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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Osea 1:10-2:1: La riconciliazione di Dio con il Suo popolo

 Osea 1:10-2:1: La riconciliazione di Dio con il Suo popolo

In questi versetti Dio decide di ribaltare il giudizio dei vv.2–9 con la riconciliazione con il Suo popolo.

Si passa bruscamente dalla cupa realtà del giudizio presente dovuta all’infedeltà spirituale del popolo di Dio, alle promesse di speranza della riconciliazione futura.

Si passa da un passaggio di oracolo di giudizio alla promessa della salvezza futura.

Si passa da un “voi non siete mio popolo” a “siete figli del Dio vivente” che culmina al capovolgimento incoraggiante dei nomi dei figli da “Lo-Ammi” (non mio popolo) ad “Ammi” (mio popolo) e da “Lo-Ruama” (che non ottiene compassione) a “Ruama” (che ottiene compassione).

Questo passaggio è del tutto inaspettato e immeritato, e qualcuno lo ha definito la “teologia della grazia illogica”.

Profeticamente possiamo vedere questo testo con tre fasi.

La prima fase è il ritorno dall’esilio Assiro e Babilonese (per esempio Esdra-Neemia; Isaia 11:12; 40:11; Geremia 3:18; 29:14; Ezechiele 11:17; 37:22; Osea 11:11; Gioele 3:1; Amos 9:9-15; Michea 4:6), anche se rimane parziale per tutto Israele.

La seconda fase è l’incarnazione di Gesù come il Messia il compimento delle promesse ad Abramo (Luca 1:55), a Davide (Luca 1: 32-33) e al popolo attraverso i profeti (Matteo 1:23; 2:6). 

La terza fase con la formazione della chiesa (Romani 9:25-26; 1 Pietro 2:10). 

Cominciamo a vedere:

I IL RIPRISTINO DELLA BENEDIZIONE (v.10) 

Prima di tutto consideriamo:

A) La comparazione

Nel v.10 leggiamo: “Tuttavia, il numero dei figli d'Israele sarà come la sabbia del mare”. 

“Tuttavia” (wĕ) è una congiunzione che contrasta con quanto detto prima e cioè il giudizio di Dio per il Suo popolo simboleggiato dai nomi che aveva ordinato a Osea di dare ai suoi figli (Osea 1:3-9).

Quindi c’è un’inversione e viene usato un linguaggio di benedizione dopo la maledizione.

Qui “figli d’Israele (bĕnê-yiśrāʾēl) significa l'intera nazione. 

Nei vv.6-7 e 11 Israele e Giuda sono distinti.

“Come la sabbia del mare” ci ricorda l’espressione della benedizione di Dio sui patriarchi riguardo la loro discendenza (Genesi 22:17; 32:12).

“Come la sabbia del mare” ci ricorda ancora l’espressione della benedizione della crescita di Israele durante la cattività in Egitto (Esodo 1:7).

“Come la sabbia del mare” ci ricorda ancora la benedizione della crescita d’Israele come nazione in Canaan (1 Re 4:20).

In Osea 1:9-2:1 il Signore promette la rinascita del Suo popolo dopo il giudizio, l’esilio prima del Regno del Nord in Assiria (per esempio 2 Re 18:11-12), e poi con l’invasione Babilonese del regno del Sud, quello di Giuda in Babilonia a causa delle trasgressioni del popolo di Giuda (per esempio 2 Re 24:10-25:21; Lamentazioni 1:5).

Ma proprio come Israele crebbe numeroso in Egitto e Dio si ricordò del Suo patto con Abraamo, Isacco e Giacobbe e li liberò dalla schiavitù (Esodo 2:23-25), ora la necessità più importante per l'uditorio di Osea era rinnovare il patto con Dio che si era una volta rivelato come l’IO SONO (Esodo 3:14-15).

Il v.9 si era concluso con le parole del Signore di giudizio: “Chiamalo Lo-Ammi, perché voi non siete mio popolo e io non sarò per voi” e come abbiamo visto nella precedente predicazione, si riferiva al patto che Dio stabilì con Israele, al rapporto che aveva con esso scegliendolo come Suo popolo e Lui sarebbe stato il Suo Dio (cfr. Esodo 6:7; 19:4-6).

Ora la frase: “Tuttavia, il numero dei figli d'Israele sarà come la sabbia del mare” ci parla del ripristino di quel patto. 

Vediamo:

B) La specificazione

Sempre al v.10 troviamo scritto: “Che non si può misurare  né contare”. 

La formula “come la sabbia del mare” era un'espressione usata per indicare innumerevoli persone (cfr. Giosuè 11:4; Giudici 7:12; 1 Samuele 13:15; Geremia 15:8), una metafora per indicare i grandi numeri, infatti i discendenti d’Israele saranno così numerosi che non si potranno misurare e contare. 

Per il giudizio di Dio la popolazione sarebbe stata decimata con la guerra dall’esercito Assiro e i sopravvissuti deportati (cfr. Isaia 10:20; cfr. Osea in 4:3, 10; 9:12, 16; 13:16).

 Dunque “come la sabbia del mare” è una visione di speranza futura oltre il tempo della distruzione. 

Il rigetto del Signore per Israele non sarà per sempre, non abbandonerà del tutto il Suo popolo con il Suo giudizio imminente attraverso gli Assiri.

Il miracolo futuro di Dio realizzerà questa promessa, è un messaggio nuovo che proclama una completa trasformazione del giudizio del Signore (Osea 1:4-6,8-9; 4:3,10; 9:12,16; 14:1) da una diminuzione della popolazione all’aumento del loro numero, che indica l'abrogazione di questo giudizio.

Quest’affermazione che Dio aumenterà il numero del Suo popolo al di là di ogni calcolo, non solo assicura la fedeltà di Dio alla Sua promessa e al Suo popolo, ma prevede anche l'inclusione di un numero innumerevole di Gentili, cioè non-Giudei secondo la promessa fatta ad Abraamo (Genesi 12:3; 22:17-18) ed è importante nella teologia di Paolo (cfr. Isaia 54:1; Galati 4:26-28). 

Paolo nell’epistola ai Romani, applicherà la profezia di Osea “Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: ‘Voi non siete mio popolo’, sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’” ai Gentili (Romani 9:26).

Anche Pietro usa il linguaggio da Osea. 

Leggiamo in 1 Pietro 2:10: “Voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia”.

A riguardo James Hamilton scrive: “Un nuovo popolo di Dio è stato formato attraverso un nuovo esodo, ed essi sono il nuovo tempio mentre intraprendono un nuovo soggiorno verso una nuova terra, i nuovi cieli e terra”.

Secondo il Nuovo Testamento, il popolo di Dio è diventato davvero la sabbia del mare in relazione al Nuovo Patto di Gesù Cristo. 

Israele e tutte le nazioni attendono ancora la salvezza finale (Romani 11:26; Apocalisse 7:9–10). 

Dunque la Parola di Dio attraverso Osea tende al futuro.

Consideriamo:

II IL RIBALTAMENTO (v.10)

Nel giudizio Dio rimane fedele e compassionevole.

Fa parte del potere sovrano del Signore invertire completamente qualsiasi cosa (per esempio Isaia 35; 41:17-20) come anche lo status del popolo del patto.

Nel ribaltamento vediamo le parole e le promesse.

Cominciamo a vedere:

A) Le parole

Leggiamo ancora al v.10: “Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: ‘Voi non siete mio popolo’, sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’”. 

Ci sarà un capovolgimento di parole, nel v.9 riguardo il nome del terzo figlio secondo l’ordine del Signore è scritto: “Chiamalo Lo-Ammi, perché voi non siete mio popolo e io non sarò per voi”.

Questo significa che non sarà l’iniziativa, o la forza del popolo, ma è per opera della grazia e della potenza del Dio vivente che ristabilirà, o che riparerà la rottura nella relazione del patto come simboleggiata dal nome "Lo-Ammi”, cioè “Non mio popolo” (v.9).

La promessa: “‘Voi non siete mio popolo’, sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’” è una dichiarazione sulla natura della nazione d’Israele.

Ma c’è un’altra interpretazione “invece di dir loro” alcuni interpretano “nel luogo” è questo perché le parole ebraiche (bimqôm – nel luogo) possono indicare appunto “il posto”, “il luogo”, e in questo senso “nel luogo” dove avevano ricevuto la dichiarazione che non erano il popolo di Dio, ora sempre nello stesso luogo, riceveranno la dichiarazione che sono figli del Dio vivente.

“In questo luogo” di giudizio, di rifiuto, il Signore riaffermerà il Suo impegno verso il Suo popolo!

Comunque sia: “sarà detto” (yēʾāmēr – nifal imperfetto passivo) indica qualcosa che viene detta abitualmente in particolare nei commenti sui nomi (cfr. Genesi 10:9; 22:14)

“Dio” (ēl) si riferisce all'essere soprannaturale, trascendente che ha originato e governa l'universo; l'oggetto del culto Israelita.

Questo nome significa “il Forte”, o “Essere forte” e sottolinea la potenza e il potere di Dio (Giosuè 22:22), la grande potenza di Dio!

È associato all’uscita miracolosa di Israele dall'Egitto (Numeri 23:22). 

In Deuteronomio 10:17 è associato al fatto che Dio è al di sopra di ogni divinità, è scritto: “Poiché il Signore, il vostro Dio, è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e tremendo, che non ha riguardi personali e non accetta regali”.

Questo versetto di Deuteronomio, enfatizza la grandezza trascendente di Dio e il Suo carattere in relazione all'uomo. 

“È il Dio degli dèi, il Signore dei signori” nell’ebraico esprime una costruzione superlativa in modo che il senso sia: "Il Dio supremo e il Signore assoluto". 

Dio è “Dio” nel senso più pieno e completo ed è il Signore assoluto; il Sovrano illimitato su tutti i poteri in cielo e sulla terra (cfr. Salmo 95:3). 

Sottolinea l'assoluta unicità e incomparabilità del Signore e il Suo diritto esclusivo alla sovranità sul Suo popolo (cfr. Deuteronomio 3:24; 4:35.39).

Associato a “grande, forte e tremendo” enfatizza ancora di più la Sua onnipotenza che dobbiamo temere!

Il Signore è più potente di qualsiasi altro dio, supera tutti gli ostacoli, anzi non ha ostacoli! 

Possiamo allora dipendere da Dio tranquillamente e confidare nel Suo aiuto potente! 

Colui che è la nostra forza, possiamo essere certi che possiamo affrontare qualsiasi cosa (Filippesi 4:13).

Osea dice: “Vivente” (ḥāy- cfr. Deuteronomio 5:26; 1 Samuele 17:26,36; 2 Re 19,16; Isaia 37:4,17; Geremia 23:36; Atti 14:15; Apocalisse 19:4), ed è in enfasi come per indicare c’è, è vivo e presente e si prende cura dei Suoi figli veramente. 

Pietro c’incoraggia a portare a Dio tutte le nostre preoccupazioni perché ha cura di noi! (1 Pietro 5:6-7).

Dopo le parole consideriamo:

B) La promessa

Leggiamo ancora al v.10: “ ‘Voi non siete mio popolo’, sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’”. 

Il cuore di questa buona notizia è la riconciliazione come puro atto della misericordia di Dio che annulla l’estraneità, la separazione esistente. 

Derek Kidner crede che il senso è quella della parabola del figliol prodigo (Luca 15:24), scrive: “Lo stato d'animo è quello della grande parabola, come per dire: ‘Questi miei figli erano morti e sono tornati in vita; erano perduti e son stati ritrovati’”.

Le parole di Osea 1:10 descrivono la ribellione e l’idolatria d’Israele e le sue conseguenze nel Cantico di Mosè in Deuteronomio 32:19-21 leggiamo: “Il Signore lo ha visto, e ha rinnegato i suoi figli e le sue figlie che l'avevano irritato;

e ha detto: ‘Io nasconderò loro il mio volto e starò a vedere quale sarà la loro fine; poiché sono una razza perversa, sono figli infedeli. Essi mi hanno fatto ingelosire con ciò che non è Dio, mi hanno irritato con i loro idoli vani; e io li renderò gelosi con gente che non è un popolo, li irriterò con una nazione stolta”.

Osea 1:10 guarda al passato proiettandosi verso il futuro.

Osea attinge al passato per indicare l'adempimento delle sanzioni del patto contro la disobbedienza (per esempio Deuteronomio 28:15-68).

Egli attinge anche a queste parole e concetti per indicare il giorno in cui la maledizione sarà sostituita da un’abbondanza di benedizioni (Osea 2:14–23; 6:1–3; 11:8–11; 14:1–8).

Commentando i vv.10-11 John Goldingay scrive: “Tipiche delle promesse profetiche, queste promesse riprendono gli impegni fondamentali e storici di Yahweh e li riaffermano in questa nuova situazione. Esse indicano che Dio non abbandonerà mai definitivamente il suo popolo”.

Dio è fedele dunque anche se siamo infedeli (cfr. per esempio Deuteronomio 7:9; Lamentazioni 3:23; 2 Timoteo 2:13), ma questo non ci autorizza a essergli infedeli (cfr. Per esempio Apocalisse 1:9; 2:10).

Dio è vivente! Si è rivelato e ha parlato e parla attraverso la Bibbia.

“Dio vivente” è un pensiero centrale nella Bibbia.

L'espressione “Dio vivente” (ēl ḥāy) suggerisce che il Signore è attivo e dinamico; vuol dire che quello che dice fa, quello che promette adempie!

Noi dobbiamo affrontare i problemi della vita confidando nelle promesse di Dio.

È significativo che Osea descriva Israele come un gruppo numeroso e copioso di “figli” piuttosto che un “figlio” collettivo singolare come quando si parla del popolo di Israele che Dio fece uscire dall’Egitto (cfr. Osea 11:1). 

Ci troviamo davanti un contrasto tra “figli di prostituzione” e “figli di Dio”.

Il Signore trasforma così la condizione del Suo popolo da "figli di prostituzione" (Osea 1:2), cioè all’adulterio spirituale del popolo, all’idolatria e per questo saranno giudicati (cfr. Osea 5:7; 9:10-17; 11:5-7; 13:1-3), in "figli del Dio vivente". 

Studiosi interpretano che figli del Dio vivente sono tutti gli Israeliti, cioè persone provenienti sia da Giuda che da Israele.

Cosa spinge Dio, oltre la Sua fedeltà a fare e ad adempiere queste promesse di restaurazione, o riabilitazione del Suo popolo?

Certamente è anche la Sua compassione come indicato dal nome “Ruama” (Osea 2:1).

Ora la frase "figli del Dio vivente" è importante per tre motivi. 

In primo luogo "figli del Dio vivente" afferma che: 

(1) Il loro status è riabilitato e sono riconosciuti da Dio come suoi 

Osea non si riferisce alla generazione idolatra a cui fa riferimento la punizione di Dio, ma a quella futura.

Quando il Signore aveva detto a Osea di chiamare suo figlio “Lo-Ammi” per rappresentare simbolicamente il Suo popolo come “non popolo Suo”, si applica solo alla condizione del popolo ai tempi di Osea. 

Questo è quello che pensa Thomas McComiskey: “Le parole di Osea qui sono cruciali per la comprensione della sua teologia della speranza. I suoi oracoli profetici sembrano presagire un giudizio assoluto, ma questo era così solo per la sua generazione incredula…. Dio avrebbe preservato un popolo, e da esso sarebbe nata una moltitudine innumerevole”.

Nelle parole "Dio vivente" è implicito il riconoscimento che è il potere miracoloso vivificante di Dio rende possibile una nuova vita per questa nuova generazione. 

Questo titolo conferisce alle persone un'identità come "figli", e quindi anche il riconoscimento della loro relazione con Dio. 

Segna implicitamente il rinnovamento, o la restaurazione della relazione tra Dio e Israele attraverso il patto.

La promessa che il Signore aveva fatto ad Abraamo è per sempre (Genesi 13:15; 17:7-8, 13, 19; 48:4). 

Dio afferma che anche se può abbandonare una generazione disobbediente non invalida la Sua promessa nonostante i peccati (cfr. Levitico 26:33,44-45).

La fedeltà di Dio alla Sua promessa insieme alla Sua compassione, misericordia secondo il patto è stata la causa della salvezza del Suo popolo dallo sterminio!

In secondo luogo:

(2) “Dio vivente" appare spesso in un contesto di conflitto militare tra Israele e le nazioni

La vita è ciò che differenzia il Signore dagli idoli.

"Dio vivente" indica il "vero Dio" che è in grado di dare la vittoria, in contrasto con gli idoli senza vita (Deuteronomio 5:26; Giosuè 3:10; 1 Samuele 17:26; 2 Re 19:4,27; Isaia 40:18-20; 41:5-7; 44:9-20; 46: 5-11; Daniele 6:26) che Israele seguiva (Osea 4:12; 8:4-6). 

Per esempio in Geremia 10:10 è scritto: “Ma il SIGNORE è il vero Dio, egli è il Dio vivente, e il re eterno; per la sua ira trema la terra, e le nazioni non possono resistere davanti al suo sdegno”.

Il Dio che crediamo, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, è sempre vittorioso in virtù della Sua Onnipotenza, saggezza, eternità e immutabilità!

Affidiamoci completamente al Dio che si è rivelato nella Bibbia!

In terzo luogo:

(3) "Dio vivente" significa anche che Dio è il Signore della vita e capace di dare la vita (cfr. Salmo 42:2; 84:2; Osea 6:2; 13:14). 

In contrasto con gli idoli morti, Dio è Colui che fa vivere (Osea 6:1-3; 14:5-8, cfr. Genesi 1-3; Atti 17:25-28) e morire (cfr. Deuteronomio 32:39; 1 Samuele 2:6-7).

Come vittorioso e datore di vita, che possiede il potere di dominio sulle potenze, il Signore onnipotente, scaccerà l'usurpatore, Baal, e riconquisterà la Sua famiglia (cfr. Osea 2:5-13).

Dunque “Dio vivente” è usato contro l'idolatria per affermare che il Signore è realmente presente e attivo, al di sopra di tutti e tutto.

Dio a differenzia dagli dèi muti della credenza pagana è veramente vivo e attivo (cfr. Deuteronomio 5:26; Giosuè 3:10; Geremia 10:10; Daniele 6:20,26).

Dio è la fonte ultima di tutta l'esistenza e il solo che può realmente impartire la vita agli altri, e di conseguenza chi ne è consapevole lo celebra mandando grida di gioia (cfr. Salmo 84:2; Romani 9:26).

Il popolo della futura promessa esisterà solo grazie alla potenza vivificante del Signore, esso diventerà incommensurabilmente numericamente grande e tra questi ci siamo anche noi se facciamo parte della chiesa di Gesù Cristo che ha acquistato con il Suo sangue! (cfr. Atti 20:28).

Pertanto, se fai parte della chiesa del Signore celebralo con gioia e servilo, se hai sperimentato che il Dio vivente!

I veri cristiani hanno sperimentato, per grazia di Dio mediante il Suo Spirito, che Dio è vivo e vero con la loro adozione: Dio li ha fatti Suoi figli grazie a Gesù Cristo e allo Spirito Santo, e ci dato loro la vita eterna (cfr. Giovanni 1:12-13; 3:16; Romani 8:14-17; Galati 4:4-6; 1 Tessalonicesi 1:9). 

Se hai ricevuto lo spirito di adozione, sei un figlio di Dio, per cui puoi gridare: “Abbà, Padre”. 

Come suo figlio sei anche erede di Dio e coerede di Cristo (Romani 8:15-18).

Vediamo ora:

III LA RIUNIFICAZIONE (v.11) 

Nel v.11 è scritto: “I figli di Giuda e i figli d'Israele si raduneranno, si daranno un unico capo e marceranno fuori dal paese; perché sarà grande il giorno di Izreel”.

In questo versetto vediamo tre promesse.

Vediamo prima di tutto la promessa del:

A) Raduno

Il v.11 dice: “I figli di Giuda e i figli d'Israele si raduneranno”.

La prima e la più significativa profezia, o promessa è la riunificazione dei regni del Nord (Samaria, o Israele, o Efraim) e di Giuda, in contrasto con i loro destini divergenti annunciati in precedenza (cfr. vv.6-7). 

La visione di Giuda e di Israele (Efraim) che si riuniscono appare nella visione in Ezechiele 37:15-23 (cfr. Isaia 11:12-13; Geremia 3:6-18; 23:6; 30:3; 31:27-34; Ezechiele 48:1-35).

I due regni sono distinti per evidenziare la loro futura unione sotto un solo capo dopo che erano sati divisi per tanto tempo nel periodo di Geroboamo (1 Re 12).

Dunque c’è un’inversione per la grazia di Dio del declino della popolazione di Israele in seguito alla deportazione.

“Si raduneranno” (niqŏbbĕṣû – Nifal weqatal passivo) ricorda il raduno delle famiglie dei figli di Giacobbe quando li ha benedetti in Egitto (Genesi 49:1-2; Deuteronomio 33:5).

Il verbo “radunare” (qāḇaṣ) nei testi profetici si riferisce solitamente al ritorno di Israele dall'Assiria e/o da Babilonia (cfr. per esempio Isaia 11:12; 40:11; Geremia 29:14; Ezechiele 37:22; Osea 11:11). 

Il senso potrebbe essere quella di un’assemblea, di un raduno con un’unità di intenti dei partecipanti (cfr. per esempio 1 Samuele 7:6; Neemia 5:16). 

Ma questi versetti vanno oltre questo aspetto, infatti i ritorni storici dall'esilio si avverarono in modo parziale (Esdra 1-10; Neemia 9:36–37; 13:6–28). 

La questione dell'esilio di Israele e del ritorno parziale nella terra fino ad arrivare ai nostri giorni all'istituzione dello stato di Israele in Palestina, è sicuramente un precursore della riunione finale.

Come già detto, vi è una componente più ampia e riguarda la chiamata alla salvezza tra i Gentili insieme a quelli dai Giudei secondo la promessa fatta ad Abraamo in Gesù Cristo (Romani 9:24-26; cfr. Romani 4:9-25; Galati 3:8-9,16-18,25-29) come applica Paolo questo passaggio di Osea.

Il Signore con questa promessa va oltre l’aspetto imminente, guarda al futuro escatologico per tutto il Suo popolo, a una riunificazione della fine dei tempi (cfr. Romani 11:25-32)

Dunque i figli di Giuda e i figli d'Israele saranno uniti in una sola chiesa, insieme ai Gentili in Cristo Gesù mediante la fede siamo discendenza di Abraamo eredi secondo la promessa.

Poi vediamo la promessa del:

B) Ripristino

Leggiamo ancora al v.11: “Si daranno un unico capo”.

Noi vediamo un altro aspetto della restaurazione di Israele: il ripristino di un unico capo per entrambi i regni dopo il loro raduno.

Il popolo sceglierà piuttosto che un “re” (cfr. Deuteronomio 17:14-15; 1 Samuele 8:5), un unico capo.

Secondo alcuni studiosi, “capo” (rōʾš) sminuisce i toni militari associati a “re” (cfr. 1 Samuele 8:20; 2 Samuele 8:1-20) a favore di un capo tribù più simile a Mosè (per esempio Numeri 14:4), o capi famiglie durante il tempo di Mosè (Esodo 6:14; cfr. Numeri 1:16; Deuteronomio 1:13) o Iefte (Giudici 11:8).

Ma Osea 3:1-5 descriverà questo leader esplicitamente come un “re” davidico, messianico (2 Samuele 7:12-16; Isaia 9:6–7; 11:1–2, 10; Geremia 23:5; 30:9; 33:17, 20–22, 26; Ezechiele 34:23–24; 37:22-24; Amos 9:11; Michea 5:1–2). Gesù è il Messia della stirpe di Davide (cfr. Matteo 1:1; Atti 2:29-36). 

Dopo tutto, il re è anche un capo com’è scritto nel Salmo 18:43 (cfr. Giobbe 29:25), dove fra l’altro troviamo lo stesso verbo “daranno” (śāmû – qal weqatal attivo), cioè nomineranno, o costituiranno un capo, nel Salmo è il Signore che costituisce Davide capo delle nazioni.

Ciò che vediamo nel Nuovo Testamento è Dio che raccoglie gli eletti per la Sua sola grazia (Giovanni 6:37-43; Romani 8:29-30; cfr. Isaia 40:11; Ezechiele 34:11-16); perché senza Dio non possiamo fare nulla (cfr. Salmo 127:1-2; Giovanni 15:5), riconoscendo Gesù Cristo come loro Signore (cfr. Giovanni 6:40; Romani 10:9-10).

Infine c’è la promessa del:

C) Ritorno 

Nel ritorno c’è:

(1) Il movimento

“E marceranno fuori dal paese” dice il v.11.

Non è facile capire il significato di questa frase perché la parola tradotta qui con “marceranno” (ʿālû) può avere diversi significati. 

È stato interpretato in diversi modi:

(a) Un nuovo esodo

“Marceranno” (ʿālû) è stato interpretato come un modo di dire per la conquista militare (cfr. per esempio Giosuè 10:9; 15:15; 1 Samuele 13:15; 1 Re 15:19), con il significato che “andranno via dal paese” come indicato in Esodo 1:10.

Il contesto più ampio di Esodo 1 narra il timore del Faraone riguardo gli schiavi Israeliti che erano diventati più numerosi e più potenti di loro (Esodo 1:9), avrebbero combattuto contro di loro e poi avrebbero preso possesso del paese (Esodo 1:10). 

Alcuni studiosi vedono Osea 1:11 come un nuovo Esodo degli esuli dispersi dopo il primo dall’Egitto.

La parola è usata in Osea 2:15 per indicare l’uscita dall’Egitto.

Questo “nuovo esodo” si riferisce allora a una rinascita spirituale.

Un nuovo Mosè guiderà un nuovo esodo non dall'Egitto, ma dall'Assiria e da Babilonia (cfr. Deuteronomio 18:15,18; 34:10; Isaia 11:16; 43:16 –21; Osea 2:15; 11:1,5,11; Michea 7:15). 

Quindi marceranno fuori dal paese è ritorneranno nella terra promessa dall’esilio.

Un’altra interpretazione è:

(b) Prendere il possesso del paese

Come già detto “marceranno” (ʿālû) è stato interpretato come un modo di dire per la conquista militare.

In questo senso questa promessa potrebbe riferirsi alla riconquista delle nazioni circostanti e al ristabilimento del più grande impero davidico (2 Samuele 8).

In questo senso “terra” si riferisce alla terra d’Israele (Osea 1:2; 2:18; 4:1,3). 

La quarta interpretazione è:

(c) Una resurrezione

Secondo questa interpretazione, “paese” cioè terra s’intende l’oltretomba, il regno dei morti (cfr. Genesi 2:6; Giobbe 10:21-22; Salmo 139:15; Isaia 44:23), e interpreta il passaggio come un riferimento alla risurrezione di Israele dalla morte di prigionia e di giudizio alla rinascita di Israele, cioè alla riunificazione dei due regni, quello del nord (Israele) e quello del sud (Giuda) sotto il re Davide, (cfr. Ezechiele 37). 

Potrebbe essere la più accreditata se pensiamo che la parola Ebraica per “marceranno” (ʿālû) può avere anche il significato di un ritornare dai morti così Giona lo usa quando era negli abissi, quando dice “ Mi hai fatto risalire dalla fossa” quando era nel ventre del pesce (Giona 2:6-7; cfr. 1 Samuele 2:6; Salmo 30:3; 71:20). 

E può riferirsi al ritorno dall’esilio.

La quinta interpretazione è:

(d) Come una crescita

La parola “marceranno” (ʿālû) in Ebraico può indicare anche “salire su”, “crescere” come può essere per l’erba (Deuteronomio 29:22), o le spine e i rovi (cfr. Osea 10:8), in questo senso la terra germoglierà di nuovo i suoi prodotti.

In questo senso si riferisce a un raccolto abbondante nel paese, quindi si attende con impazienza la generosa semina di Dio come indicato in Osea 2:23.

Oppure si riferisce alla crescita come ripopolazione, Dio semina il Suo popolo sulla sua terra. 

Come Izreel fu il luogo dell'umiliazione e della sconfitta, prefigura un tempo di grande ripopolamento per Israele (cfr. Osea 14:2-7). 

Il concetto di aumento del numero del popolo di Dio è un importante tema profetico (Isaia 54:1; Gerusalemme 31:27; Ezechiele 36:9-11). 

Dunque, potrebbe esserci più di un’interpretazione, per esempio come “Nuovo Esodo” e “resurrezione”, o tutte e quattro.

Qualunque sia l’interpretazione corretta, ha una connotazione definita e intenzionale dell'altro.

Queste interpretazioni, trasmettono lo stesso senso generale: la gloria del popolo unito, accesa nel suo splendido passato, divamperà ancora più luminosa quando il giudizio sarà finito e la piena opera della restaurazione di Dio sarà completata. 

Per quanto riguarda la chiesa, possiamo applicare questo versetto come la liberazione dal peccato e dal maligno, “l’esodo dal peccato” per volontà di Dio (cfr. Giovanni 8:34-36; Atti 26:18; Colossesi 1:13).

Dopo il movimento c’è:

(2) La motivazione

Leggiamo sempre nel v.11: “Perché sarà grande il giorno di Izreel”.

Il carattere culminante della riunificazione è celebrato in questa esclamazione con cui si chiude il v.11: “Perché sarà grande il giorno di Izreel” che riassume lo scopo della fine dei tempi della restaurazione di Israele.

C’è un’affinità tra Geremia 30:7 e questo passo di Osea.

Geremia 30:7 parlando dell’esilio e del ristabilimento di Israele e Giuda dice: “Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro di simile; è un tempo di angoscia per Giacobbe; ma tuttavia egli ne sarà salvato”.

“Grande” (gāḏôl) è usato con il significato di “unico”, nel senso di “niente di simile”, “incomparabile” per desolazione e miseria, e “incomparabile” anche per restaurazione e gioia, questa parola è attinente a suscitare sorpresa e stupore, in quanto importante, o insolito (cfr. Esodo 3:3).

La parola in Osea è un'esclamazione di sbigottimento per le meraviglie del grande giorno della restaurazione nazionale.

Se al v. 4 “Izreel” (yizreʿeʾl) aveva il significato negativo di punizione di disperdere, cioè “Dio disperde”, ora in Osea 2:1, in contrasto con questo concetto, indica “fecondità e prosperità”, infatti il nome può significare anche: “Dio rende fertile”, o “Dio semina”, quindi c’è un’inversione che indica restauro e rinnovamento, in conformità con il significato che Dio semina (cfr. Osea 2:21-23). 

Questo si adatta bene con le promesse di rinascita nazionale, e secondo alcuni studiosi, la restaurazione di “Izreel”, questo nome ha un significato militare, quindi c’è un completo ribaltamento della distruzione militare.

In questo senso, ora sono gli eserciti di Giuda e Israele, sotto un solo capo, che salgono insieme in battaglia. 

Secondo questa interpretazione prima “Izreel” sotto il giudizio simboleggiava la rottura della potenza militare di Israele (Osea 1:5), ora è restaurata la potenza di un popolo di Dio unificato ed è il giorno della vittoria.

La potenza militare del popolo di Dio, sotto un unico capo è ristabilita proprio nel nome che ne rappresentava la scomparsa.

Anche Geremia 31:27 riferendosi a Israele e Giuda insieme, promette di ripopolare il paese seminandolo con persone e animali.

Anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo, è stato interpretato che poiché Lo-Ruama e Lo-Ammi sono accoppiati in Osea 2:1 e 2:23, mentre Izreel si distingue, è possibile che, almeno qui, i fratelli siano Israele (cfr. v.6) e Giuda, mentre Izreel sta per la nazione intera e futura di tutte le tribù unite. 

A questo proposito vale la pena ricordare che Geremia (3:6-10) ed Ezechiele (23) guardato la nazione divisa come due sorelle.

Quando Dio semina possiamo aspettarci grandi cose da Lui.

Quando ha seminato Gesù Cristo sulla terra ha portato benedizioni al popolo d’Israele e così Gesù porterà benedizioni al Suo ritorno quando instaurerà il Suo regno!

Infine vediamo:

IV LA RICONCILIAZIONE (Osea 2:1)

Questi nomi invertono i nomi del giudizio di Dio precedente.

Dall’allontanamento si passa alla riconciliazione con Dio in ordine inverso rispetto al loro aspetto nei vv.6-9.

L'elemento negativo in Lo-Ammi (1:9) e Lo-Ruhama (1:6) viene abbandonato per trasmettere il messaggio positivo di una rinnovata relazione con Dio e il ripristino del favore divino, un totale capovolgimento dello stato precedente della nazione, ci troviamo davanti la completa accettazione da parte di Dio del Suo popolo.

L'uso dei nomi dei figli è simbolo di tutto il popolo.

Nella riconciliazione ci sono due dichiarazioni.

Cominciamo con:

A) La prima dichiarazione

In Osea 2:1 è scritto:”Dite ai vostri fratelli: ‘Ammi!’" 

Dio non è ostacolato dall'infedeltà del Suo popolo. 

Al v.9 il Signore aveva detto a Osea di chiamare il suo terzo figlio Lo-Ammi (lōʾ ʿammî) che significa: “Non mio popolo”, comunica lo status di Israele peccaminoso nei confronti del Signore e le conseguenze che ne derivano. 

“Lo-Ammi” simboleggia il rinnegamento, la repulsione di Dio nei riguardi del Suo popolo. 

Ora, invece, il Signore ordina di dire ai fratelli: “Ammi” (ʿammî) letteralmente “Mio popolo”.

Questo è il linguaggio della formula del patto: "’Ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni’, dice il Signore: ‘ Io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo’” (Geremia 31:33).

Come già detto, l'apostolo Paolo riprende la formulazione di Osea 1:10-2:1,23 e la applica alla chiesa Giudaico-Gentile (Romani 9:25-26; cfr. 2 Pietro 1:10). 

Vediamo infine:

B) La seconda dichiarazione

Sempre in Osea 2:1 leggiamo: “E alle vostre sorelle: "Ruama!"

Anche questo nome è un simbolo vivente della realtà del giudizio di Dio.

“Lo-Ruama” (lōʾ ruḥāmāh) significa “che non ottiene compassione”, oppure “lei non riceve alcuna compassione”, o “nessuna compassione”.

Ora le sorelle devono essere chiamate “Ruama” cioè “compassione”.

Dio riconcilia il popolo a se, e ancora oggi vuole riconciliare le persone a Lui, ed esorta le persone tramite i Suoi servi a riconciliarsi con Lui (Romani 5:1-11; 2 Corinzi 5:17-20).

Sei tu riconciliato con Dio? Se non lo sei sotto la Sua ira (Romani 5:8-11).

CONCLUSIONE

Il tema di questa predicazione è la riconciliazione con Dio.

La riconciliazione può essere definita come l’azione di Dio che rimuove la barriera del peccato riappacificando una persona con Lui.

Martyn Lloyd Jones disse: “La riconciliazione è sorprendente. Ma questo è più meraviglioso e più sorprendente. La riconciliazione non è la fine. Al di là della riconciliazione, abbiamo accesso al Padre”.

A causa dei peccati il genere umano è in inimicizia con Dio, ma grazie a Gesù possiamo essere riconciliati con Dio, far parte del Suo popolo e quindi avere accesso alla Sua presenza per mezzo della fede (cfr. Giovanni 14:6; Romani 5:1-11; 2 Corinzi 5:1-18; Efesini 2:18; 3:12; Ebrei 10:19).

Questo passaggio dovrebbe portarci alla lode e all’adorazione di Dio perché la promessa che viene fatta si è realizzata con la nostra salvezza se facciamo parte della chiesa del Signore Gesù (Romani 9:25-26; 1 Pietro 2:10).

Questo passaggio di Osea è un'espressione della compassione e della fedeltà di Dio, qualità che ci sono di grande conforto anche se siamo uomini e donne mancanti davanti a Lui.

Il Signore affligge volentieri e per sempre, ma se affligge ha pure compassione secondo la Sua immensa bontà (Lamentazioni 3:31-33).

Il patto che il popolo aveva con il Signore è stato rotto più volte, come ai tempi di Osea, ma era eterno (cfr. Genesi 9:16; 17:1-21; Salmo 105:10; Isaia 24:5; 55:3; Geremia 32:40), e il Signore ha dimostrato la Sua compassione e fedeltà.

Il peccato e il giudizio per infedeltà non avrebbero avuto l'ultima parola (cfr. Romani 3:3-4; 2 Timoteo 2:13). 

E questo oltre a portarci all’adorazione e alla lode al Signore, dovrebbe portarci a temerlo (cfr. Salmo 130:4), e alla consacrazione (cfr. Tito 2:11-12).




 


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