Fai una donazione per il sito

Cerca nel blog

Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Aggeo 2:1-3: Un paragone sconfortante.

Aggeo 2:1-3: Un paragone sconfortante.
Il primo capitolo di Aggeo, si conclude con lo zelo del popolo ripristinato, e l’inizio dei lavori di ricostruzione del tempio iniziato il ventiquattresimo giorno del sesto mese (Aggeo 1:15). 

Ma questo capitolo si apre dicendoci che meno di un mese dopo, il ventunesimo giorno del settimo mese, la situazione è cambiata di nuovo.

Lo spirito zelante era evaporato e aveva lasciato il posto a un'aria di sconforto e depressione.

Questi versetti fanno parte del secondo messaggio di Aggeo che termina al v.9.

I vv.1-3 ci fanno capire che il popolo è scoraggiato a causa del confronto tra la gloria del tempio prima dell’esilio e il suo attuale stato.
I vv.4-9 invece ci parlano dell’incoraggiamento a continuare a lavorare nella ricostruzione del tempio considerando la presenza di Dio, e quindi le Sue promesse future che riguardano la gloria del tempio.

Dunque, i vv.1-3 ci parlano dello scoraggiamento che ha toccato la popolazione al tempo di Aggeo.

Uno spirito scoraggiante non è di nessun beneficio per nessuno.

Lo scoraggiamento può essere devastante non solo per se stessi, ma anche per gli altri.

Giovanni 15:1-8: Gesù è la vera vite.

Giovanni 15:1-8: Gesù è la vera vite.
Noi in questi versetti vediamo che Gesù è la vera vite, e i credenti, i Suoi discepoli sono i tralci, chiamati a portare frutto per la gloria di Dio.

Senza l’unione con Gesù Cristo, questo non sarà possibile, perché dipendiamo da Gesù per portare frutto nella vita cristiana!

Noi, in questi versetti, vediamo i simboli, il sistema e lo scopo.

Cominciamo a vedere:
I I SIMBOLI (vv.1,5).

Prima di tutto troviamo:
A)La vera Vite (vv.1,5).
Noi al v.1 leggiamo: “Io sono la vera vite”.

Così nel v.5 è scritto: “Io sono la vite”.

Il pronome “Io” è enfatizzato. 
Così anche “vera”, infatti nel greco è messa in enfasi, quindi “Io sono la vite vera”. 

Questo è l’ultimo dei sette detti di Gesù che iniziano con “Io sono” (Giovanni 6:35; 8:12; 10:7,9, 11,14; 14:6; 15:1,5).

Gesù è la vera vite che porta frutto (v.1). 
La vite non è una pianta ornamentale,  esiste per dare i suoi frutti.

“Vera” (alēthinē) indica ciò che “è autentico”, “reale”, “ genuino” in contrasto con una falsa, e quindi “affidabile”, “degno di fiducia”. 

Gesù è l’unica “vera Vite”, questo significa che le altre sono false e non sono affidabili!

Ora Giovanni riporta queste parole di Gesù per quei Giudei della diaspora che se  vogliono godere dello status di far parte della  vite scelta di Dio, devono essere legati a Gesù come si conviene.

Lo scopo di questo Vangelo è che i Giudei potessero affidarsi a Gesù! (Giovanni 20:30-31).

Molto probabilmente Gesù ha in mente dei passi dell’Antico Testamento in riferimento al popolo d’Israele.

Nell’Antico Testamento vediamo che Israele, il popolo dell’alleanza con Dio, è rappresentato come una vite (Salmo 80:8-19; Isaia 5:1-8; Geremia 2:21; 6:8-9; Ezechiele 15:1-8; 17:6-8; 19:10-14; Osea 10:1-2). 

Israele è rappresentato come una vigna piantata dal Signore, dalla quale Egli si aspettava il frutto, ma viene enfatizzato il suo fallimento nel portare frutto buono e la degenerazione spirituale insieme alla minaccia del giudizio di Dio corrispondente sulla nazione (Salmo 80:8-19; Isaia 5:1-8; Geremia 2:21).

Israele, come servo di Dio, doveva essere una testimonianza tra le nazioni, invece era più attratto dai loro idoli!

Ora, a differenza e in contrasto con il fallimento della vite del popolo d’Israele per la mancanza di buoni frutti, Gesù afferma: “Io sono la vera vite”, cioè colui   che porta i buoni frutti. 

Come “vera vite” Gesù fornisce la fonte unica di fecondità a Dio.

Contrariamente a Israele, Gesù è “la vera vite”, è il Figlio obbediente che attraverso la Sua obbedienza e sacrificio ha portato frutto fra tutte le nazioni (Genesi 12:3; Galati 3).

Gesù non dice che la chiesa è “la vite”, ma che Egli è stesso “è la vite”, il centro del piano salvifico di Dio sia per Gentili che per i Giudei, in Lui diventano un unico popolo (Efesini 2:11-19).

Dunque, Gesù è al centro nel piano di salvezza di Dio, e chi ha fede in Lui diventa parte del popolo di Dio.

La seconda immagine che troviamo è:
B)Il Vignaiolo (vv.1-2) 
Vediamo l’importanza del Vignaiolo.

Noi leggiamo nei vv.1-2: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo.  Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più”.

Così, “io sono” non è una pretesa di indipendenza, o autosufficienza. 

Il frutto della vite dipende dall'amore e dalla cura del Vignaiolo, del Padre con il quale Gesù è uno (cfr. Giovanni 10:30).

In un vigneto la fecondità non è semplicemente desiderabile: è imperativo!

Si ricorre alla potatura per garantire che ciò avvenga, perché lasciata a se stessa, una vite non produrrà una buona crescita e frutto. 

Allora è essenziale per la massima fecondità una buona e costante potatura. 

Gesù presenta il Padre come “il Vignaiolo” (ho geōrgos) che si prende cura del benessere e della fecondità della vite. 

La parte del Padre, allora è decisiva, sorveglia la vite e agisce affinché i tralci possano portare frutto.

Gesù è la vite vivificante, ma è il Padre che promuove la crescita e decide il taglio dei rami infruttuosi e la potatura dei rami fruttuosi.

Dopo la vite e il vignaiolo, Gesù usa un’altra metafora:
C)I tralci (v.5).
Nel v.5 leggiamo: “Io sono la vite, voi siete i tralci”.

“I tralci” (klēmata) sono i discepoli di Gesù (cfr.v.8), Gesù sta parlando con loro (Giovanni 13-14), e quindi anche noi oggi, siamo esortati a rispondere a questo ordine a essere uniti a Lui per essere fecondi nel portare frutto.

Consideriamo ora:
II IL SISTEMA (vv.2-6) 
Vediamo il sistema, il modo come possiamo portare frutto.

Prima di tutto è importante:
A)Il potare (vv.2-3).
Noi leggiamo nei vv.2-3: “Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più.  Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata”.
Noi qui leggiamo che il vignaiolo fa due azioni: toglie via il tralcio che non dà frutto, e la seconda azione pota ogni tralcio che dà frutto affinché ne dia di più.

Per quanto riguarda le pratiche di viticoltura vi erano due procedimenti messi in atto peri tralci: far crescere in una determinata direzione appoggiate sulle rocce, o mettendo sotto di essi dei pali; poi i tralci venivano potati per far fruttare meglio la vite.

Dopo la potatura, tutto ciò che era stato tagliato, compresi i tralci legnosi veniva raccolto insieme e bruciato.

Perciò noi vediamo:
(1) Il Vignaiolo ha sottocontrollo supremo tutto il processo per il frutto.
“Il Padre mio è il vignaiolo” indica la cura e il controllo del processo per il frutto.

Questi versetti ricordano Isaia 5:1-7 dove raffigura Dio che ha vangato un terreno, ha tolto le pietre, vi piantò viti scelte, ma le viti al posto di dare uva buona ha fatto uva selvatica, questo è in riferimento a Israele (cfr. Salmo 80:8-9).             

(2) Il Vignaiolo toglie via il tralcio morto.
Nel v.2 leggiamo: “Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via”.

Il tralcio che non porta frutto è morto, e il Padre, il Vignaiolo lo toglie via (airei – presente attivo indicativo)cioè lo rimuove, lo elimina, lo solleva e lo porta via.

Chi sono questi tralci? 
Sono state fatte diverse interpretazioni.

a) I credenti apostati come Giuda.
Alcuni hanno pensato che siano i cristiani  apostati (Giovanni 6:70-71; 13:10; 17:12; ma in questo vangelo, Gesù sottolinea che i veri credenti persevereranno (Giovanni 6:37–40; 10:28).

Oppure:
b) I credenti nominali.
Forse si può parlare di falsi credenti. 
È molto probabile che nelle chiese a cui scrisse Giovanni ci fosse un numero di persone che sono stati identificati come “cristiani”, ma che non lo erano, lo erano solo di nome, perché non facevano buoni frutti, non avevano una vera fede, un rapporto genuino e vitale con Gesù.

Il Nuovo Testamento parla di questi falsi credenti (Matteo 7:21-23; 13:18-23; 24:12; Giovanni 8:31-47;  Ebrei 3:14-19; 1 Giovanni 2:19; 2 Giovanni 9). 

Comunque sia il chiaro scopo del versetto è che tutti i veri credenti daranno frutti, e quindi i tralci che non danno frutto non sono veri credenti perché sono puri come leggiamo al v.3:  “Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata”.           

“Puri” (katharoi) indica pulito dal peccato e dalla colpa, quindi pulito davanti agli occhi di Dio. (Giovanni 13:10; Atti 15:9). 

I discepoli sono stati resi puri mediante l’insegnamento di Gesù (Giovanni 5:24; 6:63; 8:31,51; 14:23; 17:17; 20:30-31; Efesini 5:25-27). 

Ma questo non significa aver raggiunto un grado di perfezione spirituale e morale, ma che siamo stati salvati da Gesù! 

Ora noi possiamo portare più frutto mediante l’azione del Padre! 

(3) Il Vignaiolo pota il tralcio vivo.
Nel v.2-3 leggiamo: “E ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più”. 

Il tralcio che dà frutto è potato dal vignaiolo per portare più frutto. 

Quelli che portano frutto ne porteranno sempre di più. 
Quindi vediamo che Gesù non sta rimproverando i discepoli, ma li sta incoraggiando come avanzare nella fede, come confermato nel v.11 dov'è scritto: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa”.

"Pota" (kathairei-  presente attivo indicativo) a differenza di “toglie via” (airei) indica “pulire”, “togliere una parte indesiderabile”, “rimuovere il superfluo, i germogli inutili”. 

Il vignaiolo  rimuove tutto ciò che si rivelerebbe dannoso per il raccolto più fruttuoso.

In termini spirituali questo ovviamente si riferisce all'opera di Dio nel rimuovere ciò che è spiritualmente dannoso per la vita di un determinato cristiano.

La pulizia consiste nella rimozione di ciò che rimane della nostra vecchia natura peccaminosa.

Se Dio non opera in noi non possiamo portare frutto! 

La potatura è essenziale e garantisce il frutto! 

La procedura può essere dolorosa! 
Il pensiero è simile a Ebrei 12:4-11 dove si parla della disciplina correttiva del Signore come  un padre fa con i suoi figli per il loro bene.

Quindi se mentre taglia i rami secchi e appassiti, il Padre pota quelli che già portano frutto affinché ne portino ancora di più.

In secondo luogo per portare frutto è importante:
B)Il dimorare (vv.4-6)
L’importanza del dimorare nella vera vite. 
Prima di tutto vediamo:
(1) Il concetto di dimorare. 
Il v.4 dice: “Dimorate in me, e io dimorerò in voi”.           
  
“Dimorate” (meinate-  aoristo attivo imperativo) è “rimanere”, “stare”. 

Qui viene usato in senso figurato per qualcuno che non lascia il regno, o la sfera in cui si trova. 

“Dimorate” è stato interpretato come l’unione organica spirituale con Gesù, o con la fedeltà, o con la comunione tramite il suo Spirito, ma secondo il contesto, anche se non sono sbagliate queste interpretazioni, si riferisce alla comunione che si ha con Gesù, che avviene con l’obbedienza, come Lui ha fatto con il Padre e il Padre lo ha amato! (Giovanni 8:29; 4:34, 5:19;6:38, 8:29, 55; 10,17-18; 12:27-28; 14:31).

Gesù ha avuto una totale abnegazione, obbedienza e sottomissione al Padre fino al sacrificio! (Giovanni 15:13). 

Quindi “dimorate” è la comunione che avviene con l’obbedienza alla Sua parola, ai Suoi comandamenti, o la perseveranza nella Sua parola (Giovanni 8:31;15:7,10).

Questo è confermato nei vv.9-10 dove si parla di osservare i Suoi comandamenti come Gesù ha osservato quelli del Padre perché lo amava (Giovanni 8:29; 9:31; 14:15,21, 31; 1 Giovanni 3:22).

“Dimorare in Gesù” implica permettere al Suo insegnamento di avere la massima influenza nella nostra vita.

In secondo luogo vediamo:
(2) Il comandamento del dimorare. 
Il verbo “dimorate” (v.4 -  meinate - aoristo attivo imperativo) indica un rimanere una volta per tutte e indica l’urgenza, la priorità assoluta, una carica solenne ad agire subito!

Il tempo del verbo (aoristo) nel greco suggerisce che questa azione è un atto di volontà, una decisione consapevole di rimanere nella relazione attuale che si ha con Gesù. (v.3).

Allora il comando “dimorate” significa “rimani dove sei”, o “mantieni la relazione che hai con Gesù, non cambiare nulla”.

In terzo luogo vediamo:
(3) La condizione necessaria del dimorare. 
Nei vv.4-5 è scritto: “Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla”.

Un ramo che porta frutto, non è indipendente dalla vite,  ma è congiunto, attaccato alla vite! 

Noi possiamo portare frutto a condizione che Gesù rimane in noi e questo sarà possibile a condizione che noi rimaniamo in Lui! 

Senza la comunione intima con Gesù non porteremo frutto!

Se dimoriamo in Gesù, il risultato sarà che Gesù dimorerà in noi! 

C’è una dimora reciproca! C’è comunione!

Una comunione personale e duratura con Gesù Cristo!

“Dimorate” significa essere legato a Gesù come fonte vitale di aiuto e di forza, quindi si riferisce alla continua dipendenza da Lui.

Un tralcio separato dalla vite non potrà mai essere vivo e portare frutto! 

Così anche il credente è vivo perché è unito e in comunione con Cristo e porta frutto  perché dimora continuamente (dimorate- menēte-presente attivo - in me) in Cristo! 

Nessun tralcio ha la vita in se stesso e porta frutto se non è completamente dipendente alla vite! 

Gesù dice: “Senza di me non potete far nulla”. 

Questa frase indica che è impossibile portare frutto senza Gesù Cristo!

Senza Gesù non ci sarà nessun risultato morale e spirituale!

Qualsiasi azione, sforzo, impegno senza Gesù sarà inutile!

Invece con Gesù possiamo fare ogni cosa (Filippesi 4:13), e purtroppo a volte non lo ricordiamo, non lo pratichiamo, siamo abituati diversamente.
  
Una signora che possedeva una piccola casa in riva al mare d'Irlanda a cavallo del 1900. Era ricca, ma moderata. Quando ci fu la possibilità di avere l’elettricità, lungo la costa, alcuni dei suoi amici rimasero sorpresi che l'aveva installata in casa sua. Diverse settimane dopo l'installazione, un operaio della ditta dell’elettricità va a casa della donna e chiede se la sua elettricità stava lavorando bene. La signora gli ha assicurato che andava tutto bene; poi l’operaio gli disse: “Mi può spiegare una cosa? Il suo contatore mostra quasi nessun utilizzo, è sicura che tutto va bene?” “Certo” rispose la donna. “Ogni sera, quando il sole tramonta, accendo la mia luce giusto il tempo per accendere la candela, poi la spengo”. 

La donna non sfruttava pienamente e costantemente il potere dell’ elettricità, l’aveva, ma non l’ha utilizzava pienamente. 

La sua casa era collegata, ma le sue abitudini non erano cambiate per attingere a questo potere!! 

Dobbiamo ricordare che solo Gesù è in grado di vivere la vita cristiana!

Gesù è la chiave:la vita, la forza! 

La Sua potenza diventa la nostra in virtù del fatto che siamo in comunione con Lui: che noi dimoriamo in Lui e Lui in noi! 

Il frutto nella vita cristiana, perciò non è il risultato di un conseguimento umano, ma dalla posizione e della comunione in e con Cristo!

Il frutto nella vita cristiana non è una tecnica, o una disciplina, ma un rapporto in cui permetti a Gesù Cristo di stabilirsi nel tuo cuore e gli permetti di vivere in te quella vita che non riusciresti mai di vivere da solo!  

In questo senso non saremo più noi a vivere, ma Cristo vivrà in noi (Galati 2:20)

La vita cristiana non è ciò che noi possiamo fare per Gesù, ma quello che Gesù può fare in noi! 

Gesù è la totale  sufficienza per vivere la vita cristiana in modo vittorioso! 

Gesù è la nostra vita, energia, forza, potenza per vivere la vita cristiana in modo vittorioso e che porta gloria a Dio!

Altrimenti sarà solo formalismo, attivismo e un imitazione del vero cristianesimo senza vita, morto! 
“Hai fama di vivere ma sei morto” dice Apocalisse 3:1.
Se stai attraversando un periodo di aridità spirituale, per i tuoi fallimenti ricorda che Gesù è sufficiente per la tua vita cristiana!! 

Arrenditi completamente a Cristo! 
Non contare sulle tue forze! 
Tanto più ti riconosci debole, tanto più Cristo può operare in te  e attraverso di te, al contrario se ci sentiamo forti, intelligenti egli non opera in noi! (2 Corinzi 12:7-10).

Quindi possiamo sforzarci quanto vogliamo, ma per portare i frutti che vuole il Signore, è importante dimorare in Cristo, avere comunione con Cristo!           

Gesù parla della:
(4) Conseguenza del non dimorare, o dimorare.         

Prima di tutto vediamo:    
a) La conseguenza del non dimorare.
Il v.6: “Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano”. 

Quando i tralci non possono più dare frutto vengono tagliati, gettati nel fuoco e bruciati.

Ezechiele 15:1-8 riferendosi all’infedele Israele dice che se la vite non porta frutto, il legno non è di alcuna utilità, non è buono a nulla, perciò è destinato al fuoco, quindi alla distruzione.

Il protagonista è il Vignaiolo, il Padre che getta via i tralci che non portano frutto.

Queste parole del v.6 sono state interpretate in almeno tre modi.

1) Sono i cristiani che hanno perso la loro salvezza. 
Ma questo contraddice molti passaggi del Nuovo Testamento che ci fanno capire che il vero credente non perde la salvezza (Giovanni 3:16,36; 5:24, 10:28-29; Romani 8:1).

La seconda interpretazione è:
2) Sono i cristiani che non perdono la salvezza, ma che comunque non saranno premiati davanti al tribunale di Cristo (1 Corinzi 3:15).

La terza interpretazione:
3) Sono i cristiani solo di nome come Giuda.
Questi sono credenti solo di nome (1 Giovanni 2:19-21); non sono realmente salvati e saranno puniti nel fuoco eterno (cfr. Matteo 25:46; Giovanni 3:18; 8:21,24; 12:25,48; 17:12).
Infine un’altra interpretazione:
4) Sono i cristiani di nessuna utilità a Dio.
Come dice il parallelo di Ezechiele 15:1-8. 

Fermo e restando che il credente non perde la salvezza, queste parole sono da considerare come una riflessione, un avvertimento del pericolo di coloro che dicono di essere credenti e non portano frutto!

I verbi “è gettato via” (eblēthē- aoristo passivo indicativo) e “si secca” (exēranthē - aoristo passivo indicativo) indicano la certezza dell'azione, un’azione come se fosse già compiuta. 

Il risultato è così certo che viene descritto come avente già accaduto.

Il fuoco simboleggia il giudizio di Dio (Esodo 9:23-24; Levitico 10:2; Numeri 26:10; Deuteronomio 10:21; 12:3; 32:22; Giosuè 6:24; 8:19; 1 Samuele 30:1-3; Salmo 11:6; Geremia 4:4; Matteo 3:12; 5:22; 7:19; 13:40-42; Marco 9:47; Luca 3:9;13:6; Apocalisse 8:7-8; 11:5; 14:10, 16:8; 18:8, 19:20; 20:9-10, 14-15; 21:8). 

Può essere un giudizio eterno, o di morte in questa vita come è accaduto per esempio a Anania e Saffira  (Atti 5:1-10; 1 Corinzi 11:30).

Vediamo ora:      
b) La conseguenza del dimorare.
Il v.7 dice: “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto”. 

“Parole” (rhēmata), si riferisce a tutto l’insegnamento di Gesù (Colossesi 3:16).

Le parole di Gesù dimorano in una persona ricordandole continuamente, meditandole abitualmente, e praticandole con impegno regolarmente. 

Le parole di Gesù, dimorano nella persona in modo da governare i suoi atteggiamenti e le sue azioni, in modo che prendono il controllo completo. 

Quando le parole di Gesù dimorano in una persona, condividono la Sua mente, i Suoi sentimenti, i Suoi desideri e la Sua volontà. 

Così se dimoriamo in Gesù e le Sue parole dimorano in noi, le nostre preghiere saranno esaudite! (Cfr. Giovanni 14:13-14).

Se vogliamo che le nostre preghiere siano esaudite dobbiamo essere uniti al Signore e le Sue parole devono essere in noi!

Dimorando in Cristo e dominati dalla Sua Parola, ci saranno due risultati.

1) Le preghiere saranno "inzuppate" dall’insegnamento di Gesù ed è come se Gesù stesso stesse pregando.

2)Tutto il nostro essere interiore verrà progressivamente trasformato per conformarsi progressivamente alla Persona di Cristo.  

La promessa presuppone, allora, il processo di trasformazione. 

Più va avanti quest’opera, più penseremo come Cristo e naturalmente cominceremo a pregare come Gesù avrebbe pregato e cioè conforme, o in sintonia alla volontà di Dio, perciò Dio ci esaudirà.  

Le singoli condizioni per l’esaudimento delle preghiere, sono per chi pensa e prega come Gesù. 

Dimorando in Cristo e diventati come Cristo, quando pregheremo,  pregheremo come Cristo avrebbe pregato! 

Perciò la vita di Gesù e la Sua parola devono riempire la vita e le parole del discepolo, devono riempire te! 
Quando questo accade, le nostre preghiere non saranno egoistiche, ma in linea con la volontà e gli scopi di Dio in Cristo.

Infine vediamo:
III LO SCOPO (v.8).

Lo scopo di ogni credente in Gesù Cristo è:
A) Glorificare il Padre (v.8)
Portare frutto glorifica Dio! 
Lo dice il v.8: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto”.

Quando noi portiamo molto frutto glorifichiamo Dio: Dio è glorificato attraverso (in-en- dativo di mezzo) il tuo frutto! 

Nella società odierna, l’uomo e non Dio, è messo al centro dell’universo. 

Ma anche nel servizio cristiano in molti casi ci sono ambizioni, o interessi personali e non la gloria di Dio, oppure si cerca di essere approvati dagli uomini e non da Dio e così si predica un falso Vangelo e in questo modo non onoriamo Dio.

Dio ha la passione per la Sua gloria! 
Noi leggiamo che Dio non darà la Sua gloria a un altro! (Isaia 42:8; 48:11). 

Lo scopo primario di Dio, non siamo noi, ma è di glorificare Se Stesso! 

Se Lui è così interessato alla Sua gloria, anche noi dovremmo interessarci alla Sua gloria!     

“Glorificato” (edoxasthē - aoristo passivo indicativo) significa innalzare, onorare (Matteo 9:8; Marco 2:12;  Romani 15:6,9).

(1) Noi siamo stati creati per la gloria di Dio (Isaia 43:7; Romani 11:36).          

(2) Siamo stati salvati, acquistati  per la gloria di Dio (Efesini 1:13-14).         

(3) Siamo chiamati a fare tutto per la gloria di Dio (1 Corinzi 10:31).

Se noi non siamo consapevoli di questo e se non abbiamo la passione per la gloria di Dio i nostri pensieri e azioni correranno verso noi stessi per soddisfare  il nostro io! 

Noi non siamo stati creati per noi stessi, ma per glorificare Dio!

“Glorificare” è mettere al centro Dio, e non il nostro IO! 

Questo è lo scopo della nostra esistenza! 

Un comportamento, o una motivazione che non abbia Dio come punto di riferimento e la Sua gloria come fine ultimo non potrà mai essere da Lui approvato, perciò non sarà glorificato!

Lo scopo di ogni credente in Gesù Cristo allora è:
B)Portare frutto (v.8)
Lo dice il v.8: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto”.

È chiaro che lo scopo principale di ogni tralcio unito alla vite è di portare frutto.

Prima di tutto vediamo:
(1)La progressione nel portare frutto. 
Il frutto deve crescere e deve essere costante nella nostra vita.  

Noi vediamo una progressione in questo testo “dà frutto” (v.2); “ne dia di più” (v.2);  “molto frutto” (v.8). 

Ogni credente cresce, progredisce in Cristo! 

Il discepolo non è statico, ma va in crescendo, questo deve essere anche il suo scopo.

Il cristiano è in crescita e mira alla crescita! 

Per esempio Paolo agli Efesini dice di crescere allo stato di uomini, alla statura perfetta di Cristo (Efesini 4:11-13; 1 Pietro 2:1-3). 

Un cristiano che rimane spiritualmente bambino non è normale, è malato…è come un uomo di cinquant’anni che si comporta da bambino!

Se sei un cristiano, non accontentarti dei risultati raggiunti! 

Sei chiamato a portare molto frutto! 
Il tuo modello è Gesù Cristo!!

Consideriamo ora:
(2) La particolarità del frutto
“Frutto” (Karpos) lo troviamo otto volte in 15:1-16 e solo due volte nel resto del Vangelo (Giovanni 4:36; 12:24).

“Frutto” è il prodotto, il risultato, la dimostrazione della vitalità della nostra relazione con Cristo.
Quindi se non c’è in una qualche misura frutto, stiamo dimostrando che non abbiamo la vitalità di Gesù Cristo in noi!

(a)Noi dimostriamo la vitalità di questa relazione con il carattere.
Per esempio  amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo (cfr. Galati 5:22), caratteristiche presenti in Gesù e che sono il frutto dello Spirito Santo.

Come cristiani siamo chiamati a rispecchiare il carattere di Cristo, gli altri vedendo noi dovrebbero vedere Cristo!

Qualcuno ha detto: "Il cristiano è una mente attraverso la quale Cristo pensa, un                                         cuore attraverso il quale Cristo ama, una voce attraverso la quale Cristo parla; una mano attraverso la quale Cristo aiuta".

Gli altri vedendo te, vedono il carattere di Cristo? 
Stiamo portando la presenza di Dio ovunque andiamo?

(b) Noi dimostriamo la vitalità della fede con il comportamento.
Tozer disse: “Una nuova generazione di cristiani crede che sia possibile accettare Cristo senza abbandonare il mondo”.

(1) Chi è in Cristo è santificato e cammina nella santificazione (Ebrei 10:10; Romani 6:22).

Grazie all’unione che abbiamo con Cristo, alla Sua morte e resurrezione, il credente è libero dal peccato per vivere per Dio (Romani 6:1-14).

Siamo stati liberati dal peccato e fatti servi a Dio, e di conseguenza a questo, noi abbiamo come frutto una condotta santa e la vita eterna dice Romani 6:22.           

(2)Chi è in Cristo è giustificato e cammina nella giustizia. 
Paolo pregava affinché i Filippesi potessero essere: “ricolmi di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Filippesi 1:11).

Noi siamo giusti davanti a Dio, perché grazie a Gesù, Dio ci vede giusti (Romani 5:1). 

Ma frutto di giustizia si riferisce al comportamento, all’agire retto, secondo la volontà di Dio, piacevole a Dio, i requisiti che ha l’uomo di Dio, come lo era Gesù su questa terra, questo glorificherà Dio! (Amos 6:12; Proverbi 11:30).             

(c) Noi dimostriamo la vitalità della fede con i convertiti. 
Frutto è l’impatto nella società, è il risultato missionario, alle conversioni. 

“Frutto” nel Nuovo Testamento è usato anche in questo senso missionario(cfr. Giovanni 4:35-38; 12:23-24).

Per esempio in Romani 1:13 è scritto: “Non voglio che ignoriate, fratelli, che molte volte mi sono proposto di recarmi da voi (ma finora ne sono stato impedito) per avere qualche frutto anche tra di voi, come fra le altre nazioni”.

Forse nel nostro servizio cristiano, mentre saremo ancora in vita, non vedremo dei frutti di convertiti come è accaduto a John Vredenburgh! 
John Vredenburgh era pastore nella chiesa di Somerville nel New Jersey, vi predicò per molti anni. 
Sentiva che il suo ministero è stato un fallimento, e altri la pensavano allo stesso modo, anche se era un ministro fedele nella predicazione del Vangelo per tutto il tempo che visse.  
Poco dopo la sua morte ci fu un grande risveglio in Somerville, e un sabato duecento anime si alzarono in piedi consacrandosi a Gesù Cristo. 
Ma quasi tutte quelle duecento persone erano state influenzate dal ministero di John Vredenburgh.

Quando seminiamo la Parola di Dio, non sappiamo quello che sarà anche dopo la nostra morte! 

Forse non avremo nemmeno dei convertiti, ma chi ha Cristo ha un impatto non indifferente nella società!

Gesù aveva detto in Giovanni 4 che c’è chi semina e chi miete. 
Quelli che mietono a volte, subentrano alla fatica di chi ha seminato,ma per entrambi è gioia! 

Infine:
(3)La prova del portare frutto. 
Nel v.8: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli”. 

Portare frutto dimostra che siamo discepoli di Gesù.

Infatti “sarete” (genēsesthe- futuro medio indicativo) in questo contesto, indica “mostrare di essere”, quindi “dimostrare”, perciò ha il significato di “provare”.

“Discepolo” (mathētai) la troviamo 269 volte nel Nuovo Testamento, cristiano viene trovato solo tre volte! Ed è stato introdotto per riferirsi esattamente ai discepoli!!!!! (Atti 11:26; 26:28; 1 Pietro 4:16).   

Il discepolo era colui che  dirigeva la sua mente a qualcosa, quindi uno studente, un allievo (cfr. Luca 6:40). 

In un senso più tecnico, era un’apprendista legato a un leader spirituale, come con Gesù (Matteo  12:1), o con Giovanni Battista (Giovanni 3:25).

In un senso più ampio, discepolo era un seguace, uno che aderiva intellettualmente e spiritualmente ai leader religiosi, come con Gesù (Atti 11:26). 

Come cristiani siamo discepoli e come discepoli di Gesù seguiremo il Suo esempio (Matteo 10:25).

Gesù aveva la passione per la gloria di Dio! 

Spesso nel Vangelo di Giovanni, Dio è glorificato per mezzo del Figlio (Giovanni 12:28; 13:31; 14:13; 17:4). 

Glorificando Dio, seguiremo l'esempio di Gesù.

Perciò noi portando frutto, dimostreremo di essere discepoli di Gesù, il frutto è il segno che siamo Suoi discepoli, chiarisce e comunica la nostra identità.

CONCLUSIONE.
Gesù era ed è la Vite vera che porta frutto a Dio!

In questa metafora viene messa in evidenza la fecondità nella vita cristiana e la verità che questo è il risultato, non della realizzazione umana, ma dell’unione intima con  Cristo. 

Dio, il Padre che è “il Vignaiolo” farà in modo, anche in modo doloroso che noi “tralci della vite”, i discepoli di Gesù, porteremo frutto, in questo modo il Padre sarà glorificato questo è lo scopo della nostra esistenza.

Molte volte pensiamo al fatto di andare: per esempio andare e imparare cosa significhi misericordia e non sacrificio (Matteo 9:13); andare a fare discepoli (Matteo 28:18–20), eccetera, ma c'è altrettanto una chiamata imperativa a “rimanere”, a “dimorare” in Cristo!

“Dimorare in Cristo” significa trovare il nostro posto giusto, la nostra esistenza, significato in questa vita. 

Significa essere consapevoli che senza l’unione e la comunione con Gesù Cristo non possiamo portare frutto a Dio e non lo glorificheremo, e quindi verremo meno allo scopo della nostra vita.

Quindi il nostro scopo non è semplicemente quello di esistere, di divertirci, di pensare ai nostri interessi, quello di ricercare i nostri piaceri, ma di dimorare in Cristo per portare frutto alla gloria di Dio!

John Blanchard afferma: “Una persona infruttuosa non è un cristiano fallito, ma un falso, in altre parole, non è affatto cristiano”.

Giovanni 14:6: Gesù l’unico modo per avvicinarsi a Dio.

Giovanni 14:6: Gesù l’unico modo per avvicinarsi a Dio.
Gesù non è una via, una verità e una vita! 
Gesù è la via, la verità e la vita! 
Non ci sono altre vie o modi per essere condotti a Dio. 

Dopo aver fatto il lavaggio dei piedi ai Suoi discepoli, durante l’ultima cena (Giovanni 13:1-17), Gesù annunzia alcune verità sconvolgenti: uno di loro lo avrebbe tradito, Egli stava per lasciarli e Pietro lo avrebbe rinnegato.

Presto i discepoli avrebbero visto che il loro Maestro sarebbe stato portato via, processato e crocifisso. 

La loro fede sarebbe stata messa duramente alla prova, e quindi si sarebbero scoraggiati, così Gesù li consola dicendo di non essere turbati, di avere fede in Dio e in Lui perché và a preparare un luogo per loro e poi ritornerà e li accoglierà presso di Lui.

Tommaso gli disse che non conoscono dove Gesù sta andando e chiede come possono sapere la via ed ecco che “Gesù gli disse: 'Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. 

Questo versetto è importante e riguarda la Sua opera, quindi il modo per andare presso il Padre (vedi anche 1 Corinzi 3:11; Atti 4:12; 1 Timoteo 2:5). 

Giovanni 11:25-26: Gesù è la resurrezione e la vita.

Giovanni 11:25-26: Gesù è la resurrezione e la vita.
Joseph Fort Newton, un ministro battista vissuto tra il 1880 e il 1950 nella sua autobiografia “River of Years”, descrisse drammaticamente il giorno in cui, da piccolo, guardò per la prima volta in una tomba aperta. Era la sepoltura di suo padre. La neve giaceva a terra. Soffiava un forte vento e un fuoco ardeva a pochi metri di distanza. Sebbene troppo piccolo per comprendere appieno ciò che vedeva e sentiva, il giovane Joseph Newton sapeva nel suo cuore che qualcosa di forte era successo. Stava vicino a sua madre, stringendole la mano. Con grande sincerità, il vecchio ministro della cittadina lesse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai”. (Giovanni 11:25 -26).
Riflettendo sull'esperienza, Newton dichiarò: “Non dimenticherò mai il potere di quelle parole. Era come se una Mano grande e gentile, più forte della mano dell'uomo e più tenera della mano di ogni donna, fosse stata allungata dall'Invisibile, per accarezzare e guarire il mio spirito - da quel giorno a oggi, ho amato Gesù oltre il potere delle parole da raccontare!” 

Questa dichiarazione di Giovanni 11:25-26, esprime la stessa verità in un modo paradossale, il primo dal punto di vista che il credente che muore in realtà vivrà e il secondo punto di vista chi vive nella fede non morirà mai. 

Dunque ogni credente in Gesù nella vita come nella morte, partecipa alla risurrezione e alla vita che è di Gesù e che Gesù gli comunica.
Lazzaro era ancora vivo quando era giunta la notizia della sua malattia (v.4), ma doveva essere morto subito dopo, quando Gesù arrivò a Betania volutamente in ritardo (vv.5-6,14-15), Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro; poi una volta arrivato, Gesù lo riporterà alla vita (vv.39-44). 

Deuteronomio 2:7: Dio è fedele al Patto (2)

 Deuteronomio 2:7: Dio è fedele al Patto (2) Stiamo meditando su Deuteronomio 2:7. In questo passo troviamo scritto per due volte “tuo Dio”,...

Post più popolari dell'ultima settimana