Luca 4:22: La reazione scioccante Luca 4:22: “Tutti gli rendevano testimonianza, e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, e dicevano: ‘Non è costui il figlio di Giuseppe?’” Avete mai sperimentato quel momento in cui le parole di qualcuno vi hanno lasciato senza fiato, quando qualcosa di familiare si rivela improvvisamente straordinario? Oggi esploreremo insieme un episodio cruciale nella vita di Gesù, quando tornò nella sua città natale di Nazaret e parlò nella sinagoga. Un momento di rivelazione che ci mostra come la grazia divina possa manifestarsi nell’ordinario, sfidando le nostre aspettative e categorie. Le reazioni dell’uditorio nella sinagoga di Nazaret rispecchiano spesso il nostro stesso cammino spirituale: dall’iniziale meraviglia al possibile rifiuto. Ci troviamo anche noi, a volte, a limitare Dio con le nostre aspettative? A ridurre la potenza della Sua Parola perché proviene da fonti che riteniamo troppo familiar...
Matteo 6:13: Non ci mettere nelle condizioni di essere tentati.
“E non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”.
Gesù dirà ai tre discepoli che lo accompagneranno nel Giardino del Getsemani poco prima del Suo arresto e morte: “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26:41). “Esporre” (eisenenkēs) è portare, condurre, si riferisce al fatto che qualcuno entri in un evento, o in una condizione, come per esempio lo Spirito di Dio condusse Gesù nel deserto per essere tentato (Matteo 4:1-11). “Tentazione” (peirasmos) si riferisce all’istigazione a peccare, o alle circostanze in cui il male è difficile da resistere, alla nostra vulnerabilità e alla debolezza nel peccare.
È importante ricordare che Dio non tenta nessuno, non istiga le persone a commettere il male, è impossibile perché Dio è santo (Giacomo 1:13), ma è sovrano sulle azioni e sul male, guida la storia degli uomini (per esempio Genesi 37:21-22; 39:2; 45:7-8; 50:19-20; 2 Cronache 32:31; Giobbe 1:12,21; Salmo 19:13; 81:12-13; Proverbi 16:4; Geremia 10:23; Matteo 19:8; Atti 14:16; Romani 1:24,26,28; 8:28; 1 Corinzi 10:13). Quindi questa richiesta finale, ci parla della nostra fragilità, vulnerabilità e sul fatto che dipendiamo dalla grazia e dalla sovranità di Dio. Chi prega in questo modo riconosce che il controllo e l’aiuto di Dio è determinante nella lotta, o nel tenerci lontani dalla tentazione, o per non cadere nel peccato. Ci sono situazioni pericolose per cui è meglio stare in guardia e pregare. In questa richiesta, si chiede a Dio, di non metterci in situazioni che ci espongono a essere tentati, di non metterci in quelle condizioni in cui potremmo essere tentati e cadere in peccato. Pregare in questo modo significa chiedere a Dio di preservarci da questo pericolo. La seconda parte di questa supplica: “Liberaci dal maligno” indica in modo particolare Satana (Matteo 13:19; Giovanni 17:15), l’avversario di Dio e dei Suoi figli con tutte le sue macchinazioni e inganni che cerca di farci peccare (Genesi 3:1-6; Matteo 4:1-11; 2 Corinzi 11:3; Efesini 2:2-3; 6:10-19; 1 Tessalonicesi 3:5; 1 Pietro 5:8).
“Liberaci” (rhusai) significa “salvarci da” e ha l'idea della protezione e della rimozione dal suo potere.
Viviamo in un mondo influenzato negativamente da Satana (Giovanni 12:31; 14:30; 2 Corinzi 4:4; 1 Giovanni 5:19), quindi siamo circondati dal male, confessiamo allora, la nostra inadeguatezza nell’affrontarlo; riconosciamo la nostra debolezza e vulnerabilità, la nostra impotenza per combattere il peccato, confessiamo la nostra necessità di Dio, nostro Padre e preghiamo che ci liberi e ci protegga dal maligno!
È importante ricordare, che noi dobbiamo pregare in questo modo, perché il peccato non glorifica Dio (Isaia 6:3-5; Abacuc 1:13), interrompe la comunione con Dio (Isaia 59:1-2), ed è distruttivo per la nostra vita (Romani 6:23).