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"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Romani 10:14-17: La logica del Vangelo della salvezza.

Romani 10:14-17: La logica del Vangelo della salvezza. 
Il testo di Romani 10:14-17 dice: “Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: ‘Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!’ Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?’  Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo”.

Il tema centrale di questo passo è: lo scenario della salvezza inizia con la proclamazione del predicatore che è stato inviato dal Signore e chi ascolta per fede invoca il Signore per essere salvato.


Si discute tra gli studiosi a chi si riferiva Paolo con queste parole?
Ci sono studiosi che dicono che Paolo parli in generale per tutte le persone, ma ha in mente in modo particolare Israele (Romani 9:30-32; 10:2-3,18-21; 11:1).

Paolo scrive questi versetti pensando a tutte le persone, ma allo stesso tempo pensava in particolare all'applicazione di questi punti a Israele, infatti l’apostolo in questi capitoli si preoccupa dell’incredulità degli ebrei (Romani 10:1-4,21; 11:1), solo una piccola parte ha creduto (Romani 9:27-29, 31-33; 10:2-4; 11: 1-10, 25, 30), mentre i Gentili sono entrati nel popolo di Dio in numero significativo (Romani 9:24-26, 30, 10:19, 11: 11-12, 15, 17, 19, 24, 25, 30).

Ci sono poi altri studiosi che dicono che Paolo abbia in mente gli ebrei, anche se le argomentazioni sono valide per tutti.

Un’ultima interpretazione è: ciò che dice Paolo è per tutti, ma in particolare per i gentili.

È molto probabile che Paolo abbia in mente gli ebrei, però i vv.9-13 si riferiscono a tutti: giudei e gentili.
Il Vangelo è per tutte le nazioni!

Cominciamo con:
I IL MESSAGGIO DEL VANGELO (V.14).

Nel messaggio del Vangelo vediamo:
A) La Conclusione.
Il v. 14 inizia con “Ora, come” 
“Come” (pōs) indica un riferimento interrogativo ai mezzi, o al modo: con quale mezzi? In quale modo? 

La risposta a questa domanda retorica, a questa ipotesi, o rifiuto è: “È impossibile!” (cfr. Romani 3:6; 6:2; 8:32).

“Ora” (oun) segna il risultato, una deduzione, una conclusione di un processo di ragionamento.

Indica una progressione logica nell'argomento di Paolo, un'analisi di ciò che aveva detto precedentemente.
Ha il senso di “allora”, “dunque”, così, di conseguenza, ed è la conclusione del discorso che Paolo aveva fatto in precedenza, vale a dire il discorso sulla salvezza che si trova in Gesù Cristo, nel confessarlo come Signore e credere che Dio lo ha risuscitato dai morti; chiunque – Giudeo o Greco - invoca il Suo nome sarà salvato.
     
Nel messaggio del Vangelo troviamo:
B) Le Condizioni.
Nel v.14 e parte del 15 è scritto: “Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono mandati?”

I collegamenti sono in ordine inverso e come dire: 5, 4, 3, 2,1.

Anche queste domande, in relazione l’una con l’altra sono una catena, o una sequenza di idee logicamente correlate, una che naturalmente segue l'altra e che porta a una conclusione.

Infatti, “ora” riepiloga e trae una conclusione da ciò che è stato appena argomentato, e indica un altro passo nell'argomentazione, cioè quali condizioni sono necessarie per la salvezza affinché le persone possano invocare il nome del Signore per essere salvate (vv.12-13).

È impossibile invocare il nome del Signore Gesù Cristo per essere salvati se non ci sono queste condizioni.

Il punto è: possono invocare il nome del Signore soltanto se hanno creduto in Lui; possono credere in Lui, soltanto se ascolteranno il messaggio che lo riguarda; essi possono ascoltarlo se c’è chi lo predichi; il messaggio può essere predicato se soltanto Dio, o Gesù invia qualcuno a farlo.
Se lo dicessimo al contrario diremmo così: se Dio non mandasse un predicatore, nessun potrebbe ascoltare; se nessuno può ascoltare, nessuno potrebbe credere; se nessuno può credere, nessuno potrebbe invocare il Signore; e se nessuno può invocarlo, nessuno potrebbe essere salvato.

Gesù, o Dio invia gli araldi; gli araldi predicano; la gente ascolta e crede; i credenti invocano; e coloro che invocano sono salvati.

Quindi l’invocazione per essere salvati richiede fede, la fede richiede ascolto, l’ascolto richiede chi predica, chi predica richiede essere mandato!

Così per dimostrare l'indispensabile necessità dell'evangelizzazione, Paolo fa quattro domande consecutive e progressive che insieme costituiscono una concatenazione logica.

Quando Paolo fa queste domande, parla in termini generali, ma ha in mente gli ebrei perché non hanno generalmente creduto al Vangelo.

Attraverso una serie di quattro domande poste, egli solleva la questione se hanno sentito la notizia tramite messaggeri autorizzati di Dio e afferma alla fine che non tutti hanno obbedito al Vangelo (v.16).

Paolo si chiede se il popolo di Israele non abbia mai sentito o compreso bene la buona novella (Romani 10:18-19) e pertanto non abbia mai avuto la possibilità di credere e di essere salvato. 
No, dice Paolo, la realtà è che molti hanno semplicemente scelto di non credere.
Il problema non è che le persone non hanno sentito; il problema è che per i loro cuori disobbedienti e ribelli non hanno creduto.

Il punto complessivo che Paolo stava facendo, dunque, è chiaro: gli ebrei avevano sentito la buona notizia riguardo a Cristo, avrebbero potuto credere in Gesù, ma hanno scelto di non farlo. Quindi la responsabilità si trova sulle loro spalle; sono senza scuse.

Oppure Paolo solleva quattro obiezioni sull'incredulità degli ebrei e poi risponde. 
Le quattro obiezioni sono: (1) sono stati inviati messaggeri debitamente nominati? (2) Perché non tutti credono? (3) Israele ha sentito il messaggio? E (4) hanno capito veramente? 
Paolo risponde che gli araldi sono usciti, il messaggio è stato predicato e sentito, Israele ha capito, ma non ha creduto perché era ostinato.
Il suo punto è che Israele non può invocare l'ignoranza.

Oppure con queste domande Paolo anticipa un'obiezione rivolta al popolo ebraico, affinché non si possa pretendere di credere se non hanno sentito parlare di Cristo, e ai quali risponde al v.16 che hanno sentito parlare e sostiene al v.17 che in effetti anche alcuni ebrei hanno sentito e creduto.

Allora qual è la funzione di questa serie di domande retoriche nei vv.14-15?
Paolo vuole evidenziare che non tutti avevano creduto al Vangelo come menzionato al v.16, o avevano obbedito, o invocato il Signore.

Paolo con queste domande vuole preparare la sua accusa (vv.16-21) a Israele che è responsabile del suo rifiuto al messaggero di Dio, e questo equivale a respingere Dio stesso. 
Certamente il passo si riferisce anche ai non ebrei che non credono in Gesù.

II IL MESSAGGERO DEL VANGELO (VV.14-15).
Il messaggero ha:
A) Autorità.
Nel v.15 leggiamo: “E come annunzieranno se non sono mandati”.
Le persone non crederanno in Cristo finché non lo sentiranno parlare attraverso i suoi messaggeri o ambasciatori.

Riguardo questa domanda C.E.B. Cranfield afferma: “Lo scopo della quarta domanda è affermare che il vero annuncio cristiano – tramite il quale Cristo stesso parla - non è qualcosa che gli uomini possano compiere di loro iniziativa: può avvenire quando delle persone sono autorizzate e inviate da Dio”. (cfr. Geremia 14:14; 23:21; 27:15).

Quindi solo chi è stato chiamato e mandato da Dio può annunziare il vero Vangelo!

“Sono mandati” (apostalōsin – aoristo passivo congiuntivo) indica inviare, mandare qualcuno per un determinato scopo, in questo caso predicare il Vangelo.
La persona mandata è un portavoce di un altro, non ha un messaggio proprio, autorizzato da sé.

Chi sono quelli che sono mandati e da chi sono mandati?
Nel contesto temporale di Paolo si riferisce agli apostoli, quindi Paolo fa riferimento a se stesso e agli altri apostoli che sono l'origine della testimonianza, colonne e fondamento della chiesa (per esempio Atti 1:2,26; Romani 1:1-5; 1 Corinzi 15:9-11; 2 Corinzi 4:5; 11:4; Galati 2:9; Efesini 2:20; 1 Timoteo 2:7; Apocalisse 21:14).

L’autorità degli apostoli è collegata a Gesù. 
Gesù stesso costituì gli apostoli come Suoi strumenti, diede loro un’autorità formale, con cui Lui avrebbe comunicato e trasmesso il Suo insegnamento e le Sue opere nella pienezza dei tempi, cioè quando Gesù venne sulla terra (Galati 4:4). 

Gli apostoli furono i canali ufficiali della rivelazione, scelti da Cristo stesso come Suoi testimoni (Marco 3:14), rivestiti di potenza e di Spirito Santo (Atti 1:8; 1 Corinzi 9:1; 15:5-7). 

La parola "apostolo" (apostolos) indica l’idea di autorizzazione, della trasmissione di determinati poteri, insegnamento e rappresentazione; per questo Gesù disse in Matteo 10:40: "Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato". 
E ancora in Luca 10:16: "Chi ascolta voi ascolta me; chi respinge voi respinge me, e chi rifiuta me rifiuta  Colui che mi ha mandato". 

Gli apostoli sono i rappresentanti di Cristo, coloro a cui Egli ha affidato in maniera particolare ed esclusiva la predicazione del Vangelo, che hanno avuto un’importanza notevole nella storia della 
salvezza, perché guidati dallo Spirito Santo hanno rivelato la verità del Vangelo (Giovanni 14:26; 15:26; 16:13-15). 

Poiché il ministero apostolico era l’unico nel suo genere, le parole degli apostoli erano così importanti che la chiesa doveva custodire con cura (Giuda 3; 1 Timoteo 6:20; 2 Timoteo 1:14; 2:2).

Gli apostoli sono stati chiamati e mandati da Dio per essere suoi portavoce, e riconosciuti come tali dalla chiesa locale (Atti 13:1-3).

Quindi vi erano degli apostoli delle chiese inviati come missionari, come Barnaba per esempio, così oggi la figura dell’apostolo è colui che è mandato da Dio come missionario per predicare il Vangelo, e questo è riconosciuto dalla chiesa locale.

Il messaggero ha:
B) Dignità.
Nel v.15, Paolo riporta un passo di Isaia: “E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: ‘Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!’”

Dopo aver dimostrato logicamente che il Vangelo deve essere predicato a tutte le persone, ora, l’apostolo usa la citazione di Isaia per sostenerlo e motivarlo.
La necessità degli araldi, dei predicatori è ora confermata dalla Scrittura, Paolo cita un passo del profeta Isaia.

In questo passo di Isaia 52:7, l'araldo porta la buona notizia a Giuda della fine del loro esilio a Babilonia e il loro ritorno alla loro terra.

Il profeta descrive l'esuberanza con cui gli esiliati accolgono la notizia della loro imminente liberazione dalla prigionia. 
Questa notizia è stata considerata come una cosa meravigliosa, non solo perché ora potevano tornare in patria, ma anche, e soprattutto perché per loro significava che Dio non li aveva abbandonati e regnava ancora!

Paolo cita le Sacre Scritture per indicare l’importanza e la conferma di ciò che stava dicendo.

La citazione di Isaia 52:7 oltre a servire come una conferma scritturale del ruolo necessario della predicazione, indica anche che la profezia di Isaia è compiuta nel mandare evangelisti del Signore che proclamano la "parola di Cristo" che libera i prigionieri dalla prigione.

In terzo luogo, suggerisce implicitamente che l'ultima condizione per la salvezza elencata da Paolo nei vv. 14-15 è stata rispettata: Dio ha inviato predicatori, quindi i predicatori sono stati correttamente autorizzati e inviati.

“Belli” (hōraioi) indica piacevoli, meravigliosi, può avere anche il significato di adeguatezza, tempestività, un punto di tempo particolarmente appropriato, che si verifica, o appare al momento giusto. 

I piedi dei predicatori a cui si riferiva Isaia erano bellissimi per loro, perché la loro buona notizia era benvenuta perché finiva il loro esilio, la loro schiavitù.

Quei piedi erano bellissimi perché rappresentavano la volontà del messaggero inviato per dare buone notizie. 

Solo che ora il messaggio non è solo per Israele, ma per tutto il mondo (cfr. Isaia 52:7; Romani 10:9-13; Apocalisse 5:8-9), non si riferisce alla liberazione di schiavitù da un altro popolo, ma alla liberazione dalla schiavitù del peccato! (per esempio Matteo 1:21; Romani 6:3-12).

Quindi “belli” descrive che la venuta degli apostoli, o dei predicatori, di coloro che annunziano buone notizie, è meravigliosa, il loro messaggio è benvenuto perché portano gioia agli ascoltatori.
La bellezza è nelle stupende buone notizie che quei piedi portano!

Oppure la loro venuta e la loro predicazione è tempestiva, opportuna, arriva al momento giusto.
È come qualcosa che fiorisce nella stagione corretta, o come qualcosa di molto atteso.

Oppure indica entrambe le cose: la loro venuta è stata tempestiva e al momento giusto, ma dice anche qualcosa sul carattere del messaggio, che era bello o benvenuto.

Paolo, quindi, riportando le parole di Isaia indica il privilegio e la dignità di essere i portavoce di Gesù Cristo, gli araldi del Signore che portano buone notizie, cioè il Vangelo.

Infatti “annunziano buone notizie” (v.15 euangelizomenōn) e buona notizia” (v.16 euangeliō) indicano portare, predicare, proclamare una buona notizia, e si riferisce al Vangelo al messaggio dell’opera di Gesù Cristo per la salvezza dei peccatori che credono e si pentono dei loro peccati. (per esempio Romani 1:1,9,16; 1 Corinzi 15:1-4).
In terzo luogo vediamo:
C) L’attività.
Nel v.15 leggiamo ancora: “E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: ‘Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!’”
"Piedi" è una figura retorica, che rappresenta le azioni della persona inviata che arriva a destinazione.

L’attività dei predicatori è andare di luogo in luogo per annunciare la buona, o le buone notizie del Vangelo.

Come cristiani, non tutti sono chiamati a essere missionari, ma ognuno con i Suoi doni, è chiamato a partecipare all’evangelizzazione: con la propria testimonianza, con la preghiera, con il sostenere i missionari, e così via.
Coloro che conoscono Cristo sono responsabili di predicarlo affinché chi ascolta può invocarlo per essere salvato.

Infine vediamo:
III IL MINISTERO DEL VANGELO (VV.16-17).
Stiamo parlando del ministero di predicare il Vangelo.
Nei vv.16-17 leggiamo: “Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?’  Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo”.

Paolo nei vv. 14 e 15 parla di annunzio.
“Annuncio” (kerusso) si riferisce a predicare, proclamare, diffondere, significa dichiarare, annunciare pubblicamente ad alta voce le verità e i principi religiosi, cioè il Vangelo, la buona notizia e le questioni connesse, esortando l’accettazione e il conformarsi ad esso.

Chi annunciava pubblicamente era l’araldo.
Nei tempi antichi, quando non c’era lo sviluppo tecnologico di comunicazione che abbiamo oggi, il ruolo dell'araldo era di estrema importanza, era vitale. 
I principali mezzi di trasmissione delle notizie erano gli annunci pubblici, orali e non scritti, nella piazza della città o nel mercato da parte degli araldi. 
Non ci potevano essere ascoltatori senza araldi.

Quindi se vogliamo che le persone sentano il Vangelo, dobbiamo predicarlo pubblicamente, e non solo la domenica mattina!

Alla predicazione ci sono due reazioni delle persone che ascoltano il Vangelo: di rifiuto, o di ricezione.
Il predicatore deve preoccuparsi di predicare la Parola di Dio fedelmente così com’è!
Paolo in 2 Corinzi 2:14-17 dice: “ Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza. Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte, che conduce a morte; per quelli, un odore di vita, che conduce a vita. E chi è sufficiente a queste cose? Noi non siamo infatti come quei molti che falsificano la parola di Dio; ma parliamo mossi da sincerità, da parte di Dio, in presenza di Dio, in Cristo”.

Il predicatore non è responsabile di come rispondono i suoi ascoltatori, è responsabile di essere fedele a Dio, di dire la verità di Dio come l’ha rivelata!

Iniziamo con:
A) Il Rifiuto.
Paolo al v. 16 afferma: “Ma non tutti hanno obbedito”.

A conferma del rifiuto Paolo riporta le parole del profeta: “Isaia infatti dice: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?’“ (v.16).

È evidente dal libro degli Atti, così come dall'esperienza, che non tutti coloro che ascoltano il Vangelo obbediscono al suo messaggio. 

Non c'era niente e non c’è niente di sbagliato nel Vangelo, dovrebbe essere accettato con gioia e gratitudine da parte di tutti.
Paolo invece afferma: "Ma non tutti hanno obbedito".

Ascoltare il Vangelo è una condizione necessaria, ma non sufficiente per la salvezza. 

Anche se gli israeliti, o qualsiasi persona hanno ascoltato e ascoltano il Vangelo, la maggior parte non hanno obbedito e non obbediscono (Romani 9:27; 10:21; 1 Corinzi 10:5), proprio come Isaia ha profetizzato (Isaia 53:1). 

La citazione da Isaia 53:1, è parte di un passo (Isaia 52:13-53:12) che descrive la sofferenza e la gloria del Servo del Signore. 
Israele è stato respinto, non perché Dio non gli abbia dato l'opportunità di salvezza, ma perché l’ha rifiutato quando gli è stato data questa opportunità.

La Scrittura mostra che un messaggio di Dio stesso non è sempre ricevuto come dovrebbe essere, né ne consegue necessariamente la fede, senza la quale non c’è salvezza (Giovanni 3:16; Efesini 2:8-9; Ebrei 11:6).

Dio comunica il Vangelo, attraverso i Suoi servi, chiamando gli ascoltatori a obbedirlo, ma non tutti hanno obbedito e obbediscono!

La citazione di Isaia da parte di Paolo, implica che avrebbero dovuto credere, ma non lo hanno fatto. 
“Ma” (alla) è un forte avversativo, ed esprime l'opposto di quello che ci si potrebbe aspettare.
Israele avrebbe dovuto avere fede e quindi la salvezza, invece la reazione è stata d’incredulità; hanno ascoltato, ma non hanno creduto al Vangelo, a Gesù Cristo, il Messia, il servo sofferente!

Non tutti hanno “obbedito“ (hupēkousan aoristo attivo indicativo), indica “non  hanno prestato attenzione”, “non hanno accettato”, o “non hanno seguito”, e quindi non si sono sottomessi, non hanno obbedito (cfr. Matteo 9:27; Marco 1:27; Atti 6:7; Colossesi 3:20; 2 Tessalonicesi 1:8; 3:14; Ebrei 5:9; 11:8).

Questo indica non solo incredulità, ma anche un rifiuto definitivo e colpevole di rispondere alla grazia di Dio (Cfr. Romani 10:3, 21).

C’è una relazione inseparabile tra fede e obbedienza (cfr. Romani 1:5); la fede comporta sempre impegno e sottomissione alla Signoria di Gesù (Romani 10:9; Luca 6:46; Matteo 6:24).

Avere Gesù come Salvatore significa anche averlo come Signore!
Non possiamo accettare Gesù solo come Salvatore e non come Signore, Gesù va accettato sia come Signore e sia come Salvatore! 
Quelli che non lo accettano come Signore, non lo avranno come Salvatore!
John Bunyan diceva: “Cristo Salvatore non è diviso. Chi non lo accoglie tutto, non avrà alcuno dei Suoi benefici alla salvezza”

Essere salvati, e quindi avere fede significa essere sottomessi alla Signoria di Gesù Cristo! 
La fede non è solo approvazione verbale, ma comporta un impegno pieno di cuore a Dio di obbedienza (Romani 2:8; 6:16-17; 15:18; 16:19,26; 2 Corinzi 10:5; 2 Tessalonicesi 1:7-8; Ebrei 5:9).

John MacArthur afferma: “ La Scrittura spiega che la fede che salva è contrassegnata da un’ubbidienza sottomessa alla giusta verità di Dio, mentre l’incredulità si contraddistingue per la disubbidienza a quella verità (cfr. 2 Tessalonicesi 2:10-12)”.

Chi sono i “non tutti”?
C’è chi dice la maggioranza degli ebrei, in questo senso “pochi”, o “alcuni” ebrei hanno creduto, anche se molti avrebbero dovuto farlo (Romani 9:27-29, 31-33; 10:2-4; 11:1-10, 25, 30).

Altri invece dicono che non specifica chi sono, possiamo dire è in generale a tutti color che non hanno creduto che possano essere Giudei, o Gentili.

La citazione di Isaia è un chiarimento; Paolo chiarisce il perché la fede non sempre è la conseguenza dell’ascolto della predicazione del Vangelo.
Indica una ragione perché non tutti credevano, è una conferma scritturale di ciò che si dice nella prima parte del versetto.

Paolo spiega che non è così poi tanto strano che qualcuno che ascolta il Vangelo non risponde credendo, Isaia ha anche predetto tali cose.

In questo passo troviamo anche:
B) La Ricezione.
“Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia” (v.16), implica che una parte ha creduto, “non tutti” è un modo di dire “pochi”, o “alcuni” hanno creduto (Romani 9:27-29, 31-33; 10:2-4; 11: 1-10, 25, 30).

Poi Paolo afferma al v.17: “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo”.

Una nota importante è che “sentito parlare” (akouō v.14) indica ascoltare con l’implicazione di comprendere e che è necessaria una risposta.

“Così” (ara) indica un riepilogo di ciò che Paolo ha detto nei vv. 14-16, nonché una conclusione, e un passaggio verso questo argomento. 

Molti non hanno creduto e non credono, ma alcuni hanno fede!
Il versetto 17 riassume il flusso del pensiero del paragrafo. 
La fede non esiste senza ascoltare la parola proclamata, il Vangelo del Signore crocifisso e risorto.

Bisogna ascoltare il messaggio del Vangelo per credere ed essere salvati; è indispensabile ascoltare il messaggio del Vangelo per avere fede! 
La fede viene dall’ascolto del messaggio, e l’ascolto del messaggio avviene tramite la Parola di Cristo.

Quindi la fede in Cristo presuppone di aver ascoltato la parola che proviene e riguarda Cristo.

Che cos’è la fede?
Ogni persona vive per fede continuamente in tutti gli aspetti della vita, l'oggetto della fede determina sempre la qualità della fede.
Se l'oggetto è degno, la fede è forte; se l'oggetto è indegno, la fede è debole.

Quando veniamo al Vangelo, siamo esortati a mettere la nostra fede nel Figlio di Dio. 
La fede che usiamo è la stessa di quella che esercitiamo tutti i giorni, ma l'oggetto della nostra fede è trascendentemente diverso, è affidabile, degno di una fede forte! 

La fede (pistis) è l'impegno personale, è l’impegno a Dio e sottomissione alla signoria di Cristo, chi si affida a Dio non tiene nulla per sè. 

Come allora viene la fede?
La fede viene dall’ascoltare la Parola di Gesù Cristo!
Stephen Olford ricorda bene il capo di una tribù primitiva nell'Africa occidentale portoghese che guardò il volto di suo padre ed esclamò, dopo aver ascoltato per la prima volta il Vangelo: "Ngana, questo è quello che aspettiamo. Tanto tempo per raggiungerci? Il tuo messaggio ha portato via la nostra paura e ci ha dato una fede ".

“Viene” (dia) indica il mezzo come viene la fede e cioè attraverso la Parola di Cristo. 

“Parola” (rhēmatos) è la buona notizia, indica quello che è stato detto con particolare attenzione, è il contenuto della comunicazione.

La parola di Cristo è il messaggio che proviene da Cristo, che Cristo ha dato ai Suoi servi.
Ma si riferisce anche alla parola o al messaggio su Cristo, il Vangelo del Signore crocifisso e risorto, il messaggio che Gesù è il Salvatore e Signore, e quindi che predicano i Suoi messaggeri, Ma 

Il messaggio salvifico non può essere limitato a una dichiarazione generale sulla bontà di Dio e sui suoi scopi salvifici, si concentra su Gesù il Messia e sulla Sua opera salvifica sulla croce e sulla Sua resurrezione (cfr. Romani 4:25; 10:9-11; 1 Corinzi 15:1-4).

È importante predicare il Vangelo e ascoltarlo.
La fede non sorge spontaneamente in una persona!
Nasce dalla predicazione della Parola di Cristo, quindi è importante predicare così com’è la Parola di Cristo e ricordiamo che senza questo messaggio non esiste alcuna base per la fede! 

Nessuno può avere fede e quindi salvezza senza ascoltare la predicazione della Parola di Cristo!
La fede e la salvezza non provengono da un’esperienza mistica, o dal filosofare, o da un’intuizione, ma dall’ascoltare la Parola di Cristo!

Dunque, salvare le persone non è usare la persuasione umana, manipolare le menti, ma predicare la Parola di Cristo così com’è.

La Parola di Cristo, il Vangelo è potente così com’è! (Romani 1:15-16), e sarà la potenza dello Spirito Santo che convincerà le persone (Giovanni 16:8-11; 1 Corinzi 2:1-5; 1 Tessalonicesi 1:5).

  
CONCLUSIONE.
L'assoluta necessità per la gente di ascoltare la predicazione del Vangelo per la loro salvezza è stata una delle più grandi forze e spinte per la missione moderna, iniziata nei primi anni del 1800 e fiorente ancora oggi, anche se in molte chiese e denominazioni è trascurata.

Nessuno può venire alla fede senza ascoltare la Parola di Cristo, il Vangelo!

Le persone hanno bisogno di ascoltare il Vangelo in modo che possano essere salvati.

Dio ha decretato di salvare i credenti attraverso la predicazione di Cristo (Romani 1:2-4; 1 Corinzi 1:21-23; 15:1-3); non ci sono altri modi!

La salvezza non avviene al di fuori della fede nel Vangelo, di Cristo morto, risorto!
Il predicatore deve predicare solo Gesù Cristo, e non la propria denominazione, confessione, ma solo Gesù Cristo!

Le chiese dovrebbero preoccuparsi seriamente di appoggiare, incoraggiare e sostenere quegli uomini che Dio ha chiamato per la predicazione del Vangelo per la salvezza delle persone.

Dobbiamo capire che la gente non può essere salvata, non può credere se non ascolta il Vangelo, se non c’è chi lo predichi e quindi chi è mandato a farlo!

Dall’altra parte chi ascolta il Vangelo lo deve fare con attenzione e non con superficialità, deve ascoltare per comprenderlo, per crederlo, accoglierlo con sottomissione e invocare di essere salvato (Romani 10:13).

Il Signore Gesù Cristo finiva a volte il suo insegnamento e la sua predicazione con le parole: " Chi ha orecchi per udire oda" (Matteo 11:15).

La ragione di questo è che solo coloro che ascoltano la voce del Figlio di Dio vivranno (Giovanni 5:25).

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