Luca 4:28-30: La conclusione drammatica Abbiamo visto in Luca 4:23-27 come Gesù abbia portato alla luce i veri pensieri che avevano nel cuore le persone che erano presenti nella sinagoga di Nazaret dove Lui aveva appena parlato. Il Suo intervento è stato provocatorio, sfidando profondamente le convinzioni nazionalistiche ed esclusiviste dei Suoi ascoltatori. Ora in Luca 4:28-30, vediamo la conclusione drammatica di questa storia. Fu come un terremoto che scosse le fondamenta delle certezze religiose: dal celebrare Gesù (Luca 4:22), si passa al tentativo di ucciderlo! La verità di Dio sfidò i loro confini mentali, culturali e teologici, ora vediamo come reagirono a questa verità che non corrispondeva alle loro aspettative. Questo momento finale del testo è come un dramma in tre atti che si consuma con la velocità di un fulmine. Prima di tutto troviamo:
1 Corinzi 13:5-6: Ciò che l’amore non fa’ (Terza parte).
“Non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia”.
L’apostolo Paolo parlando della natura dell’amore dice ciò che l’amore non fa’.
L’amore non s’inasprisce.
Chi ama non è facilmente provocato all'ira (inasprisce-paroxunetai), non cede all’ira a quelli intorno a lui, o lei, e nemmeno provoca rabbia negli altri con la sua irritabilità.
L'amore non si arrabbia quando ci dicono, o fanno qualcosa che ci dispiace (cfr 1 Pietro 2:21-24).
Chi ama non è permaloso, non è suscettibile, non si offende facilmente, non s’irrita.
Probabilmente, a Corinto coloro che avevano doni più spettacolari irritavano, con il loro senso di superiorità, chi non lo aveva, e chi non l’aveva si lasciava irritare.
L’amore non addebita il male.
“Addebita” (logizetai) è la parola di un ragioniere, dà l’idea di tenere i conti, di annotare qualcosa per rendere conto a qualcuno, quindi ricordare i torti subiti.
Chi ama non memorizza ogni torto che ha ricevuto. Chi ama non prende nota del male ricevuto e di chi lo ha fatto.
L’amore non attribuisce il male a nessuno, non tiene conto del male, non serba rancore.
Chi ama non continua a ricordare a qualcuno il male che gli ha fatto a lui, o a lei. L'amore non pensa a come fare del male agli altri! L’amore perdona sempre!
Se Dio ci perdona, anche noi dobbiamo perdonare gli altri (Matteo 6:14-15; 18:21-35; Colossesi 3:12-13).
L’amore assorbe il male senza calcolare come vendicarsi.
L’amore non gode dell’ingiustizia.
“Gode” (chairei) è la gioia maligna, la gioia quando vi è ingiustizia (adikia).
L’amore non è contento quando gli altri si comportano male.
Alcuni pensano che questo potrebbe essere un riferimento a 1 Corinzi 5:2, dove è scritto che i Corinzi erano orgogliosi di un incesto.
Oppure Paolo si riferisce ai processi legali tra cristiani (1 Corinzi 6:1-11).
Oppure in relazione alla competizione (1 Corinzi 1:12-2:5), quando la persona con la quale si è in competizione perde la stima, e si gioisce.
Oppure può fare riferimento a gioire per i fallimenti in generale degli altri.
È proprio della natura umana peccaminosa trovare piacere a volte delle disgrazie, o dei fallimenti degli altri.
L'amore non gioisce (e quindi giustifica) per il nostro peccato, o per quello degli altri!
Peccare è già una cosa grave, gioire per il peccato lo rende ancora più grave! (Cfr. Isaia 5:20).
Il peccato è un affronto a Dio!
Quindi chi ama non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia.