Passa ai contenuti principali

Libro: Beato chi crede!

INTRODUZIONE Più volte, in questi ultimi anni, mi è stato detto, quasi con invidia: “Beato te che credi in Dio”, oppure “Beato te che hai trovato la fede”. Ed è proprio da questa espressione che nasce il titolo di questo libro: “Beato chi crede!”. Queste parole, che potrebbero sembrare semplici osservazioni, nascondono una profonda verità: la fede è un tesoro inestimabile che trasforma radicalmente l’esistenza umana.  Chi pronuncia queste parole con invidia intuisce, anche solo vagamente, la straordinaria qualità di vita che la fede porta con sè. Ciò che molti percepiscono, pur senza comprenderlo pienamente, è quella pace profonda che solo una relazione autentica con Dio può portare, una pace che supera ogni comprensione (Filippesi 4:7) e che permane anche nelle difficoltà della vita. Questa pace non è assenza di problemi, ma la certezza di affrontarli insieme al Dio saggio e sovrano, che ama di un amore eterno. E proprio questa profonda pace interiore ci introduce a una verità fon...
Il tuo sostegno è importante!

Dietro www.predicheonline.com c'è un impegno costante: ore di studio biblico, ricerca approfondita e costi per tenere il sito sempre aggiornato. Il mio obiettivo è rendere accessibile a tutti la ricchezza della Parola di Dio, un messaggio che può trasformare e migliorare la vita. Aiutami a continuare questo ministero con una donazione (anche il prezzo di un caffè); il tuo contributo, piccolo o grande che sia, rappresenta un incoraggiamento concreto per il mio lavoro, e mi permetterà di continuare a scrivere e condividere senza barriere, e di trasformare altre idee in parole da donarti.

Grazie di cuore per la tua generosità.
Salvatore

Salmo 107:35: Dio trasforma la desolazione in giardino (2)

 Salmo 107:35: Dio trasforma la desolazione in giardino (2)
Questa è la seconda predicazione su questo versetto. 
Abbiamo iniziato il nostro viaggio nel potente messaggio del Salmo 107:35: “Egli muta il deserto in lago, la terra arida in fonti d’acqua”. 

Abbiamo esplorato il contesto di questo salmo di ringraziamento, che celebra la bontà eterna di Dio e il Suo intervento nella vita di chi lo invoca nell’angoscia. 
Dio risponde concretamente a chi lo invoca nelle situazioni di disperazione.

Abbiamo anche meditato sul contrasto straordinario presentato in questo versetto: un Dio trascendente che esercita la Sua potenza creatrice per trasformare radicalmente i luoghi di desolazione in sorgenti di vita.

La stessa potenza che ha creato il mondo opera nelle nostre vite per rigenerare ciò che è desolato!

Oggi, continuiamo questo percorso esplorando come questa trasformazione divina si manifesta concretamente nella storia e nelle nostre vite. 
“Egli muta il deserto in lago” non è solo una bella promessa teorica, ma una realtà vissuta dalle comunità di fede attraverso i secoli e da innumerevoli credenti nelle loro esperienze personali.

Che tu stia attraversando un deserto di desolazione comunitaria, forse una chiesa che ha perso il suo primo amore, o che si trova in mezzo a conflitti e divisioni, o che tu stia affrontando un’aridità personale per una delusione amorosa, una malattia debilitante, un sogno infranto, il messaggio di oggi è: Dio è lo specialista nella trasformazione dei deserti in oasi!

Mentre ci immergiamo nel punto centrale del nostro messaggio: il cambiamento, apriamo i nostri cuori alla realtà che nessun deserto è troppo arido per essere trasformato dalla mano potente di Dio. 
Prepariamoci a vedere come il Signore non solo ci conduce fuori dalla desolazione, ma trasforma i luoghi deserti in giardino.

Il cambiamento che opera Dio è a diversi livelli.

I IL CAMBIAMENTO DI UNA DESOLAZIONE COMUNITARIA
La schiavitù in Egitto e l’esilio in Babilonia, come anche quello dell’Olocausto, ci parlano della desolazione del popolo d’Israele, ma non furono la fine della storia per il popolo eletto. 
Dio trasformò la loro desolazione in liberazione, il loro pianto in danza.

A) L'esperienza dell’esodo dall’Egitto
Questo è un esempio letterale.
Il popolo d'Israele conosceva bene cosa significasse la desolazione, lo dico in senso metaforico riferendomi alla schiavitù in Egitto, come anche quella letterale nel deserto. 
Dopo la liberazione dalla desolazione d’Egitto, quarant’anni di pellegrinaggio nel deserto rappresentò una prova severa per la loro fede. 
Eppure, proprio in quel deserto ostile, Dio manifestò la Sua presenza e provvidenza.

Nel pellegrinaggio nel deserto, letteralmente, Dio ha mostrato il Suo potere nel trasformare gli ambienti fisici, portando acqua e vita dove c’era aridità e morte.

Ricordiamo le acque di Mara, cioè acque amare, cioè sgradevoli e imbevibili, probabilmente un lago salmastro, che furono rese dolci miracolosamente (Esodo 15:23-25).

O l’episodio quando Mosè colpì la roccia e uscì l’acqua per dissetare il popolo assetato (Esodo 17:5-6; Numeri 20:11).

Questi due esempi letterali, ci parlano che Dio ha trasformato letteralmente un luogo arido, quindi di morte in un luogo di acqua, cioè di vita.

Nel cambiamento di una desolazione comunitaria c’è anche:
B) L’esperienza dell’esilio Babilonese
Le lacrime dell’esilio irrigarono il terreno dove sarebbe germogliata una nuova identità spirituale. 
Nel crogiolo della sofferenza, Dio stava purificando il Suo popolo.

Questo anche se è un esempio storico, quindi reale, è una desolazione metaforica, nel senso che non era proprio nel deserto, ma la situazione era desolante visto che erano in esilio a Babilonia, quando i Babilonesi avevano attaccato, distrutto le mura di Gerusalemme, il tempio e la popolazione aveva subito violenza (cfr. per esempio Lamentazioni 1:1) e molti furono deportati in Babilonia. 

Non erano certamente contenti di essere stati deportati (cfr. per esempio 2 Re 24-25; 2 Cronache 36; Geremia 39; 52; Salmo 137:4), e quelli che rimasero, come descritto dal Libro di Lamentazioni, soffrirono la fame, il dolore, la violenza (2:11-12; 3:1-20; 5:11-12).

Quindi oltre al dolore fisico vi era un dolore spirituale, una forte crisi di identità e di fede.

Per gli Israeliti che ritornarono dall’esilio Babilonese per ricostruire le mura di Gerusalemme e il tempio, nei periodi di Esdra e Neemia, di Aggeo e Zaccaria, questo versetto era una potente promessa che Dio avrebbe restaurato la loro terra e le loro vite, trasformando la desolazione lasciata dalla distruzione in nuova prosperità.

La descrizione sembra risuonare con l’affermazione che la terra in rovina di Israele diventerà un giardino dell’Eden (Isaia 51:3; Ezechiele 36:35).

“Egli muta il deserto in lago e la terra arida in fonti d’acqua”, secondo alcuni studiosi è probabilmente un’immagine che descrive come Dio ha riportato il Suo popolo dall’esilio.

Ma la promessa del ritorno la troviamo nel profeta Isaia 35:1-3: “Il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa; si coprirà di fiori, festeggerà con gioia e canti d’esultanza; le sarà data la gloria del Libano, la magnificenza del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del SIGNORE, la magnificenza del nostro Dio. Fortificate le mani infiacchite, rafforzate le ginocchia vacillanti!”

Troviamo l’immagine potente del deserto che fiorisce, una trasformazione radicale dell’aridità in abbondanza. 

Similmente in Isaia 43:19: “Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? Sì, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella steppa”.

Questi versetti di Isaia sono stati interpretati in modi diversi.
Come già accennato c’è:
L’interpretazione storico-critica
Secondo questa interpretazione, questi testi si riferiscono esclusivamente al contesto storico dell’esilio Babilonese e al ritorno nel VI secolo a.C. 
Gli studiosi che adottano questo approccio vedono le profezie come risposte alle circostanze specifiche di quel periodo, senza intendere riferimenti a eventi futuri oltre la restaurazione post-esilica immediata.

Poi c’è:
L’interpretazione del doppio compimento
I testi hanno un riferimento primario all’esilio Babilonese, ma contengono anche un compimento secondario, o tipologico nella storia moderna. 
Secondo questa visione, le profezie Bibliche possono avere molteplici adempimenti nel corso della storia, con un significato immediato per il pubblico originale e significati ulteriori che si manifestano in epoche successive.

La terza interpretazione è:
L’interpretazione della teologia della restaurazione
Le profezie di Isaia sulla restaurazione si applicano a diversi momenti della storia d’Israele, inclusa la rinascita moderna. 
Questa visione vede un filo conduttore teologico che collega vari momenti di restaurazione nazionale, dall'esilio Babilonese fino agli eventi del XX secolo.

La quarta interpretazione è:
L’interpretazione messianica-escatologica
Questi testi puntano principalmente al futuro regno messianico, con applicazioni parziali in vari momenti storici. 
Gli studiosi di questa corrente considerano gli eventi moderni come possibili adempimenti parziali che anticipano una futura restaurazione completa in età messianica.

Infine:
L’interpretazione basata su studi storici comparativi
Alcuni studiosi, particolarmente in ambito Israeliano, esaminano i paralleli tra i fenomeni descritti nei testi profetici (come la trasformazione del deserto) e gli sviluppi agricoli e ambientali nello Stato d’Israele moderno, vedendoli come continuità storiche interessanti, se non necessariamente come adempimenti profetici diretti.
Questa promessa ha trovato un parallelo sorprendente nella storia moderna. 
Infatti, con la rinascita dello Stato d’Israele nel 1948, quando si è assistito letteralmente alla trasformazione del deserto in terra coltivata. 
Pionieri e agricoltori hanno sviluppato tecniche innovative per l’irrigazione e la coltivazione in zone aride, facendo “fiorire il deserto” proprio come annunciato dal profeta millenni prima.
Un esempio è il deserto del Negev, dove oggi si trovano varie coltivazioni, per esempio di pomodori, peperoni, meloni, cocomeri, fragole, uva da tavola e da vino, olive, datteri, agrumi e altro ancora.

C) L’esperienza di cambiamento di una desolazione comunitaria nelle chiese moderne
Così come Israele sperimentò periodi di aridità e desolazione, oggi anche molte chiese cristiane attraversano “deserti spirituali”. 

I deserti spirituali non sono mai accidentali. Sono il risultato di piccole compromessi accumulati, di fuochi lasciati spegnere lentamente, di sorgenti d’acqua viva abbandonate per cisterne screpolate che non tengono l’acqua.

Le chiese locali possono sperimentare risveglio dopo periodi di aridità.

Queste desolazioni comunitarie si manifestano in diversi modi con cause diverse.

Faccio alcuni esempi:
(1) La tiepidezza spirituale (cfr. per esempio Apocalisse 2:4; 3:15-16)
Oggi ci sono chiese che hanno perso il primo amore per il Signore, cioè quell’amore che caratterizzava la relazione iniziale per Lui.
Questo era il problema della chiesa di Efeso, oppure la tiepidezza della chiesa di Laodicea che aveva perso lo zelo per il Signore.

Poi troviamo la desolazione dovuta:
(2) Alle divisioni interne (cfr. per esempio Romani 16:17; 1 Corinzi 1:11-12.
Conflitti teologici, o interpersonali che consumano energie destinate all’edificazione e alla missione.

Poi c’è la desolazione dovuta:
(3) Al formalismo religioso senza potenza
Come dice Paolo ci sono credenti che hanno l’apparenza della devozione, mentre ne hanno rinnegato la potenza (2 Timoteo 3:5).
Chiese che mantengono riti e tradizioni, ma hanno perso la presenza viva dello Spirito Santo, dove i credenti hanno anche una profonda conoscenza teologica, ma senza trasformazione del cuore.

Immaginate un paese in cui sorge un impressionante edificio. Da fuori, questa struttura è magnifica, ha una facciata ornata, vetrate colorate, torri imponenti e un’architettura che attira l’ammirazione di tutti i visitatori. Ogni domenica, le persone si radunano all’esterno per ammirarne la bellezza.
Ma all’interno, le stanze sono desolate. I pavimenti sono spogli, le pareti nude. Non c’è elettricità, gli interruttori ci sono, ma quando vengono azionati, nulla accade. L’edificio è connesso alla rete, ma in qualche modo la corrente non fluisce all’interno.

Allo stesso modo, molte chiese oggi mantengono una bellissima apparenza esteriore di religiosità: liturgie eleganti, sermoni eloquenti, programmi ben organizzati, ma mancano della connessione vitale con la fonte di energia spirituale!
Non è presente la potenza dello Spirito Santo che genera amore autentico, che produce frutti spirituali, che trasforma vite dall’interno. 

Come quell’edificio splendido, ma privo di elettricità, hanno tutti gli elementi visibili della fede, ma mancano della “corrente divina” che dovrebbe animarli e renderli veramente funzionali nel portare luce nel buio del mondo.
Un edificio senza corrente non può adempiere il suo scopo, per quanto bella sia la sua architettura. 
Allo stesso modo, una chiesa senza la potenza dello Spirito Santo è una meraviglia architettonica spirituale incapace di generare luce.

Non abbiamo ancora finito con la desolazione moderna, oggi c’è:
(4) Un compromesso con i valori mondani
Mentre Paolo è categorico quando dice di non conformarsi a questo mondo (Romani 12:2), e Giovanni di non amare il mondo né le cose che sono nel mondo (1 Giovanni 2:15).

Ci sono chiese che hanno gradualmente adottato valori e priorità in contrasto con l’insegnamento Biblico.
Queste chiese hanno cessato di essere luce e sale del mondo come aveva detto Gesù, caratteristiche che invece non ci devono mancare! (Matteo 5:13-16).

Ora è chiaro che è possibile avere un risveglio spirituale in una comunità dove c’è la desolazione. Essa può diventare un giardino prosperoso!

Dobbiamo essere consapevoli come ci ricorda Derek Prime: “Il risveglio non è mai la fine dei problemi della chiesa, né è inteso che lo sia... ma meglio i problemi della vita che quelli della morte!”.

Con questa prospettiva in mente, dobbiamo ritornare al Signore:

Riconoscendo che c’è un problema, c’è la desolazione; quindi, c’è bisogno di un cambiamento (Apocalisse 3:15-17)

Essere disposti a risvegliarsi (Efesini 5:14)

Umiliandosi e cercando la faccia di Dio (2 Cronache 7:14)

Ravvedendosi dalle vie malvagie (Atti 3:19; Apocalisse 2:5)

Ritornando al primo amore (Apocalisse 2:4-5)

Ritornando alla centralità e priorità della Parola di Dio (Neemia 8:5-6, 9; 2 Re 22:8,11,13; Geremia 6:16; Isaia 8:16-20).

La Parola di Dio non è semplicemente un manuale di istruzioni, è il terreno stesso dove affondano le radici del risveglio. 
Quando una chiesa torna a nutrirsi profondamente di questa Parola, diventa come un albero piantato lungo corsi d’acqua che porta frutto nella sua stagione.

Attendendo l’effusione dello Spirito in preghiera (Isaia 44:3; Atti 1:8,14).
“Se posso parlare per me stesso, non mi sentirò felice e incoraggiato finché non sentirò che la chiesa si sta concentrando su questa cosa: la preghiera per il risveglio “(Martyn Lloyd Jones).

Come il deserto del Negev che oggi produce frutti abbondanti, così Dio può trasformare le nostre comunità spiritualmente aride. 

Questo ci porta a comprendere che nessuna desolazione spirituale è permanente per chi si rivolge a Dio con tutto il cuore. 

“La chiesa cristiana sarebbe morta e finita secoli fa, e molte volte ancora, se non ci fossero stati i risvegli”. (Martyn Lloyd Jones).

Il deserto fiorisce non quando noi lo irrighiamo con le nostre strategie umane, ma quando permettiamo alla pioggia di Dio di cadere sulla terra arida. 
Nessuna desolazione è così profonda che l’acqua viva di Dio non possa trasformarla in un giardino rigoglioso. 
Il Dio che ha fatto fiorire il Negev è lo stesso ieri, oggi e in eterno, pronto a trasformare la nostra aridità in abbondanza!

Dio certamente opera:
II IL CAMBIAMENTO DI CHI HA UNA DESOLAZIONE INDIVIDUALE 
Questo cambiamento non avviene per nostro merito, o per i nostri sforzi. È interamente l’opera sovrana di Dio. 

Come possiamo noi trasformare un deserto in un lago? 
Come possiamo far sgorgare acqua dalla roccia? 
Questo è possibile solo attraverso il potere della grazia di Dio.

Il salmo ci ricorda che Dio interviene proprio nei momenti di maggiore aridità della nostra vita. 
Quando ci sentiamo perduti nel deserto delle nostre difficoltà, quando la nostra anima è arida e senza speranza, è allora che Dio può manifestare la Sua potenza trasformatrice.

Nessuna desolazione individuale è al di là della capacità trasformatrice di Dio.

Possiamo elencare alcune desolazioni individuali, vediamo allora sinteticamente:
A) Le desolazioni del nostro tempo
Sinteticamente, possiamo dire che oggi c’è la desolazione dell’isolamento sociale e dell’indifferenza: paradossalmente si è disconnessi in un mondo iperconnesso. 
La desolazione dell’essere invisibili in una società che non vede.

Poi c’è la desolazione dell’ansia cronica: vivere in costante apprensione per il futuro.

La desolazione della perdita d’identità: non sapere più chi siamo, o a chi apparteniamo.

La desolazione del vuoto esistenziale: perdita di un senso, un significato, uno scopo in un mondo secolarizzato che non si trova. 
Quindi avere sentimenti di vuoto e disperazione, disordine morale e relazionale, angoscia esistenziale.

La desolazione del fallimento: portare il peso di sogni infranti e aspettative deluse.

La desolazione della sofferenza: che può essere il vuoto lasciato da chi abbiamo amato, o per una malattia.

La desolazione dell’ingiustizia: soffrire a causa di sistemi che negano dignità e opportunità.

La desolazione della dipendenza: intrappolati in cicli che consumano la nostra libertà.

La desolazione del rimorso: prigionieri di un passato che non possiamo cambiare.

La desolazione dell’inadeguatezza: sentirsi perennemente insufficienti.

La desolazione della disillusione: quando le nostre convinzioni fondamentali collassano.

La desolazione dell’incertezza economica: l’insicurezza materiale che pervade la vita.

Infine, la desolazione dell’alienazione: sentirsi stranieri nella propria cultura e comunità.

Ma in ciascuna di queste desolazioni, Dio porta trasformazione, porta vita!
In ogni desolazione umana, Dio interviene con potenza trasformatrice, infondendo vita dove c’era morte.

Proprio nei luoghi della nostra più profonda aridità, Dio scava pozzi di speranza che non si esauriscono mai.

Ha compiuto questa opera in innumerevoli vite attraverso i secoli, e oggi, con la stessa intensità, continua a trasformare destini. 
Il Dio dell’eternità rimane immutabile nella Sua fedeltà! 
Chi lo cerca con cuore sincero e fede autentica lo troverà, questa è la promessa incrollabile delle Sacre Scritture (cfr. per esempio 1 Cronache 28:9; Isaia 55:6; Geremia 29:13-14; Lamentazioni 3:25; Ebrei 11:6; Giacomo 4:8).

Questa è la specialità di Dio: non solo portarci fuori dalla desolazione, ma trasformare i luoghi stessi della nostra desolazione. 

Il deserto della tua vita che sia: una relazione spezzata, un sogno infranto, una malattia debilitante, un fallimento professionale, non è troppo arido per Dio. 

Lui è specializzato nel prendere proprio quelle aree di aridità e trasformarle in sorgenti di vita.
Pensate a Giuseppe nell’Antico Testamento. Il pozzo vuoto e la prigione Egiziana erano luoghi di desolazione estrema. 
Ma Dio ha trasformato quei luoghi di desolazione in opportunità per la sua elevazione e per la preservazione di un’intera nazione.

Pensate alla croce di Cristo, il simbolo ultimo di desolazione, vergogna e sconfitta. 
Dio l’ha trasformata nel simbolo più potente di vittoria, redenzione e speranza che il mondo abbia mai conosciuto.

Il Dio che ha fatto queste cose è lo stesso Dio che può prendere la desolazione della vostra vita e trasformarla in qualcosa di magnifico.

Prima di concludere questa predicazione, c’è da dire che c’è una desolazione che è alla base di tutte le desolazioni:
B) La desolazione spirituale
Per desolazione spirituale secondo la Bibbia, si intende la separazione da Dio a causa del peccato, una morte spirituale (cfr. per esempio Isaia 59:1-2).

Per esempio, in Efesini 2:1 è scritto: “Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati”

Le persone oggi raramente parlano di “peccato”, ma riconoscono l’esperienza dell’alienazione da sé stessi, dagli altri, dal mondo naturale, e da qualsiasi senso di significato più ampio. 

Cercano risposte in innumerevoli forme di benessere, eppure quella sensazione di disconnessione persiste, non si rendono conto che la causa delle desolazioni umane è dovuta al fatto che il peccato è entrato nel mondo, da Adamo ed Eva in poi (Genesi 3, Romani 5:12-21).

Come disse Spurgeon: “Il Signore non solo dà acqua, ma la fonte stessa. Non è un sollievo temporaneo, ma una trasformazione permanente che Egli opera nelle nostre vite”.

Il deserto e l’aridità rappresentano anche la condizione spirituale di sterilità, solitudine e lontananza da Dio. 

La trasformazione in lago e sorgenti simboleggia il rinnovamento spirituale, la presenza vivificante di Dio nella vita del credente.

Questa desolazione, Dio la trasforma attraverso Gesù Cristo, l’acqua della vita che disseta per sempre (Giovanni 4:14; 6:35) con il Suo sacrificio fatto una volta e per sempre (cfr. per esempio Romani 5:1-11; 2 Corinzi 5:17-21; Efesini 1:7; Ebrei 10:10-17), con la Sua intercessione oggi alla destra di Dio (Giovanni 14:6; Romani 8:31-34; 1 Timoteo 2:4-5; Ebrei 7:22-27) e lo Spirito Santo che è descritto come “fiumi di acqua viva” (Giovanni 7:37-39, Efesini 1:13-14).

Il messaggio Biblico, non termina con la desolazione, ma offre la speranza della riconciliazione attraverso Cristo, che ha colmato l’abisso tra Dio e l’umanità prendendo i nostri peccati su di Sé sapendo che Lui non ne aveva! (cfr. per esempio Isaia 53:6; 2 Corinzi 5:21; Galati 3:13; 1 Pietro 2:24), e la presenza dello Spirito Santo nel credente (cfr. per esempio 1 Corinzi 3:16; 6:19; 2 Corinzi 1:21-22; Efesini 1:13-14).

È proprio lo Spirito Santo l’agente divino che attualizza questa trasformazione nella vita del credente. 
Come l’acqua trasforma il deserto in giardino, così lo Spirito trasforma il cuore arido in una sorgente di vita nuova. 

Così, la trasformazione promessa nel Salmo 107 diventa realtà attraverso l’opera dello Spirito Santo, che fa sgorgare fiumi d’acqua viva nel terreno desolato della nostra esistenza.

CONCLUSIONE 
"Il deserto dei Tartari" è uno dei capolavori di Dino Buzzati, pubblicato nel 1940. Il romanzo racconta la storia del giovane ufficiale Giovanni Drogo che, appena uscito dall'accademia militare, viene destinato alla Fortezza Bastiani, un avamposto militare remoto e isolato al confine con un vasto deserto.
La fortezza è stata costruita per difendere il regno da possibili invasioni dei Tartari, nemici leggendari che potrebbero arrivare attraverso il deserto. 
Tuttavia, questa minaccia sembra essere più un mito che una realtà concreta.
Drogo, inizialmente intenzionato a rimanere solo per un breve periodo, finisce per trascorrere tutta la sua vita alla fortezza, sempre in attesa di un nemico che non arriva mai. Gli anni passano, i suoi colleghi muoiono o se ne vanno, mentre lui rimane, vittima di una routine militare vuota e di un’attesa che consuma lentamente la sua esistenza.
Il romanzo è una potente allegoria della condizione umana e dell’attesa di un evento straordinario che dia senso alla vita, mentre il tempo scorre inesorabile. La fortezza diventa il simbolo della desolazione esistenziale, dell’isolamento e della vanità delle aspettative umane.
Quando finalmente i Tartari sembrano arrivare, Drogo, ormai vecchio e malato, viene allontanato dalla fortezza proprio nel momento in cui l'evento tanto atteso sta per verificarsi, morendo solo in una locanda, lontano dal "suo" campo di battaglia.
L’opera è considerata un classico della letteratura del Novecento per la sua riflessione sul tempo, sul destino e sulla capacità dell'uomo di dare un senso alla propria esistenza di fronte alla desolazione della condizione umana.

C’è una frase nel libro che descrive un ambiente che riflette la desolazione interiore e l’alienazione che caratterizzano l’intera opera: “Davanti a lui si stendeva l’interminabile valle con le bianche strade, le paludi, i boschi, i villaggi, le colline velate dalla foschia, e in fondo la catena delle montagne con i loro dirupi. Era sempre quella la desolazione del confine”. 
Al contrario di quanto accade nel romanzo "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, dove il protagonista Giovanni Drogo consuma la sua vita nell’attesa vana di un nemico che non arriva, sprecando l’esistenza in una fortezza ai confini di un deserto desolato, il messaggio del Salmo 107:35 è: Dio trasforma la nostra desolazione in giardino!
Nessun deserto è troppo arido per Dio! 
Nessuna situazione è così desolata che la Sua grazia non possa trasformare!

Se oggi ti trovi in un luogo di desolazione, ricorda: il Dio della Bibbia, il Signore, è un Dio che cambia i deserti in laghi e sorgenti di acqua. 
È un Dio che fa fiorire il deserto.

Il tuo deserto non è la tua destinazione finale, non è un verdetto definitivo sulla tua vita, ma la tela su cui Dio dipinge il Suo capolavoro di redenzione.

O per dirla con parole diverse: quando ti trovi nell’abisso della desolazione, non sei al termine del tuo viaggio, ma all’inizio dell’opera più profonda di Dio in te!

È semplicemente il luogo dove Dio sta per mostrare la Sua potenza trasformatrice.

“Egli muta il deserto in lago, la terra arida in fonti d’acqua”, è una certezza anche per te oggi, qualunque sia il deserto che stai attraversando. 

La specialità di Dio è trasformare la desolazione in abbondanza, la morte in vita, il deserto in giardino.

Questo è stato sperimentato da molte persone nel passato come in questi giorni!

Oggi, lasciamo che la potenza divina che trasforma i deserti in laghi agisca nelle nostre vite. 
Lasciamo che quella stessa potenza trasformi la nostra desolazione per essere testimoni della grazia rinnovatrice di Dio.

Tre applicazioni finali:
1) Ricordate che Dio è specialista nella trasformazione dei deserti 
Lo ha fatto nella storia di Israele, lo ha fatto nella vita dei credenti, lo farà anche nella vostra vita ma non senza sofferenza.

Qualcuno una volta disse: “Il più grande mistero della fede cristiana è che Dio trasforma i nostri deserti più oscuri in giardini di delizie, non aggirando la sofferenza, ma passando attraverso di essa”.
Dio non spreca alcuna sofferenza. Ogni desolazione che Gli consegniamo diventa terreno fertile per una rinascita che supera l'immaginazione umana.

In secondo luogo:
2) Portate la vostra aridità a Cristo, la sorgente d’acqua viva e vi disseterà per sempre!
Non nascondete la vostra sete, ma portatela a Colui che può saziarla.
Non camuffate la vostra sete dietro maschere di autosufficienza, ma inginocchiatevi vulnerabili davanti all’unico che può trasformare i vostri deserti in giardini rigogliosi. 

Nella vostra più disperata desolazione si nasconde l’invito più prezioso: lasciate che la vostra sete vi guidi alla Fonte che non si esaurisce mai!

Infine:
3) Siate canali dell’acqua di Dio per gli altri 
Quando il vostro deserto diventa lago, o fonte di acqua, condividete quell’acqua con gli altri!
Quando la vostra aridità diventa sorgente, lasciate che altri possano bere.

Chi sperimenta la trasformazione diventa canale di benedizione per altri.

E ancora Spurgeon disse: “Dio trasforma i deserti in laghi non solo per il nostro beneficio, ma affinché diventiamo noi stessi sorgenti di benedizione per un mondo assetato”.

La trasformazione divina non aggira la nostra desolazione, la attraversa, la redime e la trasforma in testimonianza della Sua gloria.

“Signore, Tu che trasformi i deserti in sorgenti d'acqua, vieni nei deserti delle nostre vite. Trasforma la nostra aridità in abbondanza, la nostra desolazione in gioia. Fai sgorgare in noi l’acqua viva del tuo Spirito, affinché possiamo essere testimoni del tuo potere trasformativo in questo mondo assetato. Nel nome di Gesù, Amen”.

*********************************** 
Questa riflessione è frutto di studio, ricerca e tempo. Se ti ha arricchito, puoi considerare una donazione per supportare il mio lavoro e permettermi di continuare a condividere nuove meditazioni.

Post popolari in questo blog

Dai frutti si riconosce l’albero (Matteo 7:16-20).

Dai frutti si riconosce l’albero (Matteo 7:16-20). Dai frutti si riconoscono i falsi profeti. Come fai a sapere se qualcuno è un falso profeta? C'è un modo per identificarlo? La risposta è "sì".  Il modo con il quale possiamo discernere un falso profeta, e quindi anche un falso credente è dai suoi frutti.  Infatti, anche se questo paragrafo è dedicato principalmente agli avvertimenti circa i falsi profeti, è anche una prova per tutti i veri credenti! Gesù al v. 15 esorta il suo uditorio, e quindi anche noi a guardarsi dai falsi profeti i quali vengono in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Ora ci dice che i falsi profeti si riconosceranno dai loro frutti. Noi vediamo tre aspetti riguardo i frutti: i frutti sono secondo la specie di albero, dimostrano la qualità dell’albero, segnano il destino dell’albero.

Matteo 6:34: A ogni giorno il suo affanno.

Matteo 6:34: A ogni giorno il suo affanno. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno. Gesù conclude il suo discorso sulle preoccupazioni per i bisogni primari riguardo il futuro, dice di non essere ansiosi. Dio si prenderà cura di noi perché fa così con gli uccelli e i campi, non preoccupiamoci del futuro perché il domani si preoccuperà di se stesso, basta a ciascun giorno il suo affanno, cioè viviamo un giorno alla volta con i suoi problemi o difficoltà quotidiani. Molte preoccupazioni riguardano il futuro per paure inesistenti, altre sono reali per problemi economici presenti, ma affrontiamo il presente con la certezza che Dio fin qui ci ha soccorsi (1 Samuele 7:12). Dio non abbandona i suoi figli, li ama e li cura teneramente.

La parabola della stoffa nuova e degli otri nuovi (Luca 5:33-39).

La parabola della stoffa nuova e degli otri nuovi (Luca 5:33-39). Qualcuno ha detto: “Tutti sono a favore del progresso. È il cambiamento che non piace”. Questa frase ci fa capire come a moltissime persone non piacciono i cambiamenti, le novità. Tempo fa il Duca di Cambridge, avrebbe affermato: "Qualsiasi cambiamento in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo deve essere deplorato". Questo era anche il problema di molte persone ai tempi di Gesù. Gesù portò qualcosa di nuovo, inconciliabile con certe tradizioni locali, ma molte persone rifiutarono il Suo insegnamento. Continuiamo la nostra serie di predicazioni sulle parabole di Gesù. In questa parabola vediamo la causa, cioè perché Gesù l’ha detto, vediamo il cuore, e poi faremo delle considerazioni finali.