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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Malachia 1:6: Il responsabile della disapprovazione ai sacerdoti

 Malachia 1:6: Il responsabile della disapprovazione ai sacerdoti
Malachia 1:6 dice: “Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone; se dunque io sono padre, dov'è l'onore che m'è dovuto? Se sono padrone, dov'è il timore che mi è dovuto? Il SIGNORE degli eserciti parla a voi, o sacerdoti, che disprezzate il mio nome! Ma voi dite: ‘In che modo abbiamo disprezzato il tuo nome?’”

Questo versetto ci parla della disapprovazione del Signore degli eserciti ai sacerdoti d’Israele nel periodo di Malachia.

In questo versetto vediamo un’incoerenza molto comune e sempre attuale tra professione di fede e pratica, tra conoscenza e servizio per il Signore. 

Dopo aver parlato alla nazione nel suo insieme riguardo l’amore del Signore, cioè della sua elezione, il profeta ora si rivolge con franchezza ai sacerdoti d’Israele riguardo il loro ministero superficiale e infedele.

Il Signore aveva amato Giacobbe, il popolo d’Israele, li aveva fatti Suoi figli, ma sia i sacerdoti che il popolo non rispondevano con lo stesso amore, era ingrati!
Eugene Merril scrive a riguardo: “Sembra il massimo dell'ingratitudine per uno che è stato fatto figlio sulla base di nient'altro che la grazia, non rispondere con rispetto e obbedienza”.

Questi sacerdoti accettavano dalle persone e offrivano in sacrificio al Signore, animali con difetti che evidentemente il Signore non gradiva (Malachia 1:7-10), perché dovevano essere animali perfetti secondo le Sue disposizioni che aveva dato a Mosè molti anni prima (Levitico 1:3,10; 22:18–25; Deuteronomio 15:21).

Certamente possiamo prendere le distanze dalle violazioni di questi sacerdoti, ma oggi, non solo certi responsabili spirituali, ma anche molti cristiani, in modo diverso da quei sacerdoti, non glorificano il Signore!

Tutti in qualche modo siamo stati, e forse siamo incoerenti, perché non abbiamo messo, o non mettiamo in pratica ciò che crediamo!

Quando questo avviene il Signore ci disapprova come vediamo in questo capitolo di Malachia!

Per far capire la Sua disapprovazione, il Signore mediante Malachia, parla di due tipi di relazione: il figlio con suo padre e il servo con il suo padrone.

Queste due analogie quotidiane avrebbero avuto modo di far riflettere gli ascoltatori di Malachia.

Tutti sarebbero stati d’accordo che un figlio doveva onorare suo padre e che un servo doveva temere il suo padrone. 

Le due domande affermano che il Signore non riceve il giusto onore e timore.

Ma il Signore ha autorità su Israele sia come il Padre che l'ha adottato come Suo figlio (cfr. per esempio Esodo 4:22-23; Deuteronomio 8:5; Isaia 1:2; 43:6; 63:16; 64:8; Geremia 3:4,19; 31:9,20; Osea 11:1), e sia come Padrone al quale Israele è chiamato a servire (cfr. Esodo 3:12; 9:1; Esdra 5:11; Sofonia 3:9; Malachia 3:14). 

Andiamo a vedere da vicino queste due analogie.

Cominciamo con la prima analogia:
I PADRE E FIGLIO
“Un figlio onora suo padre”. 
“Se dunque io sono padre, dov'è l'onore che m'è dovuto?”

Tutti noi vogliamo il rispetto!
Dallo sportivo, al politico, ai genitori, ai figli, maschi e femmine, e così via!

Vogliamo che gli altri ci rispettino! 
E quando non siamo rispettati, ci offendiamo, o ci arrabbiamo!

Ma la domanda è: tutti rispettiamo Dio?

La frase Ebraica inizia con una congiunzione (w), che può essere intesa sia come “ma”, quindi “ma se io sono padre”, e in questo senso come contrasto al fatto che come Padre, il Signore non era onorato.

Oppure può essere intesto come “e”, o “allora”, oppure “quindi” come conseguenza, o conclusione, o progressione argomentativa logica per mettere in evidenza, così il senso potrebbe essere: “E, oppure allora se io sono Padre mi dovreste onorare!”.

L'affermazione "un figlio onora suo padre" può essere intesa come un proverbio, o un detto popolare, basato sul Decalogo (Esodo 20:12; Deuteronomio 5:16; cfr. Efesini 6:1–4; Colossesi 3:20–21).

Malachia potrebbe aver usato questo detto per convincere gli ascoltatori, e quindi a onorare come Padre praticamente il Signore degli eserciti.
Il Signore come “Padre” (ʾāḇ) è legato al Suo ruolo di Creatore (Deuteronomio 32:6; Isaia 64:8; Malachia 2:10), di Redentore (Deuteronomio 32:6; Isaia 63:16) e specificamente all’elezione d’Israele come Suo popolo eletto (Deuteronomio 32:8-9; Malachia 1:2; 3:17), del quale si sarebbe preso cura (Deuteronomio 32:10-14; Salmo 68:5-6; Geremia 31:9).

Il rapporto padre-figlio tra Dio e Israele fu affermato all'inizio della liberazione dell'Esodo, quando Mosè proclamò la parola del Signore al Faraone dicendo: "Israele è mio figlio, il mio primogenito... Lascia andare mio figlio" (Esodo 4:22-23; cfr. Osea 11:1). 

Per questo motivo, alcuni studiosi hanno pensato che questa analogia di padre-figlio si riferisca a un rapporto di alleanza, di patto, in cui Dio si sarebbe preso cura del Suo popolo e il Suo popolo avrebbe obbedito (cfr. per esempio Levitico 26; Deuteronomio 27-29).

Israele come figlio di Dio è stato sovranamente creato da Lui (cfr. per esempio Esodo 4:22; Deuteronomio 32:6,18; Geremia 31:9; Osea 11:1). 

Deve la sua esistenza all'azione creatrice del Signore per la Sua gloria (Isaia 43:7).

La nazione non è stata adottata dal Signore, ma è stata formata da Lui secondo la promessa fatta ad Abraamo (cfr. per esempio Genesi 12:1-3; Esodo 2:23-24; 6:1-9; Giosuè 24:2-3), quindi non poteva esistere senza l’azione creatrice del Signore. 

Dunque, Israele non è figlio per la sua scelta e determinazione, ma per la sua elezione da parte del Signore (cfr. per esempio Deuteronomio 7:6-8).

La relazione padre/figlio sarà menzionata ancora esplicitamente nel resto dell’Antico Testamento (cfr. per esempio Deuteronomio 1:31; 8:5; 32:6; Salmo 89:27; 103:13; Isaia 63:16; 64:8; Geremia 3:4,19; Malachia 2:10).

Ma in questo versetto, Malachia sottolinea l'autorità del Signore che i sacerdoti e Israele non avevano onorato con l’obbedienza secondo il patto e non solo quello con Israele, ma anche del sacerdote Levi, quindi i sacerdoti Leviti, con riferimento al loro ufficio e incarico distintivi di servire il Signore e il Suo popolo (Malachia 2:8; cfr. Deuteronomio 10:8-9; 33:8-11).

Parlando dell’obbedienza, Richard Lawrence scrive: “L'Antico Testamento descrive l'obbedienza come la risposta appropriata del popolo dell'alleanza di Dio alla sua rivelazione. In questo senso, l'obbedienza è l'espressione esteriore di un cuore che si è rivolto a Dio”.

Una risposta appropriata del popolo del patto, è riconoscere l’autorità di Dio come Padre al quale si deve dare obbedienza che proviene da un cuore sincero!

È anche evidente nella Bibbia, che ciò che ricerca il Signore, non è l’obbedienza parziale come questi sacerdoti, e nemmeno ritardata, ma l’obbedienza completa, urgente e sempre presente con tutto noi stessi fedelmente (cfr. per esempio Deuteronomio 10:12-13; 1 Samuele 12:20-24). 

Come in Malachia, Dio, altrove nell’Antico Testamento, è dispiaciuto che la Sua cura, o autorità paterna viene abusata, o ignorata da figli ribelli, infedeli, disobbedienti (cfr. per esempio Isaia 1:2; 30:9; Geremia 3:4,19).

Malachia sta dichiarando che i sacerdoti e il resto del popolo non stanno onorando il Signore degli eserciti!

Il verbo “onora” (yĕkabbēd - Piel imperfetto attivo) indica un’azione continua, abituale, un’azione in corso.

Quindi è una disobbedienza abituale, costante!

Il verbo “onora” in Ebraico, ha la stessa radice del sostantivo "gloria" o "peso" (kābôd).

La parola “onora” (kāḇēḏ) indica "essere pesante", quindi "essere importante", quindi anche “onorare”.

Così onorare il Signore significa riconoscerne l’importanza, il valore!


Se per te una persona è importante la onori! La rispetti!

Quando un figlio onora suo padre sta riconoscendo il suo "peso", la sua importanza, la sua autorità.

Per esempio, il quinto comandamento richiede ai figli di "onorare" il padre e la madre (Esodo 20:12; Deuteronomio 5:16), che includeva l'obbedienza dall'infanzia alla cura dei genitori fino alla vecchiaia.

E i figli che percotevano, o maledicevano i loro genitori dovevano essere messi a morte (Esodo 21:15,17; Deuteronomio 21:18–21). 

Ora, come Padre d'Israele, il Signore meritava e pretendeva che lo onorassero (cfr. per esempio 1 Samuele 2:30; Aggeo 1:8).

Ma evidentemente i sacerdoti e il popolo d’Israele in quel periodo storico, non lo stavano facendo con il Signore degli eserciti!

Noi leggiamo che il Signore degli eserciti dice: “Se dunque io sono padre, dov'è l'onore che m'è dovuto?”

Cioè, “l’onore che merito! Che mi si addice!”

“Onore” (kāḇôḏ) è gloria! 

Quindi la gloria dovuta al Signore! 

E indica ancora il riconoscere il peso, l’importanza e quindi l’autorità del Signore degli eserciti!

L’onore, è l'attribuzione di un rango, di una posizione elevata a una persona (cfr. per esempio Genesi 45:13; Proverbi 11:16).

È lo stato di essere altamente rispettato come autorità!

Secondo G. A. Smith: "Nel vecchio mondo semitico, anche per il genitore umano, l'onore era dovuto prima dell'amore".

La paternità, secondo l'uso semitico, connotava l'autorità piuttosto che l'amore, sebbene quest'ultimo non era affatto escluso.

Era una norma sociale generalmente accettata in tutto l'antico oriente che l'onore e il rispetto fossero dovuti ai genitori ancor prima dell'amore e dell'affetto. 

Se una corretta valutazione della posizione di un padre suscita un onore appropriato, così dovrebbe fare anche Israele, il figlio primogenito del Signore (cfr. per esempio Esodo 4:22–23; Deuteronomio 1:31; 14:1; Geremia 3:19; 31:9; Osea 11:1).

Nei molti riferimenti biblici dell’Antico Testamento che riguardano gli Israeliti come figli di Dio nella forma plurale, è che nella maggior parte delle circostanze, il popolo di Dio è oggetto dell'ira e del rimprovero del Signore, e il motivo come dice C. J. H. Wright è che: "Vengono meno al loro dovere di figli di vivere in obbedienza etica a Dio".

Dio non è contento se non gli siamo obbedienti come vuole Lui!

Noi dobbiamo obbedirgli se lo riconosciamo come nostro Padre!

Noi dobbiamo esitare a obbedirgli e quindi a glorificarlo! (cfr. per esempio Romani 11:36; 16:27; 1 Corinzi 10:31; Colossesi 1:16; Giuda 25). 

Anche la preghiera del Padre nostro c’insegna che dovremmo desiderare che il nome di Dio sia onorato quando prima di tutto Gesù insegna: “Sia santificato il tuo nome” (Matteo 6:9).

Il primo significato di “sia santificato il tuo nome” è: coloro che conoscono il Padre celeste devono onorarlo con la loro vita con un comportamento santo.

Il secondo significato di “sia santificato il tuo nome” è: il desiderio che il Dio santo sia riconosciuto tale e sia onorato in tutto il mondo.

“Sia santificato il tuo nome” indica allora, che Dio dovrebbe avere il proprio onore, di cui ne è degno, che gli uomini non dovrebbero mai pensare, o parlare di Lui senza la più grande riverenza. 
Esprime il desiderio che tutti stimino, ringrazino, adorino, esaltino e glorifichino Dio.

Ora se tu dici che Dio è tuo Padre perché hai creduto in Gesù Cristo (cfr. per esempio Giovanni 1:12-13), lo stai onorando?

La seconda analogia è:
II PADRONE E SERVO
“E un servo il suo padrone”. 
“Se sono padrone, dov'è il timore che mi è dovuto?”

Con quest’analogia, si voleva ancora attirare l’attenzione degli ascoltatori di Malachia che non si stavano comportando secondo gli standard di Dio, e quindi non stavano temendo il Signore degli eserciti.

Anche questa frase inizia con la stessa congiunzione (w), che può essere intesa sia come “ma”, quindi “ma se io sono padrone”, e in questo senso come contrasto al fatto che come Padre il Signore degli eserciti non era temuto.

Oppure può essere intesto come “e”, o “allora”, o “quindi” come conseguenza, o conclusione, o progressione argomentativa logica per mettere in evidenza, quindi “e, oppure allora se io sono Padrone mi dovreste temere!”.

La parola “servo” (ʿeḇeḏ) in Ebraico indica, una persona che lavora al servizio di un altro, un lavoratore a contratto nato libero (cfr. per esempio Esodo 21:2), o uno schiavo che è proprietà del suo padrone (cfr. per esempio Esodo 21:20-21). 

La parola Ebraica si riferisce a una persona subordinata a un superiore, quindi al suo padrone (ʾādônay), cioè una persona che ha autorità su altri (moglie, schiavi, sudditi - Genesi 18:12; 24:9,12; 31:35; Giudici 19:11); spesso come proprietario, quindi la posizione di colui che ha autorità.

I servi dovevano riconoscere la differenza di posizione sociale tra loro e i loro padroni, e di conseguenza, mostrare loro il dovuto timore. 

In senso spirituale, per esempio, Mosè (Malachia 4:4); Davide (1 Re 8:66); Israele (Levitico 25:55; Isaia 41:8–9; 42:18–22; 43:10; 44:1-5,21-23; Geremia 30:10; 46:27-28), erano servi del Signore, questo era considerato un privilegio!

Israele come servo doveva distinguersi con l’obbedienza al Signore e al Suo patto Mosaico, mediante il quale aveva lo aveva posto in questa relazione (cfr. per esempio Esodo 19:5-6; Deuteronomio 10:12,20; 28:47) per svolgere un ruolo missionario nel piano di Dio di farlo conoscere (cfr. per esempio 1 Cronache 16:24; Salmo 96:3; Isaia 43:21; Geremia 51:10).

Così anche nel Nuovo Testamento i credenti che seguono il Signore sono Suoi servi (cfr. per esempio Luca 1:38; Atti 2:18; Romani 1:1; 12:11) chiamati a proclamare le Sue virtù (cfr. per esempio 1 Pietro 2:9).

Il Signore degli eserciti dice: “Se sono padrone, dov'è il timore che mi è dovuto?”

“Padrone” (ʾădônîm) è al plurale con un significato singolare, nell’Ebraico denota intensità, nel senso che ha un significato più forte, o supremo, quindi che lo è in modo unico, o assoluto.

Oppure un plurale di maestà, nel senso che indica il dominio regale, la maestà di Dio nella pienezza del Suo potere, quindi l’illimitata grandezza e supremazia di Dio come Sovrano.

“Padrone”, allora sottolinea che Dio è proprietario della Sua creazione, quindi anche di noi, (cfr. per esempio Genesi 15:2; 18:3; Esodo 4:13; 5:22) e che è il Sovrano (cfr. per esempio Esodo 34:23; Giosuè 3:13; Isaia 1:24), ma riflette anche il Suo controllo e la Sua autorità (cfr. per esempio 1 Samuele 20:38) su tutto e tutti!

Dio è il Creatore, è come tale ogni cosa del creato è Sua! (Deuteronomio 10:14; Salmo 24:1-2).

Dio, come Padrone può giustamente richiedere la nostra obbedienza!

Robert Gildlestorne riguardo la parola “padrone” afferma: “La verità che Dio è il proprietario di ogni membro della famiglia umana, e che di conseguenza rivendica l'obbedienza illimitata di tutti”.

“Padrone” è il titolo del vero Dio che indica Colui che è il soprannaturale Signore sopra tutto e tutti davanti al quale la terra e ciò che contiene devono tremare!

Nel Salmo 114:7-8 vediamo la stessa parola tradotta con “Signore”, leggiamo: “Trema, o terra, alla presenza del Signore, alla presenza del Dio di Giacobbe, che mutò la roccia in lago, il macigno in sorgente d'acqua”.

Il Signore, il Padrone della creazione era presente e si prendeva in modo sovrannaturale cura del Suo popolo, come quando fece uscire l’acqua da una roccia per dissetarlo (Esodo 17:1–7; Numeri 20:1–11).

Come il Signore trasformò l'acqua del mare in terra asciutta (Salmo 114:3,5) tanto da farne una strada come via di salvezza per il Suo popolo, così dalla roccia dura scaturì l’acqua, perché nulla è impossibile per Lui!

Davanti un Dio così potente, tutta la terra dovrebbe tremare di paura (ḥûl) (cfr. per esempio Salmo 55:4; 77:16; 97:4).

Ma Dio non è solo il Padrone, il Signore, è “il Signore dei signori”, e questo indica l’altissimo status e il potere sovrano del vero Dio!

Infatti questo titolo, “padrone”, è la stessa parola che troviamo che Dio è il Signore dei signori!

Deuteronomio 10:16-17 dice: “Circoncidete dunque il vostro cuore e non indurite più il vostro collo; poichè il SIGNORE, il vostro Dio, è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e tremendo, che non ha riguardi personali e non accetta regali”.
In questo contesto, il popolo d’Israele è stato eletto dal Signore (Deuteronomio 10:14-15) e gli è richiesta una profonda trasformazione interiore, gli è richiesta la consacrazione.

Coloro che riconoscono il Signore come loro Dio, gli è richiesta la consacrazione, cioè una devozione, una dedicazione totale, assoluta e radicale al Signore!

E ancora questo titolo: “padrone”, quindi tradotto con “Signore” lo troviamo collegato al patto con cui Dio era legato a Israele.

In Giosuè 3:11 leggiamo: “Ecco, l'arca del patto del SIGNORE di tutta la terra sta per passare davanti a voi per entrare nel Giordano”.

Quindi, il Signore di tutta la terra è legato al Suo popolo attraverso un patto.

Poiché Dio è Padre e Signore nel Suo patto con il Suo popolo, è giusto che Israele lo onori e lo temi.

“Timore” (môrā) secondo alcuni studiosi indicherebbe “rispetto”, “riverenza”, mentre altri studiosi pensano si riferisca al “terrore”, “a uno stato di grande ansia e allarme”, “paura” (cfr. per esempio Genesi 9:2; Deuteronomio 11:25; Isaia 8:12-13, 13; Geremia 32:21). 

Lo studioso W. Vine riguardo la parola “timore” scrive: “È usato esclusivamente per la paura di trovarsi di fronte a un tipo di essere superiore. Di solito è usato per descrivere la reazione suscitata negli uomini dalle potenti opere di distruzione e sovranità di Dio (Deuteronomio 4:24). Quindi, la parola rappresenta una ‘paura’, o ‘terrore’ molto forte”.

Questo senso di paura per un potere più grande è evidente anche nei riferimenti a Dio che libera Israele con terrificanti dimostrazioni di potere (Deuteronomio 4:34; 26:8; 34:12; Geremia 32:21).

Certo qualcuno potrebbe dire che non possiamo aver paura di Dio perché siamo Suoi figli amati.

Questo è vero, ma dobbiamo pensare come è scritto in Deuteronomio 4:24 e come dice l’autore dell’epistola agli Ebrei, che Dio è un fuoco consumante, ed è per questo che dovremmo offrirgli un culto gradito con riverenza e timore (Ebrei 12:28-29).

Purtroppo come ha detto qualcuno: “Il fuoco consumante è stato addomesticato in una fiamma di candela”. 

Se consideriamo chi è veramente, il "timore" è la risposta appropriata a Dio (cfr. per esempio Malachia 2:5; 3:16; Genesi 22:12; Esodo 20:20; Deuteronomio 4:10; 10:12–13, 20; Giosuè 24:14; Matteo 10:28; Atti 9:31; 10:34–35; 2 Corinzi 5:11; 7:1), davanti al quale non possiamo nascondere i nostri pensieri e le nostre azioni (per esempio Genesi 16:13; Salmo 11:4; 33:13; Proverbi 15:3; Isaia 29:15). 

Come vediamo nella Bibbia, allora il risultato pratico del timore di Dio è la lealtà al patto (per esempio Deuteronomio 5:29; 6:2,13,24) e la santificazione (Malachia 3:5; Genesi 20:11; 22:12; 42:18; Esodo 1:17; 18:21; 20:20; Levitico 19:14; 25:17,36,43; Deuteronomio 25:18; Geremia 3:8; 32:40; Neemia 5:15).

In questo contesto, ancora una volta, vediamo che il timore è legato all’obbedienza alla volontà rivelata di Dio. 

Temere il Signore, è sinonimo di obbedienza, poiché fornisce una motivazione per vivere rettamente secondo i Suoi standard. 

Il timore di Dio è il principio, l’inizio di un comportamento saggio secondo gli standard di Dio (Giobbe 28:28; Salmi 111:10; Proverbi 1:7; Michea 6:9), a camminare in tutte le Sue vie, nella Sua verità!

S. R. Driver scrisse: "Il fondamento del temperamento religioso è il timore di Dio; questo porta con sé una disposizione naturale a 'camminare in tutte le sue vie' ([Deuteronomio] 8:6), e termina con la devozione di tutto l'essere al Suo amore e al Suo servizio". 
Dobbiamo sapere che beato è l’uomo che teme il Signore (Salmo 112:1), e dovremmo dire insieme a Davide: “O SIGNORE, insegnami la tua via; io camminerò nella tua verità; unisci il mio cuore al timor del tuo nome” (Salmo 86:11). 

Dunque, considerando le dinamiche relazionali e funzionali di padre/figlio e di padrone/servo, il Signore degli eserciti, non riceveva l'onore e il timore dovuto.

Ecco perché il Signore mediante il profeta riprende i sacerdoti!

CONCLUSIONE
John Benton scrive: “Se vi chiedessero di confrontare il vostro amore presente per il Signore con quello che avevate per lui quando siete stati salvati all’inizio, mi chiedo quale sarebbe la vostra risposta sincera? Di più? Più o meno lo stesso? Oppure, con il passare degli anni, è diminuito il vero affetto del cuore per Lui? Malachia sta accusando Israele e dice che, nonostante l'incredibile amore di Dio per loro, il loro amore per Dio è in terribile declino. I loro cuori sono nel gelo”.

Voglio chiederti: Il tuo amore per il Signore oggi è in declino?

Il tuo cuore è di ghiaccio per il Signore degli eserciti?

Gesù rimproverò la chiesa di Efeso perché aveva abbandonato il primo amore! (Apocalisse 2:4).

La chiesa di Efeso benché era ferma nella sana dottrina, aveva abbandonato però il primo amore, cioè l’entusiasmo, la passione, per Dio, per la chiesa e per i non credenti che avevamo all’inizio della loro conversione!
 
La chiesa di Efeso aveva perso quell’amore iniziale benchè fossero radicati nella sana dottrina!

Così si può essere nella sana dottrina, senza avere il primo amore per Dio!

Hai perso questo primo amore?

Se tu riconosci e credi che il Signore degli eserciti è tuo Padre e il tuo Signore, allora questa tua professione di fede deve essere praticata onorandolo e temendolo!

Altrimenti la tua vita di fede è incoerente, ipocrita come quella dei sacerdoti a cui si riferiva Malachia!

Allora considerando tutto questo, in primo luogo:
1) Fermati un attimo a riflettere se stai vivendo freneticamente senza onorare e temere il Padre e il Signore.

Non mi riferisco solo alle attività secolari, ma anche nella tua vita cristiana.
Come questi sacerdoti a cui si riferiva Malachia puoi essere molto impegnato nel servizio cristiano, ma se non lo sei secondo il Signore degli eserciti, come quei sacerdoti, non sei approvato da Lui.

Essere molto impegnati per il Signore non vuol dire essere approvati automaticamente da Lui, se non lo stiamo servendo come vuole Lui!

Dovremmo impegnarci a fare tutto ciò che facciamo, non nel modo che potrebbe sembrare meglio per noi, ma nel modo che sarà più gradito a Dio (cfr. per esempio Colossesi 1:10).

Le parole di Gesù in Matteo 7:21-23 dovrebbero farci riflettere molto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?’Allora dichiarerò loro: ‘Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!’”

Allora fermati e rifletti su come stai servendo il Signore, se lo stai onorando e temendo veramente secondo la Sua volontà!

Così:
2) Focalizza il Signore degli eserciti per quello che è, e agisci di conseguenza 

Considera che il Signore degli eserciti è tuo Padre e il tuo Signore con tutte le implicazioni che questo comporta!

Se il Signore degli eserciti è tuo Padre: onoralo!
Se il Signore degli eserciti è il tuo Padrone: temilo!

Il tutto deve essere fatto con cuore integro e sincero! (cfr. per esempio 1 Cronache 28:9; 29:19; Isaia 29:13; Matteo 5:8).

Infine:
3) Presta attenzione in tutte le circostanze, o aree, della tua vita
Dovunque ti trovi: a casa, a lavoro, nel tempo libero, se ti trovi con credenti, o con non credenti, sei chiamato a onorare e a temere il Signore degli eserciti. 
 
Non puoi onorarlo e temerlo solo in certe circostanze, per esempio solo la domenica mattina e il resto della settimana comportarti come ti pare!

Ma sei chiamato a onorarlo e a temerlo sempre e in ogni luogo!

Sei chiamato a fare tutto alla gloria di Dio, ci dice Paolo in 1 Corinzi 10:31!



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