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"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Matteo 23:37-39: Il lamento di Gesù su Gerusalemme

 Matteo 23:37-39: Il lamento di Gesù su Gerusalemme

In questi versetti vediamo il lamento di Gesù per Gerusalemme.

William Hendriksen riguardo questi versetti scrisse: “Il discorso pubblico finale di Cristo si chiude opportunatamente con un commovente lamento, in cui si rivelano sia la sua solenne tenerezza che la severità del giudizio divino su tutti coloro che hanno risposto a tale meravigliosa compassione con disprezzo”.

Quindi, in questo lamento di Gesù vediamo sia la Sua tenerezza e sia la Sua severità.

Bontà e severità sono caratteristiche che troviamo anche in Dio Padre (cfr. Romani 11:22).

Ci sono molti che pensano solo a Gesù come il Gesù di amore, di compassione, ma questo passo ci parla anche della Sua severità.

Gesù era attento alla reazione comportamentale delle persone verso di Lui; non era indifferente.

Ho diviso questa predicazione in tre punti.

Cominciamo a considerare, il primo punto:

I IL DOLORE DI GESÙ (v.37) 

Non è la prima volta che Gesù manifesta il Suo dolore per Gerusalemme (Luca 19:41-44), o per le persone (Matteo 9:35-38).

Queste parole sono piene di tenerezza e provengono da un cuore rotto. 

In un’altra occasione, in Luca 19:41, è scritto che Gesù pianse per Gerusalemme.

Gesù è carico di emozioni a causa dell’ostinazione e del conseguente inevitabile giudizio per Gerusalemme.

Il dolore di Dio per la ribellione, o malvagità degli uomini, risale ai tempi di Noè, infatti in Genesi 6:5-6 leggiamo: “Il SIGNORE vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo.  Il SIGNORE si pentì d'aver fatto l'uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo”.

Prima di tutto vediamo:

A) La destinataria

Il v.37 dice: “Gerusalemme, Gerusalemme”

Il doppio "Gerusalemme, Gerusalemme" ricorda il modo di chiamare di Dio nell’Antico Testamento (Genesi 22:11; 46:2; Esodo 3:4; 1 Samuele 3:4,10).

“Gerusalemme, Gerusalemme” è un segno di passione, un indirizzo emotivo, e la ripetizione intensifica l'emozione.

È una manifestazione dei sentimenti di Gesù come il suo “Marta, Marta” in Luca 10:41, o “Simone, Simone” in Luca 22:31; o “Saulo, Saulo” in Atti 9:4.

La ripetizione del nome indica il lamento, la tristezza e il dolore di Gesù per la situazione di Gerusalemme e il giudizio che subirà. 

“Gerusalemme” è personificata e si riferisce ai suoi abitanti (cfr. Luca 19:41-44), rappresentata in particolare dai capi religiosi che Gesù aveva rimproverato nei versetti precedenti, ma può anche rappresentare l'intera nazione di Israele, di cui era la capitale politica e religiosa.

Noi troviamo:

B) La descrizione

“Che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati” (v.37).

Gesù vuole attirare l’attenzione degli ascoltatori descrivendo la caratteristica di Gerusalemme specificando le sue azioni nei riguardi dei profeti e di coloro che Dio ha mandato con lo scopo di rivelare la Sua volontà.

Gerusalemme aveva la tragica tradizione di aver ucciso e perseguitato i messaggeri di Dio, era diventata una città apostata, ribelle a Dio fino a rigettare anche Suo Figlio. 

“Uccidi” e “lapidi” non sono azioni occasionali, ma una pratica continua, un processo che stava ancora continuando (presente attivo participio).

Dunque, Gerusalemme, era diventata nota come la città che uccideva i profeti (cfr. 1 Re 18:4,13; 19:10; 2 Cronache 24:20-22; 25:16; 36:15; Geremia 2:30; 26:20-23; Matteo 22:3,6-7), e lapidava quelli inviati a lei, e presto avrebbero ucciso anche Gesù come descritto nella parabola dei malvagi vignaiuoli (Matteo 21:33–39), la popolazione di Gerusalemme seguirà i capi religiosi e si rivolteranno contro Gesù (Matteo 27:20-25).

La lapidazione era prescritta nella legge di Mosè per idolatria (Deuteronomio 17:5,7), stregoneria (Levitico 20:27), e per altre circostanze (per esempio Esodo 19:13; Levitico 20:2; Numeri 15:35–36; Deuteronomio 21:18-21; 22:17–21, 23–34), è anche stabilita nella Mishnah (è uno dei testi fondamentali dell'ebraismo) per i falsi profeti. 

La lapidazione potrebbe anche essere il risultato della violenza della folla come sarà per Stefano (Matteo 21:35; Atti 7:57-58), o della cospirazione, che apparentemente fu il modo in cui Zaccaria morì (2 Cronache 24:21; Matteo 23:35). 

Così Gerusalemme, la città di Davide (cfr. 2 Samuele 5:6-7; 1 Re 8:1; 1 Cronache 11:4; 2 Cronache 5:2), e di Dio (Salmo 48:8-9) la città in cui Dio si rivelò nel Suo tempio e che era la Sua dimora tra la Sua gente (per esempio 2 Samuele 7:8,26-27; Isaia 6:1-6), simbolo della presenza di Dio in mezzo al Suo popolo (Esodo 25:8; 40:34-35; 1 Re 8:10-13, 27-30), ora è lontana da Dio! 

La città che era stata destinata a essere il centro di adorazione del vero Dio, ora è ribelle a Dio!

Passiamo al secondo punto principale:

II IL DESIDERIO DI GESÙ (v.37)

Sempre nel v.37 è scritto: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini”.

Questa immagine ci parla metaforicamente di Gesù come madre. 

“Madre” è anche una delle immagini metaforiche di Dio (cfr. Deuteronomio 32:18; Salmo 131:1-2; Isaia 49:14-15; 66:13).

Che cosa voleva Gesù? 

Gesù voleva:

A) Raccogliere

“Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli”

Il senso è quello di portare la popolazione nel Regno di Dio.

“Ho voluto” (ēthelēsa) indica un desiderio molto forte, è il piano e la volontà attiva di Gesù.

Questa frase può avere due significati diversi, o entrambi i significati insieme.

“Quante volte" si può riferire alla storia passata, Gesù si identifica con il Dio trascendente (cfr. Giovanni 8:58) che molte volte ha cercato di recuperare il popolo d’Israele nel passato fino a quei giorni (cfr. per esempio Isaia 65:2; Geremia 7:13).

Quindi ci può essere un’allusione a tutte le volte che il Signore ha richiamato il Suo popolo al ravvedimento sotto l’Antico Patto, quindi a tutto il corso della storia del popolo d’Israele.

Ma si può riferire ai tre anni del ministero di Gesù, in questi anni, in lungo e in largo, dalla Giudea, alla Samaria e fino in Galilea, ha voluto raccogliere tutta la nazione, come leggiamo nei Vangeli. 

“Quante volte” ci parla della grazia e della pazienza di Dio, visto che più volte Egli ha richiamato e il popolo lo ha respinto! 

Ma il Signore sempre ritornava anche se sapeva che il popolo si sarebbe di nuovo allontanato!

Una delle caratteristiche inspiegabile dell'amore di Dio è il fatto che, nonostante sapesse che tutti i tentativi sarebbero stati vani, la Sua chiamata e il Suo sforzo di raccogliere il popolo si rinnovavano sempre.

“Quante volte” allora ci parla della meraviglia della grazia e della pazienza del Signore, perché nonostante il popolo respingesse i messaggeri di Dio, e quindi Dio stesso, e in alcuni casi li uccideva, così anche farà per Gesù Cristo, Lui continuava a cercarli!

Nonostante sapesse della cronicità della ribellione del Suo popolo, il Signore aveva ancora amore per esso, non cessava di inviare profeti dopo profeti in successione ininterrotta.

Così fa anche ai nostri giorni, infatti, nonostante la corruzione e la ribellione della gente, il Signore continua ancora a dispensare la Sua grazia (cfr. Romani 5:8).

“Quante volte” ci parla anche che il Signore ricorda, registra tutte le volte in cui ha offerto la Sua grazia ed è stato paziente verso un popolo ribelle!

Per alcuni, forse le parole di Gesù sembrerebbero audaci, perché nessun profeta poteva dire queste parole di se stesso!

Gesù parla qui come se fosse Dio come ha fatto nella storia passata apostata di Israele, e proprio come al v.39 parlerà di se stesso con uguale audacia come se fosse il Messia in arrivo!

Ma Gesù non era audace perché era veramente sia il Messia e sia di natura divina.

“Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini” non è il desiderio che viene da un profeta, ma dal Signore e dal Salvatore d’Israele! Dal Figlio di Dio! Dal Messia!

Molte volte, Gesù ha voluto raccogliere (episunagagein), cioè prendere i figli di Gerusalemme e metterli insieme sotto “le proprie ali” come la chioccia raccoglie i suoi pulcini.

L’immagine della “chioccia che raccoglie i suoi pulcini” la troviamo nell’Antico Testamento dove Dio è paragonato a un uccello che protegge con zelo i suoi piccoli (cfr. Deuteronomio 32:10-11; Rut 2:12; Neemia 1:5; Salmo 17:8; 36:7-8; 61:4-5; 57:1-2; 63:7; 91:4; Isaia 31:5; Geremia 48:40).

Così la dichiarazione di Gesù ricorda l'immagine della cura e della protezione di Dio dell’Antico Testamento.

Anche gli insegnanti ebrei parlarono dei loro convertiti che vanno "sotto le ali della presenza di Dio", il che è simile a ciò che Boaz disse a Rut: " Il SIGNORE ti dia il contraccambio di quel che hai fatto, e la tua ricompensa sia piena da parte del SIGNORE, del Dio d'Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti!” (Rut 2: 12). 

Infine, si credeva tra gli Ebrei che alla fine dei tempi, Dio avrebbe riunito il Suo popolo in un grande evento di salvezza. 

Così, in questo senso, nell'impiego di questa similitudine, Gesù sta affermando che a causa del rifiutare Lui, il popolo di Israele perde il momento tanto atteso della salvezza.

Dunque, Gesù voleva essere per loro un:

B) Rifugio

L’immagine della chioccia che raccoglie i suoi pulcini sotto le sue ali, dopo “Gerusalemme, Gerusalemme” ci parla dell’amore, tenerezza, compassione di Gesù che lo ha spinto anche a lasciare la gloria in cielo e a dare la Sua vita sulla croce (cfr. Matteo 9:36; 11:28; 14:14; 15:32; 18:27, 33; 20:34; cfr. Giovanni 10:11,14-15; Romani 8:35,38-39; 2 Corinzi 8:9; Efesini 3:17-19; Filippesi 2:6-8; 1 Giovanni 3:16; Apocalisse 1:5) per il Suo popolo e connota l'amore di una madre che protegge i suoi piccoli.

Sotto le ali della madre è un luogo di benessere, protezione e sicurezza (cfr. per esempio Salmo 17:8; 36:7; 63:7; Isaia 31:5; Geremia 48:40). 

L’immagine potrebbe essere quella di un predatore che si avvicina, o di una tempesta, al primo vento e alla prima pioggia, la chioccia chiama i suoi pulcini e li nasconde sotto le sue ali protettive e si precipita in un luogo riparato.

Quando un pericolo minaccia i suoi piccoli pulcini, la chioccia cercherà di raccoglierle sotto le sue ali per proteggerle dal pericolo.

Il pericolo per Gerusalemme nel momento di queste parole erano i Romani, che saranno poi lo strumento che Dio userà per giudicare il Suo popolo nel I secolo d.C.

Questa protezione è ben illustrata con l’immagine della chioccia in una fattoria che ha visto arrivare un fuoco e ha raccolto i suoi pulcini sotto le sue ali per proteggerli dal fuoco. 

Quando il fuoco passò, un contadino si avvicinò alla chioccia che copriva ancora i suoi pulcini con le ali. 

Il contadino scoprì che la chioccia era morta, ma sotto le sue ali bruciate c'erano tutti i piccoli pulcini ancora vivi! 

Questo potrebbe essere l’immagine della protezione che Gesù Cristo fornisce al peccatore che crede in Lui come Signore e Salvatore e si ravvede. 

La Sua morte sulla croce ci salva dal peccato, dal giudizio di Dio e quindi dall’inferno. 

Sei tu salvato? Sei “sotto le ali” di Gesù?

Molte persone si proteggono nelle bugie (Isaia 28:15,17); nell’idolatria (Deuteronomio 32:31, 37-38), nelle persone (Geremia 17:5; Salmi 20:7–8; Isaia 30:1–2), ma il vero credente confida nella potenza salvifica, vittoriosa, sicura di Dio! (cfr. Deuteronomio 33,27; 1 Samuele 2:2; 22:32; Salmo 46:1; 62:6-7; Giovanni 10:28-29; Romani 8:31–32,38-39).

Ma vediamo:

C) La reazione 

“E voi non avete voluto!”

Dalla chiamata di Abramo, gli ebrei sono stati il popolo speciale di Dio, ma molte volte non hanno apprezzato questa posizione con la loro ribellione contro Dio.

 Il rifiuto deliberato di Dio è al centro del peccato umano!

Il rifiuto di Dio è una ribellione contro la Sua persona, la Sua autorità, la Sua istruzione e il Suo piano e si traduce nel rifiutare i Suoi servi e, in ultima analisi nel rifiutare Suo Figlio: Gesù Cristo (per esempio Esodo 22:20; Levitico 26:43; Numeri 14:27; Deuteronomio 32:15-18; 1 Samuele 8:7-8; 10:19; 15:10-11,23,26; 2 Re 17:15; 2 Cronache 36:15-16; Neemia 9:30; Salmo 81:11-13; 118:22; Isaia 1:4; 5:24; 30:1-2,12; 15; 50:6; 53:3; 65:12; Geremia 6:10,19; 7:13; Osea 4:6; Matteo 21:33-39; Marco 8:31; Luca 4:28-29; 7:30; Atti 7:52; 1 Tessalonicesi 4:8).

La reazione di Gerusalemme è stata il rifiuto di essere presa sotto la protezione di Gesù, non ha voluto!

Quando una persona rifiuta Cristo, non è mai il desiderio, o la colpa di Dio, ma sempre la sua (Ezechiele 18:23; 33:11).

Gesù ama e desidera proteggere i Suoi figli, ma Gerusalemme lo ha rifiutato! 

I destinatari della grazia di Dio l’hanno disprezzata come la Gerusalemme dei giorni di Isaia che ha rifiutato l'offerta di salvezza di Dio (Isaia 30:15-16, altri esempi 2 Cronache 36:15-16; Neemia 9:30).

Gerusalemme, e quindi la nazione, è composta da persone che si sono unite nel rigettare il Messia di Dio.

In Giovanni 1:11-13 è scritto: “È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio”. (cfr. Giovanni 5:40).

Ed è quello che avviene ancora oggi, il mondo rifiuta ostinatamente la grazia, la compassione, l’amore di Dio, rifiuta di venire sotto “le sue ali”.

Come ai tempi di Noè, come ai tempi dei profeti, come ai tempi di Gesù, oggi la volontà dell’umanità è diretta altrove, e non certamente al Signore e Salvatore Gesù Cristo!!

Anche oggi quando il Signore chiama le persone per raccoglierle sotto la Sua protezione, le persone rifiutano perché non vogliono avere il Signore come loro Dio, questo significherebbe sdoganare il proprio IO dal proprio trono e far posto a Dio a cui essere sottomessi!!

Come hai risposto, come rispondi alla chiamata del Signore?

Non fare l’errore di Gerusalemme che ha rifiutato Gesù, e ne ha pagato le conseguenze bruttissime!

Infine vediamo:

III LA DICHIARAZIONE DI GESÙ (vv.38-39) 

Nella dichiarazione vediamo:

A) La premura

“Ecco” è scritto nel v.38.

Come spesso troviamo in Matteo, "ecco" (idoú) cioè “guarda”, o “ascolta” è una formula drammatica che punta a un evento critico (Matteo 1:20; 19:16; 23:34), e serve a richiamare l'attenzione sul giudizio di Dio!

Gli ascoltatori di Gesù dovevano avere la premura di ascoltare attentamente per capire e considerare la loro fine! Dovevano essere saggi, ma che non lo sono stati!

In Deuteronomio 32:28-29 è scritto: “Poiché è una nazione che ha perduto il senno e non c'è intelligenza in loro. Se fossero savi, lo capirebbero e considererebbero la fine che li aspetta”.

Nella dichiarazione c’è, dunque:

B) La punizione

L'antica Gerusalemme giace sepolta da nove ai trenta metri sotto il livello della città attuale. 

Gerusalemme è stata assediata quarantasei volte. 

È stata completamente rasa al suolo diciassette volte!

Nel v. 38 leggiamo: “La vostra casa sta per esservi lasciata deserta”.

Il rifiuto di questo invito di andare “sotto le ali” di Gesù, quindi del Suo regno e di riconoscerlo come Re, significherà per loro il giudizio.

John MacArthur scrive: “Egli venne al Suo popolo in verità, luce e amore e offrì loro il regno che Dio aveva promesso da tempo, ma essi rigettarono il Re e rinunciarono al regno. Invece di ereditare la benedizione che Dio offriva per la loro fede, ereditarono il giudizio che promise per la loro incredulità”.

E sempre ancora John MacArthur scrive: “Fu dato a Israele un privilegio assolutamente unico nella storia dell'umanità, e con questo privilegio vennero grandi opportunità e responsabilità. Il Figlio di Dio incarnato venne in mezzo a lei come Figlio di Davide, il suo Messia, Signore e Salvatore. Insegnava, guariva, esortava e supplicava. Nella Sua ineguagliabile verità e amore Egli dimostrò Dio così perfettamente che poté dire: "Chi ha visto Me ha visto il Padre "(Giovanni 14:9; cfr. 12:45). Eppure Israele rigettò quella rivelazione e abbandonò quell'opportunità, e così facendo portò su di sé l'ira e il giudizio di Dio”.

Nella punizione, nell’ira di Dio leggiamo che si riferisce alla casa che sta per essere lasciata deserta.

A quale casa si riferisce Gesù?

Gesù dice: “Vostra casa” (hymin oikos), e questo implica che Dio l’abbandona! Non è più la casa di Dio, ma la loro casa, come ci ricorda Giovanni Calvino: "Chiamandola ‘vostra casa’, implica indirettamente che non è più di Dio.”

La parola “casa” è usata per indicare un edificio costituito da una, o più stanze e che normalmente serve come abitazione (per esempio Marco 2:1; Atti 2:46; 5:42; 8: 3; 20:20; Romani 16: 5), o per indicare la casa di Dio (Matteo 12:4; Marco 2:26; Luca 6:4; cfr.1 Timoteo 3:15; 1 Pietro 2:5; 4:17); o il tempio a Gerusalemme (Matteo 21:13; Giovanni 2:16-17; Atti 7:47, 49; cfr. 1 Re 9:7-8; Isaia 64:10–11).

"La tua casa" in questo contesto potrebbe riferirsi a tutta Gerusalemme con i Suoi abitanti (cfr. Matteo 11:16-19; Luca 13:1–5; 19:41-44), dal momento che il lamento è prima indirizzata a lei, o a tutto Israele, o al tempio nel cui recinto Gesù stava predicando (Matteo 21:23; 24:1) e la cui distruzione era prevista (Matteo 24:1-2).

Tutti e tre sono strettamente collegate insieme, ma sembra che Gesù si riferisca in modo particolare al tempio.

La distruzione del tempio avrebbe segnalato l'abbandono di Dio da Israele per averlo abbandonato (cfr. 1 Re 9:7; Isaia 64:6-11). 

La desolazione del tempio indica che Israele ha perso i suoi privilegi di popolo dell'alleanza di Dio (Isaia 63:16-19; cfr. Matteo 21:43; 22:8-9; Marco 12:9; Atti 13:46; Romani 10:19-21). 

In Deuteronomio Dio aveva avvertito Israele che se non avesse obbedito a Lui, se non avesse osservato tutti i Suoi comandamenti e le Sue leggi, le maledizioni sarebbero venute su di esso (Deuteronomio 28:15–68; 1 Re 9:6-9). 

Gerusalemme, non solo aveva abbandonato i comandamenti di Dio, aveva anche rifiutato il Suo stesso Figlio, ed è per questo che sarebbe stata lasciata desolata!

“Lasciata” (aphietai -presente passivo indicativo) indica “lasciare abbandonata”, in questo caso “abbandonata da Dio ai nemici” e allude alla futura distruzione di Gerusalemme.

Dio lascerà la Sua casa e ed essa sarà abbandonata ai nemici!

Geremia 12:7 è un ammonimento del Signore simile riguardante la distruzione del tempio nel 587 a.C. per opera dei Babilonesi: “Io ho lasciato la mia casa, ho abbandonato la mia eredità; ho dato l'amata mia nelle mani dei suoi nemici”. (cfr. 2 Re 21:14; Geremia 22:5).

Secondo Grant Osborne il verbo “lasciata”: “È un presente profetico, o futuristico ("sta per essere lasciata") e un passivo divino che esprime la certezza del giudizio imminente”.

La parola “deserta” (erēmos) porta il significato di rovina e abbandono, come una città fantasma in rovina senza abitanti (cfr. Apocalisse 17:16; 18:2,17,19,21-23), senza persone, senza residenti, o abitanti in un luogo, quindi vuota, in questo caso dal Signore che abbandona la casa e poi sarà distrutta.

Oppure si riferisce solo alla distruzione della casa.

Oppure si può riferire che il tempio sarà vuoto di adoratori! Le persone non andranno più lì per adorare!

comunque sia ci sarà l'abbandono da parte di Dio (Ezechiele 8:6; 11:23), o della popolazione e la distruzione, che avverrà nel 70 d.C da parte dei Romani, la città fu ridotta a una desolazione, furono uccise un numero elevato di persone, era tempo di Pasqua, e gli storici stimano che un milione di persone fossero a Gerusalemme per celebrare la Pasqua quando l'esercito Romano colpì Gerusalemme.

Le parole di Gesù furono terribilmente profetiche, rifiutandolo ha avuto gravi conseguenze!

Rifiutare Gesù Cristo porta al giudizio!

Poiché Gesù è stato rifiutato, gli Ebrei che si aspettavano che Gerusalemme fosse la capitale del mondo redento, e il tempio, l'unico santuario dell'umanità, saranno abbandonati da Dio e diventeranno una desolazione.

Il Regno di Dio si era avvicinato a Israele con grazia e misericordia, ma ha rifiutato l'offerta di amore, compassione, tenerezza e ha scelto la strada che ha portato al disastro.

In un’altra occasione Gesù dice, in Luca 19:41-42 dice: “Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo:  ‘Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. Poiché verranno su di te dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte;  abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata’”. (cfr. Geremia 22:5).

Così che “lasciata deserta” significa più che ci sarà una distruzione diffusa; significa che Dio l'ha abbandonata; non dimora più con un popolo che lo ha ostinatamente rifiutato.

Il tempio rappresentava la relazione del popolo con Dio; un tempio desolato significava separazione da Dio.

La città e il tempio saranno abbandonate a se stesse e la presenza di Dio e di Gesù, l’Emmanuele cioè “Dio con noi” non ci saranno più! 

Non c’è niente di più terribile che in una casa, in una famiglia, chiesa, o città, o nazione non ci sia la presenza di Dio! Significa la morte!

Anche le chiese cristiane di oggi devono fare attenzione a non cadere nella desolazione perché hanno ignorato Gesù e il Suo insegnamento. 

Ci sono chiese che pensano che hanno fama di vivere, ma sono morte come la chiesa di Sardi (Apocalisse 3:1).

Ci sono chiese locali dove la gloria di Dio non è più presente!

…Che cosa? Dio può abbandonare la Sua casa che ha scelto come Sua dimora e come un luogo di adorazione? 

Dio può far distruggere il Suo tempio? 

Secondo i profeti e Gesù “SI”! (Per esempio Geremia 7:13-15; 12:7; 22:5; Ezechiele 9-11). 

Quando Israele si ribella a Dio e rifiuta la Sua grazia, e il suo Messia, il tempio perde il suo scopo, il tempio senza il Suo Messia non ha senso.

Infine c’è:

C) La predizione 

Il v. 39 dice: ”Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’"

Nella predizione c’è:

(1) La spiegazione

“Infatti” 

“Infatti” (gar) spiega la motivazione, la causa per cui la casa dei Giudei sarà lasciata deserta: non vedranno più Gesù. 

Nella predizione c’è:

(2) La solennità

“Vi dico”. 

“Vi dico" in Matteo (cfr. Matteo 3:9; 5:20;28,32,34,39,44) serve a richiamare l’attenzione su ciò che dirà, è una formula per indicare che sta dicendo una verità importante, solenne.

Nella predizione c’è:

(3) La sentenza 

“Che da ora in avanti non mi vedrete più”.

“Non mi vedrete più” è una dichiarazione profetica dell'imminente dipartita di Gesù, della Sua morte e risurrezione, segna la fine del ministero terreno di Gesù e afferma il fatto che non lo incontreranno di nuovo fino al Suo ritorno, infatti “da ora in avanti” (ap’ arti) si riferisce al ritorno di Gesù (cfr. Matteo 26:29, 64).

Una volta che Gesù ha fisicamente lasciato il tempio (Matteo 24:1), la Sua unica relazione con esso sarà quello di annunciare e spiegare la sua prossima distruzione (Matteo 24:1-3).

Gesù andrà via, non sarà più presente, e quindi ci sarà un giudizio su Israele con la distruzione come giudizio imminente attraverso i Romani e poi ritornerà di nuovo alla fine dei tempi. 

Nella predizione c’è:

(4) La speranza

“’Finché non direte: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’"

“Finché” (heōs) è un avverbio di tempo e si riferisce al ritorno di Gesù Cristo.

Nel v.39 Gesù fa una predizione che Gerusalemme non lo vedrà più fino a quando, citando un passo dell’Antico Testamento, il Salmo 118:26, non diranno “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, questa è una citazione di speranza e salvezza.

Gesù sta descrivendo una realtà escatologica, non qualcosa nell'immediato futuro, parla del tempo in cui ritornerà sulle nuvole in modo glorioso (cfr. Matteo Matteo 10:23; 16:27-28 26:29,64; Apocalisse 1:4-8). 

Ma cosa significa “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”

La citazione del Salmo 118:26 è stata proclamata anche dalla folla all'ingresso trionfale a Gerusalemme (Matteo 21:9).

Erano parole di entusiasmo, di acclamazione e di fede nel riconoscere Gesù come il Messia.

“Benedetto” (Eulogēmenos – perfetto participio passivo) è “parlare bene con lode e ringraziamento” (cfr. Luca 1:64; 2:28; 24:53; 1 Corinzi 14:16; Giacomo 3:9; 1 Cronache 29:10, 20).

Quindi è una parola pronunciata volentieri da un credente.

Si riferisce a quegli Ebrei, a coloro che si convertiranno a Gesù con fede e pentimento a partire dai giorni degli apostoli e fino alla fine della storia con la predicazione del Vangelo (cfr. Zaccaria 12:10-11; Romani 11:25-32; Efesini 2:11-12).

Questa frase anticipa il pentimento di coloro che quando Gesù verrà alla fine della storia per eseguire il giudizio e la redenzione finale, coloro che hanno creduto in Lui e che si sono pentiti, quindi anche tra gli Israeliti, lo accoglieranno.

Il ritorno di Gesù sarà di giudizio per coloro che lo hanno rifiutato (Matteo 25:41-46; Apocalisse 20:11-15) e di salvezza per coloro che lo hanno accolto, per questi ultimi è benedetto colui che viene nel nome del Signore, che viene con l’autorità di Dio (cfr. Matteo 24:30-31). 

Gesù sarà accolto come Colui che viene nel nome del Signore con gioia ed entusiasmo. 

CONCLUSIONE

Questo passaggio ci mostra quattro grandi verità.

Prima di tutto:

(1) Ci mostra la pazienza di Dio

Gerusalemme aveva ucciso i profeti e lapidato i messaggeri di Dio, e alla fine mandò suo Figlio. 

Dio è paziente (per esempio Esodo 34:6; Romani 2:4; 9:22; 1 Timoteo 1:16; 2 Pietro 3:9), sopporta il peccato degli uomini e cerca sempre di raccoglierli sotto “le Sue ali”.

In secondo luogo questo passo: 

(2) Ci mostra l'amore di Dio

Questo passo ci parla dell’amore profondo di Gesù (e quindi di Dio) per Israele che ha cercato sempre di raccogliere, ma che il popolo ha rifiutato.

Le mani del Signore sono state e sono sempre tese verso il peccatore per salvarlo.

Dio va al di là dei nostri peccati.

Romani 5:6-8 afferma: “Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi.  Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. (cfr. 1 Timoteo 1:12-16).

Gesù ci dà l’esempio dell’amore che dobbiamo avere verso il popolo ebraico e per i perduti.

Paolo ha seguito il Suo esempio (Romani 9:1-5; 10:1).

I cristiani di oggi devono riflettere sulla compassione di nostro Signore per tutte le persone perdute, anche per il popolo ebraico. 

Gesù Cristo è il modello per tutti i cristiani che partecipano alla sua missione (Matteo 28:18-20) con compassione e amore, ma allo stesso tempo con severo avvertimento per coloro che hanno rifiutato il Vangelo. 

Anche noi dobbiamo fare cordoglio per i perduti come fece anche Paolo (cfr. Romani 9:1-2; Filippesi 3:18).

Dobbiamo avere anche un atteggiamento umile!

Essere arroganti verso chi è perduto è sempre spregevole! (Romani 11:16-24).

Questo passo:

(3) Ci mostra la natura deliberata del peccato umano

Come per i figli di Gerusalemme, anche oggi la chiamata di Gesù viene rifiutata da molti!

Ognuno è preso dalle Sue faccende (cfr. Matteo 24:34-39), schiavi dei piaceri del peccato (cfr. Geremia 17:9; Giovanni 8:34; Romani 3:23), rifiutano la salvezza che c’è in Cristo!

Infine, questo passo:

(4) Ci mostra le conseguenze del rifiuto di Cristo

La distruzione di Gerusalemme, qualche anno dopo, fu la diretta conseguenza del rifiuto di Gesù Cristo. 

Così tutti coloro che rifiutano Gesù Cristo come il Signore e il Salvatore subiranno l’ira di Dio (Romani 5:9-11), quindi l’inferno (Romani 8:1-2; Matteo 13:36-43; 25:41-46; Luca 16:19-31; 2 Tessalonicesi 1:6-10; Apocalisse 20:11-15).

C’è solo un modo per sfuggire all’ira di Dio, ripararsi umilmente sotto “le ali” della misericordia e giustizia di Cristo. 

Pentiamoci dei nostri peccati (Atti 3:19-20), confessiamoli al Signore (1 Giovanni 1:8-10), crediamo in Gesù Cristo e avremo la vita eterna! (Giovanni 3:16,36).


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