a venire, che Pietro descrive più particolareggiatamente nel versetto seguente. È una speranza viva, e dicendo questo Pietro indica che essa cresce e si rafforza anno per anno. Se tale speranza crescente è il risultato previsto della nuova nascita, allora forse il grado d’intensità e fiducia con cui si attende la vita avvenire è un’utile misura del progresso fatto dai credenti sulla via della maturità spirituale. Non sorprende che tale speranza sia particolarmente evidente in molti cristiani maturi quando si avvicinano alla morte”.

La speranza è la vita dopo la morte, è l’eredità in cielo per i cristiani.

L’eredità conservata (tetērēmenēn - perfetto passivo participio) in cielo per noi indica la sua attività di conservazione fatta nel passato che ha risultati ancora nel presente, ciò che Dio ha preparato è ancora là ad aspettarci!

L’eredità in cielo è incorruttibile (aphthartos), cioè non è soggetta alla decomposizione, non si consumerà con il passare del tempo!

L’eredità in cielo è senza macchia (amiantos), cioè non è macchiata dal peccato.

L’eredità in cielo è inalterabile (amarantos), cioè non appassirà mai, non si offuscherà mai, non perderà mai la sua bellezza.

(c) Paolo parla di gloria

 “Gloria” (doxēs - genitivo di qualità) indica uno stato di alto onore.

Le sofferenze dei credenti sono in contrasto con la gloria che seguirà dopo la morte (Filippesi 3:21; 2 Tessalonicesi 2:14; 1 Pietro 1:11,21; 4:13). 

Nel Salmo 73:24 è scritto: “Ma pure, io resto sempre con te; tu m'hai preso per la mano destra; mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella gloria”.

Dio ci accoglierà nella gloria a braccia aperte! Ci darà il benvenuto!

La gloria, non è quella di Paolo, non è quella dei credenti, è la gloria di Dio e di Cristo nella quale tutti i credenti ne potranno godere per la sola grazia di Dio.

“Gloria” è la condizione nella vita successiva, è quindi descritto come partecipazione allo splendore, o alla gloria di Cristo (Luca 24:46; Giovanni 17:5,22,24; 1 Timoteo 3:16).

Dunque, la parola "gloria" indica la condizione di esaltazione, di beata perfezione di coloro che dimorano con Dio e Cristo in cielo (2 Timoteo 2:10; Ebrei 2:10; cfr. 1 Pietro 1:4-5).

Gli apostoli predicavano che Cristo è esaltato alla destra di Dio (Atti 2:33; 5:31), a cui parteciperanno anche i cristiani (Romani 8:18,21; 1 Corinzi 2:7; 2 Corinzi 4:17; 1 Tessalonicesi 2:12; 2 Tessalonicesi 2:14; 2 Timoteo 2:10; Ebrei 2:10; 1 Pietro 5:1,4,10).

Non c’è gloria senza Gesù Cristo! Gesù Cristo è la speranza della gloria! (Colossesi 1:27, cfr. Efesini 1:6).

“Gloria” è un termine tecnico per lo stato di salvezza finale, il regno celeste in cui Cristo vive ora e dove andrà il cristiano (Colossesi 3:4; 1 Pietro 1:7; 4:13). 

È la qualità dell'esistenza in cielo, che include la trasformazione del corpo (Romani 8:11,18-19,22-23; 1 Corinzi 15:42-44,51-53; 2 Corinzi 4:17; Filippesi 3:21; 1 Tessalonicesi 4:13–17).

La gloria è l'eredità di Dio e dei suoi santi (Efesini 1:18), preparati in anticipo (Romani 9:23), chiamati alla gloria eterna di Dio in Gesù (1 Pietro 5:10), Gesù è venuto per questo motivo sulla terra (Ebrei 2:10). 

Le afflizioni presenti saranno abbondantemente compensati nella piena, futura rivelazione della gloria! 

Dopo tutte le stanchezze e le malattie; dopo i combattimenti e gli scoraggiamenti; dopo le privazioni e l'ansia; dopo le vittorie e i fallimenti; dopo tutti i dubbi e i travagli, dopo le delusioni e le sofferenze, dopo le varie fasi della vita, alla fine moriremo e dopo andremo in cielo, saremo alla presenza del Signore nella felicità eterna!

Il credente può essere sicuro della sua salvezza, perché è già glorificato in cielo secondo il decreto eterno di Dio, e dal punto di vista di Dio, già oggi è glorificato secondo quello che Paolo afferma in Romani 8:29-30, e sarà visibilmente completato nella risurrezione del corpo (Filippesi 3:21; 1 Pietro 5:1,4).

Quindi, anche se per noi deve ancora avvenire, Dio ci vede già lì! 

Tu già sei seduto nel cielo in Cristo Gesù! (cfr. Efesini 2:4-7)

Era la speranza della gloria eterna che incoraggiava Paolo sempre a servire il Signore nonostante le afflizioni!

Paolo aveva gli occhi fissi del Suo cuore sull’eternità!

L'afflizione che Paolo sopportava stava producendo un carico che pesava tantissimo, era grande, smisurato, sproporzionato, o all'ennesimo grado. 

Questo peso eterno di gloria è qualcosa di sproporzionato in durata, cioè eterno, e sproporzionato in sostanza, cioè è un carico pesante, rispetto alle afflizioni che in questa vita sperimentiamo.

Le afflizioni che abbiamo in questa terra, in confronto con il peso eterno di gloria sono niente, sono nulla!

La sofferenza cristiana, per quanto prolungata e forte ci possa sembrare, è solo per questa vita presente, ed è leggera se confrontata con la gloria eterna in cielo!!

L'attuale sofferenza pesa poco rispetto al peso della gloria eterna!

Se noi mettiamo in un piatto di una vecchia bilancia le afflizioni di questa vita e dall’altra parte la gloria eterna, ebbene la gloria eterna così trascendentemente meravigliosa, è più pesante, mentre le afflizioni sono come una piuma che vola via!

In Romani 8:17-18 con una forte certezza Paolo ribadisce ancora questo concetto: “Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.  Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev'essere manifestata a nostro riguardo”. 

Come saremo glorificati con Cristo, così soffriamo con Lui, ma se noi guardiamo alla gloria che sarà in cielo con Gesù, allora le sofferenze diventano piccole!

Le sofferenze presenti sono irrilevanti alla luce della nostra certezza gloria futura!

“Ritiene” (logizomai) si riferiva a un calcolo matematico, e figurativamente indica “raggiungere a una conclusione dopo uno studio”, o “un ragionamento accurato”.

Paolo dice: “Facciamoci un po’ di calcoli, ragioniamo un attimo, qui soffriamo, abbiamo tante afflizioni di vario genere, ma che cosa sono tutte le sofferenze che patiamo in paragone a dove andremo e a quello che saremo?” 

La risposta è: “Niente! Sono poca cosa!” 

Quando paragoniamo le sofferenze con la gloria eterna, esse si rimpiccioliscono, fino a diventare insignificanti!    

Ecco perché la sofferenza è un dono di Dio per non essere legati a questo mondo!

La vera felicità è in cielo! 

E il Signore vuole che noi aspiriamo e cerchiamo le cose del cielo (Colossesi 3:1-4).

Il Signore vuole che ci facciamo dei tesori in cielo! (Matteo 6:19-20; Colossesi 3:1-4), dove ci sarà la vera vita (1 Timoteo 6:19), la vita eterna (Giovanni 3:16; Tito 1:2), cioè una vita diversa qualitativamente da questa terrena, alla presenza di Dio dove non ci sarà più la sofferenza e la morte (cfr. Apocalisse 21:4).

La felicità non è sulla terra, eppure molti la cercano in questo mondo, la felicità è in cielo!

Dio con la sofferenza ci vuole fare capire che la felicità è in cielo, per essere proiettati al cielo, all’eternità dove saremo veramente felici per sempre, dove avremo immensa gioia!

Ezekiel Hopkins disse: “Come sarà quindi traboccante la nostra gioia quando andremo in paradiso, dove il nostro godimento di Dio sarà completo ed eterno! Dove lo vedremo così com'è e lo conosceremo come siamo conosciuti da lui! Dove le glorie svelate della Divinità risuoneranno piene su di noi; e ci prenderemo il sole per sempre nei sorrisi di Dio!”

Pensare che saremo alla presenza di Dio, nella gloria eterna, faccia a faccia con Dio, è un bene incommensurabile e imparagonabile con tutti i beni, o i mali che possiamo avere su questa terra!! 

Ma attenzione! Paolo, nel v.17, non sta parlando di una ricompensa prossima del cristiano per aver sopportato tanta afflizione, e nemmeno sta parlando della futura ricompensa del credente. 

Non è che Paolo considerasse le sofferenze come “opere buone” in se stesse per la salvezza, che intensificano automaticamente, o meccanicamente la "gloria".

Paolo non sta parlando che con l’afflizione ci meritiamo la salvezza, cioè più soffri e più hai la possibilità di essere salvato, ma ci sta dicendo che le afflizioni che viviamo c’inducono a fissare con gli occhi del nostro cuore su ciò che non vediamo, su ciò che eterno (v.18).

Le afflizioni ci stimolano a desiderare il cielo e non questa terra caratterizzata dal peccato e dalla sofferenza!

CONCLUSIONE 

La sofferenza è un dono di Dio per non desiderare, amare ed essere legati alle cose di questo mondo, ma per essere proiettati verso l’eterna gloria.

Quali sono le implicazioni della gloria in cielo e nel sapere che un giorno saremo glorificati?

(1) La realtà della gloria celeste dovrebbe motivare tutte le persone a essere certe del loro rapporto con Gesù Cristo 

Coloro che non conoscono Gesù Cristo devono capire che il loro destino eterno si basa sulle decisioni prese in questa vita. 

Nella parabola delle dieci vergini e delle loro nozze, Gesù insegnò che chi non è pronto al Suo ritorno la porta sarà definitivamente chiusa!

Dovremmo seguire l’esempio delle cinque vergini avvedute che si erano preparate per la venuta dello sposo, del Signore, e non delle altre cinque stolte che erano impreparate e quindi furono escluse dal banchetto nuziale (Matteo 25:1-13).

La Bibbia dunque dice di prepararsi prima di morire al ritorno di Gesù Cristo! (cfr. Amos 4:12; Luca 12:35-40; Ebrei 3:7-13).

Se non siete sicuri del vostro rapporto con Gesù Cristo, ravvedetevi e convertitevi (Atti 3:19-20), confessate i vostri peccati al Signore (1 Giovanni 1:8-10), e credete in Gesù Cristo come vostro Signore e Salvatore (Giovanni 3:16; Romani 10:9-10).

(2) La prospettiva di una futura glorificazione dovrebbe stimolare i cristiani a vivere una vita santa 

In 2 Pietro 3:10-12 leggiamo: “Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno!” (cfr. Matteo 5:8; 2 Corinzi 6:16-7:1; Ebrei 12:14; 1 Pietro 1:15-16; 1 Giovanni 3:1-3).

Pietro si augurava che le persone a cui stava scrivendo, si santificassero e si consacrassero, che avessero un comportamento fedele e appropriato secondo il Signore, per non essere consumati anche loro come gli elementi infiammati di questa terra e le opere in essa!

Sei consacrato al Signore?

Stai lavorando per la tua santificazione con l’aiuto dello Spirito Santo? (per esempio Romani 8:12-13; 2 Corinzi 3:18).

I nostri atteggiamenti nei confronti della morte influenzano il modo in cui viviamo!

La morte esercita una grande influenza sulla condotta nel bene e nel male!

Da cosa pensi della morte, da come l’affronti, sarà il tuo comportamento oggi!

Se una persona pensa che con la morte finisce ogni cosa, che Dio non c’è, che non c’è il giudizio divino, che non c’è il paradiso e l’inferno, e la resurrezione dei morti, allora “ogni lasciata è perduta”!

Quindi, secondo questo atteggiamento, dobbiamo fare di tutto per godere dei piaceri di questa vita presente (cfr. Isaia 22:13; 1 Corinzi 15:32).

Ma se pensi che il Signore esiste e ritornerà, e brucerà tutto, e anche gli uomini saranno giudicati, allora il tuo comportamento sarà diverso rispetto al lasciarsi andare a commettere il peccato!

La consapevolezza che morirai e la certezza della vita dopo la morte, del paradiso, o dell’inferno, del giudizio di Dio, il timore che ne scaturisce, saranno come uno sprone per la tua santificazione! (Ebrei 9:27; 10:26-31).

L’autore dell’epistola agli Ebrei ci esorta a impegnarci alla santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore! (Ebrei 12:14)

(3) La speranza della gloria futura dovrebbe fortificare i credenti per affrontare la fine di tutte le cose con fiducia 

Anche se le persone vivono oggi più a lungo rispetto al periodo di Paolo, comunque tutti ugualmente moriremo!

Ma i veri cristiani non devono aver paura e nemmeno essere disperati!

Per un vero cristiano, di sicuro “passerà 'a nuttata'!

La morte fisica non avrà l'ultima parola, perché grazie a Gesù Cristo non saremo condannati per andare all’inferno (Giovanni 5:24; Romani 8:1,31-39), abbiamo una casa in cielo e risusciteremo con un corpo glorificato! (Luca 16:9; Giovanni 14:2-3; 2 Corinzi 5:1; Giovanni 11:25-26; 1 Corinzi 15:42-58; Filippesi 3:20-21).

Quelli che si devono preoccupare sono chi non ha posto la sua fede in Gesù Cristo, che non lo ha riconosciuto come Signore e Salvatore, che non si è ravveduto dei suoi peccati!

Questi andranno per sempre all’inferno (Daniele 12:2; Matteo 25:41-46; Giuda 6-7; Apocalisse 14:11).

Ma coloro che sono fedeli a Gesù Cristo andranno nella gloria eterna! Per loro di sicuro “passerà 'a nuttata'!


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