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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Lamentazioni 3:26: Il valore dell'attesa silenziosa

 Lamentazioni 3:26: Il valore dell'attesa silenziosa 
Immagina un bambino che aspetta una festa di compleanno tanto attesa. La torta è pronta, i palloncini sono gonfiati e gli amici sono invitati, ma i genitori dicono che devono aspettare ancora un po'. Il bambino si agita per l'eccitazione e il terrore, incerto se la festa avrà davvero luogo! Ma alla fine, il momento gioioso arriva; le risate riempiono l'aria e gli amici emergono dietro la porta. Proprio come quel bambino, spesso sentiamo il peso dell'attesa, ma come dice Lamentazioni 3:26: "È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore". 
Questo versetto ci ricorda il valore dell’attesa fiducioso e pazienza nella salvezza del Signore durante i periodi di sofferenza e incertezza, quando la vita sembra opprimente.

Questo versetto si colloca all’interno di una delle sezioni più speranzose del libro delle Lamentazioni, un testo che altrimenti è caratterizzato da profondo dolore e lamento per la devastazione che ha subìto Gerusalemme da parte dei Babilonesi. 

I LA SCELTA 
“È bene aspettare”.

Anche in mezzo alle macerie fumanti della vita, possiamo trovare la forza di aspettare la salvezza del Signore.

Il libro delle Lamentazioni ci trasporta in uno scenario di devastazione totale e sofferenza: il tempio, il palazzo reale, le case, la sicurezza, la dignità nazionale, tutto è perduto. 

Eppure, in mezzo a questa desolazione, l'autore trova la forza di affermare: "È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore". 

Questa dichiarazione non nasce dal nulla, ma dalla consapevolezza della grazia, della compassione, della fedeltà e della bontà di Dio, come espresso nei versetti precedenti (Lamentazioni 3:22-25).

“È bene aspettare" non è un’attesa passiva, ma una scelta attiva che scolpisce il nostro destino a ogni bivio della vita.

La vita è come un cammino con continui bivi; a ogni bivio dobbiamo scegliere quale strada prendere, e ogni scelta ci porta verso una destinazione diversa.

Affrontiamo scelte quotidiane di poco conto, ma anche scelte più significative: scolastiche, lavorative, finanziarie, dove vivere, matrimoniali e così via.

Le scelte hanno un ruolo fondamentale nel determinare la direzione e la qualità della nostra vita.
Nella Bibbia vediamo che il popolo di Dio è chiamato a fare delle scelte che danno priorità a Dio e che determinano il proprio stile di vita (cfr. per esempio Deuteronomio 30:19; Giosuè 24:15; Proverbi 1:29-31; Isaia 7:15; Daniele 1:8; Ebrei 11:24-26). 

Essere cristiani non è una questione di religione, ma di scelte e azioni che rispecchiano la propria fede secondo i principi di Dio in ogni aspetto della nostra vita.
Come ha detto il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer: “Essere cristiano non è tanto una questione di religione, quanto di scelte che determinano il nostro modo di vivere”. 

Vediamo:
A) La scelta del bene
Geremia non sta parlando di qualcosa di facile, o di piacevole. Dice che è “bene.

Nel testo originale Ebraico, la parola tradotta come "bene" (ṭôḇ) ha un significato ampio e ricco. 

“Bene” si riferisce a qualcosa che è moralmente corretto (cfr. per esempio 1 Samuele 26:16; Salmo 119:68; Ecclesiaste 3:12; Isaia 65:2; Amos 5:14); appropriato nelle circostanze date (cfr. per esempio Genesi 2:9; Proverbi 15:23); a un beneficio, benessere (cfr. per esempio 1 Samuele 25:15; Salmo 31:19; 34:8,10; 73:1; 145:9; Proverbi 22:9); qualcosa di meglio (cfr. per esempio Esodo 14:12; Numeri 14:3; 1 Samuele 27:1; 2 Samuele 14:32); porta a un risultato positivo nel lungo termine (cfr. per esempio Geremia 29:11); al tempo stabilito da Dio che darà tutto ciò che è veramente buono (cfr. per esempio Salmo 34:10; 84:11; 85:12; Romani 8:28,32; Efesini 1:3); in armonia con l’ordine che ha stabilito (cfr. per esempio Genesi 1:31).

Allora “è bene” non è semplicemente una strategia pragmatica, ma rappresenta un valore morale e spirituale, una risposta appropriata alla circostanza, in questo caso di sofferenza, secondo la volontà dell’amorevole Dio che ci porterà benefici nel Suo tempo stabilito.

Charles Spurgeon, il grande predicatore inglese del 1800, ci incoraggia ancora oggi ad attendere il Signore con queste parole: “L'attesa appartiene ai santi. Essi aspettano il Signore; aspettano pazientemente per Lui, e alla fine godono della perfetta manifestazione dell’amore divino”.

In secondo luogo, vediamo:
B) La scelta di aspettare
“È bene aspettare”.

Ci sono tanti motivi per cui siamo impazienti, ne elenco alcuni: perché viviamo nella cultura dell’immediatezza, in un’epoca in cui tutto è a portata di clic. 
Oppure per la paura dell’incertezza, cerchiamo risposte e soluzioni immediate per sentirci al sicuro.
O ancora per la mancanza di fiducia, dubitiamo che Dio interverrà, o che lo farà nel modo e nel tempo che desideriamo.

O per egoismo, vogliamo che le cose accadano secondo i nostri piani, non secondo quelli di Dio.

Ma Geremia ci dice di aspettare perché ci vuole tempo.
Immagina un giardiniere che si prende cura delle sue piante. Giorno dopo giorno, le annaffia e le nutre, ma i progressi sembrano lenti: tutto ciò che vede sono mucchi di terra e qualche timido germoglio. 
Eppure, sotto la superficie, sta accadendo qualcosa di miracoloso: le radici crescono in profondità, raccogliendo i nutrienti necessari per una pianta forte. Proprio come quelle radici, le nostre speranze e i nostri sogni richiedono tempo per svilupparsi. 

Come ci ricorda Lamentazioni 3:26, l’attesa fa parte del piano di Dio, che ci insegna pazienza e perseveranza.

L'attesa non è tempo sprecato.
Un missionario in Africa, bloccato per mesi in un villaggio a causa delle piogge che avevano reso impraticabili le strade, si lamentava con un anziano locale per il tempo "perso". L'anziano gli rispose: "Figlio mio, nessun tempo è perso se sai aspettare. L'aquila sembra immobile quando plana nel cielo, eppure è proprio in quei momenti che vede più lontano e si prepara a piombare sulla preda."

“Aspettare” (yāḥiyl) è l’attesa fiduciosa e speranzosa, in questo caso della salvezza del Signore (per un concetto simile che riguarda sperare nel Signore Salmo 31:25; 33:22; 69:4; 130:7; 131:3).

Quest’aspettativa non è un pio desiderio, ma è motivata da un senso di certezza, non è un salto nel buio, ma la fede nel Signore.

Oppure, o entrambi, il significato può essere rimanere, o continuare in uno stesso stato, o posizione con un’attesa paziente e dolorosa come nel parto.

“Aspettare” si riferisce alla pazienza, alla sottomissione e alla dipendenza da Dio, un atto di resistenza spirituale (cfr. per esempio Salmo 27:14, 37:7, Lamentazioni 3:26).

In un mondo che ci spinge alla fretta, all’ansia, all'agitazione costante, il saper aspettare in silenzio diventa un atto di resistenza spirituale, una dichiarazione di fiducia nei tempi di Dio.

È un dichiarare: “Non sarò trascinato dal panico di questo mondo; confido nei tempi saggi e perfetti di Dio”.

Chi domina il rumore interiore conquista la pace che il mondo non può offrire!

Il rabbino Abraham Joshua Heschel, che ha vissuto l’orrore dell’olocausto, scriveva: “La pazienza è una forma di saggezza che vede le cose nella prospettiva dell’eternità”. E aggiungeva: “Aspettare è un’arte che la nostra anima impaziente ha dimenticato”.

“L’attesa” allora è collegata alla fiducia nell’intervento di Dio e alla rinuncia all’azione umana (cfr. per esempio Proverbi 20:22, Isaia 33:2, 40:31), alla speranza e all’aspettativa dell’azione di Dio (cfr. per esempio Salmo 38:15; 39:7; 130:5; Isaia 8:17; Michea 7:7; Isaia 49:23; Lamentazioni 3:25).

Perché Geremia lo dice?
Geremia lo dice per vari motivi.

Lo dice:
Per confortare
Nel contesto delle Lamentazioni, dove prevale il dolore per la distruzione di Gerusalemme e l’umiliazione del popolo di Dio, quest’affermazione offre una prospettiva alternativa alla disperazione.

Lo dice:
Per correggere
Potrebbe essere una risposta all’impazienza naturale che sorge nella sofferenza, quando si vorrebbe una soluzione immediata.

Lo dice:
Per presentare una saggezza paradossale
Geremia, presenta un paradosso spirituale: proprio quando l'azione sembrerebbe necessaria, l'attesa diventa la risposta più saggia.

Geremia lo dice:
Per testimoniare
Nel contesto più ampio del capitolo (Lamentazioni 3:19-33), l'autore sta condividendo ciò che ha appreso attraverso la propria esperienza di sofferenza.

L’attesa non è un vuoto, ma un laboratorio dove l’anima viene forgiata.
"È bene aspettare" suggerisce che l’attesa stessa ha un valore intrinseco. 
Non si tratta semplicemente di un tempo vuoto tra la sofferenza e la liberazione, ma di un periodo formativo che produce qualcosa di buono nell'anima dell'individuo.

Quindi, quando affronti una prova, ricorda che l’attesa può essere un'opportunità di crescita, chiedi al Signore che cosa ti vuole insegnare.

Coltiva la pazienza, la sottomissione e la dipendenza da Dio, sono essenziali, ricordando che la salvezza del Signore non arriva quando noi vogliamo ma secondo i Suoi piani saggi e perfetti. 

Approfondisci la tua fede attraverso la preghiera e la meditazione della Bibbia, imparando a confidare nei tempi di Dio.

Inoltre, come ha fatto Geremia, concentrati sul carattere di Dio, sulla Sua grazia, compassione, fedeltà e bontà.

Infine, sii un esempio di pazienza e fiducia in Dio, in un mondo che promuove la fretta e l'ansia.

Geremia parla anche di aspettare in:
II SILENZIO 
“In silenzio”.

Prima di tutto vediamo:
A) Il significato di “silenzio”
Il silenzio sembra sconosciuto nella nostra epoca, ma è essenziale per la buona salute della nostra mente, Kalle Lasn lo sottolinea così: “Il silenzio sembra estraneo ora, ma il silenzio potrebbe essere proprio ciò di cui abbiamo bisogno. Il silenzio potrebbe essere per una mente sana ciò che l’aria pulita, l'acqua e una dieta priva di sostanze chimiche sono per un corpo sano”.

Possiamo sintetizzare i benefici del silenzio in cinque punti.
Il silenzio: 
Riduce lo stress
Il silenzio favorisce il riposo e la rigenerazione del cervello, riducendo i livelli di cortisolo, l'ormone dello stress.

Il silenzio: 
Migliora la concentrazione
L’assenza di distrazioni sonore favorisce la capacità di focalizzarsi sui compiti e di pensare con maggiore chiarezza. 

Il silenzio: 
Aumenta la creatività
Il silenzio stimola la riflessione interiore e l'immaginazione, aprendo la mente a nuove idee e soluzioni. 

Il silenzio: 
Aiuta la consapevolezza
Il silenzio permette di entrare in contatto con i propri pensieri e le proprie emozioni, favorendo la conoscenza di sé. 

Il silenzio: 
Aiuta il benessere emotivo
Il silenzio aiuta a calmare la mente e a ridurre l'ansia, favorendo un senso di pace interiore.

Il silenzio di cui parla Geremia, però, è diverso, non è in riferimento allo spazio, non si tratta di isolamento, ma di un atteggiamento interiore.

Geremia ci dice che dobbiamo aspettare in silenzio (dûmām -avverbio), cioè silenziosamente, l’intervento del Signore.

Allora “in silenzio” è il modo come siamo chiamati ad aspettare, ma non è letterale nel senso che non dobbiamo pregare per essere liberati dai problemi, perché in precedenza è scritto che esortava a pregare, e lo farà ancora, e lui stesso lo faceva (Lamentazioni 2:11-19; 3:19,40-51; 5:1-22).

Quindi Geremia non sta dicendo che non dobbiamo pregare, ma sta parlando di atteggiamento, di disposizione interiore verso Dio.

L’attesa silenziosa è difficile. L’impazienza emerge nelle piccole cose: quando si blocca la cassa del supermercato dove siamo in fila, o nel traffico cittadino quando siamo imbottigliati per parecchi minuti. 

Ci sono cose più serie per cui siamo impazienti, su cui vogliamo avere il controllo, che vogliamo che cambino al più presto come un problema familiare, di salute, o lavorativo, situazioni che richiedono fede in Dio e aspettare che ci liberi.

“Silenzio”, secondo il contesto di sofferenza del libro di Lamentazioni, possiamo dire che si riferisce all’assenza di disperazione, di ribellione a Dio; quindi, significa sottomettersi a Dio, alla Sua buona e perfetta volontà con timore reverenziale, riconoscendo che ciò che è accaduto proviene dal Signore (cfr. per esempio Salmo 39:9; Lamentazioni 3:38).

Coloro che confidano veramente nel Signore non si lamentano né si disperano nemmeno quando sono nei guai (cfr. per esempio Salmo 34:9; 86:5; Isaia 30:15; Matteo 11:28–30).

Il silenzio non significa essere indifferenti, è una disposizione interiore di calma, pazienza, fiducia e accettazione della volontà di Dio; implica la capacità di accettare e sopportare pazientemente e serenamente le prove con una mente tranquilla, senza ribellarsi; è l’opposto di una reazione impulsiva e ansiosa di fronte alle difficoltà, accettando i tempi di Dio, anche di fronte a ritardi, o apparenti delusioni.

È un silenzio che ascolta, che si apre, che fa spazio all’azione divina, è accettazione di ciò che stiamo vivendo, anche se è una terribile circostanza, e attesa fiduciosa e speranzosa, certa che il Signore opererà secondo i Suoi tempi.

Geremia ci incoraggia a confidare pienamente nel Signore con una calma interiore; non c’è bisogno di fare un trambusto in preda al panico nel bel mezzo dei nostri problemi. 

Allora il silenzio è una disposizione interiore di attesa fiduciosa e di dipendenza da Dio senza ribellarsi.

Molto interessante il commento a riguardo di Aben Chou: “Questo atteggiamento non richiede un silenzio permanente, ma piuttosto una certa disposizione verso Dio. È possibile dichiarare i propri problemi a Dio senza in realtà abbandonare i propri fardelli a Lui. È anche possibile sedersi in silenzio senza credere che Dio agirà. Il silenzio qui si frappone tra entrambi questi atteggiamenti pericolosi. La teologia del poeta comprende che si può esprimere dipendenza da Dio, ma poi bisogna viverla in un atteggiamento di ‘silenzio’ (cioè, attesa fiduciosa)”.

Siamo incoraggiati a rimanere tranquilli anche quando le afflizioni forniscono un’occasione di preoccupazione

Quando i problemi ci opprimono, quando i pericoli ci circondano, siamo chiamati a confidare che Dio adempirà le Sue promesse, anche quando la speranza sembra vacillare. Dio non respinge chi si rivolge a Lui con fede (cfr. per esempio Ebrei 11:6).

C’è una poesia, che è una preghiera di E. May Crawford che dice:
“Parla, Signore, nella quiete
Mentre ti aspetto
Silenzioso il mio cuore per ascoltare 
In attesa”.

Consideriamo ora:
B) Lo scopo del silenzio
Quindi Geremia sottolinea di aspettare silenziosamente. 
Il silenzio di cui parla Geremia è importante.

Prima di tutto:
(1) Il silenzio è come un antidoto alla negatività
Certo il libro delle Lamentazioni è pieno di grida e lamenti, si chiama appunto “Lamentazioni”, ma quando noi accettiamo e ci sottomettiamo a Dio con timore reverenziale e attendiamo la Sua salvezza con fiducia e speranza, forti che il Signore è un Dio di grazia, compassionevole, fedele e buono, allora non saremo negativi, anche in circostanze dolorose come lo erano i Giudei per la devastazione e la distruzione di Gerusalemme da parte dei Babilonesi per il giudizio divino a causa dei peccati del popolo. 

Anche nel mezzo del giudizio, emerge un filo di speranza considerando la grazia, la compassione, la fedeltà e la bontà di Dio.
 
(2) Il silenzio è come disciplina spirituale
Il silenzio richiede autocontrollo e capacità di dominare le proprie reazioni emotive immediate, un modo per rinnovare anche le nostre forze come ci ricorda la scrittrice Virginia Ann Froehle quando dice: “Abbiamo fame di momenti di silenzio: troviamo in essi un grembo per rinnovare la nostra forza”.

Sappiamo che il silenzio è la condizione per ascoltare gli altri, e la stessa cosa vale con Dio.

Solo nel silenzio si può percepire la presenza e la guida divina.

Il silenzio interiore ci permette di entrare in una profonda comunione con Dio (cfr. per esempio Marco 1:35; Matteo 6:6; Luca 5:16).

Nelle profondità del silenzio troviamo la voce dello Spirito Santo che sussurra verità eterne al nostro cuore inquieto.

Nel silenzio non siamo passivi, ma attivamente ricettivi al flusso della grazia divina!

La vera rivoluzione spirituale inizia quando impariamo a tacere per ascoltare Dio!

Dietrich Bonhoeffer scrisse dal carcere nazista: “Il silenzio è la soglia straordinaria attraverso cui Dio entra nell'anima. Prima che Dio parli, deve esserci silenzio; altrimenti non ascolteremo la Sua voce, ma solo l'eco della nostra”.

Infine:
(3) Il silenzio è segno di fiducia
Il silenzio non è un vuoto, ma un luogo dove la fede risuona più forte del caos!

La vera fede si dimostra nella capacità di rimanere saldi e fiduciosi anche in mezzo alle avversità.


Qualcuno ha detto: “Chi parla continuamente mostra ansia; chi sa tacere mostra fiducia”.

Abbandona le tue ansie come foglie secche al vento e lascia che il silenzio ti avvolga come un manto di pace divina.

Il silenzio è la palestra dell’anima, dove si allena la pazienza e si fortifica la speranza.

La speranza cristiana non si basa su ciò che è visibile, o immediato, ma su ciò che ancora non si vede, altrimenti non è più speranza (cfr. per esempio Romani 8:24-25).

Se la vita fosse sempre prospera e priva di problemi, non ci sarebbe bisogno di fede o di speranza. 

Aspettare silenziosamente è un’espressione di una fede matura, che si fida del piano di Dio ritenendolo saggio e perfetto, anche quando non è immediatamente evidente, anche quando le circostanze esterne sembrano avverse.
Il silenzio è la scelta attiva di fidarsi di Dio anche quando tutto sembra perduto; riconosce i limiti umani e abbraccia la potenza divina.

L’attesa silenziosa non è passività o rassegnazione, ma un atto di fede attiva che riconosce i limiti umani e si affida alla provvidenza divina. 
Quiete e fede sono collegate (cfr. per esempio Isaia 7:4; 30:15).

È un riconoscimento che ci sono momenti nella vita in cui la cosa migliore da fare è fermarsi, fare silenzio e aspettare con fiducia che Dio operi.

È un riconoscimento della nostra dipendenza da Dio e della sua capacità di agire.

Il silenzio davanti a Dio è segno di umiltà e riverenza davanti alla Sua grandezza e santità (cfr. per esempio Abacuc 2:20; Sofonia 1:7; Zaccaria 2:13).

Come possiamo praticare l’attesa silenziosa, o quiete?
1) Prendere tempo per separarsi dalle distrazioni, dalle relazioni, dagli impegni lavorativi, dalle gioie e dalle preoccupazioni.

2) Cercare la quiete non solo esteriore, ma anche interiore, distogliendosi dall’attivismo mentale ed emotivo.

3) La parola e la preghiera sono importanti, ma possono anche diventare distrazioni se non ci conducono al silenzio davanti a Dio.

Consideriamo ora che cosa Geremia dice di aspettare silenziosamente:
III LA SALVEZZA 
“La salvezza del Signore”.

Philip Graham Ryken commenta: “Ci sono momenti in cui l’unica cosa che un sofferente può fare è aspettare Dio. Ma aspettare è una cosa buona perché Dio vale la pena di essere aspettato. La sua salvezza arriverà a tempo debito, a patto che ci si arrenda alla sua volontà e ai suoi tempi”. 
La salvezza di Dio non è mai in ritardo; arriva esattamente nel momento opportuno, non un secondo prima, non un attimo dopo (Ebrei 4:14-16).
Non dobbiamo cercare rumorosamente altrove le vie di salvezza, ma siamo chiamati ad aspettare fiduciosamente la salvezza del Signore. 

Il Signore è Colui che ha il potere di intervenire in modi senza precedenti per salvare il Suo popolo da ogni situazione terribile e fornirgli la liberazione.

La speranza della salvezza, anche nei momenti più bui, non è considerata una fuga dalla realtà, ma una forza che ci permette di danzare tra le rovine con la certezza della rinascita. 
La speranza è una visione che penetra oltre il velo tenebroso delle avversità presenti, ancorata a Colui che tiene la nostra vita, il nostro futuro nelle Sue mani.
Questa speranza permette di sopravvivere e persino di prosperare in situazioni difficili. 

L’attesa della salvezza è un’insistenza tenace che la grazia e la potenza di Dio avrà l’ultima parola, e una vita vissuta sfidando la disperazione, alla luce di quella speranza.

Il significato di "salvezza" (tšûʿat) è soccorso, liberazione, vittoria, sicurezza, cioè, essere in uno stato di libertà dal pericolo (cfr. per esempio Salmo 33:17; Giudici 15:18).

In genere, il termine è usato nel contesto di un conflitto militare, quindi alla vittoria militare (cfr. per esempio Giudici 15:18; 1 Samuele 11:9, 13; 1 Cronache 11:14; 2 Re 13:17).

Il Signore dona la liberazione in battaglie e guerre (cfr. per esempio 1 Samuele 11:9; 1 Cronache 19:12); fornisce la freccia della vittoria (2 Re 13:17); porta, o concede la vittoria (cfr. per esempio 1 Samuele 11:13; 2 Samuele 23:10,12; 2 Re 5:1; Salmo 144:10). 

Il Signore è la fonte della salvezza a volte sperimentata nel presente (cfr. per esempio Salmo 40:10,16; 68:19-20); altre volte è una realtà da attendere pazientemente (Salmo 40:1-2; 119:41,81). 

L’aiuto, o la liberazione di Dio possono giungere in qualsiasi momento (cfr. per esempio Salmo 51:14; Geremia 3:23).

La liberazione del Signore era nelle menti sia di Isaia che di Geremia durante i tempi difficili in cui vissero (Isaia 45:17; 46:13; Geremia 3:23).

La salvezza di Dio scaturisce dal Suo amore (cfr. per esempio Deuteronomio 7:7-8). 

Poiché i fedeli comprendono l’amore costante di Dio, si rivolgono a lui per la liberazione nei momenti di angoscia (cfr. per esempio Salmo 6:4-5; 109:26). 
La salvezza è quindi l'amore di Dio in azione.

Senza dimenticare che la Bibbia parla anche di una salvezza spirituale dai peccati che ha operato Gesù (cfr. per esempio Matteo 1:21), che ne è la massima espressione, in questo contesto la “salvezza del Signore” indica:
A) La liberazione concreta da circostanze difficili
Ricordiamo che Geremia racconta che la popolazione di Gerusalemme era molto provata dall’invasione Babilonese; quindi, quando c’è una guerra la situazione è davvero brutta: distruzione, malattie, fame, mancanza di libertà e così via.

Ci sono altri passi come il Salmo 37:39-40 che parlano di salvezza da circostanze difficili che opera il Signore: “La salvezza dei giusti proviene dal SIGNORE; egli è la loro difesa in tempo d'angoscia. Il SIGNORE li aiuta e li libera; li libera dagli empi e li salva, perché si sono rifugiati in lui”.

Per esempio, in una situazione difficile, angosciante, dopo la liberazione dall’Egitto, poco prima di attraversare il Mar Rosso, con l’esercito Egiziano potente e minaccioso dietro a loro, in Esodo 14:13-14 a un popolo pauroso Mosè disse: “Non temete, state fermi e vedrete la salvezza che il Signore compirà oggi per voi; infatti gli Egiziani che avete visti quest’oggi, non li rivedrete mai più. Il Signore combatterà per voi e voi ve ne starete tranquilli”.

Come Mosè al Mar Rosso proclamò con audacia: “Non temete, state fermi e vedrete la salvezza che il Signore compirà oggi per voi" così noi possiamo dichiarare con fermezza che nessun esercito nemico, nessuna circostanza avversa potrà impedire l’intervento divino quando il tempo sarà compiuto.

In questo contesto la “salvezza del Signore” indica:
B) La restaurazione di ciò che è andato perduto
In Isaia 49:8, sentiamo Dio stesso dichiarare che al tempo della grazia ha risposto a Israele, nel giorno della salvezza lo ha aiutato con l’obiettivo della restaurazione della terra e il ripristino dell’eredità devastata, simboleggiando una rinascita sia fisica che spirituale.

Questo filo di speranza prosegue in Geremia 30:10-11,17-18, dove la salvezza assume contorni di guarigione e consolazione, il ritorno dall’esilio a casa.

Qui, la salvezza è un ritorno a casa, un ripristino della comunità, un abbraccio di misericordia.

L’amore di Dio non è mai inattivo o indifferente; è sempre in movimento, sempre operante, sempre alla ricerca di ciò che è perduto per riportarlo a casa.

E ancora la “salvezza del Signore” indica:
C) La manifestazione della giustizia divina
In Isaia 46:13, Dio dice: “Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lontana, la mia salvezza non tarderà; io metterò la salvezza in Sion e la mia gloria sopra Israele”.

Questo versetto di Isaia contiene una potente promessa divina. 
Dopo aver parlato dell’inutilità degli idoli nei versetti precedenti, Dio assicura al Suo popolo che la Sua giustizia e salvezza stanno per arrivare. 

È interessante notare la prossimità temporale e spaziale che Dio enfatizza: la giustizia “non è lontana” e la salvezza “non tarderà”. 
Questo comunica un senso di imminenza e certezza.

Dio identifica anche Sion (Gerusalemme) come il luogo dove stabilirà la sua salvezza, che significa restaurazione della città e funzionamento del tempio, Israele come il destinatario della Sua gloria. 

Questo versetto esprime la fedeltà di Dio verso il Suo popolo dell’alleanza, promettendo redenzione nonostante le difficoltà del presente.

La salvezza del Signore è come l’alba che inevitabilmente segue la notte più buia. 
Non importa quanto profonda sia l'oscurità, quanto gelido sia il freddo della mezzanotte, l’aurora verrà con certezza, portando calore e luce.

Nel Salmo 98:2-3 è scritto: “Il SIGNORE ha fatto conoscere la sua salvezza, ha manifestato la sua giustizia davanti alle nazioni. Si è ricordato della sua bontà e della sua fedeltà verso la casa d'Israele; tutte le estremità della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio”.

Il salmista esalta la giustizia e la salvezza di Dio, sottolineando che: sono state rivelate non solo a Israele, ma anche alle nazioni; sono radicate nella bontà e nella fedeltà di Dio verso Israele; hanno una portata universale nel senso che tutte le estremità della terra hanno visto la salvezza di Dio.

Questi versetti del Salmo 98 presentano un tema parallelo a quello di Isaia 46:13, ma con una prospettiva diversa. 

Mentre Isaia guarda al futuro della salvezza “non tarderà”, “io metterò”, il Salmo celebra ciò che Dio ha già fatto conoscere la Sua salvezza, ha manifestato la Sua giustizia.

Tutte le azioni salvifiche del Signore sono basate sulla giustizia, e spesso vediamo che è parallela alla salvezza (cfr. per esempio Isaia 51:8).
Sebbene ogni atto di liberazione contenga un giudizio, coloro che sono giudicati sono colpevoli meritano questa giustizia (cfr. per esempio Esodo 34:6-7; Deuteronomio 7:9-10; Salmo 76:8-9; Ezechiele 7:4, 9, 27; 8:18; 9:10).

D’altra parte, Dio è fedele al Suo popolo e lo salva, adempie alla Sua responsabilità di liberatore, è un Dio giusto e Salvatore (Isaia 45:21).

La giustizia allora come fondamento della salvezza implica:
(1) Fedeltà al patto con il Suo popolo: Dio agisce secondo le sue promesse (cfr. per esempio Deuteronomio 7:9; Salmo 111:9; Michea 7:20).
Harrison R. K. scrive: “Il credente ha una speranza viva perché confida in un Dio vivente le cui promesse sono sicure quanto i suoi giudizi (cfr. 2 Corinzi 1:20)”. 

La giustizia implica:
(2) Il ripristino dell’ordine corretto: mettere a posto ciò che è stato distorto (cfr. per esempio Salmo 146:7-9; Isaia 42:3-4).
La giustizia di Dio è anche restaurativa, mira a sanare ciò che è rotto e a riportare la bellezza dove c'era deformità.

Quando Dio restaura, non ripara semplicemente ciò che era rotto, ma lo rende più splendente di prima.

Quando il Signore porta salvezza, è come se invitasse le circostanze a danzare secondo una nuova melodia. 
Dove prima c'era caos, ora c’è armonia; dove c'era disperazione, ora c’è gioia. La salvezza di Dio non è solo rimozione del male, ma instaurazione di un nuovo ordine di bellezza e grazia.

Come un direttore d’orchestra che trasforma strumenti stonati in una sinfonia celeste, così il Signore riorganizza gli elementi discordanti della nostra vita in un capolavoro di redenzione.

Infine, la giustizia come fondamento della salvezza implica:
(3) La liberazione degli oppressi: intervento a favore dei vulnerabili (cfr. per esempio Esodo 3:7-8; Salmo 103:6; Isaia 61:1-2)
Dio libera il Suo popolo da tutta la loro miseria (cfr. per esempio Isaia 40:1-11; 54: 5-10; 57:15-19; 61:1-9). 

Perché parla di salvezza Geremia?
Vediamo:
D) La motivazione
Geremia parla di salvezza per incoraggiare il popolo afflitto dalla guerra, quindi dalla sofferenza.

Durante un bombardamento a Torino nella Seconda Guerra Mondiale, una bambina e sua madre si rifugiarono in un sotterraneo. La piccola tremava a ogni esplosione, finché la madre le disse: “Non temere, tuo padre verrà a prenderci”. Da quel momento, la bambina smise di contare le bombe e iniziò a contare i minuti che la separavano dall'arrivo del padre. 
L’attesa aveva cambiato natura: non era più attesa della morte, ma attesa della salvezza.

“Quando impariamo ad aspettare Dio, scopriamo che l’attesa stessa è un dono che trasforma il nostro cuore in un terreno fertile per la Sua opera” (Charles Spurgeon).

Come quella madre con sua figlia, Geremia parla di salvezza del Signore per incoraggiare la popolazione provata dalla guerra, per affermare che la sofferenza non è l’ultima parola, ma ci sarà un intervento divino risolutivo; quindi, non ci sarà un cambiamento casuale, ma un’azione specifica e intenzionale di liberazione di Dio.

Pertanto, la salvezza non è incerta, Geremia non dice “forse”, ma la dà per certa, è una promessa sicura perché viene dal Signore che non mente e si pente (Numeri 23:19); è un atto d’amore che squarcia le tenebre e riporta la vita dove la morte aveva piantato la sua bandiera.

L'attesa di coloro che hanno fede nel Signore, non è un salto nel buio; è un'attesa indirizzata verso Qualcuno, un volo sicuro nelle braccia di un Dio che mantiene ogni promessa. 

CONCLUSIONE
Nella società contemporanea, caratterizzata da ritmi frenetici e dalla ricerca di gratificazione immediata, questo versetto offre un insegnamento controcorrente ma profondamente necessario. 

Ci invita a:
Coltivare la virtù della pazienza attendendo la salvezza del Signore

Sviluppare fiducia e speranza anche quando non vediamo soluzioni immediate

Trovare valore nei momenti di attesa e incertezza

Praticare il silenzio come spazio di ascolto interiore

In conclusione, Lamentazioni 3:26 ci ricorda che nei momenti di crisi e sofferenza, la risposta più saggia può essere quella di attendere fiduciosamente e pazientemente in silenzio la liberazione del Signore, confidando che arriverà al momento opportuno.

Anche se l’attesa sarà lunga e dolorosa, la salvezza finale giustifica ogni sofferenza.

Che Dio benedica la nostra attesa e la riempia della Sua presenza.

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