INTRODUZIONE Più volte, in questi ultimi anni, mi è stato detto, quasi con invidia: “Beato te che credi in Dio”, oppure “Beato te che hai trovato la fede”. Ed è proprio da questa espressione che nasce il titolo di questo libro: “Beato chi crede!”. Queste parole, che potrebbero sembrare semplici osservazioni, nascondono una profonda verità: la fede è un tesoro inestimabile che trasforma radicalmente l’esistenza umana. Chi pronuncia queste parole con invidia intuisce, anche solo vagamente, la straordinaria qualità di vita che la fede porta con sè. Ciò che molti percepiscono, pur senza comprenderlo pienamente, è quella pace profonda che solo una relazione autentica con Dio può portare, una pace che supera ogni comprensione (Filippesi 4:7) e che permane anche nelle difficoltà della vita. Questa pace non è assenza di problemi, ma la certezza di affrontarli insieme al Dio saggio e sovrano, che ama di un amore eterno. E proprio questa profonda pace interiore ci introduce a una verità fon...
Salmo 107:35: Dio trasforma la desolazione in giardino (1)
“Mentre la mia signora e io ci affacciamo nel vicolo della desolazione” è una frase tratta dalla canzone: “Desolation Row”, ovvero “Il Vicolo della Desolazione”, una delle canzoni epiche, più profonde e complesse di Bob Dylan scritta nel 1965.Il menestrello poetico, in questa canzone ci offre un potente affresco della desolazione umana con immagini surreali e una galleria di personaggi storici, letterari e biblici: da Einstein a Cenerentola, da Caino e Abele a Ofelia.
Questa canzone metaforica ha ricevuto diverse interpretazioni: come rappresentazione dell’emarginazione sociale, come un ritratto dell’America in crisi d’identità, come decadenza della cultura occidentale, come un’allegoria della condizione umana moderna dove le persone vivono sconnesse le une dalle altre, e infine come quel luogo interiore dove regna l’aridità di significato, dove ci sentiamo alla deriva.
Al di là delle interpretazioni, tutti noi, in alcuni momenti della vita, abbiamo percorso questa “desolation row”: devastazione, abbandono, rovina, squallore, solitudine, tristezza, confusione, aridità spirituale ed emotiva, o stati di disperazione esistenziale, in un vicolo desolato dove la vita ha perso significato.
Dio, il Signore, è il trasformatore supremo: ha il potere sovrano di mutare completamente la natura delle circostanze, trasformando deserti in laghi e terre aride in sorgenti d’acqua.
Quando ti trovi nel vicolo della desolazione, ricorda: è proprio lì che Dio ama trasformare il deserto in lago, la terra arida in fonti d’acqua, come ci ricorda il Salmo 107:35.
Questo è il miracolo della presenza divina nella nostra esistenza: Dio non ci abbandona nella desolazione, ha il potere di trasformare la natura delle cose si materialmente che esistenzialmente e spiritualmente.
Proprio come nelle immagini evocate dal Salmo, Dio trasforma le nostre personali “desolation row” in giardini rigogliosi.
Nei luoghi più improbabili e aridi della nostra esistenza, Dio fa sgorgare vita nuova!
Con la Sua sovranità e il Suo potere di cambiare le circostanze, Dio trasforma luoghi desolati in ambienti fecondi, può trasformare la tua desolazione in abbondanza, invitandoti a confidare nella Sua capacità di ridare speranza e vita dove c’è disperazione e desolazione.
Approfondiamo ora questa trasformazione divina esaminandone le radici.
Cominciamo con:
I IL CONTESTO
Il Salmo 107 è un inno di ringraziamento che invita a celebrare il Signore perché è buono e perché la Sua bontà dura in eterno (v.1).
Il salmo descrive quattro situazioni di crisi in cui possono trovarsi gli esseri umani: persone senza casa, affamate e assetate, perdute che vagano nel deserto in pericolo di vita (vv. 2-9), i prigionieri nell’afflizione e nelle catene (vv. 10-16), i malati (vv. 17-22) e i marinai in tempesta (vv. 23-32).
Ciascuna sezione descrive il pericolo, riporta la preghiera, delinea la risposta divina e si conclude con una parola di istruzione e ammonimento.
In tutti i casi, queste persone gridano al Signore nella loro angoscia, e Dio interviene prontamente per salvarle, ecco perché sono chiamate a celebrare il Signore.
La speranza Biblica si fonda sulla capacità di Dio di trasformare l’impossibile!
La nostra fiducia si basa sulla convinzione che Dio può cambiare radicalmente qualsiasi situazione.
Questa esperienza di liberazione divina ha ispirato credenti di ogni epoca a esprimere la loro profonda gratitudine a Dio.
La poetessa Frances Havergal scriveva: “Se potessi scrivere come vorrei della bontà di Dio verso di me, l’inchiostro bollirebbe nella mia penna!”
Questa potente immagine esprime un’idea semplice, ma profonda: la bontà di Dio verso di lei è così immensa che, se provasse a scriverla tutta, l’inchiostro nella sua penna “bollirebbe”, cioè, si scalderebbe fino a evaporare per lo sforzo di contenere un’esperienza tanto straordinaria.
Detto più semplicemente: “La gratitudine che provo per ciò che Dio ha fatto per me è così intensa e traboccante che nessuna parola scritta potrebbe mai esprimerla completamente”.
È come quando ci sentiamo così grati per qualcosa che la parola "grazie" sembra troppo piccola e inadeguata per esprimere ciò che proviamo nel cuore.
Il nostro versetto si trova nella sezione finale del salmo (vv. 33-43), che celebra il potere di Dio di trasformare tanto gli ambienti naturali quanto le circostanze umane.
Questa sezione rivela come Dio possa portare sia giudizio, trasformando terre fertili in deserti, sia restaurare e rinnovare, trasformando deserti in oasi rigogliose.
Per comprendere appieno il significato di questo versetto, è importante considerare il suo contesto storico.
Molti studiosi collocano la redazione finale di questo salmo nel periodo post-esilico, quando il ricordo della liberazione dalla cattività Babilonese era ancora vivo nella memoria collettiva.
Il tema della trasformazione del deserto in sorgenti d’acqua (v.35) risuonava profondamente con coloro che avevano vissuto il viaggio di ritorno attraverso territori aridi verso la terra promessa.
Il v. 35 echeggia i passaggi profetici di Isaia 35:6-7; 41:18; 43:19-20; 44:3, dove la trasformazione del deserto diviene metafora della restaurazione spirituale e nazionale di Israele.
Questo versetto illustra la potenza trasformatrice di Dio che muta il deserto in lago e la terra arida in fonti d’acqua, rappresentando come Dio può cambiare radicalmente le circostanze più difficili.
Questa capacità divina di trasformazione continua a ispirare la fede e la poesia. Come esprime eloquentemente questa composizione:
“E proprio quando pensavo che tutto fosse perduto
Nel deserto più arido della mia anima
Una fontana sgorgò come promessa
Di chi non abbandona mai”.
Dopo aver esplorato il contesto del Salmo 107, immergiamoci ora nel cuore stesso della trasformazione divina, vediamo:
II IL CONTRASTO
Un contrasto straordinario che rivela la potenza creatrice di Dio.
“Egli muta il deserto in lago e la terra arida in fonti d’acqua”.
Il contrasto ci parla di:
A) Trasformazione trascendente
Il verbo “muta” (yā·śēmʹ - qal imperfetto iussivo attivo) indica un’azione deliberata e potente che proviene dall’esterno del nostro sistema ordinario.
Non sono le nostre capacità che trasformano i deserti in laghi, ma la presenza sovrana di un Dio che si compiace nell’impossibile.
Non è un cambiamento graduale, o naturale, ma un intervento diretto e soprannaturale di Dio che altera radicalmente la natura stessa del luogo, quindi di una circostanza.
“Muta” significa trasformare qualcosa in qualcos’altro, una vera trasformazione nella sua essenza.
La trasformazione di Dio è radicale, non superficiale!
Dio non offre semplici miglioramenti marginali, ma cambiamenti profondi dell’essenza stessa delle situazioni.
Dio trasforma persone in nazioni, terra asciutta in mare (o viceversa), luoghi prosperi in deserti, popoli abbandonati in popoli gloriosi, città in rovine, e popoli deboli in forti.
In tutti questi casi, assistiamo a un cambiamento sostanziale nella natura, o condizione dell’oggetto (cfr. per esempio Genesi 13:16; 21:13; 46:3; Esodo 14:21; Deuteronomio 10:22; Isaia 13:9; 42:15; Michea 1:6; 4:7), alla manifestazione del potere redentivo del Signore (cfr. per esempio Esodo 14:21; Salmo 78:43), alla Sua suprema autorità divina che trasforma (cfr. per esempio Genesi 27:37 45:8-9; 1 Samuele 8:5,12; 18:5, 13; 2 Samuele 17:25; 1 Re 10:9; 1 Cronache 11:25 Ester 8:2).
Il pastore Greg Laurie riflette su questo potere trasformativo divino, osservando come persone completamente cambiate dalla grazia di Dio lascino stupiti coloro che le hanno conosciute prima. Nella sua meditazione su Isaia 61:3-4, egli sottolinea che Dio può prendere una vita in rovina e trasformarla radicalmente, al punto che diventa impossibile immaginare come quella persona fosse prima dell’intervento divino.
Questa comprensione della trasformazione trascendente infonde una speranza incrollabile: nessuna circostanza è troppo arida, nessuna situazione troppo desolata per essere al di là della potenza rinnovatrice di Dio!
Le tue circostanze più aride non sono una sentenza finale, ma l’invito di Dio a mostrare la sua specialità: far sgorgare vita dall’impossibile.
Il deserto più sterile della nostra vita può, con un singolo atto della Sua volontà sovrana, sgorgare di acque vive.
Il Creatore che ha separato le acque all’inizio del tempo è lo stesso che può far fluire fiumi nel deserto della nostra disperazione, non come evoluzione graduale, ma come atto di potenza divina che irrompe nell’impossibile e lo trasforma.
Certamente la potenza onnipresente di Dio si estende a tutto il dominio della nostra esistenza umana.
Non c’è luogo in cui Dio, nella Sua sovranità, non possa intervenire per trasformare!
Questa sovranità assoluta è precisamente ciò che permette trasformazioni radicali della realtà creata.
Ciò che rende questo versetto così potente è che Dio non promette semplicemente un miglioramento marginale della nostra situazione.
Non dice che aggiungerà solo un po' d’acqua al nostro deserto per renderlo sopportabile.
Promette di trasformare completamente la natura della nostra circostanza: da un luogo di morte a un luogo di vita abbondante.
Questa trasformazione non è un semplice cambiamento, ma un atto di autorità divina che rimodella la realtà stessa.
Il teologo Walter Brueggemann sottolinea: “Questo non è un processo evolutivo, ma un atto creativo di Dio che riordina la realtà in modo radicale”.
Il contrasto ci parla anche di:
B) Benedizione immanente
In Ebraico, la parola tradotta come “deserto” (Midbār) nella Bibbia non indica semplicemente un luogo arido e sabbioso, ma un intero ecosistema caratterizzato da scarsità di acqua e vegetazione, pericolo e isolamento.
È il luogo di città abbandonate (cfr. per esempio Giosuè 15:61), di viaggiatori solitari (cfr. per esempio Geremia 9:1), di animali selvatici (cfr. per esempio Giobbe 24:5), di vegetazione spinosa (cfr. per esempio Giudici 8:7), di “terra non seminata” (cfr. per esempio Geremia 2:2) e “disabitata” (cfr. per esempio Giobbe 38:26).
Nessuna situazione è troppo desolata per Dio!
Anche nei luoghi più aridi e nelle circostanze più disperate della vita, Dio può intervenire e portare nuova vita.
Il salmista non si riferisce a un deserto specifico, ma evoca un’immagine potente familiare a chi conosce i deserti di Sin (Esodo 16:1), del Sinai (Esodo 19:1), di Paran (Numeri 10:12), di Giuda (Giudici 1:16), di Zif (1 Samuele 23:14), di Damasco (1 Re 19:15) e di Edom (2 Re 3:8), luoghi che rappresentano privazione e difficoltà nell’esperienza di Israele.
Anche la terra arida (wĕʾereṣ ṣiāyyah) indica una terra, un territorio secco, una terra senz’acqua (Giobbe 30:3; 38:27; Salmo 78:17; Isaia 35:1; 41:18; Geremia 50:12; 51:43; Sofonia 2:13) dove c’è carenza di precipitazioni, o di acqua; il termine enfatizza ulteriormente questa idea di siccità estrema, di un luogo privo di vita, un luogo desolato.
Questa espressione descrive appropriatamente il deserto attraverso il quale Dio guidò Israele, un luogo di aridità, siccità e profonda oscurità (Geremia 2:6).
Il contrasto è potente: questi luoghi aridi, simbolo di desolazione e morte vengono trasformati in “lago”, letteralmente “in un lago di acqua” (laʾăgam-mayim) e “sorgenti d’acqua” (lĕmōṣāʾê māyim), simboli di vita, fertilità e abbondanza.
Charles Spurgeon disse: “Quando Dio trasforma un deserto in una fonte d’acqua, è come se la Sua presenza facesse fiorire le rose nella sabbia”.
L’immagine delle rose che fioriscono nella sabbia è particolarmente potente per illustrare come Dio possa portare bellezza, vita e speranza nei luoghi più improbabili e aridi della nostra esistenza.
L’acqua nella cultura mediorientale antica era il simbolo supremo della benedizione divina, poiché senza di essa nessuna vita poteva prosperare.
Dove c’erano acqua e buona terra, la gente poteva insediarsi, trovare protezione nelle città, coltivare campi, piantare vigne e beneficiare della buona terra di Dio (Salmo 107:4-5, 36-37).
La loro abbondanza è dovuta alla benedizione di Dio, così come il loro aumento numerico (Salmo 107:38; cfr. Levitico 26:20,22; Isaia 49:19-20; 54:1; Ezechiele 36:30,33-37).
Perché il salmista enfatizza doppiamente la trasformazione da deserto e terra arida in un lago di acqua e fonte di acqua?
Al di là del parallelismo poetico, questa duplice immagine comunica un messaggio più potente: Dio non solo trasforma temporaneamente il paesaggio arido, ma lo cambia radicalmente, stabilendo nuove condizioni permanenti di fertilità e vita dove prima c’era solo desolazione.
Il salmista usa entrambe le immagini:
• Per enfatizzare la completezza della trasformazione:
Il “lago” rappresenta un’abbondanza d’acqua raccolta e visibile in superficie, mentre le “fonti”, o “sorgenti” rappresentano l’origine continua dell’acqua che sgorga dal sottosuolo.
Il secondo motivo è:
• Per illustrare diversi aspetti della provvidenza divina:
I laghi rappresentano la provvista immediata e visibile, le sorgenti rappresentano una provvista continua e duratura.
Infine:
• Per richiamare l’esperienza di Israele nel deserto, dove Dio fornì sia:
l’acqua raccolta, come le acque di Mara, acque amare, sgradevoli e imbevibili, probabilmente salate, che furono rese miracolosamente dolci (Esodo 15:23-25).
Mentre le sorgenti d’acqua richiamano l’episodio, in cui Mosè colpì la roccia, che rappresentava Gesù Cristo (1 Corinzi 10:4), da dove sgorga l’acqua viva della salvezza (Giovanni 4:10-14; 7:37-38) e ne uscì l’acqua per dissetare il popolo assetato e mantenerlo in vita (Esodo 17:5-6; Numeri 20:11).
Considerato insieme ai vv. 33-34, dove si parla del fenomeno opposto “Egli muta il deserto in lago e la terra arida in fonti d’acqua”, questa immagine sottolinea il ruolo di Dio, del Signore (Yahweh) come “Signore della vita e della morte”.
Viene sottolineato il Suo potere creativo universale, che trasforma la natura e la storia.
Il Signore è il Dio della provvidenza, Colui che controlla la natura (cfr. per esempio Salmi 29:3–9; 104:14-16, 27–28; 145:15-16; 147:8; Matteo 5:45; Atti 14:17).
Dio risponde ai bisogni umani fornendo terreni fertili e adatti alla coltivazione, affinché la vita umana possa essere possibile.
Allora possiamo dire che Dio non è solo trascendente, ma è anche immanente, è presente e operante nel mondo che ha creato, pur non essendone contenuto, né limitato da esso, un Dio che interviene nella storia dell’umanità e del Suo popolo.
Il Signore è al di sopra di tutto nella Sua sovranità, ma anche intimamente presente nelle nostre difficoltà.
Questa sacra tensione tra lontananza e vicinanza divina trova espressione nelle parole di Abraham Joshua Heschel, che scrive: “Dio è contemporaneamente lontano e vicino, al di là di tutte le cose e in tutte le cose. Le parole non Lo possono definire, eppure la nostra anima può parlare con Lui”.
Questa apparente contraddizione rappresenta in realtà il cuore stesso della relazione tra Dio e l’umanità: un Creatore infinitamente al di là della nostra natura e piena comprensione che sceglie liberamente di intervenire nella storia dell’umanità, un Essere eterno che entra nel tempo senza esserne limitato.
Come afferma Catherine LaCugna: “L’eternità di Dio non è distanza dalla creazione, ma profonda presenza in essa”.
Questa intuizione ci rivela che la grandezza divina non si manifesta nell’allontanarsi dal mondo, ma nel Suo profondo coinvolgimento con esso, senza perdere la propria trascendenza.
È proprio questa presenza simultaneamente intima e infinita che permette la trasformazione radicale descritta nel salmo.
È questo miracolo di presenza divina che trasforma i deserti della nostra esistenza in luoghi prosperosi di vita!
I deserti della nostra vita non sono mai l’ultima parola; proprio lì, dove tutto sembra arido, nuove acque possono sgorgare per l’immanenza, la grazia e la potenza di Dio!
Nel deserto più arido della vita, Dio fa sgorgare sorgenti inaspettate!
La grazia divina si manifesta più potentemente proprio nei luoghi di maggiore aridità.
La potenza trasformatrice di Dio risplende particolarmente nelle situazioni apparentemente senza speranza.
Dio trasforma un luogo ostile, realizzando un cambiamento sostanziale nella natura stessa dell’ambiente.
Con Dio, quando tutto sembra perduto nel deserto dell’esistenza, è proprio lì che possiamo scoprire la fonte della trasformazione divina.
I momenti di desolazione sono opportunità per sperimentare la potenza di Dio.
Proprio nei “deserti” della vita possiamo conoscere Dio in modi nuovi e più profondi.
Anzi, proprio nei deserti che possiamo sperimentare la Sua grazia e potenza in modo che non potremmo sperimentare altrove.
Il deserto della tua vita è soltanto il palcoscenico dove Dio mostrerà la Sua più grande opera di trasformazione.
Per un credente, i deserti spirituali nella sua vita non sono mai incidenti, ma sempre appuntamenti stabiliti da Dio affinché possa conoscerlo in un modo nuovo e più profondamente, come ha fatto Giobbe che alla fine della sua terribile sofferenza disse: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te,
ma ora l’occhio mio ti ha visto” (Giobbe 42:5).
CONCLUSIONE
In questa prima parte del nostro viaggio attraverso il Salmo 107:35, abbiamo esplorato il contesto di questo potente versetto e il contrasto straordinario che esso presenta.
Abbiamo visto come Dio, nella Sua sovranità trascendente, abbia il potere di trasformare radicalmente i deserti della nostra vita in lago e fonti d’acqua. e come la Sua immanenza ci assicuri che Egli è presente anche nei luoghi più desolati della nostra esistenza.
“Egli muta il deserto in lago, la terra arida in fonti d’acqua” non è solo una bella immagine poetica, ma una realtà divina che continua a manifestarsi.
Il Dio che ha guidato Israele attraverso il deserto, che ha trasformato le acque amare in acque dolci e ha fatto sgorgare acqua dalla roccia, è lo stesso Dio che oggi si china sulle nostre aridità per portare vita in Cristo, l’unico sacrificio e Sommo Sacerdote che ci rende favorevoli davanti agli occhi di Dio (cfr. per esempio Romani 8:32-34; 1 Timoteo 2:5-6; Ebrei 4:14-16; 7:22-28 10:10-14).
Mentre riflettiamo su questa verità potente, portiamoci nel cuore l’immagine di un Creatore che non ci abbandona nei nostri deserti, ma che trasforma proprio quei luoghi in oasi di vita.
Nella prossima predicazione su questo versetto, esploreremo come questa trasformazione divina si manifesta concretamente nelle nostre vite comunitarie e personali, e come possiamo rispondere a questo dono straordinario.
Il deserto non è mai l’ultima parola per chi confida nel Signore!
Quando tutto sembra perduto nel deserto dell’esistenza, è proprio lì che possiamo scoprire la fonte della trasformazione divina.
Qual è il deserto nella tua vita oggi? Forse è una relazione inaridita, un sogno che sembra morto, una situazione che ti appare senza via d’uscita, o forse un’aridità spirituale che ti fa sentire lontano da Dio.
Non c’è niente e nessuno che Dio non possa cambiare!
Non perdere mai la speranza in Dio!
La speranza che può cambiare la nostra “desolation row” in “un giardino rigoglioso”.
La trasformazione è all’orizzonte.
Preparate i vostri cuori, perché il Dio che trasforma i deserti in laghi sta per operare anche nelle nostre vite.
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