Isaia 63:15-16: La preghiera appassionata per un risveglio (1)
Il profeta dopo aver ricordato il passato: la salvezza del Signore e la ribellione del popolo con il conseguente distacco di Dio, e le gesta salvifiche dell’esodo e la conduzione di Dio per acquistarsi una rinomanza eterna e gloriosa, ora prega per la brutta condizione in cui si trova il popolo (Isaia 63:7-14).
Isaia 63:15-64:12, è una preghiera rivolta a Dio affinché Egli presti attenzione, affinché sia presente e intervenga con la Sua salvezza.
Martyn Lloyd Jones riguardo questa preghiera una sessantina di anni fa, ma ancora attuale, scriveva: “Mentre guardiamo questa preghiera, dobbiamo renderci conto che questa è l'unica speranza anche per noi, a quest'ora presente, perché la nostra posizione oggi, la nostra situazione, è quasi esattamente come quella dei figli di Israele quando erano stati portati prigionieri a Babilonia e come quella della chiesa durante i suoi successivi periodi di disobbedienza. Quando ce ne rendiamo conto, dobbiamo vedere che la nostra unica speranza sta nel pregare questo tipo di preghiera”.
Così in una chiave di lettura che riguarda il risveglio, dobbiamo pregare questo tipo di preghiera.
Prima di tutto vediamo:
I LA PASSIONE DELLA PREGHIERA
Nella passione della preghiera c’è un:
A) Carico pesante
In questa preghiera vediamo il peso dell’orante di Isaia.
Sulla base della precedente considerazione della bontà del Signore manifestata a Israele nel passato, come vediamo dai vv.7-14, il profeta, rappresentando e pregando per il suo popolo, si lamenta per l’inattività divina, prega il Signore per nuove misericordie, per una nuova manifestazione di aiuto.
Vediamo la determinazione nel pregare per qualcosa che per lui è urgente, una preghiera non vaga, specifica, che ci parla di una posizione difficile, drammatica, si riferisce alle loro città saccheggiate e rovinate, e il santuario è stato profanato dai nemici (v.18)
Come possiamo rimanere indifferenti quando ci rendiamo conto che la situazione in cui ci troviamo è grave?
Quando vediamo il nostro stato spirituale mediocre, o scadente, o lo stato della chiesa e lo stato del mondo intorno, come possiamo rimanere indifferenti?
L’indifferenza ci porta lontani da Dio!
William Seeker afferma: “L'indifferenza nella religione è il primo passo verso l'apostasia dalla religione”.
Dobbiamo pregare urgentemente che Dio susciti un risveglio, se abbiamo a cuore veramente la gloria di Dio, se amiamo la chiesa e i non credenti!
Se abbiamo sperimentato veramente Dio, c’identificheremo con Lui, soffriremo e faremo cordoglio per il peccato.
Se siamo consapevoli della santità di Dio, che odia il peccato, (Deuteronomio 25:16; Proverbi 6:16-19; 15:9; Geremia 44:4,11), non saremo indifferenti al peccato!
(1) Faremo cordoglio per i peccati personali
Come fece Isaia (Isaia 6:1-5), che davanti la visione di Dio, si umiliò davanti a Lui, consapevole del suo peccato davanti la gloria, la maestà e la santità del Signore.
(2) Faremo cordoglio per i peccati della chiesa
Come ha fatto Esdra per l’infedeltà di quelli che erano stati in esilio (Esdra10:6).
(3) Faremo cordoglio per i peccati della società
Il salmista pregava: “Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi, perché la tua legge non osservata”(Salmo 119:136).
Ecco la tristezza, il cordoglio del credente perché la legge del Signore non è osservata.
Non piange perché è perseguitato, oppure perché le cose non gli vanno bene, ma perché la società non osservava i comandamenti di Dio!
Anche il nostro Signore Gesù fece cordoglio per Gerusalemme (Matteo 23:37-39).
Gerusalemme era indifferente e ribelle ai richiami di Dio, perseguitava i servi del Signore.
Lo spirito di Paolo s’inacerbiva nel vedere la città di Atene piena di idoli (Atti 17:16).
Quanti cristiani oggi sono commossi fino alle lacrime, dall’idolatria, dalla bestemmia, dall'ateismo, dall’immoralità, dalla violenza che caratterizza la nostra società?
Dobbiamo fare cordoglio per i peccati della società, non solo perché il peccato è rovinoso e porta alla perdizione, ma soprattutto perché disonora grandemente Dio! (Deuteronomio 9:18; Isaia 57:17).
Questa è la maturità cristiana, avere un senso, un peso per la situazione peccaminosa, per l’apatia spirituale, per le tenebre che ci sono attorno a noi, e mi auguro che non lo siamo noi!
Nell’atmosfera di questa preghiera troviamo una:
B) Commozione passionale
In questa preghiera c’è una forte emozione, una grande intensità (cfr. Salmo 80:14).
Il profeta stava vivendo una forte emozione, sta pregando con il cuore!
Non era interessato tanto alla forma della preghiera, benché abbia una certa forma, e anche un profondo contenuto.
Isaia stava vivendo una forte emozione, stava manifestando quei sentimenti che aveva in quel momento, che riempivano il suo cuore ed è così che noi dobbiamo pregare per il risveglio.
Martyn Lloyd Jones a proposito scriveva: “No, il cuore dell'uomo è troppo profondamente commosso, poiché è nella morsa di una forte emozione, e così prega dal profondo del suo cuore. E ogni volta che la chiesa è in uno stato di risveglio, trovi la stessa cosa. Ogni volta che lo Spirito di Dio scende sulla chiesa, le forme vengono dimenticate, le liturgie vengono sospese e lo Spirito si muove nei cuori degli uomini. E dal cuore delle persone che pregano nascono le loro espressioni di adorazione, i loro motivi e le loro richieste - esattamente ciò che hai qui e in ogni altra grande preghiera nella Bibbia”.
Ovviamente, vediamo che questi sentimenti, sono coerenti con la verità di quello che è Dio, non sono separate dalla sana dottrina!
Dio ha creato in noi i sentimenti, e benché non devono guidare la nostra vita di fede, comunque hanno una componente importante nella vita cristiana!
Infatti, la Bibbia ci dice di amare Dio con tutto il cuore, l’anima, la mente e la forza, cioè con tutto noi stessi, quindi anche i nostri sentimenti (Marco 12:30).
In molti salmi della Bibbia vediamo che il salmista espone i suoi sentimenti!
Un’altra caratteristica di questa preghiera è il:
C)Coraggio
Il salmista ragiona con Dio, la preghiera è una conversazione audace, una lotta con Dio.
La preghiera è anche lottare con Dio come fece anche Giacobbe quando disse a Dio che non lo avrebbe lasciato se prima non lo avesse benedetto (Genesi 32:24-32).
I grandi uomini di Dio conversavano con Lui audacemente, per esempio Abraamo quando intercedette per Sodoma (Genesi 18:16-33).
Anche Mosè chiese a Dio di non farli partire se la Sua presenza non fosse stata con loro, e poi chiese al Signore di vedere la Sua gloria (Esodo 33:12-23).
Isaia chiede a Dio dov’è andato a finire il Suo zelo, i Suoi atti potenti, le Sue compassioni verso di lui (v.15).
Chiede a Dio perché li ha giudicati facendoli allontanare da Lui, perché ha reso il loro cuore duro.
Dice a Dio che sono diventati come quelli che non fanno parte del Suo popolo, come quelli che non ha mai governati (vv.17-19)
Il profeta richiede a Dio di guardare e osservare, che in ebraico sono imperativi, e di ritornare, in ebraico è ancora un imperativo, a essere presente in mezzo al Suo popolo (v.17).
Quindi il profeta sta discutendo, ragionando, supplicando e lottando con Dio.
Perché aveva questo coraggio?
(1) Perché era consapevole e sincero della situazione
Non cerca di nascondere i problemi che avevano lui e il suo popolo con Dio in conseguenza dei loro peccati.
Nella sincerità c’è coraggio!
Aveva coraggio:
(2) Perché conosceva la sua identità
La sua identità davanti a Dio, faceva parte del suo popolo, e quindi in qualche modo sentiva che aveva il diritto di pregare in questo modo: Dio era il loro padre, il loro salvatore.
Nonostante tutta la sua indegnità, sente che ha il diritto di andare alla presenza di Dio e pregare con passione e coraggio.
Prega con coraggio:
(3) Perché credeva alla grandezza del carattere di Dio
Questa preghiera è piena di riferimenti a Dio che riguardano la Sua trascendenza e immanenza.
Una grande preghiera dipende dalla conoscenza che abbiamo di Dio.
Martyn Lloyd Jones scriveva: “La grande preghiera è sempre il risultato di una grande comprensione. La profonda conoscenza si basa sempre su una comprensione della verità… La chiave per una grande preghiera è una profonda conoscenza e comprensione delle dottrine della grazia”.
Il Signore non li poteva lasciare, non li poteva rifiutare!
E questo è avvenuto anche perché aveva anche una certa:
D) Comunione con il Signore.
Quando abbiamo una comunione intima con Dio, quando lo sperimentiamo, ci rendiamo conto e siamo sensibili al peccato (cfr. Isaia 6:1-5; Luca 5:6-8)
Thomas D. Bernard dice: “Il nostro senso del peccato è proporzionato alla nostra vicinanza a Dio”.
La conoscenza di Dio e la comunione con Lui, nutrono le nostre parole e influenzano le nostre preghiere!
La comunione, l’intimità con Dio si cura come può essere tra le relazioni umane, con la conoscenza, la comunicazione, la sincerità, il tempo, la presenza attiva.
Quindi in una grande prova, nelle difficoltà, nelle sofferenze, come poteva essere per il popolo di Dio in quel momento, quando ci troviamo nella fornace dell'afflizione, solo la consapevolezza del Signore, la conoscenza e la fede nella sana dottrina e la comunione con Lui, ci guideranno a fare una preghiera audace, appassionata.
Consideriamo ora:
II LA PECULIARITÀ DELLA PREGHIERA (vv.15-16)
Isaia vede un momento futuro in cui Dio sembrerà lontano dal Suo popolo.
A nome del popolo chiede al Signore dove sono il Suo zelo i Suoi atti potenti, la Sua misericordia in favore del popolo.
Il popolo è lontano dalle vie di Dio con un cuore che non lo teme e impotente davanti ai loro nemici, abbandonati a loro stessi (vv.17-19).
Il profeta sta parlando qui per tutti coloro che una volta, o l'altra hanno sperimentato ciò che Giovanni della Croce chiamava “la notte oscura dell'anima”.
Chi di noi non ha mai avuto un periodo di sofferenza, di dubbi, di tristezza, paura, angoscia, confusione, malinconia, una notte in cui il buio prende il soppravvento!
Nella peculiarità della preghiera vediamo:
A) La trascendenza di Dio (v.15)
Il v.15 dice: “Guarda dal cielo, e osserva, dalla tua abitazione santa e gloriosa”.
La preghiera è indirizzata al Signore nella pienezza della natura divina, nella sua trascendenza.
Quando si parla della trascendenza di Dio, s’intende che Dio è al di sopra, al di là e al di fuori dell'ordine creato.
Claus Westermann scrive: “L’abitazione ‘santa e gloriosa’ di Dio non è una dimora di carattere mitico, ma la sua maestà lontana ed eccelsa, che la supplica deve raggiungere”.
Vediamo da vicino:
(1) La preghiera
Dio, è invitato dal profeta a “guardare” (naḇaṭ), si riferisce a guardare in basso intensamente in modo da focalizzare qualcosa (Deuteronomio 26:15; Salmo 80:14; 1 Re 8:30).
Richiede un attento e costante controllo di un oggetto, o di una situazione, è prestare attenzione (Isaia 5:12; 18: 4; 63:5).
Mentre “osservare” (rāʾāh), indica vedere con gli occhi (Genesi 27:1) la condizione del popolo (cfr. Salmo 80:14; Isaia 37:17), e quindi volgere la Sua faccia verso il popolo e di aiutarlo, di salvarlo.
Questi due verbi hanno l'effetto di sottolineare l'enfasi del posto dove si trova il Signore.
Dunque vediamo:
(2) Il posto dove si trova il Signore
(a) Il Signore si trova in cielo
Il v.15 dice: “Guarda dal cielo”.
Questo ci fa capire ancora la Sua natura trascendente.
“Cielo” (šāmayim) descrive la natura diversa di Dio dalla nostra che è terrena.
“Cielo” è la dimora di Dio (1 Re 8:30, 32), come dice quì: “Abitazione”, è il trono del Signore, e la terra è lo sgabello dei Suoi piedi (Isaia 66:1).
Isaia ci dice anche:
(3) La particolarità del posto
Leggiamo ancora nel v.15: “Dalla tua abitazione santa e gloriosa”.
Questo letteralmente è “la casa della tua santità e bellezza, o splendore”.
La parola “abitazione” (zeḇûl), può avere origine dal verbo “onorare”, o “governare”, indica magnificenza; abitazione alta, dimora esaltata (cfr. 1 Re 8:13).
Consideriamo che:
(a) L’abitazione è santa
“Santa” (qōḏeš) si riferisce al fatto che è un luogo separato, sacro per la presenza del Dio santo (Deuteronomio 26:15; 2 Cronache 30:27; Geremia 25:30; Giona 2:5,8; Michea 1:2; Abacuc 2:20; Zaccaria 2:17; Isaia 6:1-5; 57:15).
Isaia parla che:
(b) L’abitazione è gloriosa
“Gloriosa” (tiphʾereth) indica bellezza, splendente.
Se l’abitazione è santa e gloriosa è per la presenza di Dio che la rende così.
Queste parole, ci fanno capire come se il Signore si fosse ritirato e confinato in cielo, e non riconoscesse più i Suoi figli.
Quel Signore che una volta si rivelò così gloriosamente nella storia di Israele (Isaia 63:7-14), ora si è ritirato nella Sua dimora; sembra essere diventato come un Dio che si nasconde, e non si prende cura di ciò che sta accadendo ai Suoi figli, non interviene nel risolvere i loro problemi, nel tirarli fuori dalla desolazione in cui si trovano, con il tempio terreno in rovina.
Così questa preghiera ci fa capire come iniziare le nostre preghiere, anche quelle per un risveglio.
Isaia c’insegna come pregare, come abbiamo visto prima, ma qui vediamo che dobbiamo cominciare a pregare guardando a Dio: adorando Dio!
Così farà anche Gesù con il Padre nostro, inizia con Dio e poi gli porti le tue preoccupazioni (Matteo 6:9-13).
Prima di pregare per i nostri bisogni dobbiamo renderci conto di chi stiamo pregando: il Dio trascendente!!
Prima di concentrarci sui nostri problemi dobbiamo concentraci su Dio e poi affrontare i nostri problemi davanti a Lui!
Anche quando siamo sotto pressione, quando siamo schiacciati dalle difficoltà, il nostro sguardo deve essere principalmente su Dio, Lui deve essere la nostra priorità!
Isaia c’insegna ad adorare prima Dio e poi pregare per la nostra situazione e anche per la situazione della chiesa, che oggi è di apatia, di formalismo, di coma spirituale.
O anche per la società che è così peccaminosa, egoista, immorale!
Dobbiamo guardare prima a Dio, e poi pregare che mandi un risveglio!!
È bene quindi ricordare che Dio è il Sovrano su tutti e su tutto!
Regna dal cielo!
Quindi iniziamo le nostre preghiere prima adorando Dio, e poi passiamo ai nostri bisogni, ai nostri peccati!
Chiediamo a Dio che si manifesti nella nostra vita, che ci faccia vedere il suo zelo in azione!
Quindi questo ci porta a considerare:
B) L’immanenza di Dio (vv.15-16)
L’immanenza di Dio si riferisce che è presente, opera in questo mondo, è attivo in mezzo a noi.
Colui che è al di là del finito e dell’umano, il trascendente, si manifesta nella vita degli uomini.
Iniziamo con Dio com’è in se stesso, e poi proseguiamo con la relazione tra noi e Dio.
Una volta Dio, salvò il Suo popolo da tutte le sue angosce, li liberò dalla schiavitù d’Egitto e li fece passare attraverso il Mar Rosso guidandolo come un pastore fa con il suo gregge, fu così pieno di zelo per la Sua gloria e per il benessere del suo popolo (vv. 7-14).
Tuttavia, in questo momento il Signore sembra lontano, distaccato in cielo nella Sua abitazione santa e gloriosa.
Isaia vede che in un periodo in cui Dio sarà assente nella vita del Suo popolo, molto probabilmente si tratta del periodo dell’invasione babilonese, quando questi nemici distruggeranno anche il tempio.
Il profeta non dubita dell'esistenza di Dio, della Sua santità, o della Sua sovranità, o della Sua immanenza, prega perché ci crede, ora vuole vedere Dio agire per conto del Suo popolo come ha fatto nel passato.
Nell’immanenza vediamo lo:
(1) Lo zelo di Dio (v.15)
Nel v.15 è scritto: ”Dove sono il tuo zelo, i tuoi atti potenti?”
“Zelo” (qinʾāh) si riferisce all’ardore, al fervore intenso, alla gelosia (Isaia 9:6; 42:13; 59:17; Zaccaria 1:14; 8:2).
Lo zelo si riferisce alla forte determinazione di Dio, alla Sua energia, al Suo impegno appassionato e assoluto per realizzare ciò che ha promesso, è ciò che lo spinge all’azione (cfr. Isaia 9:7; 37:32; 59:17).
Potrebbe anche riferirsi, all’abilità, alla forza di affrontare un compito, o un nemico.
Lo zelo di Dio è proteggere il Suo onore divino (Isaia 42:8; 48:11; Ezechiele 39:25).
Ma è anche il profondo amore che ha per il Suo popolo (Esodo 20:3-5; Giacomo 4:4-5), il Suo profondo desiderio di proteggere e custodirlo.
Il profeta, riferendosi all’attacco dei babilonesi, chiede al Signore di intervenire per il proprio onore e amore per il Suo popolo.
Dunque, lo zelo che una volta si manifestava potentemente nella vita Suo popolo, che ne è diventato adesso?
Non ci sono più tracce dello zelo con cui il Signore era solito lottare per il suo popolo e contro i suoi oppressori (Isaia 26:11).
Isaia prega credendo che non sarebbero sconfitti, se Dio si manifestasse come in passato, se fosse ancora zelante per il popolo!
Dov'è andata a finire questa energia potente, efficace che una volta ha mostrato per il popolo quando li liberò dalla schiavitù di Egitto? (Isaia 63:7-14).
Ma l'idea non è che Dio abbia perso il Suo zelo o la Sua forza, ma piuttosto che lo stia trattenendo dal Suo popolo.
Dio non è cambiato; il suo zelo e tutte le altre caratteristiche che sono menzionate, sono ancora lì, ma il Signore si trattiene!
Il profeta non dubita del Signore, sa che lo zelo quella forza devastante, quelle compassioni sono ancora lì, e non può essere diversamente perché il Signore è immutabile (Malachia 3:6; Giacomo 1:17), ma non interviene, lascia che i nemici, i Babilonesi devastano e saccheggiano Gerusalemme e il tempio, e portato via come prigionieri, molti del popolo.
Anche oggi possiamo chiederci: “Dov’è lo zelo di Dio in mio favore, o a favore della chiesa?”
Perché spiritualmente parlando sono moribondo?
Perché c’è tanta mediocrità e superficialità nella chiesa?
Perché nella chiesa non si vede lo zelo del Signore?
Perché non cresciamo?
Dove sono le conversioni?
Perché il nemico sembra avere la meglio?
Allora preghiamo che Dio possa di nuovo manifestare il Suo zelo!
Non c’è lo zelo e nemmeno:
(2) Gli atti potenti di Dio(v.15)
Nel v.15 leggiamo ancora:”Dove sono il tuo zelo, i tuoi atti potenti?”
“Dove sono il tuo zelo, i tuoi atti potenti”, implicano che Dio non scatena le spettacolari forze del cielo e della natura, o la sua potentissima energia per aiutare il Suo popolo.
“I tuoi atti potenti” (ûgĕbûrōtekā) si riferisce alla forza (geḇûrāh) di Dio, alle Sue azioni potenti, ai prodigi (cfr. Deuteronomio 3:24; 1 Cronache 29:11-12; Salmo 71:16; 106:2; 150:2; Isaia 33:13), che erano stati così abbondanti in passato.
Quindi “i tuoi atti potenti” è associata agli atti di fedeltà e grazia di Dio verso il Suo popolo!
La forza, la potenza è una qualità dei guerrieri necessaria per vincere le battaglie (Esodo 32:18; 2 Re 18:20; Isaia 3:25).
Questo potere è il dono del Signore (Isaia 28:6).
Il riferimento riprende la descrizione di Isaia 42:13 dove il Signore è visto come un potente eroe (gibbôr), un potente guerriero, che trionferà, agirà con forza (gābar) sopra i Suoi nemici.
Il profeta pensa agli atti potenti di Dio che combatte per il Suo popolo contro i nemici e li vince, ecco perché bisogna confidare in Lui e non nei mezzi umani, come c’incoraggia il Salmo 20:5-9.
Come per lo zelo, il Signore manifestò gli atti potenti e le azioni di salvezza quando li tirò fuori dall'Egitto, quando divise il mare in due parti e Israele passò in mezzo e li introdusse nella terra promessa vincendo nemici più potenti, dove sono adesso?
Gli atti di Dio sono potenti!
Per Dio niente è impossibile!
Marcus Dods dice: “Non dobbiamo pensare che, dove non vediamo alcuna possibilità, Dio non ne veda nessuna”.
Niente è difficile per Dio!
Lo disse ad Abraamo quando Sara rise alla promessa di Dio che avrebbe avuto un figlio da vecchia (Genesi 18:14; cfr. Matteo 19:26; Luca 1:35).
Ma in quel periodo storico al quale si riferiva Isaia, Dio aveva trattenuto la Sua potenza in favore del Suo popolo!
Dio è onnipotente, ma a volte non agisce perché ci sono motivi validi che riguardano la Sua natura e i Suoi piani, ma anche, come in questo caso per giudicare il Suo popolo! (vv.17-19).
Nella preghiera c’è anche un riferimento al:
(3) Cuore di Dio (v.15)
Nel v.15 leggiamo ancora: “Il fremito delle tue viscere e le tue compassioni non si fanno più sentire verso di me”.
Invece di celebrare l'amore di Dio, in questa preghiera, il profeta, si domanda anche perché non è compassionevole con il Suo popolo come lo fu nel passato.
Il profeta non nega le compassioni di Dio, ma chiede semplicemente perché non si manifestano più, perché Dio li sta trattenendo, il che implica che l'avrebbe nuovamente mostrato al popolo.
“Il fremito delle tue viscere e le tue compassioni” sono due delle motivazioni interne centrali che spingono Dio all'azione.
“Fremito delle tue viscere” (hĕmôn mēʿeykā) si riferisce al rumore, o al ruggito, al tumulto delle viscere.
“Fremito” (hĕmôn) viene interpretato come l'urlo che emana dall'interno di un guerriero (cfr. Isaia 42:13–14 sebbene sono usate parole diverse).
Nel pensiero ebraico, le “viscere” (mēʿeh), sono gli organi interni, ed è una metafora per indicare la sede delle emozioni e delle convinzioni più profonde che guidano il comportamento (Isaia 16:11; Geremia 31:20).
Alcuni interpretano anche con “utero” (cfr. Isaia 49:1).
“Tue compassioni” (wĕraḥmeykā), è un’altra caratteristica di Dio, assente nella vita del popolo.
“Compassioni” (rǎ·ḥǎmîm) si riferisce alla misericordia, alla pietà, al favore.
Si riferisce al forte legame che il Signore ha con coloro che ha chiamato come Suoi figli (Salmo 103.13), che li guarda come un padre guarda i Suoi figli, che ha pietà di loro (cfr. Michea 7:19).
Alcuni studiosi ritengono che sia “viscere” e “compassioni” sia simile all'intimità e alla cura di una madre (cfr. Isaia 49:1,15).
Quindi ci troviamo davanti a un’immagine di compassione che si manifesta in azione allo stesso modo della passione di un guerriero.
Così una madre stimolata da una tenerezza e da una compassione per i suoi figli, sarà capace di una terribile ferocia contro le persone che li maltrattano, se questo sarà necessario!
Ma Dio, secondo Isaia, però non agisce, è freddo e distaccato dice il profeta!
“Non si fanno più sentire verso di me” è una dichiarazione molto franca.
“Verso di me” associa il profeta alle persone nella loro espressione di perplessità.
La Nuova Diodati traduce: “Le tue tenere compassioni verso di me sono forse state represse?”
“Non si fanno più sentire verso di me” (ʾēlay hitʾappāqû) indica che il Signore ha represso le Sue emozioni e le Sue compassioni, si è trattenuto.
Infatti, “sentire” (ʾāp̱aq) significa trattenere, trattenersi.
Il concetto dominante, è il controllo delle proprie azioni, o emozioni nonostante la grande passione.
La parola descrive autocontrollo (Genesi 43:31; 45:1; Ester 5:10), quindi il Signore si è controllato, non ha manifestato le Sue compassioni al popolo (Isaia 42:14; 64:12).
Così, Dio stesso e nessun altro, ha trattenuto queste Sue qualità!
Così, in questo v.15 Isaia esprime, la sofferenza e la disperazione del popolo riguardo l’assenza di Dio, il popolo è così consapevole che dipende dalla misericordia di Dio, che perduta e si sente smarrito!
In un certo senso il profeta nella sua preghiera fa appello alla:
(4) Fedeltà di Dio (v.16)
Nel v.16 leggiamo: “Tuttavia, tu sei nostro padre; poiché Abraamo non sa chi siamo e Israele non ci riconosce. Tu, SIGNORE, sei nostro padre, il tuo nome, in ogni tempo, è Salvatore nostro”.
Quando siamo infedeli, il Signore rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso (2 Timoteo 2:13).
Nonostante sembra che Dio avesse dimenticato il Suo popolo, l'intercessore ricorda, sia a se stesso che a Dio, che comunque è il loro Padre, e il loro Salvatore.
Il profeta parla di:
(a) Respingimento
Il profeta dice al v.16:“Abraamo non sa chi siamo e Israele non ci riconosce”.
“Non sa chi siamo” (yĕdāʿānû) riferendosi ad Abraamo, è conoscere (yāḏā), mentre “non ci riconosce” (yakkîrānû) riferendosi a Israele, cioè Giacobbe (per esempio Deuteronomio 32:9; Isaia 45:25; 48:1-2, 58:14) indica considerare (nāḵar).
Entrambi i verbi sono usati in Deuteronomio 33:9 dove è scritto di Levi: “Non riconosce (riconoscere -nāḵar) i suoi fratelli, e nulla sa (conoscere - yāḏā)dei suoi figli”.
Il senso è sia di distacco dalle relazioni familiari e sia del rifiuto degli obblighi familiari.
Il popolo si è estraniato da Abraamo, il patriarca a cui Dio aveva fatto la promessa, e da Israele che ha dato loro il nome, e da cui discendono, mediante i quali hanno avuto una relazione con Dio, i loro privilegi e diritti, (cfr. Isaia 48:11-12), e lo rivendicavano.
Ma ora sono nella decadenza, si sono allontanati dalla fede dei loro padri, ed è per questo motivo che i patriarchi li respingono, li disconoscono come popolo di Dio, sono disgustati per il loro comportamento.
Quel comportamento ha attirato il giudizio di Dio su di loro come vediamo, non solo nel v.15, ma anche nei vv.17-19.
Ma c’è:
(b)La realtà
Sempre il v.16 dice: “Tuttavia, tu sei nostro padre… Tu, SIGNORE, sei nostro padre, il tuo nome, in ogni tempo, è Salvatore nostro”.
Isaia afferma con forza che sicuramente, veramente (tuttavia – kî): “Tu sei nostro padre”, e lo dice due volte.
Sebbene Abramo e Israele, possono essere così disgustati dai loro discendenti, tanto da rifiutarli e disconoscerli, la realtà e l'impegno di Dio nei confronti dei Suoi figli peccatori, è infinitamente più grande e non fallirà mai, non viene meno!
Il Signore è ancora disponibile è il loro Padre e Salvatore.
Solo il Signore (Yahweh), possiede la capacità di cambiare la loro situazione.
Nella disperazione, il popolo, rappresentato dal profeta Isaia, cerca il Suo aiuto.
Il profeta dice che:
(1)Il Signore è Padre
Nel v.16 leggiamo: “Tu sei nostro padre”.
In Egitto, il Signore aveva rivendicato Israele come Suo figlio (Esodo 4:22), che aveva acquistato, fatto, stabilito (Deuteronomio 32:6; Malachia 2:10); così gli israeliti sono spesso chiamati “figli” (Isaia 1:2,4; 43:6; Osea 11:1-4), e Dio loro Padre (Geremia 3:4; 31:9 Malachia 1:6).
“Padre” (ʾābînû) indica la responsabilità familiare di Dio verso il popolo, o può essere inteso a stabilire una connessione emotiva ferita del popolo.
Oppure Padre qui significa Colui che ha acquistato e dato vita alla nazione, quindi associato alla creazione, alla provvidenza e alla salvezza (Deuteronomio 32:6,18; Isaia 45:9-12; Salmo 68:5; Matteo 6:26,31-33; 7:11; 1 Corinzi 8:6; cfr. Atti 17:24-28).
Sicuramente “Padre” indica che esiste una stretta, personale e spirituale relazione con il popolo, infatti dice: “Nostro padre”.
È una parola di tenero conforto, che ha creato, salvato e dato vita al Suo popolo, se ritirasse il Suo amore e la Sua benedizione, i Suoi figli perirebbero!
Ecco perché il profeta prega appassionatamente affinché Dio intervenga!
Sapeva che la vita del popolo dipendeva dal Signore.
Il profeta dice che:
(2)Il Signore è il Salvatore
Nel v.16 leggiamo ancora:”Il tuo nome, in ogni tempo, è Salvatore nostro”.
Il senso può essere che il nome del Signore è Salvatore nostro!
Il Signore è conosciuto come Colui che è sempre stato il Redentore di Israele.
Il Signore in Egitto si era impegnato a liberare il Suo Popolo dalla schiavitù d’Egitto (Esodo 6:6-7).
Il Signore ci tiene alla gloria del Suo nome e aveva liberato il Suo popolo dall’Egitto per acquistarsi fama come vediamo nei vv.12,14(cfr. Isaia 42:8; 43:7; 48:9,11).
Il profeta aveva questa fiducia che il Signore è il Salvatore!
L'idea di base di “Salvatore” (gā·ʾǎl – Isaia 41:14; 43.14; 60:16), è scarcerare, liberare con il pagamento di un prezzo.
Il Signore li ha liberati dalla schiavitù d’Egitto (Esodo 6:6; 15:13; 20:2, Salmo 77:15), e lo farà ancora (Salmo 78:35; Isaia 48:20; 49:7), soprattutto con Gesù Cristo che salverà dai peccati gente di ogni nazione: Gesù è il Salvatore del mondo (Giovanni 4:42; Tito 2:14; 1 Pietro 1:18-19; Apocalisse 7:9-10).
Il punto allora è come scrive John MacArthur: “Gli antenati della nazione, Abraamo e Israele (Giacobbe), occupavano una posizione di primaria importanza nell’immaginario collettivo. I Giudei avevano sempre ceduto, peccando, alla tentazione di confidare unicamente nel privilegio di discendere da Abraamo e Giacobbe (cfr. Matteo 3:9; Giovanni 4:12; 8:39), ma alla fine cambieranno atteggiamento per riporre la propria fiducia solamente in Dio come Padre”.
L’errore che facevano i Giudei, è che confidavano alla loro appartenenza tradizionale alla nazione d’Israele, che la discendenza fisica di Abraamo gli avrebbe garantito la salvezza indipendentemente da come si comportavano!
Così anche noi oggi, non dobbiamo andare alla presenza di Dio semplicemente nel nome della tradizione, semplicemente nel nome dei padri, semplicemente nel nome di coloro che ci hanno preceduto, o della nostra denominazione religiosa!
Questo non è importante!
Non è importante se siamo figli di credenti, o a quale denominazione apparteniamo, non è questo che ci salva, ma Dio e lo fa tramite Gesù Cristo!
Dio è nostro Padre e il nostro Salvatore, che perdona i nostri peccati in Cristo (Salmo 32:1-5; 130:4; Efesini 1:7; Colossesi 1:14).
Non ci sono altre persone che possono salvarci, anche se sono stati uomini di grande spessore spirituale come Abraamo, Mosè, Paolo, solo Dio salva (Giona 2:10; Apocalisse 7:10).
CONCLUSIONE
C’è una reazione differente tra i non credenti e i credenti nel loro modo di affrontare i silenzi di Dio, quando non si percepisce alcun segno della Sua presenza potente e compassionevole.
I credenti comunque sia, cercano il Dio potente e misericordioso, loro Padre e loro Salvatore, e lo invocano portando a Lui tutte le loro preoccupazioni perché ha cura di loro (1 Pietro 5:7) e governa incessantemente in tutto il mondo.
Ora quello che ci fa capire Isaia è: sebbene possiamo essere peccatori e indegni, apparteniamo al Signore!
C'è una consapevolezza dell'infinità misericordia e della forte vitalità dell'unione che c’è tra il Signore e il suo popolo, ecco perché Isaia prega in questo modo.
Il Signore è sempre nostro Padre e il nostro Salvatore!
Anche se stiamo perdendo delle battaglie contro i nemici spirituali e morali, come per i Giudei erano i nemici: gli Egiziani prima, e poi i Babilonesi, che li hanno calpestati, devastati, e distrutto case e tempio, il Signore rimane sempre Padre e Salvatore.
Come pregava il profeta, chiediamo al Signore che ci faccia vedere di nuovo il Suo zelo, i Suoi atti potenti, che possa manifestare di nuovo le Sue emozioni e compassioni!
Ricordiamo al Signore che è fedele!
Che è nostro Padre e Salvatore!
Preghiamo che abbatta i nostri nemici, i nostri peccati, i demoni che ci disturbano e ci vogliono distogliere dalla via del Signore.
Preghiamo che il Signore ci liberi dal nemico dell’apatia spirituale, dallo scoraggiamento, dalla depressione spirituale, dal nemico della tiepidezza spirituale, della compiacenza e dell’orgoglio spirituale come la chiesa di Laodicea (Apocalisse 3:14-22), e della mediocrità spirituale.
Preghiamo per un risveglio!