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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (3)

 Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (3)
“Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”.
Sappiamo tutti quanto sia difficile perdonare chi ci ha fatto del male e questo per varie ragioni.
Una ragione è: il nostro cervello registra l’evento doloroso come un pericolo, mantenendo vivo il ricordo e avvertendoci che quella persona potrebbe farci male ancora. 
Quando conserviamo nella memoria una raccolta dettagliata di ferite, il perdono diventa più arduo.
Inoltre, il torto subito spesso ferisce sia la nostra autostima che il nostro senso di sicurezza nel mondo, mettendo in discussione la nostra visione di un mondo affidabile.
C’è poi un aspetto legato alla giustizia: ciò che una persona percepisce come una ferita spesso viene considerato ingiusto, soprattutto quando manca un’adeguata riparazione, o un sincero pentimento da parte di chi ha causato il danno.
La paura gioca anche un ruolo fondamentale: perdonare può sembrare rischioso perché implica una forma di vulnerabilità. 
Se perdoniamo, abbiamo paura che possiamo essere feriti di nuovo, e questa può trasformare il rancore in una sorta di scudo protettivo, anche se alla lunga questo stesso scudo può diventare una prigione emotiva.
Un altro elemento importante è l’identità personale: a volte, il dolore e il risentimento diventano parte di chi siamo. 
La persona ferita può costruire parte della propria identità attorno al ruolo di vittima, rendendo il perdono una sfida non solo emotiva, ma anche identitaria. Sarebbe come chiedere a qualcuno di lasciare andare non solo un ricordo doloroso, ma una parte di sé.
Il contesto sociale-culturale influenza anche la nostra capacità di perdonare. In una società che spesso enfatizza la vendetta e la rivalsa (pensiamo a quanti film e storie sono basati sulla vendetta), il perdono può essere visto come un segno di debolezza invece che di forza. 
È bene capire, quando si ha difficoltà a perdonare, il perché non riusciamo a farlo.
Ma qualunque sia il motivo siamo chiamati a perdonare chi ci ha fatto del male!
Il perdono è un comandamento, non un’opzione!
Nella predicazione precedente abbiamo visto il modello del perdono, oggi vediamo la motivazione del perdono. 
Nella motivazione del perdono, consideriamo:
I IL PERDONO ORIZZONTALE È COLLEGATO CON IL PERDONO VERTICALE INSEPARABILMENTE
Non possiamo ricevere autenticamente uno senza manifestare l’altro.
Cominciamo a vedere:
A) La priorità del perdono
La riconciliazione con gli altri deve precedere l’adorazione!
In Matteo 5:23-24 Gesù dice: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te,  lascia lì la tua offerta davanti all'altare, e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta”.
Prima di rivolgersi a Dio è fondamentale aver chiarito eventuali dissapori con il prossimo. 
Questo non è un semplice suggerimento, ma un ordine che mette al centro della vita spirituale, la qualità delle nostre relazioni umane, al punto che persino l’adorazione e la preghiera, devono cedere il passo alla riconciliazione, quindi al perdono.
Pensiamoci un attimo: Dio ci dice di interrompere persino il momento sacro dell’adorazione per andare a riconciliarci!
Questo cambia radicalmente la nostra prospettiva, mostrando che la nostra relazione con gli altri non è un aspetto secondario della nostra fede, ma è centrale quanto la nostra relazione con Dio stesso!
È significativo che il testo dice "se tuo fratello ha qualcosa contro di te", non il contrario, indicando che siamo chiamati a prendere l’iniziativa della riconciliazione anche quando pensiamo di non essere noi nel torto.
Il perdono cristiano è proattivo, non reattivo, siamo chiamati a fare il primo passo. 
Il culto autentico a Dio non può essere separato dall’amore per il prossimo: non possiamo pretendere di essere in pace con Dio se non siamo in pace con i nostri fratelli. 
La riconciliazione diventa così un prerequisito della vera adorazione.
Consideriamo:
B) Il presupposto del perdono
Prima di chiedere il perdono di Dio dobbiamo perdonare gli altri.
Il perdono umano e il perdono divino sono inestricabilmente intrecciati, non possono essere separati, sono connessi e interdipendenti, come insegna Gesù nella preghiera del “Padre Nostro” in Matteo 6:12: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”.
Questa preghiera non chiede che Dio ci perdoni perché perdoniamo agli altri, ma che ci perdoni come già abbiamo perdonato gli altri!!! 
Questo implica che prima di chiedere al Signore di perdonarci dobbiamo essere sicuri che lo abbiamo fatto con chi ci ha offeso!
Non possiamo pensare di avere il perdono di Dio senza perdonare gli altri; rifiutare di perdonare gli altri è rifiutare la misericordia di Dio per noi stessi.
Il perdono è il ponte tra cielo e terra che possiamo attraversare verso Dio solo se lo apriamo anche agli altri.
Coloro che cercano il perdono di Dio devono essere pronti a perdonare gli altri! 
In Matteo 6:14–15 Gesù afferma: “Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”. (cfr. per esempio Matteo 18:23–35; Marco 11:25).
Se non siamo disposti a perdonare coloro che ci hanno fatto del male, il nostro Padre celeste non ci perdonerà. 
L’atteggiamento di chi non perdona, mostra che non è stato perdonato da Dio e non vuole essere perdonato da Dio! 
Larry D. Ellis scrive: “Gesù sta dicendo che la nostra riluttanza a perdonare coloro che ci hanno ferito ci precluderà il perdono dei nostri peccati. Non c’è dubbio; se non perdoniamo coloro che ci fanno del male, Gesù dice che Dio non perdonerà i nostri peccati”.
Gesù collega il perdono di Dio verso di noi alla nostra disponibilità a perdonare gli altri. 
“Il perdono di Dio, sebbene non possa essere meritato, deve essere ricevuto, e non può essere ricevuto da coloro che non hanno la volontà di perdonare gli altri” (W. D. Davies e Dale Allison).
Non che il perdono umano sia un’opera che guadagna il perdono divino - l’iniziativa del perdono è sempre di Dio - ma uno spirito che non perdona è una grande barriera alla ricezione del Suo perdono.
Non perdoniamo per meritare la grazia divina, il perdono non ha potere di acquisto, tuttavia, è una mancanza di sincerità, è ipocrisia!
C) La proporzione del perdono
Nessuna offesa che riceviamo è paragonabile al debito che Dio ci ha condonato!
Quando consideriamo il debito sconcertante che Gesù ha condonato per noi, e la relativa piccolezza dei debiti che gli altri hanno verso di noi, è davvero inappropriato non perdonarli come ha insegnato Gesù nella parabola del servo spietato, o senza misericordia in Matteo 18:21-35.
La parabola nasce dalla domanda di Pietro su quante volte si dovesse perdonare l’offensore, Gesù gli ha fatto capire sempre quando gli disse: “Settanta volte sette” (Matteo 18:21-22), infatti “settanta volte sette” – 490 volte, non significa che Gesù stava suggerendo di tenere il conto fino a 490 e poi smettere di perdonare.
Ma stava dicendo che il perdono dovrebbe essere illimitato, una disposizione continua del cuore. 
Il perdono che intende Gesù è come respirare: non respiriamo un certo numero di volte e poi smettiamo; il perdono diventa parte del nostro essere, del nostro modo di vivere se siamo veri credenti.
In questa parabola un re condona un debito gigantesco di diecimila talenti che corrispondevano a sessanta milioni di denari, a un suo servo e poi questo servo non condonò un debito infinitamente più piccolo di un suo conservo di cento denari.
Quel servo è stato punito dal re, lo ha dato in mano degli aguzzini finché non avesse pagato tutto quello che gli doveva.
Alla fine della parabola Gesù ammonisce dicendo: “Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello (Matteo 18:35).
Se moltiplichiamo un talento per 10.000 sono 200.000 anni di lavoro di un solo uomo, o a un anno di paga di 200.000 persone! 
Stiamo parlando di più di 700 milioni di euro, un miliardo di dollari circa.
Era quindi un debito impossibile da ripagare per una persona normale.
In contrasto, i 100 denari che il secondo servo doveva al primo rappresentavano circa quattro mesi di stipendio, una somma significativa, ma gestibile, che poteva essere ripagata con il lavoro di qualche mese, ma che comunque erano niente in confronto dei 700 milioni di euro!
Il significato profondo di questo contrasto nella parabola è proprio questo: Gesù sta paragonando il debito immenso che noi abbiamo verso Dio (rappresentato dai diecimila talenti) con i debiti relativamente piccoli che gli altri hanno verso di noi (i cento denari). 
La sproporzione è intenzionale e serve a sottolineare quanto sia assurdo che noi, a cui è stato perdonato un debito così enorme da Dio, non riusciamo a perdonare debiti molto più piccoli verso i nostri fratelli.
Per renderlo più concreto: immaginate che qualcuno vi faccia un torto che vi costa 5.000 euro. È una somma considerevole! 
Ma poi immaginate che qualcun altro vi condoni un debito di un miliardo di euro. Non vi sentireste in dovere di perdonare quei 5.000 euro? 
Questa è l’assurdità che Gesù sta evidenziando - il confronto rende ridicola la nostra resistenza a perdonare.
Quando misuriamo le offese ricevute contro il perdono infinito di Dio, anche le ferite più profonde appaiono come piccoli graffi!
Nel perdono non esiste la frase: “Troppo grave da perdonare”, perché nessun debito umano può superare quello che Dio ci ha già condonato.
Ancora una volta vediamo che coloro che rifiutano il principio della grazia di perdonare di vero cuore non saranno perdonati! 
In altre parole, il rifiuto di praticare la grazia di Dio diventa un’offesa eccezionale perché nega la propria dipendenza ultima dal precedente atto di grazia di Dio.
D) Il principio del perdono
Il punto cruciale è: in realtà chi non perdona in definitiva non ha sperimentato veramente il perdono della grazia del Signore.
Allora Paolo qui all’interno della chiesa solleva due punti, riecheggiando (forse intenzionalmente) la parabola del servo spietato in Matteo 18:23–35. 
Prima di tutto, è del tutto inappropriato per chi conosce la gioia del perdono del Signore rifiutare di condividere questa benedizione con un altro. 
Secondo, è altamente presuntuoso rifiutarsi di perdonare qualcuno che Cristo stesso ha già perdonato.
E come ha detto C. S. Lewis: “Se Dio ci perdona, dobbiamo perdonare gli altri. Altrimenti è quasi come erigerci a tribunale superiore al suo”.
Dio ci tratta come trattiamo gli altri! Ci misura con il metro che usiamo con il prossimo! (cfr. per esempio Luca 6:37-38)
Gesù insegnò la lezione del perdono illimitato con l’esempio e non solo con il precetto, quando disse per esempio “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23:34).
Il perdono cristiano è una potente testimonianza cristiana.
Per 100 giorni nel 1994, il Ruanda è stato un campo di sterminio. Saveri Nemeye è stato uno degli aggressori. Con un machete ha brutalmente ucciso il marito di Rosaria Bankundiye e i loro quattro figli. Rilasciato dalla prigione nel 2004, Saveri è andato da Rosaria e ha implorato perdono. Rosaria ha preso in considerazione la sua richiesta e poi gliel’ha concessa. "Come posso rifiutarmi di perdonare quando sono anche io una peccatrice perdonata?" si è chiesta. 
Altri cristiani in Ruanda "descrivono di aver pregato a lungo prima di scegliere di concedere il perdono e parlano dell’esempio di Gesù che perdonò i suoi assassini mentre era appeso alla croce: ‘Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno’".
Fermiamoci un attimo a considerare questo esempio straordinario. Cosa avremmo fatto noi al posto di Rosaria? 
È facile parlare di perdono in astratto, ma perdonare chi ha ucciso i tuoi cari? Questo è il perdono radicale che testimonia la potenza trasformante del Vangelo. 
Non è un perdono superficiale che minimizza il male subito. È un perdono che guarda in faccia l’orrore del male e dice: “Nonostante questo, scelgo di perdonare, perché anch’io sono stato perdonato”.
Anche se sappiamo che è la cosa giusta da fare e anche se sappiamo che Dio ci comanda di perdonare, comprendiamo che questo tipo di perdono radicale è un Suo miracolo che ha promesso di perdonarci come noi perdoniamo gli altri.
A questo punto sono adatte le parole di Richard Phillips: “I cristiani perdonano, anche quando abbiamo subito gravi peccati, perché teniamo a mente quanto sono grandi i peccati che abbiamo commesso contro Dio, molto più grandi di qualsiasi peccato commesso contro di noi. Eppure, Dio ci ha perdonati a costo del sangue di Gesù…il perdono significa che la nostra ostilità viene messa da parte e il nostro risentimento viene accantonato, tutto per un solo motivo: perché ‘il Signore ti ha perdonato’. I cristiani perdonano come coloro che sono perdonati e offriamo il nostro perdono agli altri non perché lo meritino, ma come un atto di adorazione a Dio tramite Gesù Cristo. È quando i credenti perdonano sinceramente che offriamo al mondo ciò di cui ha più bisogno”. 
Il principio del perdono cristiano rivela dunque una profonda verità spirituale: non è solo un atto di benevolenza verso gli altri, ma un riflesso della nostra comprensione della grazia ricevuta. 
Quando rifiutiamo di perdonare, non solo feriamo l’altro e noi stessi, ma contraddiciamo l’essenza stessa del Vangelo che professiamo. 
E questo ci porta alla seconda motivazione del perdono:
II IL PERDONO ORIZZONTALE DATO PERCHÈ È STATO SPERIMENTATO QUELLO VERTICALE 
“Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”.
“Come il Signore vi ha perdonati” è il fondamento del nostro perdono per gli altri. 
Ancora Richard Phillips scrive: “Non ci perdoniamo l’un l’altro perché il danno è minimo, perché confidiamo che i trasgressori faranno meglio in futuro, o anche perché è stato mostrato un pentimento appropriato. Perdoniamo perché siamo stati perdonati”.
Poiché il Signore ha perdonato i credenti lo dovrebbero fare anche loro! 
Il perdono verticale dovrebbe sfociare nel perdono orizzontale!
Il perdono verticale e orizzontale è come due dimensioni della stessa realtà spirituale che insieme formano la croce, simbolo perfetto dell’amore divino che ci perdona e dell’amore umano che estende questo perdono agli altri.
Come ci ricorda John Blanchard: “Il cristiano può sempre permettersi di perdonare, e non può mai permettersi di non farlo!”.
Questo perdono orizzontale si sviluppa attraverso tre dimensioni fondamentali:
A) La consapevolezza che porta alla scelta
Come può un vero cristiano non perdonare gli altri?
Il non perdonare rivela quanto poco si comprende la grandezza del perdono ricevuto.
Se abbiamo veramente sperimentato la grazia di Dio in Cristo la trasmetteremo agli altri senza “ma” e ne “se”.
Sapere di essere stati perdonati dal Signore per la Sua sola grazia libererà in noi la grazia di perdonare chi ci ha fatto del male!
Thomas Manton disse: “Non c’è nessuno più tenero verso gli altri come coloro che hanno ricevuto misericordia a loro volta, perché sanno con quanta gentilezza Dio li ha trattati”.  
La comprensione del perdono immeritato di Dio ci spingerà a perdonare gli altri nello stesso modo. 
Una persona consapevole del perdono di Dio ed è una persona che perdona seguendo l’esempio di Dio.
Un cristiano che non perdona è una contraddizione: una creatura orgogliosa, egoista, con una memoria debole, che ha dimenticato che i suoi peccati sono stati lavati via. 
Il significato di Colossesi 3:13, si concentra sul vero pentimento di un credente che comprende la grandezza del perdono che lui o lei ha ricevuto da Dio e lo manifesta agli altri!
È come essere riempiti da una sorgente per poi poter irrigare altri campi. 
Così quando sarà difficile perdonare, dobbiamo tornare alla fonte - approfondire la nostra comprensione di quanto profondamente siamo stati perdonati dal Signore.
Il perdono è:
B) La conseguenza prodotta dall’esperienza
Il perdono non è solo una questione di consapevolezza, ma anche della grazia di Dio che una persona ha sperimentato, è il segno e la conseguenza che veramente siamo stati perdonati da Dio. 
Il vero cristiano perdonato da Dio, che ha veramente ricevuto la grazia del perdono di Dio lo estenderà agli altri! 
Il perdono non è opzionale nella vita cristiana, è il segno che abbiamo veramente incontrato la grazia di Dio.
La vera misura della nostra esperienza del perdono divino si trova nella nostra capacità di perdonare chi ci ha ferito!
Perdonare gli altri è il risultato della meravigliosa opera di Gesù Cristo sulla croce, i credenti hanno sperimentato il perdono dei peccati da parte di Dio (Colossesi 2:13), la cancellazione delle molteplici accuse che li condannavano (Colossesi 2:14). 
David W. Pao scrive: “Coloro che non sono disposti a perdonare coloro che hanno peccato contro di loro rifiutano il principio della grazia come manifestato dalla morte di Cristo sulla croce”.
Il perdonare gli altri certifica, dimostra che la persona che perdona, ha ricevuto il perdono di Dio!
La prova che siamo stati perdonati sta nella nostra disponibilità a perdonare coloro che ci hanno fatto del male.
Così come Dio dimostra la realtà del Suo perdono con azioni concrete verso di noi, anche il nostro perdono verso gli altri deve manifestarsi in azioni tangibili.
Il perdono è:
C) La capacità che proviene dalla grazia di Dio
Il nostro perdono verso gli altri non procede dalle nostre forze, ma dalla grazia che abbiamo già ricevuto e dalla forza che ci viene dall’aver sperimentato il perdono di Dio. 
James Dunn scrive: “È l’esperienza di essere stati perdonati che libera gli impulsi generosi di perdonare gli altri (ecco perché la parabola di Matteo 18:23-35 è così scioccante), così com’è il rifiuto di perdonare che tradisce la realtà che il perdono non è stato ricevuto, che l’individuo non ha nemmeno riconosciuto la necessità del perdono (quindi ancora Matteo 6:14-15)”.
Quando perdoniamo stiamo dimostrando che l’opera di Dio trasformante è all’opera dentro di noi (cfr. 2 Corinzi 5:17; Efesini 3:20; 4:22-23; Filippesi 1:6).
Se conosciamo veramente il Signore come nostro Salvatore, i nostri cuori non saranno duri, o glaciali nel perdonare coloro che ci hanno fatto male!
Questo perché lo Spirito Santo che è presente nei cristiani li rende capaci di amare e di perdonare (cfr. per esempio Romani 5:5; 2 Corinzi 3:18; Galati 5:22-23).
Il perdono autentico è reso possibile dallo Spirito Santo.
Così come Dio ci dà la capacità attraverso lo Spirito Santo a vivere una vita nuova, è lo stesso Spirito che ci rende capaci di perdonare anche quando sembra umanamente impossibile.
Essere perdonati dal Signore richiede un impegno a perdonare gli altri, incarnando l’essenza dell’amore e dell’umiltà cristiana (cfr. per esempio Efesini 4:1-2,32-5:2; Filippesi 2:1-8; Colossesi 3:12-14) come manifestata dallo stesso Gesù quando era sulla terra, un amore che comporta iniziativa di movimento. Chi non ama non ha conosciuto Dio! (cfr. per esempio Romani 5:5-8; 1 Giovanni 4:7-21).
La capacità di perdonare è un indicatore dell'identità cristiana.
Colossesi 3:13, suggerisce che il perdono non è opzionale nella vita cristiana, ma è un elemento essenziale che riflette la natura stessa della fede e della comunità cristiana necessaria nella vita relazionale della chiesa.
Come osserva Larry D. Ellis: “Uno degli elementi chiave del perdono è scatenare la storia redentrice di Dio su noi stessi e sugli altri. Impariamo a raccontare o ‘riformulare’ il dramma umano attraverso la lente redentrice di Cristo e della sua opera. Questa prospettiva è ciò che in ultima analisi dà senso alla storia umana. Attraverso questo processo di riformulazione, i nostri cuori vengono cambiati dall’interno e il nostro amore per l’altra persona cresce, nonostante ciò che ha fatto. La fornitura del perdono è un’ancora sicura per i cristiani nelle tempeste delle relazioni”.
CONCLUSIONE
Il perdono non è semplicemente una virtù cristiana tra tante: è il segno distintivo della nostra identità in Cristo, l’impronta digitale di Dio nelle nostre vite che rivela che siamo stati veramente toccati e trasformati dalla Sua grazia.
L’insegnamento di Gesù stabilisce un legame profondo tra il perdono verticale (di Dio) e quello orizzontale (tra persone), non due percorsi separati, ma un unico fiume di grazia che scorre dal trono divino attraverso i nostri cuori verso gli altri.
Vi lascio con una sfida pratica questa settimana: identificate una persona verso cui provate risentimento, anche piccolo. 
Iniziate con tre semplici passi:
Primo, riconoscete onestamente davanti a Dio il vostro dolore; 
Secondo, pregate per questa persona per almeno un minuto al giorno; 
Terzo, fate un piccolo atto di gentilezza verso di lei, anche solo un messaggio o un saluto. 
Il perdono che offriamo non dipende da quanto gli altri lo meritino, ma di quanto profondamente abbiamo compreso di essere stati perdonati noi stessi. 
Ogni volta che perdoniamo, testimoniamo la realtà della grazia di Dio nella nostra vita, diventa una predicazione silenziosa del Vangelo.
Come ha scritto John MacArthur: “Per un cristiano essere volontariamente spietato è impensabile. Noi che siamo stati perdonati da Dio stesso non abbiamo alcun diritto di negare il perdono ai nostri compagni peccatori. Infatti, la Scrittura ci comanda chiaramente di perdonare nello stesso modo in cui abbiamo ricevuto il perdono: ‘Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo’ (Efesini 4:32). Poiché Dio ci comanda di perdonare gli altri, rifiutarci di farlo è un atto di disobbedienza diretta contro di Lui. Lasciatemelo dire chiaramente: rifiutarsi di perdonare è un peccato orribile”.
Il rifiuto di perdonare non è solo mancanza d’amore verso il prossimo, ma negazione pratica della grazia ricevuta e disobbedienza a Dio. 
La vera sfida non è decidere se perdonare, ma permettere che la comprensione del perdono ricevuto trasformi il nostro cuore così profondamente da rendere il perdono la nostra risposta naturale alle offese.
Il perdono non è un peso da portare, ma un privilegio da esercitare perché siamo stati perdonati dal Signore, questo è il marchio distintivo di chi ha veramente compreso il cuore del Vangelo. 
Come l’acqua non può essere contemporaneamente dolce e salata, così il cuore non può essere pieno della grazia di Dio e privo di perdono verso gli altri.

Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (3)

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