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"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Aggeo 1:2-3: Il compiacimento del popolo.

Aggeo 1:2-3: Il compiacimento del popolo.
Nel v. 1 troviamo il contesto del messaggio di Aggeo e a chi è rivolto con lo scopo principalmente di  risvegliare il popolo.

Nei vv.2-3 vediamo il motivo per cui il Signore rivolge il Suo messaggio al popolo tramite il profeta Aggeo: il popolo era compiaciuto, si accontentava della sua letargia spirituale; da sedici anni aveva interrotto la ricostruzione del tempio e si giustificava. 

Dai vv.2-4 vediamo che Aggeo cita un commento diffuso secondo il quale non era ancora giunto il momento di ricostruire il tempio, e quindi vediamo la motivazione per cui la parola del Signore di ammonimento ed esortazione è rivolta a loro.

In questi versetti vediamo prima di tutto:

I L’EVIDENZIAZIONE.
Il messaggio di Aggeo inizia con: “Così parla il SIGNORE degli eserciti”.

“Signore degli eserciti” (Yahweh ṣĕbā'ôt) si verifica 14 volte in Aggeo (Aggeo 1:2, 5, 7, 9, 14; 2:4, 6, 7, 8, 9, 11, 23).

Stiamo parlando di un libro di due capitoli! 

È la designazione più frequente per Dio in questo libro!

Nel contemporaneo di Zaccaria viene menzionato 53 volte (Zaccaria 1:3, 4, 6, 12, 14, 16, 17; 2:8, 9, 11; 3:7,    3:9, 10;  4:6,9;  5:4;  6:12, 15;  7:3, 4, 9, 12, 13; 8:1, 2, 3, 4, 6, 7, 9, 11, 14, 18, 19, 20, 21, 22, 23; 9:15;  10:3;  12:5; 13:2,7; 14:16,17,21). 
Questo perché, codesto nome è associato alla teologia del culto, dell’adorazione a Dio, della Sua maestà regale (1 Samuele 1:3; 4:4; 2 Samuele 6:2,18; Isaia 6:1-6); quindi del tempio di Gerusalemme, della dimora di Dio tra la Sua gente (per esempio 2 Samuele 7:8,26-27; Isaia 6:1-6), nella città di Dio (Salmo 48:8-9).

“Il Signore degli eserciti” è il Dio di Gerusalemme (Zaccaria 8:21-23) dove sarà adorato come Re (Zaccaria 14:16-17; Malachia 1:14)

Cosa significa Signore degli eserciti?
Il significato di “Signore” lo abbiamo già visto nella predicazione precedente, consideriamo ora “eserciti”.

“Eserciti”:
A) Significa che il Signore usa come Suoi strumenti, come un esercito ben organizzato (cfr. Giudici 8:6, 9:29; Isaia 34:2),  ciò che ha creato. 
Uomini, popoli (per esempio Esodo 12:41; 1 Samuele 17:45; Isaia 10:5-6; 13:4-5), natura (per esempio Deuteronomio 4:19; 17:3; 2 Re 17:16; 21:3,5), angeli (per esempio 1 Re 22:19; Neemia 9:6; Salmo 103:21), sono al servizio del Signore, Lui è il capo degli eserciti terreni e celesti!

“Eserciti”:
B) Significa che Dio combatte per il Suo popolo (Salmo 24:7-10; Isaia 31:4-5; 37:16-37).

Per esempio in Isaia 31:4-5 leggiamo: “Poiché così mi ha detto il SIGNORE: ‘Come il leone o il leoncello rugge sulla sua preda, benché una folla di pastori gli sia raccolta contro, non si spaventa alla loro voce, né si lascia intimidire dallo strepito che fanno, così scenderà il SIGNORE degli eserciti a combattere sul monte Sion e sul suo colle.  Come gli uccelli spiegano le ali sulla loro nidiata, così il SIGNORE degli eserciti proteggerà Gerusalemme; la proteggerà, la libererà, la risparmierà, la farà scampare’”.

John MacArthur scrive: “Nella sua difesa di Gerusalemme, il Signore sarà come un leone forte e determinato che non ha paura dei pastori che si sono radunati contro di lui. Il Signore è come una madre che volteggia sopra i suoi piccoli, pronta a tutto pur di proteggerli”.

Questo passo è contro il popolo nemico Assiro che sarà vinto non per mano d’uomo, ma per la potenza di Dio! (vv.8-9; cfr.Isaia 37:36).

La spada che fece cadere l'Assiria non era in alcun modo impugnata da un semplice uomo, ma era usata solo dalla mano potente di Dio!!

Chiunque attacchi il popolo del Signore si attirerà contro lo stesso fuoco! 

Il Signore combatterà contro di lui, in questo caso contro il popolo potente Assiro che niente e nessuno potrà proteggere.

I suoi capi saranno talmente sopraffatti dalla paura che fuggiranno. (cfr. Isaia 30:27-33).

In alternativa, o associato ai significati precedenti “eserciti”:
C) Significa potente, onnipotente. 
“Eserciti” è stato interpretato come un plurale intensivo, quindi “Signore della potenza” o “Potente Signore”. 

“Signore degli eserciti” enfatizza così,  l'invincibile potenza del Signore, la Sua grande potenza.

Questo denota la portata globale della potenza di Dio: è il Signore che ha tutti i poteri in cielo e in terra, visibili e invisibili, a sua disposizione!

Dio è il Signore che ha il controllo su tutti i poteri che esistono!!

“Eserciti”, allora è la potenza complessiva degli eserciti del Signore.

Il potere del Signore degli eserciti è un potere regale, allora “eserciti” indica una sovranità regale! (2 Samuele 6:2,18; Isaia 6:1-6; Geremia 48:15; 51:47; Zaccaria 14:16-17; Malachia 1:14).

H.Madl riguardo ‘eserciti’ dice che ha un valore unico e poi  scrive: “Comunque si voglia intendere il significato di ṣebā'ôt, come ‘potenza complessiva degli eserciti’ di Jhwh, o come grande potenza, o ancora addirittura come ‘suprema dignità di questo Signore universale’, certo è che ṣebā'ôt ‘rimase costantemente il sublime e più splendido, o regale, nome proprio di Dio’”.   

In ogni caso, questo nome ci parla della trascendenza, sovranità e potenza del Signore, la superiorità sovrana, l’immensa potenza del Signore, e in questo contesto sottolinea una ragione per ascoltare la Sua parola, riportando alla mente del popolo appunto la caratteristica di chi è Dio!

Si vuole far notare la natura di Colui che invia il messaggio!

Il Signore vuole ricordare al Suo popolo che è Sovrano, controlla tutti gli affari umani, quindi la Sua onnipotenza, e il fatto che combatte per il Suo popolo!

Dobbiamo considerare lo sfondo storico dell’epoca: il re di Persia aveva in quel momento il dominio del suo vasto impero, inclusa la provincia minore di Giuda. 

La parola dell'imperatore era legge, anche per la comunità ebraica. 

Aggeo predica che esiste un'autorità più grande di quella del re persiano: il "Signore degli eserciti".

In questo modo si vuole far considerare al popolo, che il Signore è il Sovrano assoluto universale, incluso l’impero persiano e i nemici vicini che li avevano scoraggiati a costruire il tempio!

Con questo nome, si vuole incoraggiare i Giudei a cui si riferiva Aggeo, a riprendere la ricostruzione del tempio.

Aggeo vuole enfatizzare il potere e le risorse di Dio per le persone che erano consapevoli della propria debolezza.

Ma può essere un nome per far riflettere il popolo riguardo la loro disubbidienza verso Dio, il senso sarebbe: il Signore controlla tutto e tutti, è l'Onnipotente parla a una nazione riluttante, a un esercito ribelle.

Tra l’altro “Signore degli eserciti”, a volte è associato al giudizio di Dio (Isaia 2:12; 22:5; 9:18; 13:13; Naum 2:13; 3:5; Sofonia 2:9), e la popolazione al tempo di Aggeo lo era (Aggeo 1:6-11).

Consideriamo ora:
II L’IBERNAZIONE DEL POPOLO.
Nel v.2 leggiamo ancora: ‘Questo popolo dice: -Non è ancora venuto il tempo in cui si deve ricostruire la casa del SIGNORE’-“.

Il profeta si riferisce alla popolazione. 
Il popolo non stava operando era in una situazione letargica!

Il messaggio di Aggeo inizia con una citazione, un detto che circolava a quei tempi: non è ancora venuto il tempo in cui si doveva ricostruire la casa del SIGNORE.

Il verbo “dice” ('āmĕrû - perfetto) non era una frase menzionata in una sola occasione, indica che la loro affermazione era stata ripetutamente presentata in difesa della loro inattività. 

A proposito Pieter A. Verhoef scrive: “L'uso del tempo perfetto indica che quello che hanno detto in passato era ancora in voga in quel momento. Il loro punto di vista ha avuto una sua storia. Non era un'osservazione casuale, ma un argomento coerente, che condividevano tra loro. Quello che hanno detto è rappresentato in forma abbreviata. Il profeta si riferisce solo all'essenza stessa dell'argomento”.

Questa essenza stessa dell’argomento era un detto popolare, una sintesi, uno slogan vivido ed efficace che riassumeva il punto di vista della gente, era breve, ritmato, memorabile e senza dubbio molto efficace.

La popolazione - tutto il popolo sembra compatto, erano tutti d’accordo- non pensava che non si dovesse costruire il tempio!

Il popolo non pensava che non fosse importante il tempio, pensava che era una cosa giusta, ma sosteneva che non era ancora giunto il momento, non era un periodo appropriato (tempo-ʿēṯ). 

Dunque, il popolo non metteva in dubbio la necessità di ricostruire il tempio, o il loro obbligo di ricostruirlo. 

La loro argomentazione riguardava solo l'aspetto del tempo.

Quindi il popolo non stava facendo nulla per la costruzione del tempio, perché secondo loro, non era il periodo giusto.

Possiamo pensare di fare una cosa giusta, quindi essere in linea con la volontà di Dio, ma se non la stiamo facendo secondo l’ordine di Dio, stiamo peccando!

Vediamo:
III LA DISAPPROVAZIONE DI DIO.
Il v.2 ci dice: “Questo popolo”.
Il messaggio nel suo complesso accusa il popolo di negligenza.

Il sentimento della popolazione era contrario alla volontà di Dio e ai suoi stessi migliori interessi.

L’ atteggiamento del popolo aveva creato una barriera con il Signore!

“Questo popolo” (popolo questo- hā'ām hazzeh), è peggiorativo, ha una nota  di sdegno, disistima e dispiacere (cfr. Isaia 7:16; 8:11).

Idealmente, il Signore si rivolgeva al Suo popolo come “mio popolo” (cfr. Geremia 30:22; 31:33), cioè la normale designazione per la nazione che vive in comunione, secondo il Patto con Dio.
Invece leggiamo che si riferisce ai Giudei con “questo popolo”, e questo indica un modo freddo e distaccato, una distanza relazionale che indica la sua disapprovazione.

La ragione del dispiacere del Signore è per il fatto che hanno abbandonato la ricostruzione del tempio e dicono che  ancora non era il tempo di ricostruirlo.

Attraverso la Sua Parola, la Sua rivelazione, e quindi chiamandoli “questo popolo”, il Signore li vuole far riflettere e confrontarli con quello che è giusto fare!

Ormai gli esiliati rientrati erano ben consolidati dopo diciotto anni nella loro terra (dal 538 al 520 a.C.), ma avevano posticipato la ricostruzione del  tempio dopo aver gettato le fondamenta sedici anni prima (Esdra 3:8-13).
Il peccato della gente li ha allontanati dal Signore (cfr. Esodo 32:7; Osea 1:9). 

Ciò è chiarito nel terzo discorso profetico (Aggeo 2:10-19).

Il popolo così, e anche da ciò che vediamo dal contesto (vv.5-11), si dimostra pigro, egocentrico, e recalcitrante!

Infine vediamo:
IV LA GIUSTIFICAZIONE DEL POPOLO (v.2-4).
La giustificazione dell’indifferenza egoistica del popolo! 

Nei vv.2-4 leggiamo: “Così parla il SIGNORE degli eserciti: ‘Questo popolo dice: -Non è ancora venuto il tempo in cui si deve ricostruire la casa del SIGNORE’-.  Per questo la parola del SIGNORE fu rivolta loro per mezzo del profeta Aggeo, in questi termini:  ‘Vi sembra questo il momento di abitare nelle vostre case ben rivestite di legno, mentre questo tempio è in rovina?’”

Le persone a cui si riferisce Aggeo, avevano confuso le loro priorità come popolo di Dio, mettendo i loro interessi prima di Dio, e successivamente avevano tratto le conclusioni sbagliate riguardo ai loro obblighi dicendo che non era il momento di ricostruire il tempio. 

Ovviamente il riferimento alla casa del Signore, è alla ricostruzione del tempio, che i Babilonesi avevano dato alle fiamme un mese dopo aver conquistato la città (Geremia 52:13). 

Fin dai primi tempi, molto prima che ci fosse un tempio a Gerusalemme, Israele usava l’idioma “casa del Signore” per riferirsi al santuario del Signore (Esodo 23:19; 34:26; Deuteronomio 23:18). 

“Casa del Signore” esprime la verità che il santuario era la dimora di Dio tra il Suo popolo (Esodo 25:8). 

Ciò stimolò il desiderio da parte loro di dimorare con il Signore (Salmo 23:6; 27:4; 84:1-5). 

Il fatto che avessero abbandonato i precedenti tentativi di restaurarlo mostrava una fede incerta, negligente ed egoista.

Erano tornati a casa loro più di 16 anni prima, ma avevano fatto pochissimi progressi nella ricostruzione del tempio!!

Dopo l’eccitazione iniziale, dopo aver gettato le fondamenta del tempio, con canti, celebrazioni, lode al Signore, con gioia e pianti si fermarono! Abbandonarono il loro compito (Esdra 3:8-13).

Secondo il popolo, le circostanze attuali impedivano loro di fare ciò che sicuramente andava fatto. 

Il tempo non è ancora maturo, le circostanze non erano davvero favorevoli per un simile compito.

Perché?
Perché pensavano che non è ancora venuto il tempo in cui si doveva  ricostruire la casa del SIGNORE?

Ci potevano essere diverse motivazioni.

Alcuni studiosi sono convinti che la motivazione era: 
A)La situazione internazionale instabile.

Il figlio di Ciro, Cambise, aggiunse l'Egitto all'impero persiano. 

Ciò significava che le truppe straniere stavano attraversando la Giudea con tutte i disordini che ne conseguivano. 

A questo si aggiunge, che mentre tornava dall'Egitto, il re Cambise si suicidò nei pressi del Monte Carmelo, un evento che portò a un periodo di instabilità in tutto l'impero prima che Dario consolidasse la sua posizione. 

Zaccaria 8:10 descrive alcune delle tensioni e difficoltà di quel periodo.

Una seconda motivazione che è stata data da altri studiosi è:
B) Il divario tra le loro aspettative e realtà.
Anche se alcuni di coloro che sono ritornati non si erano impegnati totalmente nel progetto di ricostruzione fin dall'inizio, molti rimasero delusi, secondo loro, dalle promesse fatte dai profeti Isaia (Isaia 60-66) ed Ezechiele (Ezechiele 40-48) che non si sono avverate secondo loro.

Si aspettavano qualcosa di più glorioso, e quindi la loro fede vacillò, si scoraggiarono e altre priorità hanno cominciato a governare nelle loro vite.

Forse alcuni si giustificavano, secondo altri studiosi:
C) Perché la fine dei settant’anni di Geremia non era ancora arrivata (cfr. Geremia 25:11-12; 29:10; Zaccaria 1:12; 7:5).
Forse pensavano che i settant'anni di prigionia predetta non fossero ancora arrivati e che sarebbero stati fuori dalla volontà di Dio se avessero costruito il tempio prima che quegli anni fossero passati. 

Se contavano la prigionia dal 586 a.C., erano passati solo sessantasei anni. Se, tuttavia, contavano da 605 a.C., la prima invasione di Nabucodonosor, quindi il tempo era passato.

Un’altra possibile giustificazione poteva essere:
D) Il popolo stava aspettando un Re Davidico per ricostruire il tempio come profetizzò Ezechiele (Ezechiele 37: 24-28). 
Dovevano attendere la venuta del Messia, il cui compito sarebbe stato quello di restaurare il tempio e il suo culto.

Un’altra giustificazione, quella più convincente era:
E)L’ostilità dei popoli vicini.
Sebbene Ciro avesse ordinato il di ricostruire la casa del Signore e quindi il permesso al popolo del Signore di ritornare a Gerusalemme (Esdra 1:2-4), fin dall'inizio i popoli vicini, sono stati ostili (Esdra 3:3; 4:1-24; 5:1-3). 

Forse i rimpatriati stavano dicendo che era meglio aspettare tempi più propizi, un clima più favorevole.

Di sicuro vi è stato una sospensione dei lavori per l’ostilità dei nemici anche per decreto del re Artaserse, fino al secondo anno del re Dario di Persia (Esdra 4:12-24).

Il tempo per la ricostruzione del tempio, quindi, non era ancora arrivato, soprattutto perché il re persiano non aveva ancora ordinato il lavoro da fare!

Così il popolo, o aveva paura, o si era stancato e scoraggiato per l’opposizione dei nemici.

La stanchezza e lo scoraggiamento sono veleni per il servizio cristiano!
Il popolo aveva perso lo zelo per l’opera di Dio!

La consapevolezza di Dio si era indebolita! 
Al posto di guardare a chi è Dio guardavano l’opposizione, o i loro problemi economici!

Anche la visione per la presenza e la gloria di Dio tramite il Suo tempio si era persa.

Così anche oggi in molte chiese, non c’è la visione di vedere la gloria di Dio che si manifesti nel nostro quartiere, o nella nostra città!

Cosa stiamo facendo?

Infine un’altra possibile giustificazione poteva essere:
F)Le cattive condizioni economiche.
La mancanza di fondi è stata probabilmente un'altra battuta d'arresto per il popolo.

La Giudea soffriva ancora della devastazione della guerra e richiedeva uno sforzo considerevole per la ricostruzione. 

Ciò è stato aggravato da una cattiva situazione economica. 

A causa della siccità estesa e persistente, il lavoro delle loro mani non aveva prodotto granché (vv. 10- 11), e avevano scarsità di cibo e bevande (vv 6, 9).

Probabilmente sostenevano che, sebbene il tempio dovesse essere completato, si doveva aspettare una situazione economica migliore, prima d’impegnarsi in un progetto così importante.

Forse come molte volte avviene, a causa dei loro problemi economici, tutte le loro energie erano  indirizzate per come fare soldi, per sfruttare al meglio ogni grammo di terra per il raccolto!

Certo anche oggi ci sono coloro che non si accontentano mai, lavorano, lavorano, e poi lavorano per avere sempre di più e non hanno tempo per il Signore e l’opera Sua!

In ogni caso per il popolo non era arrivato il momento e nel frattempo, tuttavia, avanzarono con la ricostruzione del resto della città. 

Quando le persone hanno obiettato che non era il momento giusto per costruire, hanno tradito la convinzione che avevano l'obbligo di restaurare il tempio. 

Qualunque possa essere stata la base specifica del ragionamento per ritardare la ricostruzione del tempio, molto probabilmente le ultime due interpretazioni, è chiaro che il Signore non ne è impressionato!!

Le giustificazioni non sono accettate, infatti Dio li rimprovera perché in ultima analisi è perché il popolo era indifferentemente egoista!

Secondo John MacArthur: “Benché alimentate dall’ostile opposizione delle nazioni confinanti (Esdra 4:1-5,24) e dalla mancanza di prosperità economica (cfr. vv. 9-11), le radici della negligenza del popolo risiedevano in ultima analisi nella sua egoistica indifferenza verso il Signore. La riprovazione di Dio è riscontrabile nelle parole ‘questo popolo’, invece di ‘mio popolo’. I Giudei volevano tenere per sé le loro ricchezze, non ricostruire il tempio”.

Queste e altre simili considerazioni, non hanno toccato il Signore. 

Non sono frasi degne del popolo di Dio: del “mio popolo”!

Il popolo non seguiva l’esempio di fede del loro antenato Abraamo (Genesi 15: 6), e avevano dimenticato la parola di Dio attraverso Isaia: “Se voi non avete fede, certo, non potrete sussistere” (Isaia 7:9; cfr. Isaia 28:16; 30:15).

Il popolo si era abituato gradualmente senza il tempio, e si accontentavano.

L'attenzione della gente si rivolse ai loro affari privati, e si abituarono a adorare tra le rovine del tempio. 
Col passare degli anni, la visione che avevano una volta del tempio ricostruito, svanì del tutto, e se durante una conversazione qualcuno sollevava l’argomento di costruire il tempio, avrebbero tirato fuori tutte le scuse! 
La risposta era: "Non è ancora giunto il momento di ricostruire la casa del Signore".

Così anche oggi molte chiese e molti credenti si sono abituate e pensano che siano a posto davanti al Signore come la chiesa di Laodicea (Apocalisse 3:14-22), o che hanno fama di vivivere ma sono morte come la chiesa di Sardi (Apocalisse 3:1-6).

Tendiamo sempre a giustificarci come ha fatto Eva (Genesi 3:12-13).

Questo è caratteristico della vita di oggi: viviamo in una cultura in cui la colpa è sempre altrove, di qualcun altro! 
E purtroppo lo facciamo anche noi cristiani!
Ma dobbiamo essere onesti davanti a Dio!

CONCLUSIONE.
1) Non essere apatico.
Il popolo a cui predicò Aggeo era un popolo apatico!

Per ben sedici anni erano rimasti inattivi! 
Il popolo aveva uno spirito di apatia, era pigro, indifferente all’opera di Dio!

Le cose non sono molto differenti oggi!
La chiesa è sempre più secolarizzata, i credenti apatici.

Ma l'aspetto più pericoloso è questo avviene in modo sottile, come per il popolo a cui parlò Aggeo!
Pensiamo che quello che dice di fare Dio sia giusto e va fatto, però in qualche modo rimandiamo.

Non è che vogliamo definitivamente girare le spalle a Dio: non frequentare i culti nella chiesa, non sostenere la Sua opera, non pregare più e così via, ma  siamo freddi, senza zelo per il Signore!

Ci accontentiamo di essere credenti mediocri, che conoscono la verità e che fanno parte del popolo di Dio, ma senza passione per il Signore!

“Mediocre” significa che si trova nel mezzo.

Tozer scriveva: “La parola ‘mediocre’ deriva da due parole latine e significa letteralmente ‘a metà strada verso il picco’. Sono a metà strada dal picco. Non sono a metà strada verso il paradiso. Sono moralmente al di sopra del peccatore incallito, ma sono spiritualmente sotto il santo splendente. Molti si sono stabiliti proprio lì, e la tragedia è che anni fa alcuni di voi hanno detto: ‘Non fallirò Dio. Ho intenzione di spingermi su per la montagna fino a quando sono in cima alla vetta, al più alto punto possibile di esperienza con Dio in questa vita mortale!’ Ma non hai fatto nulla al riguardo. Se mai, hai perso il terreno spirituale da quel giorno. Ora sei un cristiano a metà strada! Sei tiepido, né caldo né freddo. Sei a metà strada fino al picco. Pensiamo davvero che questo a metà strada? La vita cristiana è la migliore che Cristo offre, il meglio che possiamo sapere? Di fronte a ciò che Cristo ci offre, come possiamo accontentarci di così poco?”.

Molti cristiani si accontentano di un di cristianesimo molliccio, rilassato e non danno sufficiente importanza allo zelo, alla consacrazione nella vita spirituale. 

Dio vuole che lo amiamo con tutto noi stessi (Matteo 22:37), e che non siamo pigri nel servirlo, ma di essere zelanti (Romani 12:11).

Nel suo inno della consacrazione, Frances Ridley Havergal dice:
“Prendi la mia volontà e rendila tua;
Non sarà più mia.
Prendi il mio cuore, è tuo;
Sarà il tuo trono reale”.

2) Non ti giustificare.
Le giustificazioni non impressionano Dio! 

Come per i Giudei al tempo di Aggeo, a volte succede anche oggi: partiamo con entusiasmo nel servire il Signore, ma per qualche ragione perdiamo l’entusiasmo!
Ostacoli di vario genere c’influenzano negativamente nel servire il Signore!

Dobbiamo sempre ricordare quale sia la volontà di Dio, chi è Dio e buttarci con passione nel servizio cristiano come vuole il Signore degli eserciti!

Ma non con le nostre forze, ma con la forza di Gesù Cristo che vive in noi!

Paolo dice in Filippesi 4:13: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica”.

Una volta Billy Graham parlò della sua stanchezza durante le sue evangelizzazioni. 
Diceva: "A volte sento di non avere forza per un altro sermone. Ma spesso in questi momenti, questo versetto viene da me con la certezza della forza di Dio per l’incarico".

Robert Morrison (1782-1834) divenne cristiano a 15 anni e poco dopo si sentì chiamato al ministero. Contro i desideri del padre, si recò a Londra per iscriversi per la preparazione teologica e missionaria. Fu molto difficile, specialmente quando suo padre scrisse, lamentandosi del fatto che l'azienda di famiglia soffriva a causa della sua assenza e aggiungendo che lui stesso non stava bene. Ma al suo posto Robert cercò di spiegare che, avendo messo la mano sull'aratro, non poteva guardare indietro.
Un giorno, il giovane scrisse questa preghiera nel suo diario: “Gesù, mi sono arreso al tuo servizio. La mia domanda è, dove ti servirò? Imparo dalla tua Parola che il tuo santo piacere è che il vangelo sia predicato in tutto il mondo. Il mio desiderio è, o Signore, di impegnarmi dove i lavoratori sono più desiderati. Forse una parte del campo è più difficile di un'altra. Sono ugualmente inabile a nessuno, ma attraverso il tuo rafforzamento, posso fare tutto. O Signore, guidami in questo. Consentimi di contare i costi e avendo raggiunto una risoluzione, di agire coerentemente”.

Morrison divenne il primo missionario protestante in Cina; sebbene abbia visto solo tre, o quattro convertiti durante i suoi 27 anni di servizio, ha aperto la strada a un esercito di missionari negli anni a venire!

In Galati 2:20 ancora Paolo dice: “Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!”

Il missionario Hudson Taylor ha chiamato questo passo: "vita scambiata". 

Nessuno di noi può vivere la vita cristiana, o servire Gesù Cristo con la nostra forza, o resistere alla tentazione solo con il nostro potere di volontà. 

Solo Cristo può vivere con successo la genuina vita cristiana vittoriosa, è quando moriamo a noi stessi e ci arrendiamo a Lui, Egli comincia a vivere la Sua vita attraverso di noi.


Dunque, nell’opera di Dio non possiamo giustificare le nostre mancate azioni!!

Eppure lo facciamo, per esempio non sosteniamo la missione per come dovremmo, giustificandoci che c’è la crisi economica, e non siamo disposti ai sacrifici. 

I nostri portafogli sono interamente consacrati al Signore e alla Sua opera? (cfr. 1 Corinzi 16: 1-2; 2 Corinzi 9:7).
Il problema aumenta nei momenti difficili della nostra vita.

Troviamo facile non servire Dio e gli altri, sostenendo che abbiamo bisogno di tutte le nostre risorse per soddisfare le nostre necessità!

I problemi economici, le difficoltà della vita diventano una scusa per non servire Dio, ma noi stessi!

Prendiamo i doni spirituali e le risorse materiali che abbiamo, e li accumuliamo per noi stessi invece di metterle al servizio del Signore!

Inoltre dobbiamo pensare che siamo in una guerra spirituale contro il diavolo e le sue schiere, e metterà tutti gli ostacoli possibili per frenare l’opera di Dio, noi siamo i soldati del Signore Gesù (2 Timoteo 2:3-4), prendiamo  la completa armatura di Dio (Efesini 6:10-18) per non cadere nel tranello del diavolo, serviamo il Signore degli eserciti considerando ciò che è Lui!

Non ci giustifichiamo se siamo in letargo, apatici nel servire il Signore, dando la colpa allo scoraggiamento per vari motivi che non sto qui a elencare.

Possa la nostra preghiera essere: “Signore è tempo di servirti, aiutaci a farlo senza stancarci e scoraggiarci per la tua gloria!”

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