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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Matteo 21:33-44: La parabola dei malvagi vignaiuoli.

Matteo 21:33-44: La parabola dei malvagi vignaiuoli. 
Come nella parabola precedente (vv.28-32), Matteo si concentra sul fallimento dei leader ebrei nel prestare attenzione alle iniziative prese da Dio. 

Entrambe queste parabole erano una forte condanna della condotta dei leader religiosi.

Questa parabola (vv. 33–39), è seguita da una conclusione (vv.40-41), da una spiegazione (v.42), e da un’applicazione (vv.43-44).

Cominciamo a vedere:
I L’ILLUSTRAZIONE (vv.33-39)
C’è:
A) Un proprietario terriero (v.33)

(1) Il proprietario pianta una vigna (v.33)
Nel v.33 leggiamo: “C'era un padrone di casa, il quale piantò una vigna”.

“Padrone di casa” (Oikodespotēs) indica appunto un proprietario terriero (Matteo 13:27, 52; 20:1,11) che è anche padrone della sua casa, un capo famiglia.

I vigneti erano un pilastro dell’economia, erano una caratteristica importante della vita israeliana ai tempi del Nuovo Testamento, ai tempi del I secolo.

Non era insolito per un uomo ricco acquistare un pezzo di terra per poi farne un vigneto.

Il vigneto, anche se ci sono differenze, fa eco a Isaia 5:1-7, dove la vigna simboleggia Israele (cfr. Salmo 80:8–10; Geremia 2:21; Ezechiele 19:10), e l’amico che l’ha piantato il Signore. 
Dalla vigna, il Signore si aspettava che facesse uva che si potesse mangiare, invece ha fatto uva selvatica, si aspettava rettitudine, invece il popolo ha fatto spargimento di sangue e Dio l’ho giudicherà con l’esilio.

Normalmente, una volta piantati, ci volevano quattro anni prima che le viti maturassero e iniziassero a produrre uva da raccolta e quindi profitti.

(2) Il proprietario protegge la vigna con una siepe e una torre (v.33)
Sempre al v.33 è scritto: “Le fece attorno una siepe”.

Attorno alla vigna, il padrone gli fece una siepe (phragmon), probabilmente di rovi, una recinsione per proteggerla dagli animali selvatici e dai malintenzionati.

Poi ancora leggiamo sempre al v.33: “E vi costruì una torre”. 

Anche la torre (purgon), oltre che a offrire un riparo in tempo di raccolto e come deposito, serviva anche per la protezione sia dai ladri e sia dal fuoco, era infatti una torre alta di avvistamento e di guardia.

(3) Il proprietario prepara il vigneto in vista della produzione del vino (v.33)
Al v. 33 leggiamo: “Vi scavò una buca per pigiare l'uva”.

“Vi scavò una buca per pigiare l’uva” (ōruxen en autō lēnon) si riferisce alla vasca inferiore che era nel terreno e in cui scorreva l'uva pigiata.

Il vinificatore era composto da due tini, uno superiore in cui veniva posta l’uva e calpestata con i piedi, e uno inferiore più basso per la raccolta del succo dove iniziava il processo di fermentazione, che proveniva e scendeva dalla vasca superiore.

Oppure si può riferire a una vasca dove veniva messo il torchio, lo strumento per spremere il succo d'uva per farne il vino.

Tutto ciò dimostra come in Isaia 5, che l'accento è posto sull'incredibile sforzo che l'uomo ha messo nella sua vigna per renderlo produttivo e praticabile. 

Inoltre dimostra che il proprietario ha fiducia nel fatto che il suo vigneto porterà frutto.
Quindi si trattava di un investimento.

(4) Il proprietario affitta la vigna (v.33)
Il v.33 si conclude con: “Poi l'affittò a dei vignaiuoli, e se ne andò in viaggio”.

Una volta che piantò la vigna e fece tutti i preparativi per la produzione, quando era tutto in ordine, il proprietario l’affittò (exedoto), pensando che i vignaiuoli erano affidabili.

Di solito l’affitto consisteva che i contadini affittuari, i vignaiuoli (geōrgois – contadini esperti nel lavorare i vigneti, viticoltori), pagassero metà del raccolto al proprietario.

Una volta che ha dato in affitto la sua vigna, il proprietario partì per un viaggio.

“Se ne andò in viaggio” (apedēmēsen) significa allontanarsi dalla propria casa, o dal proprio paese di origine, implica un considerevole periodo di tempo e a una certa distanza.
Così se la vigna è Israele, i vignaiuoli sono i leader d’Israele (Matteo 21:43, 45).

Nell’illustrazione c’è:
B) La prepotenza dei vignaiuoli (vv.34-39) 

(1) La prepotenza sul primo gruppo di servi del proprietario (vv.34-35)
Nei vv.34-35 leggiamo: “Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono”.

Ciò che vediamo allora in questi versetti è che:
(a)Il proprietario invia il primo gruppo di servi per raccogliere la quota del raccolto (v.34)
I “servi” (doulos) sono gli agenti che il proprietario ha inviato per ricevere i frutti della vigna. 

L'affitto nella fattoria era pagato al momento del raccolto, una pratica comune nella cultura ebraica.

Quando fu vicina la stagione (kairos) dei frutti (karpōn), in questo caso, dopo che ha piantato la vigna – dopo cinque anni - il proprietario manda i suoi servi per ricevere (labein) ciò che gli era dovuto, la parte dei frutti (karpous) della vigna (cfr. Marco 12:2) secondo quello che aveva pattuito con i vignaiuoli.

L'idea del verbo “fu vicina” (ēngisen) ricorda il regno di Dio che è vicino predicato da Gesù (Matteo 3:2; 4:17). 

Mentre “frutti” (karpous) si riferisce alla vita che Dio richiede al suo popolo, alla fecondità e alle azioni giuste che Dio si aspettava dal Suo popolo (cfr. Matteo 3:8, 10; 7:16–20; 12:33; 13:8,23,26; 21:19,41,43).

La mancanza di frutti simboleggia il fallimento dei leader religiosi (Matteo 21:18-20).

Ma ecco il primo colpo di scena:
(b) Il pestaggio dei servi del primo gruppo (v.35)
L'uso ripetuto della parola greca “uno” tradotta con “uno” e “un altro”, suggerisce che altri siano sfuggiti a questi destini. 

I vignaiuoli presero (labontes) i servi e ne picchiarono (edeiran), cioè ne percossero ripetutamente uno, questo può indicare anche frustare in modo da scorticare, o togliere la pelle in molti punti, o si riferisce a maltrattamenti fisici generali.

Ne uccisero un altro, e un altro lo lapidarono (elithobolēsan), vale a dire cercarono di ucciderlo, o lo uccisero, con molta rabbia, lanciandogli addosso le pietre (cfr. Atti 7:58-60).

La lapidazione, era tra gli ebrei un modo comune di punizione (Deuteronomio 13:10; 17:5; Giosuè 7:25), o in casi di tumulto popolare e di improvvisa indignazione tra il popolo (Giovanni 8:59; 10:31; Atti 7:58-60; 14:19). 

Questo certamente non è stata una buona accoglienza per il proprietario della vigna e dei suoi servi.

Il proprietario ha mandato semplicemente i suoi servi a chiedere ciò che era giusto secondo gli accordi, ma la risposta fu malvagia. 

Come non è ingiusto pagare l’affitto di un appartamento secondo gli accordi, così non era ingiusto che il proprietario della vigna richiedesse quando pattuito.

Non c'era alcun motivo per la violenza, la violenza rifletteva il carattere malvagio dei vignaiuoli (v.41), e sarà evidente anche la loro avidità (v. 38).

(2) La prepotenza sul secondo gruppo di servi (v.36)
Molti si sarebbero aspettati che il proprietario avrebbe reagito con la forza al trattamento crudele dei vignaiuoli, che allo stesso tempo era un insulto a se stesso, ma non lo fece, decise di dare un'altra possibilità ai vignaiuoli. 

Il proprietario della vigna esercitò molta pazienza, poiché continuava a inviare altri servitori. 

Non è specificato, quanti, ma è scritto che il proprietario mandò altri servi, più di prima, in numero maggiore (pleionas).

Questi servi vengono trattati nello stesso modo brutale dai malvagi, disonesti e crudeli vignaiuoli.

I servi, rappresentano i profeti che nell’arco di secoli, sono stati mandati da Dio e sono stati rifiutati da Israele, anche trattandoli duramente, con la morte, con la lapidazione, o con disprezzo e scherno, o mettendoli in prigione ( 1 Re  18:4; 2 Cronache 24:19-21; 36:16; Neemia 9:26-30; Geremia 7:25-26; 20:1-2; 26:20-24; Daniele 9:6,10; cfr. Matteo 5:12; 22:6; 23:29-37; Atti 7:52; 1 Tessalonicesi 2:15; Ebrei 11:33-12:1; Apocalisse 11:3-7).

(c) La prepotenza sul figlio del proprietario (vv.37-39) 
Certo qualcuno potrebbe sostenere a questo punto, che la storia va ben oltre la ragione in una vita normale, è una follia, perché nessun proprietario, dopo che gli hanno malmenato e ucciso dei servi, manderebbe suo figlio a persone così malvagie.

Ma il proprietario crede che avrebbero rispettato suo figlio.

Inoltre, il proprietario avrebbe avuto la legge dalla sua parte e avrebbe preso provvedimenti per espellere quei vignaiuoli inadempienti. 



Ma Gesù sta raccontando una storia per illustrare la misericordia, la pazienza e l’amore di Dio incomprensibile verso i peccatori, e non il modo in cui un uomo d'affari dovrebbe agire per proteggere il suo investimento!!

Quindi, il proprietario dimostra di essere generoso e paziente (cfr. Romani 2:4), con i vignaiuoli dandogli un’altra possibilità. 

“Finalmente” (husteron - avverbio comparativo superlativo), non indica semplicemente “in seguito”, o “alla fine”, nel senso cronologico, ma indica un confronto con i servi, quindi qualcuno di più importante.

L’evangelista Marco dice: “Un unico figlio diletto” (Marco 12:6).

“Diletto” (agapēton) è un'allusione esplicita alla voce al battesimo e della trasfigurazione di Gesù (Matteo 3:17; 17:5).

Ma “finalmente” motiva anche l'implacabilità definitiva della sua ira.

Questa è un'inconfondibile allusione a Dio Padre che invia suo Figlio, Gesù (cfr. Matteo 3:17; 10:40-41; 11:27; 15:24; 17:5), che è un'ulteriore prova dell’auto consapevolezza di Gesù riguardo la sua identità come Figlio unigenito di Dio.

Attraverso questa parabola Gesù sta facendo una pubblica affermazione della Sua divina filiazione agli ascoltatori.

Vediamo allora:
Il ragionamento del proprietario: “Rispetteranno mio figlio” (v. 37)
Nel v.37 è scritto: “Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo: ‘Avranno rispetto per mio figlio’”.

Dopo i due gruppi di servi che il proprietario ha mandato, alla fine, per ultimo manda il suo unico figlio diletto, pensando che lo avrebbero rispettato.

Sapeva che i suoi servi erano stati respinti con la forza e i suoi diritti totalmente ignorati. 

Apparentemente stava ragionando sul fatto che i servi sono una cosa, e il figlio un'altra.

Il mondo antico era molto consapevole delle classi sociali, quindi c'era una certa ragionevolezza nell'aspettativa del proprietario terriero che suo figlio sarebbe stato rispettato.

Mentre i servi di qualcun altro potevano essere maltrattati con una certa impunità, sarebbe stata un'altra cosa maltrattare il figlio di qualcuno che poteva agire legalmente al posto di suo padre in un modo che le delegazioni dei servi schiavi non potevano.

“Avranno rispetto” (Entrapēsontai – futuro passivo indicativo) indica avere riguardo, mostrare rispetto verso una persona in riconoscimento del suo status speciale, o alto.

Il ragionamento degli inquilini: “Uccidiamolo e otteniamo la sua eredità (v. 38)
Nel v.38 leggiamo: “Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: ‘Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità’".

Dal momento che il precedente invio dei servi è legato all'invio dei profeti, si ha la sensazione che qui sia coinvolto qualcosa di più.

“Ma” (de – congiunzione avversativa) contrasta l'azione prevista dal padre con la brutalità dei vignaiuoli. 

I vignaiuoli potrebbero aver pensato che l'apparizione dell'erede sulla scena indicasse che il proprietario era morto e ora il figlio era arrivato a prenderne possesso. 

O forse che il padre aveva trasferito il titolo al figlio. 

Oppure avrebbero potuto pensare che se avessero trattato male il figlio, il padre, che era ancora a grande distanza, avrebbe pensato che avesse avuto abbastanza problemi con il suo fastidioso vigneto e avrebbe desistito dalla sua pretesa. 

Qualunque fosse il ragionamento alla base, alla fine decisero di ucciderlo e prenderne l'eredità.

Inizialmente, i vignaiuoli avevano progettato semplicemente di mantenere tutti i profitti dalla vigna, ora avevano in programma di appropriarsi dell'intera proprietà uccidendo il figlio!

I criminali raramente pianificano con la stessa cura con cui pensano, e questo è un’altra dimostrazione della malvagità dei vignaiuoli.

Il ragionamento degli inquilini compiuto (v.39)
Il v.39 dice: “Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero”.

Il figlio viene con tutta l'autorità del padre, ma lo uccisero.

La venuta di Cristo è l'esempio supremo dell'amorevole preoccupazione di Dio per il Suo popolo.

Ma rifiutarlo e ucciderlo, è il rifiuto supremo del Salvatore e un terribile insulto al Dio vivente.

R.T. France scriveva: “Quando il figlio diventa il messaggero di suo padre, lo fa con tutta l'autorità di suo padre, e quindi merita "rispetto" e obbedienza. Rifiutare la richiesta del figlio è quindi il culmine della ribellione. Ma ucciderlo è aggiungere un danno all'insulto”.

L'omicidio del figlio è stato freddamente premeditato.

I vignaiuoli non solo pensarono di uccidere il figlio del proprietario, lo uccisero anche concretamente!

È interessante che i vignaiuoli uccisero il figlio del proprietario, fuori la vigna, e si collega con Gesù che è stato crocifisso fuori la porta della città (Giovanni 19:17,20; Ebrei 13:11–12).

Ovviamente, questo lo fecero per il timore di rendere ritualmente impuro il terreno (cfr. Levitico 24:14; Numeri 15:36; Deuteronomio 17:5; 21:9).

Quindi i vignaiuoli rifiutarono anche il figlio del proprietario e la sua missione.

Ed è proprio quello che è accaduto e che accadrà a Gesù: rifiutato (vv.45-46), sarà ucciso dai capi religiosi.

Per sei mesi Gesù aveva detto ai suoi discepoli che i capi religiosi di Gerusalemme lo avrebbero ucciso (Matteo 16:21; 17:23; 20:18), e così poi sarà (Matteo 26-27).

Ora lo dice ai capi stessi, sotto forma di parabola, ma che comprendono (vv. 45-46, cfr. Atti 2:23-37; 3:14-15).

Dopo l’illustrazione, dopo la parabola, c’è:
II LA CONCLUSIONE (vv.40-41)
Alla fine di questa sorprendente e drammatica parabola, Gesù è riuscito nel suo intento di attirare l’interesse dei suoi ascoltatori.

La storia ha generato empatia per il paziente e generoso proprietario, dolore e rabbia per quei malvagi e brutali vignaiuoli.

Questi estremi sono essenziali per il punto della parabola, ed era proprio ciò che Gesù voleva che i Suoi ascoltatori notassero.

Le azioni malvagie dei vignaiuoli, e quindi dei leader religiosi che culminano con l’uccisione di Gesù, non passano inosservati a Dio.

Uccidere il Figlio è un atto di sfida al Padre e non ci si può aspettare che lasci andare.

Dopo il racconto della parabola, Gesù a questo punto, fa una:
A) Domanda (v.40)
Nel v.40 leggiamo: “Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?”

Luca 20:9 ci dice che il padrone della vigna andò via per lungo tempo. 
Il fatto che Gesù chiede ai capi religiosi cosa farà il padrone della vigna ai vignaiuoli quando ritornerà, è una tecnica rabbinica che aveva già usato e userà (Matteo 21:24–25, 31; 22:20–21, 42), una tecnica che serviva per attirare l'attenzione degli studenti e aumentare il loro interesse per l'argomento in discussione. 

Gesù usa il metodo che il profeta Natan usò con il re Davide per fargli capire che aveva sbagliato, che aveva peccato di adulterio e omicidio (2 Samuele 12:1-14).

La domanda, allora, ha lo scopo di coinvolgere i capi religiosi a cui è diretta la parabola e di farli riflettere sull’entrata in scena del padrone con lo scopo che, Dio (il proprietario della vigna) non è impotente, lontano, ma interviene nella Sua vigna!
L'uso del “padrone della vigna” che viene in giudizio è stato interpretato come indicativo della distruzione di Gerusalemme (cfr. Matteo 24:3,21), o del ritorno di Cristo (cfr. Matteo 25:31-46), anche se non è il figlio che ritorna, ma il padre, quindi è probabile che sia la prima interpretazione; oppure va interpretato senza allegorizzare, solo al giudizio di Dio.

Arriva:
B) La risposta (v.41) 
Nel v.41 è scritto: “Essi gli risposero: ‘Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo’”.

La loro risposta è giusta e prevedibile.
Senza rendersi conto che si trattava di loro stessi, i capi religiosi, risposero a Gesù che il proprietario li avrebbe fatti morire e affidare ad altri vignaiuoli il vigneto affinché renderanno il frutto a suo tempo.

Quindi nella risposta dei capi religiosi vediamo:
(1) La severità
“Li farà perire malamente, quei malvagi” (v.41).
Non vi è alcuna difficoltà da parte dei capi religiosi nel portare la storia alla sua conclusione appropriata e corrisponde esattamente allo scopo di Gesù.

Il giudizio è severo, rovinoso per quei malvagi vignaiuoli. 

Il senso della frase è: “Malvagi, malamente li farà perire!”

“Li farà perire” (apolesei – futuro attivo indicativo) indica che li farà morire (per esempio Matteo 8:25; 26:52; Marco 4:38; Luca 8:24; 11:51; 13:33; 15:17; Giovanni 18:14; Atti 5:37; 1 Corinzi 10:9-10; 2 Corinzi 4:9; 2 Pietro 3:6; Giuda 1:11) in modo misero.

“Malamente” (kakōs – avverbio di modo) indica subire il danno in senso fisico (cfr. Matteo 4:24; 8:16; 9:12; 17:15), quindi è il modo come il proprietario farà morire i vignaiuoli, cioè severamente, implica la punizione appropriata per ciò che hanno fatto, e descrive un punto alto su una scala di estensione, e il danno e la gravità.

Il proprietario della vigna renderà la loro punizione uguale al loro crimine!

“Malvagi” (Kakous - aggettivo accusativo plurale) descrive l’essere cattivo, depravato di cuore, carattere e di condotta, impostori (cfr. Matteo 24:48; Filippesi 3:2; Apocalisse 2:2), con implicazioni di dannosi e pericolosi.

Dopo la severità, troviamo:
(2) La sostituzione
“E affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo” (v.41).

Herbert Lockyer diceva: "Poiché Dio non lascia mai i suoi vigneti in mani malvage, il trasferimento della sua vigna è arrivato agli altri".

I capi religiosi dicono ancora che il proprietario una volta ritornato affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gli daranno l’affitto secondo i patti.

Quindi i nuovi vignaiuoli manterranno la gestione della vigna per più stagioni e con l'evidente soddisfazione del proprietario.
“Renderanno” (apodōsousin – futuro attivo indicativo) è soddisfare un obbligo contrattuale, pagare, adempiere.

“Il frutto” è i “frutti” (karpous – nome accusativo plurale) si riferisce a ciò che gli era dovuto, alla parte dei frutti.

“A suo tempo” (en tois kairois autōn) si riferisce al tempo fissato, o alla sua stagione (cfr. Salmo 1:3).

I nuovi vignaiuoli non sono identificati, ma comunque porteranno frutto!

Si può riferire alla chiesa, oppure ai responsabili della chiesa.

III LA SPIEGAZIONE (v.42) 
A) Il rifiuto della pietra angolare (v.42)
Nel v.42 è scritto: “Gesù disse loro: ‘Non avete mai letto nelle Scritture: -La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri-?’”

Gesù spiega la parabola alla luce di un passo dell’Antico Testamento, il Salmo 118:22-23.

Gesù chiede se hanno letto questo passaggio dell’Antico Testamento.

È una domanda che sottolinea l'importanza della Scrittura, e presumeva che i Suoi ascoltatori avessero familiarità con le Sacre Scritture.

Vediamo allora:
(1) La citazione
Nel contesto del Salmo, il salmista sta celebrando il Signore per la liberazione dal pericolo (vv.1-21) e si prepara a richiedere al Signore ancora la salvezza (v. 25), e conclude poi ancora con ulteriori ringraziamenti e lodi (vv.26-29). 

La citazione del Salmo 118:22-23 in Matteo 21:42 s’inserisce allora nel contesto di lode per la salvezza del Signore. 

Nella Sua salvezza, il Signore ha compiuto un'opera meravigliosa degna di esultanza (vv.23-24). 

La salvezza è descritta come la pietra che i costruttori avevano disprezzata ed è divenuta la pietra angolare (v.22).

Questo ha un significato metaforico, e descrive qualcosa o qualcuno, respinto come inutile, ma che è essenziale, importante. 

“La pietra angolare” alcuni dicono si riferiva alla pietra usata come fondamento da dove viene alzata tutta la costruzione (Geremia 51:26; Giobbe 38:6).

Oppure alla pietra più alta dei parapetti del tetto, delle scale esterne e delle mura della città, per mantenere insieme due muri.

O ancora è la chiave di volta nella parte superiore di un arco.

Anche se non possiamo essere sicuri al 100%, è probabile che si riferisca alla pietra di fondamento.

La pietra angolare è stata interpretata come una metafora, per indicare Israele come nazione che è stata disprezzata e respinta in quanto considerata insignificante.
Oppure un’altra interpretazione è la  metafora per lo stesso salmista che ha sconfitto i suoi nemici in battaglia con l'aiuto del Signore (vv. 10-14), ed è naturale immaginare che il salmista sia un re davidico, o si riferisce al re Davide che era stato disprezzato da Goliat, dalla sua stessa famiglia, persino da Samuele, ma Dio lo scelse.

Quindi la pietra respinta, ma ora onorata, rappresenterebbe la vicinanza del re alla morte, seguita dalla salvezza di Dio nel renderlo vittorioso (vv.15-18).

Così chi è stato disprezzato è stato portato in onore. 

Chi è stato consegnato alla morte gli è permesso di vedere la vita (vv.17-18). 

(2) Il contesto presente
Vediamo:
(a) L’identità della pietra
La “pietra” (Lithon) rappresenta Gesù.

Consideriamo:
(b) L’identità dei costruttori
I costruttori (oikodomountes), sono i capi religiosi ai tempi di Gesù che hanno rifiutato (apedokimasan) la pietra, cioè è stata giudicata come non degna, o genuina e quindi qualcosa da rifiutare.

(c)L’identità della pietra angolare.
È scritto al v.42, che la pietra rifiutata è diventata pietra angolare, cioè come abbiamo detto prima è quella pietra grande incastonata negli angoli nella fondazione che unisce due pareti su cui ci costruisce la casa.

La parte più basilare ed essenziale di un edificio, da cui era determinato il corretto posizionamento e allineamento di ogni altra parte. 
Se la pietra angolare fosse stata tagliata o posizionata in modo imperfetto, la simmetria e la stabilità dell'intero edificio ne era influenzata negativamente. 

A volte i costruttori rifiutavano un gran numero di pietre prima di selezionare quella giusta.  

“È diventata” (egenēthē – aoristo indicativo passivo) significa “accaduto”, con l'implicazione che ciò che accade è diverso da uno stato precedente.

Questo è stato fatto dal Signore dice sempre il v.42.

Dio trasforma le azioni negative degli uomini in qualcosa di positivo!

Charette lo riassume così: “Il figlio respinto viene egli stesso restaurato e rivendicato. Diventa la pietra angolare di un nuovo edificio, il popolo di Dio restaurato ... la base della nuova nazione che riceve l'eredità”. 

Ci sono altri passi nel Nuovo Testamento che ci dicono che Gesù è la pietra angolare (per esempio Atti 4:11; Romani 9:33; Efesini 2:19-20, 1 Pietro 2:6-8).

(d)L’identità sorprendente.
Infine nel v.42 leggiamo: “Ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri?”

“Meravigliosa” (thaumastē) descrive ciò che provoca, o è degno di stupore e meraviglia.
      
Nel brano dell’Antico Testamento citato, la meraviglia è che la pietra disprezzata è diventata la più importante. 

Nell'applicazione di Gesù di quel passaggio, la cosa meravigliosa è l'inversione degli eventi in cui Gesù sarebbe stato respinto dagli uomini, ma poi sarebbe stato esaltato, in particolare con la Sua risurrezione.

La pietra rifiutata sarebbe diventata la pietra angolare: Cristo crocifisso sarebbe risorto trionfante e Dio lo avrebbe fatto sedere alla Sua destra.

Fu in questo modo che Dio portò la salvezza al Suo popolo.

B) La rivendicazione del Figlio (v. 42)
Nel v.42 leggiamo ancora: “Gesù disse loro: ‘Non avete mai letto nelle Scritture: -La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri-?’”

Gesù ha applicato questo Salmo, come altri passi dell’Antico Testamento, a se stesso (Giovanni 5:39-40).

Gesù sta chiedendo al Suo uditorio se hanno realizzato la verità del Salmo 118:22-23 che parlava di Lui.

Dicendo così, Gesù stava dicendo che era Lui la pietra angolare, il Messia, e quindi il figlio che aveva mandato il proprietario della vigna della parabola che i vignaiuoli hanno ucciso.

Gesù allude sia alla Sua identità, come Messia e Figlio di Dio e sia alla Sua missione: presto sarà respinto e crocifisso, ma poi ripristinato a una posizione di potere attraverso la Sua vittoria sulla morte. 

Coloro che si opposero a Lui saranno quindi giudicati come vedremo nei vv.43-44.

Infine vediamo:
IV L’APPLICAZIONE (vv.43-44) 
Il risultato del rifiuto sarà di giudizio, di punizione.

Nella punizione ci sarà:
A) La rimozione del regno dagli ebrei e dato ad altri (v. 43)
Nel v.43 è scritto: “Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti”.

“Perciò vi dico”, in primo luogo fa riferimento alla parabola stessa, cioè, a causa (perciò - dia – preposizione di causa) del loro rifiuto del Figlio inviato dal Padre, e quindi alla risposta del v.41 dei capi dei sacerdoti e degli anziani.

In secondo luogo “perciò” riprende anche il tema della citazione del Salmo e si collega al v.44, quindi il senso è: “Proprio come i costruttori hanno rifiutato la pietra e si sono attirati addosso il giudizio, così anche voi vi siete attirati addosso il giudizio di Dio, ‘il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti’”.

I verbi: “Vi sarà tolto” (arthēsetai -futuro passivo indicativo) e “sarà dato” (dothēsetai - futuro passivo indicativo), sono passivi divini, cioè riflettono Dio come soggetto: Dio toglie e Dio dà.

Ecco la prima parte dell’applicazione della parabola:
(1) Il regno di Dio sarà tolto agli Ebrei
Qui “il regno di Dio”, si riferisce ai privilegi speciali del regno, alla speciale posizione agli occhi di Dio che questo popolo aveva goduto, al farne parte.

“Vi sarà tolto” è stato interpretato riferendosi alla nazione d’Israele, oppure ai capi dei sacerdoti: gli anziani e i farisei (vv.23,45).

Fino a quel momento i capi religiosi ebrei erano il mezzo principale con cui Dio esercitava il Suo regno sul Suo popolo. 

Ma i capi fallirono nel coltivare la “vigna” di Dio, nel rigettare i Suoi profeti e Suo Figlio, Gesù Cristo, e guai a colui che rigetta il Figlio (Salmo 2:12).

Ma potrebbe riferirsi alla nazione d’Israele di cui i capi sacerdoti, gli anziani e farisei ne sono rappresentanti leader.

(2) Il regno di Dio è dato ad altri
Sempre nel v.43 è scritto: “E sarà dato a gente che ne faccia i frutti”.

“Gente” (ethnei – nome dativo singolare neutro) è nazione, razza. 
È un insieme di persone unite da parentela, cultura e tradizioni comuni, nazione, popolo. 

È stato interpretato in riferimento ai Gentili (cfr. Atti 13: 46; 18:5-6; cfr. Atti 14:5; 21:21; 26:17; Romani 3:29; 9:24-26; 15:10 ), o a Gentili ed Ebrei insieme, quindi la chiesa (cfr. Matteo 8:11-12; Galati 3:28-29; Efesini 2:11-22; 1 Pietro 2:9), cioè un nuovo gruppo, una nuova entità fatta di Gentili e Giudei, una ricostituzione del popolo di Dio. 

Comunque sia i Gentili, non sostituiscono Israele (cfr. Romani 11:25-33), ma si uniscono ai credenti d’Israele come popolo di Dio.
Ma è stato interpretato anche, come in riferimento ai leader della chiesa cristiana dai discepoli di Gesù in poi.

Quindi il regno di Dio è tolto agli Ebrei come popolo, oppure ai leader Ebrei e dato ai Gentili, o alla chiesa, o capi della chiesa.

Comunque sarà dato a gente che porta frutto! 

L'enfasi su questo nuovo gruppo che produce il frutto appropriato.

I “vecchi vignaiuoli” hanno perso il loro posto perché non sono riusciti a produrre il frutto richiesto, che è il segno distintivo della nuova “nazione” produrrà.

Come nei vv.34,41, “frutti” (karpous) si riferisce al comportamento giusto atteso dai cittadini del regno (vedi anche Matteo 5:6,10,20; 6:1,33; 7:16–20).

Leon Morris scrive: “Gesù sta dicendo ai suoi ascoltatori che le azioni parlano più delle parole e che la loro incapacità di rispondere a tutto ciò che Dio ha fatto per loro raccoglierà la sua inevitabile ricompensa”.

Nella punizione ci sarà:
B) La rovina
Una pietra angolare, se era messa in basso, poteva inciamparci qualcuno, o se era fissata in modo incerto, sbagliato, sopra, da un parapetto, o da un angolo che teneva due muri insieme in alto, poteva cadere giù e quindi colpire in testa un passante.

Così questa pietra angolare, cioè Gesù Cristo, è importante, di benedizione per chi lo accoglie, o di giudizio, pericolosa per chi lo disprezza.

(1) I malvagi saranno spezzati dalla pietra angolare (v. 44)
Nel v.44 leggiamo: “Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato”. 

Chi cadrà su questa pietra, cioè chi non crede in Gesù Cristo, “sarà sfracellato” (sunthlasthēsetai – futuro passivo indicativo), e questa parola indicava spezzare, o frantumare un oggetto solido in pezzi, con l'implicazione della distruzione: rompere in mille pezzi, frantumare.

C'è probabilmente un'allusione a Isaia 8:14-15, dove vediamo che mette in guardia dal giudizio contro la nazione per essersi allontanato da Dio.
      
(2) I malvagi saranno schiacciati dalla pietra angolare (v. 44)
Nel v.44 leggiamo: “Ed essa stritolerà colui sul quale cadrà”.

Questa pietra stritolerà (likmēsei – futuro attivo indicativo), cioè polverizzerà, o macinerà in polvere, o disperderà come polvere.

I nemici di Dio sono destinati a essere polverizzati!
Facciamo attenzione: cercare di distruggere Cristo è assicurare la propria distruzione!!

Alcuni studiosi vedono un’allusione a Daniele 2:34–35, 44–45, dove Daniele interpreta il sogno di Nabucodonosor dell'enorme statua frantumata dalla roccia. 

Ora i leader e la nazione d’Israele che ha rifiutato Gesù, condivideranno il giudizio di Babilonia. 

Rifiuteranno e uccideranno il Messia, ma il Messia li farà perire completamente.

Quindi noi vediamo qui il giudizio di frantumazione e polverizzazione per coloro che hanno rifiutato e rifiutano Gesù Cristo.

Coloro che non accettano Gesù come Salvatore (Giovanni 4:42; Atti 4:12) e Signore (Atti 10:36; 16:31; Romani 10:13); diventa loro giudice e distruttore, cadrà su coloro che lo hanno respinto (Matteo 25:31-46; Giovanni 5:22; Atti 17:31).

Alle stesse persone che dovevano accogliere maggiormente l'arrivo del regno di Dio nella persona di Gesù Cristo, sono stati negati i privilegi perché lo hanno rifiutato arrogantemente.

Quindi tutte le persone spiritualmente soddisfatte, religiosamente orgogliose, astute e colte dovrebbero prenderne atto. 

Gesù Cristo è il Figlio mandato da Dio Padre per la nostra salvezza, chi lo rifiuta, anche se può essere una brava persona che si prende cura degli altri, o che possa conoscere la Bibbia, sarà giudicato!

Tu hai accettato Gesù come tuo Signore e Salvatore, o lo stai rifiutando?

CONCLUSIONE 
Vediamo ciò che impariamo da questa parabola.

Prima di tutto:
1)Riguardo Dio
(a)Impariamo la sua pazienza (cfr. Atti 13:18; Romani 2:4; 9:22)

Il padrone della vigna, che rappresenta Dio, non si è stancato della crudeltà e della violenza dei vignaiuoli.

A ogni passo della malvagità e ostinazione, Dio risponde con rinnovata misericordia e con nuovi appelli al pentimento. 

In 2 Pietro 3:9 leggiamo che Dio è paziente, non vuole che nessuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento 

(b)Dio giudicherà chi rifiuta il Figlio (cfr. Giovanni 5:22-23)
Nel Salmo 2:12 è scritto di rendere omaggio (nashap) al Figlio, cioè baciare; nell’antichità si baciavano i piedi ai sovrani come un atto di omaggio, affetto e sottomissione. 

Dunque chi non si sottomette a Gesù sarà giudicato, chi invece lo fa, sarà benedetto nel regno di Dio (cfr. Atti 2: 23–24, 36–39; 3:13–20; 13: 26–39).

Vediamo cosa c’insegna questa parabola:
2)Riguardo la natura umana
Prima di tutto vediamo che:
(a) Siamo chiamati a servire Dio
Ci siamo convertiti dai nostri idoli per servire il Dio vivente e vero (1 Tessalonicesi 1:9).

Con la chiamata al servizio abbiamo anche l’equipaggiamento necessario per servirlo (cfr. per esempio Efesini 6:10-18; Filippesi 4:13; 2 Timoteo 3:16-17; 1 Pietro 4:10-11).

Come il proprietario della vigna ha preparato tutto: ha piantato la vigna, ha messo la siepe, la torre, il torchio, che avrebbe facilitato il compito dei coltivatori e avrebbe permesso loro di espletarlo bene; così Dio non ci dà solo un compito da svolgere; ci dà anche i mezzi per farlo!

(b) Siamo responsabili delle nostre azioni
Un giorno daremo conto per come lo abbiamo servito.

Siamo responsabili per il modo in cui abbiamo svolto il compito che Dio ci ha dato di fare e secondo questo saremo giudicati (1 Corinzi 3:9-14; 2 Corinzi 5:10).

Inoltre siamo chiamati a essere obbedienti a Dio, a portare frutto (Giovanni 15:1-8; Galati 5:22-23), questo dimostra la vera fede (Giacomo 2:14-26), solo chi fa la volontà di Dio sarà salvato (per esempio Matteo 7:21-29).

Questa parabola ci racconta che:
(c)L’uomo è peccatore. 
I vignaiuoli hanno svolto una deliberata politica di ribellione e disobbedienza nei confronti del padrone della vigna. 

William Barclay scriveva: “Il peccato è una deliberata opposizione a Dio; è prendere la nostra strada quando sappiamo abbastanza bene quale sia la via di Dio”.

Naturalmente siamo nemici di Dio completamente (Romani 5:10); peccatori privi della gloria di Dio (Romani 3:23); in noi non abita alcun bene (Romani 7:18), ed è per questo che è necessaria la nuova nascita (2 Corinzi 5:17).

Questa parabola ci parla di:
(3) Gesù Cristo
Ci mostra chiaramente che Gesù è stato mandato dopo i profeti (cfr. Ebrei 1:1-2), ma è stato rifiutato dalla Sua gente, ed è stato ucciso.

È chiaro che Gesù sapeva cosa lo aspettava (Matteo 16:21; 17:23; 20:18). 

Gesù, non morì perché è stato un incidente, una situazione che gli è sfuggita dalle mani; è andato volontariamente a morire, è venuto sulla terra per proprio per questo motivo (Matteo 20:28; Giovanni 10:10-18; Tito 2:14). 

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