Fai una donazione per il sito

Cerca nel blog

Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

La natura dell’inferno. L’inferno è luogo di tenebre (Matteo 8:12) (4)

 La natura dell’inferno. L’inferno è luogo di tenebre (Matteo 8:12) (4)

La Bibbia descrive l'inferno come punizione, come eterna rovina, come esilio e anche come un luogo di totale oscurità!

L’inferno è una notte buia dove non sorgerà mai un nuovo giorno!

Tutti chi più chi meno, detestiamo l'idea dell'inferno e preferiamo credere che la morte sia la fine dell'esistenza, o che in qualche modo tutti gli esseri umani alla fine andranno in paradiso. 

Certi teologi credono che qualsiasi idea dell'inferno, come luogo di punizione di eterna sofferenza, è contraria al concetto di un Dio d'amore.

Molti chiedono: “Un Dio amorevole manderebbe davvero le brave persone all'inferno?”

Questa domanda è sbagliata per tre motivi.

1) Il primo motivo per cui è sbagliata è perché Dio è definito solo in termini di amore. 

Certamente Dio è più amorevole di quanto noi possiamo capire (cfr. Efesini 3:14–19), ma è anche santo e giusto!

Dio non terrà il colpevole per innocente! (cfr. Esodo 34:7; Romani 1:18–3:10).

La misericordia, o l’amore di Dio non è una passione, o un'emozione che supera la Sua giustizia, o la Sua santità se lo facesse sarebbe incoerente, ma Dio è anche un giusto giudice (cfr. per esempio Salmo 7:1; 9:4; 11:7; Romani 2:1-2). 

2) Il secondo motivo per cui questa domanda è sbagliata è che le persone sono descritte come "buone" mentre siamo tutti peccatori.

Secondo la Bibbia, il punto è che nessuno è una brava persona davanti la santità e la giustizia infinita di Dio! 

3) Il terzo motivo per cui questa domanda è sbagliata è il fatto che il ritratto di Dio è dipinto come colui che manda le persone all'inferno, come se lo facesse felicemente (cfr. Ezechiele 18:23,32).

Dio ha mandato il Suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo a morire sulla croce per salvare il mondo, chi crede ha vita eterna, non perirà, non andrà all’inferno! (Giovanni 3:16).

Allora la giusta domanda, potrebbe essere questa: “Come posso essere salvato?”

Oppure: “Come posso evitare l’inferno?”

Siamo per natura e per scelta peccatori che meritiamo il giudizio di Dio (cfr. Romani 3:9,20-23; 5:12-21; Efesini 2:3; 1 Giovanni 1:8-10).

Ma grazie a Dio, al Suo amore, alla Sua grazia, possiamo essere giustificati, cioè dichiarati “giusti” da Lui per fede, a causa dell'opera salvifica di Gesù che ha preso i nostri peccati sulla croce (Romani 3:21-31; 4:23-24; 5:1-11; 1 Pietro 3:18). 

Tutti coloro che non credono in Gesù Cristo e che non si ravvedono dei loro peccati (Atti 3:19), subiranno le conseguenze del loro peccato e colpa, che è l'inferno.

Tutti coloro che confidano nel Signore Gesù come Salvatore e Signore, saranno dichiarati giusti da Dio e i loro peccati saranno perdonati.

Se non lo avete ancora fatto, vi esorto a farlo al più presto prima che moriate e poi sarà troppo tardi! 

Non avrai una seconda possibilità! Andrai all’inferno nelle tenebre per sempre!

L’inferno non è solo per il diavolo e i suoi demoni, e per i malvagi!

L’inferno è anche per coloro che ascoltano il vangelo e si rifiutano di crederlo, e di riceverlo!!

Rifiutarsi di credere in Gesù Cristo è di per sé un peccato che ti condanna per andare all’inferno!!

Dunque, tutto ciò che devi fare per essere salvato, salvato fino in fondo, è credere nel Signore Gesù e pentirti dei tuoi peccati! 

In questi versetti di Matteo prima di tutto vediamo:

I LA PARTECIPAZIONE AL BANCHETTO (v.11)

“E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”.

L’esistenza dell’inferno è un avvertimento di quello che accadrà e facciamo bene a porre un adeguata attenzione.

“Io dico” (legō) è usato per aggiungere enfasi a quello che segue; indica che ciò che segue è particolarmente solenne, ciò che sta per dire è così importante che deve essere considerato attentamente!

Gesù fa una predizione ed esprime una promessa che riguarda un banchetto dove vediamo:

A) La moltitudine di persone

“E io vi dico che molti” (v.11).

Nel contesto vediamo che Gesù rimase meravigliato dalla fede di un centurione Romano e ne elogia la grande fede dicendo che non ne aveva trovata una così grande in Israele, cioè in mezzo al popolo eletto di Dio!

“Molti” (polloi), cioè un gran numero di persone, una moltitudine, o un grande raduno di persone “verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”.

"Molti" (polloi) è contrapposto ai figli del regno del v.12, ed enfatizza il numero di Gentili, cioè i non Giudei che entreranno nel regno dei Cieli.

Il centurione rappresenta l'inizio di un flusso di Gentili (cfr. per esempio Matteo 1:3–5; 2:1–12; 3:9–10; 4:15–16; 15:21–28; 24:14; 27:54; 28:19) che verranno da oriente e da occidente per unirsi al banchetto del regno dei cieli futuro.

"Molti", saranno coloro che da tutte le parti del mondo, come indicato enfaticamente “da oriente e da occidente”, parteciperanno al banchetto nel regno dei cieli.

Dunque, la frase "da oriente e da occidente" indica l'ampiezza dei popoli che verranno da tutte le parti del mondo e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli.

Il più grande banchetto della storia umana è quello che fu organizzato dal re assiro Assurnasirpal II, nell’860 a.C. Pensate furono invitati 69.574 persone, e per sfamarle furono impiegati migliaia di animali, come per esempio 14.000 pecore, 34.000 uccelli di grande e di piccola taglia, 10.000 pagnotte, 10.000 recipienti di birra, 10.000 otri di vino e tanto altro ancora.

Ma il banchetto escatologico sarà ancora più grande, perché ci saranno milioni di credenti!

I popoli della terra si uniranno ai patriarchi al banchetto escatologico nel regno dei cieli.

Fino a quel momento, i Giudei pensavano che un tale banchetto fosse un affare strettamente Ebraico, mentre i Gentili avrebbero compiuto il loro pellegrinaggio a Gerusalemme alla fine (cfr. Isaia 2:2-3), principalmente come testimoni della benedizione di Dio su Israele, ma non come partecipanti diretti di essa.

Dunque i salvati non saranno solo coloro che provengono dai Giudei, ma anche dai Gentili, e questo secondo il patto che Dio stipulò con Abraamo per essere una benedizione per tutte le nazioni della terra, che si è compiuta con la venuta di Gesù (cfr. Matteo 1:1; Genesi 12:1-3; 22:18), e ora reso pubblico nell’incontro con il centurione. 

Vediamo:

B) La compagnia delle persone

“Si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”.

I patriarchi sarebbero senza dubbio i destinatari della benedizione di Dio nel mondo a venire; pertanto, essere associati a loro significa condividerne la benedizione e anche l’onore. 

“Mettersi a tavola”, indica “sedersi e mangiare insieme”, mettersi in posizione reclinata, sdraiata come si mangiava a quei tempi in Israele.

A quale banchetto si riferisce Gesù qui?

L'immagine è quella del banchetto messianico che troviamo in diversi passi dell’Antico Testamento (Isaia 25:6-9; 56:3-8; 65:13-14; Gioele 2:24-28; Matteo 22:1-14; 25:10), quindi era ben nota tra gli Ebrei, ma non ci si aspettava che i gentili vi partecipassero.

Nei vangeli, Gesù paragona il regno futuro a un grande banchetto di nozze al quale arriva lo sposo e tutti festeggiano (Matteo 22:2; 25:1-10; Luca 14:16; 22:30; Apocalisse 19:6-9).

Quindi, questo banchetto è la festa escatologica, la festa della fine dei tempi, è la beatitudine del regno nella sua futura realizzazione, raffigura la gioia di stare alla presenza di Dio e l’intima comunione con Gesù Cristo, la felicità nella prossima era, nel regno dei cieli.

Tu ci sarai?

In secondo luogo in questo passo vediamo:

II L’ESCLUSIONE DAL BANCHETTO (v.12)

“Ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti”.

In contrasto con i “molti” i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. 

Nello stesso tempo in cui Gesù assicura l'inclusione dei credenti Gentili, prevede drammaticamente l'esclusione di coloro che sembrano avere un posto assicurato nel regno dei cieli!

Nell’esclusione dal banchetto vediamo:

A) I soggetti 

A chi si riferisce Gesù quando dice: “Figli del regno?”

Prima di tutto “figli” (uhioi)si riferisce alla relazione di queste persone con il regno (basileias – genitivo di relazione).

“Figli del regno” si riferisce a coloro che pensano di esserlo, ma in realtà non lo sono.

In questo contesto "figli" è equivalente di "eredi", ma sono gli eredi putativi, nominali, apparenti e non gli eredi reali ed effettivi!!

“I figli del regno” si riferisce alle persone che dovrebbero essere correttamente, o sono stati tradizionalmente considerati, come una parte del regno di Dio, cioè Israele a causa dei molti privilegi che aveva goduto (cfr. per esempio Salmo 147:19-20; Isaia 63:8-9; Amos 3:2; Romani 9:4; Efesini 2:12).

”I figli del regno" erano quelli che dovevano ereditarlo, cioè il popolo Ebraico, i discendenti fisici di Abraamo (cfr. Matteo 3:9-10), che pensavano di avere i pieni diritti sul regno, ma a causa dell'incredulità, a causa del fatto che rifiutarono il Messia (cfr. Matteo 3:9–10; 21:31,43; 23:13,15,37; 27:25; Giovanni 1:11; 1 Tessalonicesi 2:14-16; Apocalisse 2:9), non erediteranno il regno dei cieli!

Gli Israeliti avevano una relazione speciale con Dio, e avevano il diritto, secondo la promessa di Dio, di essere nel regno come Suoi potenziali sudditi e si sarebbero aspettati di far parte del regno futuro e di ricevere le benedizioni della fine dei tempi di Dio, di mangiare con Abraamo, Isacco e Giacobbe, ma per la loro incredulità verso Gesù, non parteciperanno.

Il beneficio del vangelo, cioè la salvezza, è mediante la fede in Gesù Cristo, non per la discendenza genealogica!! (cfr. Giovanni 3:16; Romani 5:1-2,9-11).

Essere un discendente fisico di Abraamo era, ed è un grande privilegio e vantaggio (Romani 3:1-2), ma questo non garantiva, e non garantisce automaticamente la salvezza.

Sono i figli della fede spirituale di Abraamo, non i discendenti nel senso fisico, che Dio adotta come propri figli (Romani 8:14-17; Galati 3:7-9,26-29; cfr. Romani 4:11, 16). 

La fede come quella del centurione è necessaria per entrare nel regno dei Cieli (Matteo 8:10).

La dichiarazione di Gesù evidenzia sia la fede esemplare del centurione sia la riprovazione per Israele per la Sua mancanza di fede. 

La lode e l'accusa di Gesù sono espresse con una promessa per i Gentili e di giudizio per i Giudei, ovviamente non per tutti i Giudei (cfr. Romani 11:1–5; Efesini 2:11-14), ma per quelli che non hanno fede in Gesù Cristo che non lo hanno riconosciuto come il Cristo.

Allora, la partecipazione a quel banchetto è per tutti indipendentemente dall'identità etnica, ciò che è importante è la fede in Gesù come Messia. 

I Gentili che credono si uniranno agli Ebrei che credono. 

Coloro che non si rivolgono a Gesù con fede come il Messia riceveranno una giusta punizione, sia Giudei che Gentili. 

Coloro che si consideravano figli del regno di Dio, in virtù della loro eredità ebraica, gli sarà negata l'ingresso nel regno dei cieli e non gli sarà condiviso la luce della grazia e della benedizione di Dio. 

Lontani dalla presenza di Dio sperimenteranno lutto e grandi sofferenze!

Questa dichiarazione di Gesù suonava e suona terribile alle orecchie del popolo di Dio, del popolo d’Israele: “Com’è possibile che i pagani saranno salvati e noi Giudei, gli eletti perduti? “

Ma sia i Giudei e sia Gentili saranno salvati per fede, salvati dalla grazia di Dio, entreranno nel regno dei cieli!

Quindi questo passo ci fa capire una rifondazione del vero popolo di Dio che non è sulla base di origini nazionali, etniche-razziali, ma, come simboleggiato dal centurione Romano è sulla base della fede nel Signore Gesù Cristo.

Coloro che rifiutano Gesù Cristo, anche se sono fisicamente discendenti di Abraamo, non siederanno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli perché hanno rifiutato Gesù Cristo e il loro comportamento ha dimostrato di essere invece figli del diavolo (Giovanni 8:42-44). 

Ora, avere una famiglia cristiana è una benedizione meravigliosa, ma non garantirà la vita eterna di tutto il nucleo familiare.

Ogni singola persona della famiglia deve credere in Cristo e seguirlo!!

Altrimenti come i Giudei che hanno rigettato Gesù Cristo, non avranno la promessa, il perdono e la benedizione di Dio! 

Saranno gettati nelle tenebre di fuori, saranno esclusi dal regno dei cieli!

Quindi, Gesù parla dei Giudei che, a causa della relazione con Dio, dovrebbero essere presenti nel regno, ma per la loro incredulità verso Gesù non ci saranno, saranno espulsi.

L'immagine delle “tenebre di fuori” con “pianto e stridor di denti” è usata frequentemente in Matteo per l'eterna punizione (Matteo 8:12; 13:42,50; 24:51; 25:30), parallelamente all’immagine di “geenna” (per esempio Matteo 5:22,29) descrive l’isolamento, tormento e dolore per il giudizio eterno.

Allora, questa espressione si riferisce al giudizio finale, “tenebre di fuori” e “pianto e stridor dei denti” raffigurano l’inferno (Matteo 8:12; 13:42,50; 22:13; 24:51).

Queste metafore di Matteo si riferiscono alla sorte finale dei peccatori, e sono in netto contrasto con le parole di benedizione pronunciate per i credenti come in questo caso, come il centurione di Capernaum, o per gli eletti come troviamo nella parabola delle nozze (Matteo 22:13-14), o per i due servi che hanno fruttato i talenti (Matteo 25:21, 23).

Al contrario, chi è entrato nel banchetto nuziale senza avere l’abito di nozze, l’abito della salvezza di Gesù Cristo (Matteo 22:11-13), o il servo inutile che ha nascosto il talento (Matteo 25:24-30), saranno gettati nelle tenebre di fuori!!

Vediamo ora:

B) La sistemazione 

“Ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori”.

“I figli del regno saranno gettati nelle tenebre fuori” (eis to skótos to exōteron) è un’espressione che indica la scomoda sistemazione di coloro che saranno giudicati. 

“I figli del regno", gli increduli verso Gesù, si troveranno nel posto riservato agli empi, ai peccatori impenitenti.

“Saranno gettati” (ekblēthēsontai – futuro passivo indicativo) è “essere espulsi”, “cacciati via”, “costretti ad andarsene via”; e può avere una connotazione di forza fisica (cfr. per esempio Luca 4:29; Atti 7:58), quindi i figli non saranno in grado di resistere all'espulsione. 

“Tenebre di fuori” (skotos to exōteron) indica essere privati della luce della presenza divina (cfr. Apocalisse 22:5), è il luogo del giudizio (cfr. Esodo 10:21) e del tormento eterno (cfr. Matteo 8:12; 2 Pietro 2:17; Giuda 13), fuori del regno di Dio, dalla Sua presenza benedetta (Matteo 7:23; 8:12; 22:13; 25:30; Luca 13:27-28); è il regno del male, la sfera dominata dal male, dal peccato e dall'ignoranza di Dio e delle Sue vie.

È in completo contrasto con la luce del banchetto, o del regno di Dio.

Parlando del destino dei falsi insegnanti Pietro scrive: “Costoro sono fonti senz'acqua e nuvole sospinte dal vento; a loro è riservata la caligine delle tenebre” (2 Pietro 2:17). 

La parola “caligine (zophos) indica l'oscurità più profonda e più nera.

Questa è rafforzata dalla parola “tenebre” (skotous) che indica: buio, oscurità.

Quindi Pietro sta dicendo: “L’oscurità più nera e profonda dell’oscurità!”

L’inferno è un luogo di tenebre profonda e intensa, completamente coperto da fitte tenebre, dove non c’è affatto luce!

“Di fuori” (to exōteron – aggettivo, accusativo) è una forma comparativa usata per indicare il luogo più esterno dell'oscurità; indica un luogo dove l’oscurità è più lontana, non è ai margini del regno dei Cieli, significa essere gettato proprio lontano, quindi lontano dalla dimora dei giusti, dalla gioia e dalla luce del regno, questa è la dimora del diavolo e dei demoni! (cfr. Apocalisse 20:7-10). 

Immaginatevi di vivere per sempre nelle tenebre….terribile!! 

Infatti Giuda 13 parlando del giudizio che avranno i falsi insegnanti dice: “Onde furiose del mare, schiumanti la loro bruttura; stelle erranti, a cui è riservata l'oscurità delle tenebre in eterno”.

In questo passo di Matteo troviamo anche:

C) La sofferenza

“Là ci sarà pianto e stridor di denti”.

Questa è una vivida descrizione del tormento dopo la morte.

Molte volte si dice quando c’è una brutta sofferenza che si è passati per l’inferno.

Questo è sbagliato perché all’inferno sarà peggio della peggiore sofferenza vissuta su questa terra!

È una sofferenza eterna, un dolore che affligge perennemente, ma che mai distrugge, continua all'infinito.

John MacArthur scrive: “L'inferno è un luogo sia di oscurità che di fuoco, una combinazione che non si trova nel nostro mondo attuale. Parte della qualità soprannaturale dell'inferno è che sarà un luogo di fuoco, dolore e tormento che continuerà per tutta l'eternità nell'oscurità totale”.

Come chi è entrato nel banchetto nuziale senza avere l’abito di nozze, l’abito della salvezza di Gesù Cristo (Matteo 22:11-13), o il servo inutile che ha nascosto il talento (Matteo 25:24-30), così chi sarà gettato nelle tenebre di fuori, soffrirà!!

“Pianto” è “il pianto” (ho klauthmos) si riferisce al pianto, o enfaticamente al lamento che accompagna il pianto.

William Hendriksen a riguardo ai figli del regno che saranno puniti scriveva: “La punizione per i rigettatori altamente privilegiati che avevano una rivendicazione speciale su di loro è ulteriormente enfatizzata dalle parole: ci sarà pianto e digrignamento dei denti. Quanto a questo pianto: non è qui uno spargimento di lacrime a causa del vero dolore per i peccati che si è commesso (Matteo 26:75; Marco 14:72; Luca 7:38; cfr. 2 Cronache 34:27), o per le trasgressioni per mezzo del quale gli altri hanno disonorato Dio (Salmo 119: 136; 2 Corinzi 2:4; Filippesi 3:18). Né si verifica a causa di imminente separazione dai cari (Atti 20:37-38), o perché si è oggetto di trattamento ingiusto da parte di altre persone (1 Samuele 1:7-8). Non è il risultato di orgoglio ferito perché non si ha ciò che si vuole (1 Re 21:5-7). Il presente pianto non è causato da calamità temporale (Genesi 27:38; Lamentazioni 1:16), per lutto (Deuteronomio 34:8; 2 Samuele 1:17-ss.; Matteo 2:18), o da profondo desiderio e simpatia (Genesi 21:16, 17; 43:30). Per quanto riguarda il popolo di Dio, verrà un giorno in cui ogni lacrima sarà spazzata via (Isaia 65:19; Apocalisse 7:17; 18:15,19). Le lacrime di cui Gesù parla qui in Matteo 8:12 sono quelle di inconsolabile, infinita miseria, e assoluta, eterna disperazione”.

“Il pianto” significa non solo dolore, ma dolore espresso ad alta voce, mentre l'articolo determinativo “il” indica il carattere unico ed estremo dell'azione, dunque non s’intende un vecchio lamento, ma il lamento che è associato al rifiuto finale e definitivo di Dio nelle tenebre.

Mentre “stridor di denti” (kai brugmos tōn odontōn) è “digrignare i denti”, potrebbe riferirsi al tormento per la sofferenza, o alla disperazione, o rabbia intensa, oppure tutte e tre.

Riflette il grande dolore, o l’angoscia che si prova all’inferno!

Anche questo digrignamento dei denti non finirà mai!! (cfr. per esempio Daniele 12:2; Matteo 3:12; 18:8; 25:46; Marco 9:43, 48; Luca 3:17; Giuda 6-7; Apocalisse 14:9-11).

La più grande sofferenza delle persone che saranno all'inferno sarà che devono vivere e non possono morire!!

La cosa più importante che dobbiamo pensare riguardo l’inferno è che qualunque cosa, o ovunque sia, Gesù ha avvertito e ci avverte continuamente di qualcosa di ultimo e definitivo da evitare.

La dannazione di coloro che si credevano destinati al regno dei Cieli era un avvertimento per i Giudei al tempo di Gesù, ma suona ancora un avvertimento anche per noi oggi, un avvertimento anche per color che dicono di essere cristiani, ma lo sono solo di nome!

Frederick Dale Bruner scrive: “Tutti gli avvertimenti di Gesù sull'inferno avvengono in messaggi a persone che si credevano di essere eredi del regno. Gesù non predica l'inferno ai pagani; egli lo predica a coloro che si credono credenti. L'inferno non è tanto una dottrina per spaventare i non credenti quanto una dottrina per avvertire coloro che si credono credenti”.

La chiesa oggi deve ascoltare questo avvertimento!

Non possiamo dire di essere cristiani se Cristo non è veramente in noi!

Non possiamo credere di essere cristiani nella testa, agendo senza che Gesù Cristo è il Signore di tutta la nostra vita!

CONCLUSIONE

Jim Samra scrive: “Molti film di avventura mettono un eroe improbabile contro probabilità impossibili. Tra l'eroe e la forza apparentemente inarrestabile c'è di solito il destino di tutta, o gran parte dell'umanità. Deve disinnescare la bomba atomica che distrugge il pianeta. Deve fermare la meteora che impatta sulla terra. Deve evitare che il treno pieno di bambini che cada dal ponte crollato. Adoriamo queste storie. Ci ricordano che c'è sempre speranza. Ci incoraggiano a sacrificare la nostra vita per salvare gli altri. Ci sono molti impulsi nobili in queste storie. Una cosa che non riusciamo a riconoscere, tuttavia, è che esiste un tipo di distruzione inevitabile. Coloro che non daranno la vita al vero Eroe della storia, Gesù, affronteranno la distruzione che nessun altro eroe potrà impedire”.

Solo Gesù ci salva dall’inferno! 

Non c’è nessun altro Salvatore (cfr. Giovanni 3:16; 4:42; Atti 4:12)

Affidati a Lui e sarai salvato!

Se sei salvato ringrazia il Signore! Sii riconoscente al Signore!

Inoltre predica l’inferno se ami le persone! Predica Gesù che salva dall’inferno!

Avvertili della terribile realtà che aspetta i malvagi, gli increduli, i falsi insegnanti della parola di Dio, i cristiani solo di nome!

Vivi la fede e pratica il ravvedimento, predica il vangelo ed esorta le persone a credere a Gesù e a ravvedersi davanti a Dio (cfr. Atti 20:21).

Ci sono due motivi per cui dobbiamo parlare del vangelo di Gesù Cristo alle persone.

1) Il primo motivo è per glorificare Dio (cfr. 1 Corinzi 10:31)

Noi glorifichiamo Dio non solo con l’adorazione, ma anche con l’obbedienza, gli dimostriamo così amore (cfr. Matteo 22:37-38; Giovanni 14:21) e il Signore ci ha ordinato di predicare il vangelo (cfr. Marco 16:15-16), la buona notizia di Dio per il mondo perduto.

2) Il secondo motivo perché dobbiamo predicare il vangelo è per amore dei perduti

Siamo chiamati ad amare il prossimo come noi stessi (Matteo 22:39).

Come noi desideriamo il nostro bene, così dobbiamo desiderare il bene degli altri, e predicandogli il vangelo dimostriamo quanto desideriamo essere salvati e quindi lo desideriamo che lo siano anche gli altri!

La predicazione del vangelo e quindi dall’inferno sarà spontanea se abbiamo conosciuto l’amore di Gesù Cristo! (cfr. 2 Corinzi 5:14).

Riguardo l’evangelizzazione James I. Packer scriveva: “Se abbiamo conosciuto qualcosa dell’amore di Cristo per noi, se in qualche misura i nostri cuori hanno provato gratitudine per la grazia che ci ha salvati dalla morte e dall’inferno, allora questo atteggiamento di misericordia e di premura per il bisogno spirituale dei nostri simili dovrebbe venirci naturalmente spontaneo”.


Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria

 Atti 12:5: L’importanza della preghiera comunitaria “Pietro, dunque era custodito nella prigione, ma fervide preghiere a Dio erano fatte pe...

Post più popolari dell'ultima settimana